CRONACHE DI SUBACQUEI DI SUPERFICIE -
Questo blog nasce dal desiderio di condividere le sensazioni, le emozioni, nate da una passione, la subacquea ricreativa. Differenti voci ed esperienze, come diverse sono le nostre formazioni e il nostro vivere il mare. Ci accomuna l’amore per il mare, il rispetto per la natura, il desiderio di diffondere la cultura della sicurezza. https://subacqueodisuperficie.blogspot.com/2018/10/eccoci-quinoi-perche-subacquei-di.html
Sabato 27 Giugno 2020. Nei giorni
interminabili del lockdown passati a forza di webinair,
viedeochiamate di gruppo, guardare foto e filmati di immersioni
passate, i vari “appena finisce andremo”, “faremo”, “dobbiamo
andare a...”, “quanto deve essere bella sta immersione”, si
sprecavano, inevitabili anche i “Torneremo a ...”.
Tra questi, anche la Spiaggia del
Siluripedio a Porto Santo Stefano (Monte Argentario) dove eravamo già
stati a giugno dell'anno scorso, che malgrado un fondale
apparentemente spoglio, inframmezzato da “relitti industriali” e
quel che resta delle vecchie strutture del siluripedio, andato
distrutto sotto i bombardamenti alleati dell'ultima guerra, brulica
di vita.
Il fondale si presta molto bene a delle
immersioni facili per i neofiti, che accedendo da terra dal diving
Costa d'Argento, possono spaziare tenendo la riva sulla destra verso
il lato che va verso la sede della Capitaneria di Porto (da non
oltrepassare, fate attenzione alle boe ormeggiate), ed invece tenendo
la costa sulla sinistra, si può procedere verso le rovine stesse del
siluripedio.
Il fondale alterna ghiaia grossa a
sedimenti fangosi che rendono evidente il bisogno di avere un buon
assetto neutro in acqua.
Ogni anfratto, ogni struttura sommersa
può nascondere il vero tesoro di questo posto, che molti fotografi
subacquei qui cercano e vengono a immortalare, il nostro Marco
Moretti tra questi.
Parlo dei
nudibranchi/opistobranchi (come giustamente preciserebbe Fabio Russo
di Scubabiology) e del Sacro Graal di molti fotosub: l'Ippocampo.
Levataccia per noi della
montagna alla volta di Pistoia, ed equipaggi regolarmente divisi in
rispetto dei divieti vigenti per le norme anti-Covid 19, incontro
direttamente a Porto Santo Stefano.
Il posto è come lo
ricordavo, e devo spendere necessariamente due parole di elogio per
Stefano Bausani e Laura Celi, che insieme al loro staff del diving
“Costa d'Argento”sono stati bravissimi a minimizzare i pur
necessari disagi imposti dal rispetto delle norme di distanziamento
attualmente vigenti, rendendo la giornata, per noi subbi e per i
nostri accompagnatori, comunque piacevole.
Presenti all'appuntamento
Marco, Antonio, Yurica, Michele, Massy, intervenuta anche Elena che
però ha deciso di limitarsi ad un po' di snorkneling ed il nostro
ultimo acquisto Matteo. Ad essere sinceri per me non è cominciata
benissimo, la batteria della macchina fotografica, mi ha dato
impiegabilmente buca, sebbene l'avessi religiosamente controllata e
ricaricata la sera prima, per cui mi sono dovuto contentare delle
riprese della Go Pro e della Garmin.
Oltre alle immancabili
Oloturie, posso osservare sin da subito alcuni murici in predazione,
il Bolinus brandaris e l'Hexaplex trunculus, poco più in là,
perfettamente mimetizzata ed inclinata inusualmente, Antonio mi
segnala una grossa Pinna nobilis.
Ovunque le Triglie grufolano
nella sabbia, accompagnate da Saraghi fasciati, Castagnole, Perchie e
Donzelle, ma è Marco che fa un avvistamento che cerco da un po', mi
chiama, sotto una roccia in tana, ecco un bel gronco (Conger conger)
di rispettabili dimensioni, da come si rintana e fa il timido, non
sembrerebbe il predatore vorace che può essere.
Non mancano ovviamente
diversi esemplari di Echinaster, Spirografo (Sabella spallanzani) e
Protula che si ricihudono repentine appena ci si avvicina, nei pressi
anche diversi Gigli di mare (Antedon mediterranea), sostano sulle
rocce.
Nella sabbia faccio un
ritrovamento a dir poco insolito, un dattero di mare (Lithopaga
litophaga), la conchiglia vuota, in buone condizioni, con entrambe le
valve incernierate, la cosa strana è che qui di scogli per un po'
non ce ne sono e questo mollusco vive scavandosi una nicchia nella
pietra secernendo un acido, si tratta di una specie protetta, messa
in serio pericolo da una scriteriata raccolta, particolarmente
apprezzato da gourmet facoltosi che non si fanno troppi scrupoli.
Nella fattispecie è assai
probabile che provenga da una mareggiata, ma come sia uscito dalla
roccia è un incognita.
Si esce per la sosta di
superficie, e l'immancabile cocomerata, vengo preso in giro perchè
ho preso un cocomero di 16 kg e siamo solo in nove... mai contenti!
Nella seconda immersione
decidiamo di esplorare il lato destro, dirigendoci quasi subito verso
il fondo, mentre aspetto gli altri in acqua per non sciogliermi al
sole come un bastoncino di liquerizia nel forno, mi do un occhiata
intorno, non sono il solo, una spigola continua a girarmi intorno,
probabilmente perfettamente conscia che in questo tratto di costa è
proibita la pesca.
Ho appena scoperto una
Stella serpentina (Ophioderma longicauda), che cerca di scappare
sotto un sasso, quando Marco e Matteo individuano sotto ua grossa
lamiera, una cernia ed un grosso scorfano.
Mi aggiro lì intorno
cercando di vedere segni del passaggio di qualche Galeodea
echinophora, dal momento che ne avevo trovato i resti la volta scorsa
proprio in quel tratto. Marco e Matteo frattanto stanno facendo il
pieno di immagini, vicino ad una specie di trespolo hanno individuato
una piccola colonia di nudibranchi e stanno scattando a più non
posso.
Marco me li indica, i suoi
occhi allenati sanno cosa individuare, probabilmente io li avrei
ignorati, anche cercandoli.
C'è una leggera corrente,
che spinge verso Porto Santo Stefano, noto da sotto un sasso spuntare
la caratteristica testa affusolata di una murena a fauci spalancate,
più minacciosa in apparenza di quanto non sia davvero, ormai è un oretta che siamo
sotto e comincio a sentirmi un po' stanco, lentamente facciamo
ritorno alla scaletta, al diving.
Rimessaggio e risciacquo a
turno delle attrezzature e ritorno alle auto, non prima del consueto
aperitivo con scambio di esperienze. Marco e Matteo sono soddisfatti,
il loro carniere fotografico è pieno: Flabellina affinis, Cratena
baibai, Flabellina ischitana, Vacchetta di mare, Dondice. Dei
cavallucci marini neppure questa volta l'ombra...ma noi siamo
tenaci...torneremo!
Presuntuoso,
come tutti quelli della tua razza, come puoi essermi mancato? E si
avevo notato la tua mancanza e non solo la tua.
Sono stato
costretto, come altri, prima il lavoro, poi il clima e poi c’è
stata la pandemia, è stato necessario per preservarci.
Di nuovo la
vostra presunzione, certi eventi, fanno parte del ciclo della vita,
la morte stessa ne è una componente e consente alla vita di
rinascere più forte e rigogliosa.
Forse hai ragione,
ma sono solo un piccolo uomo…
Tanti piccoli
uomini… fanno a volte un grande problema.
Sembra ti dispiaccia
rivedermi qui…
No non è vero
che mi dispiaccia, ma neppure il contrario, sei uno dei tanti
abitanti di questo “mio” mondo. Tu vieni qui consapevole dei
rischi, cosciente delle tue responsabilità e ricompense; hai fatto
una scelta, ed in cambio tu hai visione e consapevolezza di quello
che la maggioranza dei tuoi simili può solo immaginare.
Io? un abitante?
Credevo di essere un ospite al più.
Tutto è nato
da qui e qui in qualche modo ritorna e ritornerà ancora, tu, quelli
come te e anche quelli che pensano di esserlo e pure coloro che non
mi hanno mai visto.
Sì è vero… è una grande verità, posso tornare allora?
Ogni volta che
vuoi e puoi, le regole le conosci, io non sono né buono, né
cattivo, io esigo il rispetto che mi è dovuto per me e per la vita
che preservo… dato che ci sei non mi dispiacerebbe se ogni tanto ti
portassi via qualche sgradito ricordo che la tua specie rilascia con
troppa noncuranza, non lo fai per me, lo fai per te.
Certo! Come sempre d’altronde…
Ascolto il cadenzato ritmo del mio respiro mentre mi sposto,
inframmezzato dal gorgoglio delle bolle, mi guardo intorno, grato di
quel blu… Sono tornato in Mare.
Si ringrazia Marco Moretti per i suoi splendidi scatti
Era il giorno dopo ferragosto dell’estate del 2016, si era
deciso insieme alla solita comitiva di amici, di fare un tuffo e un
po’ di snorkneling in località Mangiabarche, sull’isola di
Sant’Antioco.
L’idea era quella di fare una nuotata sino al faro
del sito omonimo, il nome non era stato scelto a caso. Questo tratto
di costa è particolarmente insidioso per alcune secche e per il
Maestrale che può spingerti come niente sugli scogli, quando soffia
davvero. Il faro è spesso il soggetto di molti fotografi sia con il
mare calmo che in tempesta, da qui il nome: “Mangiabarche”.
Sebbene credo che oggi il faro non sia più operativo, la sua
presenza è comunque un monito, sul luogo si trovano ancora i resti
di una postazione della contraerea della seconda guerra mondiale. Ero
piuttosto stanco a dire il vero, mi ero immerso al mattino, quindi
armato di rete maschera, pinne e coltello avevo deciso di farmi un
giretto tra gli scogli a “Far Patelle”, lasciando agli altri il
vezzo di raggiungere la roccia del faro, rischiando di farsi
travolgere dai soliti diportisti estivi improvvisati (il cielo li
strafulmini!).
Si a me piacciono le patelle e la patella può essere
degustata cruda o cotta (intera o
sminuzzata) in una salsa con aglio, peperoncino, vino bianco e
prezzemolo per condire la pasta, meglio se secca, tipo spaghetti o
linguine. Lo so è un po’ duretta, rispetto alle vongole, ma io la
trovo più saporita e comunque dovete sapere che malgrado le
informazioni nutrizionali sui molluschi gasteropodi come la patella,
siano piuttosto limitate a causa della scarsità di consumo su scala
nazionale, il suo apporto energetico è moderato,
attorno alle 100kcal.
La porzione di carboidrati
raggiunge i 6g per 100g di parte edibile, così come per le proteine:
17,5g. I lipidi risultano scarsi, intorno agli 1-2g,
ma non è possibile risalire ad informazioni più dettagliate sulla
natura degli acidi grassi e sulla quantità di colesterolo.
Dal
punto di vista micronutrizionale si evidenziano un ottimo apporto di
ferro (oltre il 3%), fosforo, potassio e sodio.
Sto scrivendo mentre si avvicina l’ora di cena...credo si noti.
Avevo cominciato a scandagliare gli scogli alla mia sinistra
risalengoli fin dove una complessa rete di massi creava delle pozze
irregolari d’acqua profonda, l’ideale per pesci che si vogliono
rintanare e sopratutto inaccessibili da terra a cusa della mancanza
di accessi. In un apertura avevo avuto la fortuna di trovare in
bellavista una conchiglia disabitata di Erosaria spurca (Linnaeus,
1758) cosa che all’inizio, mi aveva sorpreso non poco, visto che
era un assolato pomeriggio, quel tratto non era in ombra e le cipree
sono notoriamente fotofobiche.
La raccolsi assicurandomi che fosse
vuota e continua il mio giretto, in cerca di patelle (quel tratto di
costa abbondava di Patella caerulea e Patella
ulissyponensis)
e non faticai a trovarne abbastanza per un piatto di linguine. Fu a
quel punto che negli anfratti tra gli scogli vidi un movimento, poi
un altro ed un altro ancora. Occhi sporgenti spiavano le mie mosse,
per ritrarsi immediatamente furtivi
tra
gli anfratti come facevo per avvicinarmi o anche semplicemente per
guardarli. Rimasi immobile studiando quelli che ormai avevo
identificato come granchi, ma di un genere che non avevo mai visto
prima.
Mi
colpirono subito i colori inusitati, i granchi che avevo visto
qui sino ad ora erano i classici granchi di laguna, con il carpace
verde, qualche Granchio favollo, Capre di mare (Granceola), ma questo
davvero mi era sconosciuto. Era piuttosto schiacciato nel carpace e i
suoi colori erano stupendi, sia sulle gambe che sul carpace aveva
dei colori che spaziavano dal marrone al rossiccio con striature
giallo vivo. Purtroppo non avevo la fotocamera con me, quindi appena
gli altri tornarono gli descrissi l’animale, ma nessuno di loro, lo
conosceva. Per diverso tempo mi sono chiesto che cosa avessi visto,
la risposta mi arrivò dal libro di Egidio Trainito, “Atlante di
Flora & Fauna del Mediterraneo”. Eccolo qui! Il
granchio Corridore
Atlantico (Percnon
gibbesi)!!
I
miei amici quasi tutti isolani, avevano ragione a saperne poco, si
tratta di una recente introduzione nel Mediterraneo, quella che viene
definita aliena (come abbiamo già visto per la Donzella pavonina).
Si tratta di un artropodedel subphilum dei crostacei,
della classe dei malacostraci,
dell’ ordine dei decapodi,
del sottordine dei reptanti
brachiurie
all’ infraordine dei granchi.
Artropodi
significa “possedere zampe articolate” e il
philum degli artropodi è il più vasto del regno animale in generale
e sottomarino.
Il corpo è segmentato con tre regioni: capo,
torace e addome tutte e tre (salvo rari casi: paguri) rivestite da un
esoscheletro duro a protezione. Nella crescita, l’animale perde la
vecchia corazza e ne acquista una nuova con l’indurimento della
cuticola sottostante la vecchia.
L’ordine dei decapodi
raccoglie tutti i malacostraci che hanno dieci zampe distribuite in
cinque paia.
In quanto appartenente ai decapodi
reptanti è un crostaceo capace di movimenti di
deambulazione orizzontale prodotta dagli arti preposti con presa sul
substrato e non da nuoto.
La sua morfologia lo colloca tra i
brachiuri, definizione
che designa i crostacei in cui la coda (che assolve
peraltro alla funzione di “cestello di raccolta” delle uova
fecondate) ha proporzioni minime rispetto al torace, sotto il quale
rimane normalmente ripiegata.
Come molti granchi, la muta (il
cambio della corazza) avviene spesso durante la crescita dell’animale
: i maschi approfittano della muta delle femmine per l’accoppiamento,
mentre le femmine approfittano della muta del maschio (sprovveduto)
per cibarsene. Non solo le femmine del granchio, se siete tra
Febbraio e Marzo in Veneto vi consiglio di provare le Moeche… e mi
saprete dire. Originario
delle coste orientali americane, dalla Florida al Brasile(ma si ritrova anche su quelle del versante del Pacifico,
anche se non tutti sono d’accordo nel considerarla la stessa
specie), questo colorato granchio, il suo primo avvistamento risale
al 1999 nelle acque di Linosa. Si ritiene possa essere arrivato con
le acque di zavorra delle navi, ma non si escludono le correnti
oceaniche, visto che, le lave di questo alieno sono piuttosto
resistenti. Il segreto del suo successo? Pare essere un “vegano”
convinto. Indubbiamente favorito dal riscaldamento del Mediterraneo
e dalla mancanza di competitori, il nostro granchio corridore
atlantico si è adattato benissimo al suo nuovo mare dove predilige
le coste rocciose ricche di anfratti in cui si infila agilmente
sfruttando il suo corpo appiattito e scomparendo rapidamente alla
vista. Sembra, tuttavia, che con il tempo la specie stia perdendo la
sua iniziale diffidenza dato che è sempre più facile vederla
davanti alle tane anche grazie alle dimensioni di tutto rispetto che,
tra carapace e zampe, possono superare i 10 cm di larghezza. La
rapida espansione e la colonizzazione delle coste del Mediterraneo e
dell’Italia insulare è stata agevolata non solo dalle capacità di
adattamento della specie alle nuove condizioni ambientali,
ma anche dalle sue abitudini alimentari che l’hanno portata ad
occupare una nicchia ecologica libera. Tuttavia c’è chi l’ha
osservato in cattività predare dei pesci quindi le sue abitudini
alimentari sono ancora materia di discussione, di sicuro è
fortemente adattabile nella sua dieta. Buone Bolle!
Oggi parliamo del pluripremiato fotografo Andrea Izzotti, un
autentico cacciatore di emozioni. Viaggiare, ricordare, emozionare
sono il suo credo, parliamo di lui in merito alla sua ultima
pubblicazione: “Zena: Storia di un Orca”. É Domenica 31 Maggio,
ho avuto una settimana pesante, e il pomeriggio del sabato è stato
stracolmo di impegni. Mi ero proposto di seguire la diretta Facebook
della presentazione del libro, ma non ce l’ho fatta. Sempre su FB
mi compare la notifica del compleanno di Andrea Izzotti e mentre gli
faccio gli auguri, mi viene in testa l’idea di fargli qualche
domanda sul suo libro.
Ci provo, Andrea a detta di molti è un tornado di energia positiva, non esagerano affatto, quel che segue è solo una conferma.
Andrea Izzotti
SubacqueodisuperficieBuon Compleanno,Buongiorno e Buona Domenica, causa lavoro ho perso l'evento di
Ieri. Volevo scrivere qualcosa sul tuo libro sul mio blog e sapere se
esce solo in forma elettronica o anche cartacea, visto che non amo
particolarmente il formato elettronico, vorrei acquistarlo per me. Ho
un piccolo Blog di Subacquea dove parlo delle mie esperienze, del
mio gruppo, delle mie letture a volte. Potresti, se ti fa piacere
raccontarmi qualcosa di più sul tuo
libro, su come è nata l'idea?
Andrea Izzotti
Ciao Fabrizio grazie per avermi scritto
Il libro esce in
forma cartacea (consigliata per via delle illustrazioni dell'artista
Paco Caamano)
L'idea mi è venuta
quando le orche sono state a Genova a dicembre 2019.
S. Andrea
Izzotti fa riferimento al caso del branco di orche comparso a
Portofino, che riempì le pagine dei quotidiani, rompendo il
monopolio dei rapporti di guerra della pandemia del Covid19
A.I. Alcune
informazioni le puoi avere dalla diretta di ieri ma ti sintetizzo qui
qualcosa
Avevo fatto due
spedizioni in Patagonia (una infruttuosa l'altra quasi) nel 2015
-2016 per osservare le orche che si spiaggiano per catturare i
cuccioli di otaria
immaginati la mia
sorpresa quando mi hanno "restituito" la visita in Italia!
S.Lo
ricordiamo tutti credo si fu un grande evento, anche se il
piccolo pare non ce l'abbia fatta,
quindi hai fatto
quasi un istant book durante la quarantena?
Il lungo viaggio delle orche di Genova
A.I. No il
libro in realtà l'ho scritto prima. Mi è venuta l'idea e dopo
tutte le ricerche per far combaciare date e "personaggi"
mi ci è voluto poco per scriverlo. Più tempo la preparazione
concreta dell'edizione con le illustrazioni di Francisco Caamano
un'artista che ho conosciuto in Baja California Sur, Messico
Il libro racconta
di altre orche "famose" come Keiko (Free Willy), Tilikum,
ma anche Granny e Old Tom. Ovviamente ci sono licenze poetiche e di
narrazione (che spiego poi nella parte finale).
S. Beh
credo ci stiano (e qui vi rimando ai link a fondo pagina)
A.I. Quindi
anche se tutti sappiamo come è andata a finire io ricreo la storia
di Zena della "piccola" Zena sin dalla sua nascita
racconto del suo primo figlio e de(i) viaggi, ma non ti voglio dire
altro se no ti rovino la lettura.
S.No
no assolutamente...non ci provare...me lo leggo
Diretta FB della presentazione del Libro
A.I.
Sicuramente l'uomo (il polpo con 4 tentacoli) ha un'impatto decisivo
S.Bella
definizione per descrivere l’Uomo, polpo con 4 tentacoli…
A.I. e da
Old Tom in poi (cerca la vera storia su google) il rapporto è via
via cambiato, Zena lo chiama anche "il mezzo polpo".
S.Bellissima definizione, sono molto affezionato a quei
cefalopodi ho tenuto delle lezioni ai bimbi di una scuola
elementare e d’infanzia su di lui.
A.I. la
figura del polpo c'è in altri passaggi del libro.
e qui Andrea ci
cita un passaggio del suo libro
A.I. “Cos’è
l’inganno, Granny?”, le chiedo. “L’inganno è quando fingi
di non essere quello che sei, come quando il polpo diventa uguale
alle rocce e non lo vedi più”, mi risponde.
E poi in altri
brani dove Zena si interroga sulla sua vita
S.Basta
non anticiparmi altro fammelo scoprire sto’ libro! mi hai messo
addosso una curiosità tremenda
L’intervista
volge al termine, ho delle reminiscenze di una cosa letta molto
tempo fa proprio sulle orche, provo a chiedergli se Andrea lo
conosce, e lui mi fa un ultimo regalo, ma questa è un altra
storia...
Per la realizzazione del Libro, Andrea Izzotti si è avvalso di collaborazioni di grande spessore: oltre al già citato artista messicano Francisco Caamaño, Alberto Bof, italiano di Genova ormai da anni a Los Angeles dove ha collaborato musicalmente con grandi firme dello spettacolo (Lady Gaga, Chiara Ferragni solo per citarne alcuni) che ha realizzato la parte musicale del video di presentazione, il prof Alessandro de Maddalena (Biologo specialista nello studio degli squali in Sudafrica e Australia e di biologia dell'orca in Norvegia) che ha scritto la prefazione.
Tornando a noi, il libro è un'auto produzione come un altro
precedente, disponibile in italiano, inglese e spagnolo; è
distribuito a Genova dal negozio
Old Tom in una foto dell'epoca
Corderia Nazionale, oppure
tranquillamente ordinabile su Amazon. Se siete subbi come noi allora
vi consigliamo anche l’altra sua pubblicazione, “Racconti dal blu
e altri colori” anche questa disponibile sia in formato
elettronico, sia in quello tradizionale. Il Libro promette bene,
tant’è che a dicembre 2019 era tra i primi posti nelle vendite di
Amazon come regalo. Per quel che mi riguarda l’ho ordinato e spero
di riceverlo presto per poterlo leggere. Consiglio vivamente di guardare la diretta di cui troverete il link sotto, che non potrà fare a meno di incuriosirvi ulteriormente e spingervi a leggere questo libro, che si presenta come un opera indirizzata a grandi e piccini, ma che come avrete modo di sentire, riscuote diversi consensi anche da ricercatori accademici.
Old Tom che aiuta i pescatori durante una battuta di caccia alla balena
Il nostro gruppo di subacquei si divide
tra l'Appennino bolognese e quello pistoiese, differenze labili per
chi vive dalle nostre parti, ma haimè i confini che sino a ieri ci
sembravano inesistenti oggi ci pesano non poco; fatto sta che mentre
oggi noi da questa parte della montagna, stiamo facendo la fine dello
stoccafisso, guardiamo con invidia i nostri amici in Toscana andare a mettere
l'attrezzatura e se stessi in ammollo, senza poter far nulla.
Non mi resta che scrivere,
ricontrollare l'attrezzatura e sperare in tempi migliori, dove
qualche torma di incoscienti, amanti della movida di gruppo e degli
spritz a 10 cm di distanza, non ci faccia riaprire una quarantena,
cosa per la quale non credo risponderei più delle mie azioni.
Fatto questo preambolo, scorrendo le
riprese e rileggendo qualche pubblicazione di subacquea mi è
capitato di tornare a parlare con alcuni amici di un incontro, che
consideriamo “Oro comune”, ma che nella realtà non è così
scontato.
Credo che tutti voi ormai sappiate
cos'è una specie aliena, in un pezzo precedente Egidio Trainito ne ha
ampiamente discorso, forse in un po' meno sanno cos'è una specie
Lessepsiana.
La definizione deriva dal nome
dell'ingegnere che progettò (Ferdinad de Lesseps) e seguì la
realizzazione del Canale di Suez, che come ben saprete mette di fatto
in comunicazione il Mar Mediterraneo con l'Oceano Indiano. Una grande
conquista per l'ingegneria e la navigazione, un bel po' di meno per
l'equilibrio dell'ecosistema marino del nostro mare.
Il Mar Mediterraneo non è un mare
chiuso, il suo sbocco naturale sull'Oceano (Atlantico, nel nostro
caso) è dato dallo stretto di Gibilterra, il che rende possibile a
specie che lo abitano di uscire e rientrare in esso. E' possibile
quindi anche una colonizzazione di specie atlantiche nell'Habitat
Mediterraneo e viceversa, sempre che si trovino le condizioni
favorevoli allo sviluppo, il che richiede tempo e cambiamenti che si
quantificano in secoli spesso. Queste colonizzazioni possono avere un successo dirompente iniziale per poi regredire con la stessa velocità con cui sono iniziate, oppure divenire permanenti creando nuovi equilibri o compromettendone irrimediabilmente altri.
Scatto di Roberto Puzzarini
Nel caso del canale di Suez il discorso
cambia quasi del tutto, in realtà oggi come oggi molte specie
aliene, sono divenute residenti al punto che siamo talmente abituati
a vederle, e si sono adattate così bene, che spesso siamo portati a
credere che siano sempre state lì, autoctone insomma.
Come forse ho accennato in precedenza
in altri pezzi del blog, la colonizzazione involontaria può avvenire
attraverso due veicoli: in primis il Canale stesso con la sua
continuità, nel secondo invece le specie aliene rimediano “un
passaggio” nelle vasche di zavorra delle navi che si riempiono e
si svuotano per aumentare la propria stabilità in mare.
Come ho detto, capita che alcune specie
siano ormai così facilmente osservabili da pensare che siano sempre
state qui, ma non è così.
Tutti conosciamo la Coris julis (Linnaeus 17589,
comunemente nota come Donzella, credo che il nome tragga origine
dalle splendide evoluzioni che questo pesce spesso compie dinanzi ai
sub che la osservano guizzando repentinamente avanti ed indietro, poi
c'è la Thalassoma pavo (Linnaeus, 1758) famiglia delle Labridae.
I suoi caratteristici colori cangianti
che vanno dal giallo dorato al verde, i caratteristici reticoli sulla
testa di colore blu, che vengono ripresi dalle righe poste sulla
schiena, la rendono inconfondibile. La sua livrea in giovane età è
quasi totalmente verde fatta eccezione per una chiazza nera che
manterrà anche da adulta.
La bocca è piccola e dotata di una
sola fila di denti nelle mascelle, con due denti uncinati centrali
più grandi.
La pinna dorsale è unica è i suoi
raggi sono quasi tutti della stessa altezza, (8 spinosi, 12-13 molli)
la pinna anale è allungata e contrapposta a quella molle dorsale.
Le pinne pettorali sono utilizzate dai
maschi durante il corteggiamento, le agitano vistosamente per
scoraggiare altri pretendendi e rivendicare un territorio, non capita
di rado che provi ad attaccare anche i Sub, insomma un pesce con
molta fiducia nei suoi mezzi, decisamente inversamente proporzionale
alla sua stazza, di solito tra i 20-25 cm al massimo.
Come a volte capita in natura tra i
pesci, cambia sesso, nasce femmina ma poi in capo a qualche anno,
diviene maschio e perde le bande blu e la macchia nera una volta
completato lo sviluppo, questo fenomeno è noto come “Ermafrodito
Proterogino”.
Scatto di Roberto Puzzarini
Si tratta di una specie Lessepsiana, proveniente dal
Mar Rosso stabilizzatasi con successo da tempo nelle nostre acque,
favorita, assai probabilmente, dall'inesorabile, progressivo fenomeno
di tropicalizzazione del Mar Mediterraneo.
La sua dieta è costituita da crostacei
e molluschi che trova smuovendo il sondo sabbioso o cacciando tra le
praterie di Posidonia che è solita frequentare, tuttavia sono stati
osservati esemplari giovani nutrirsi di parassiti di pesci molto più
grandi.
Il suo nemico naturale è il Barracuda
del Mediterraneo (Sphyraena viridensis - Cuvier, 1829), la sua riproduzione avviene tra giugno e luglio ed
è un oviparo pelagico.
La sua livrea è una delle più belle e
cangianti che si possano osservare nel nostro mare, la sua
distribuzione ormai tocca da tempo quasi tutte le nostre coste nel
Tirreno, ma viene avvistata ormai frequentemente anche in Adriatico,
in fondali che vanno dai 20 ai 100 metri di profondità.
Al solito, si ringrazia, tra gli altri, Marco Moretti e Roberto Puzzarini per i loro scatti.
Nome Scientifico:
Thalassoma pavo (Linnaeus, 1758)
Nome comune :
Zingarella, Zita, Pizza di Re, Vecchia, pesce pettine, pappagallo,
pisci urrej
Rischio di
estinzione: Minima popolazione (Stabile)
Atlante di flora e
fauna del Mediterraneo - Egidio Trainito, Rossella Baldracconi, ed Il
Castello 2014
Pinneggiando nei mari italiani – Marco Bertolino, Maria Paola
Ferranti, Hoelpi 2019
“Guida
della FAUNA MARINA COSTIERA DEL MEDITERRANEO” - Luther Fiedler –
Franco Muzzio Editore
Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alle
prossime generazioni (James Freeman Clarke)
“L'area naturale marina
protetta, definita per comodità, anche a livello internazionale,
generalmente e più brevemente solo come area marina protetta
o AMP, è una zona di mare circoscritta, in genere di
particolare pregio ambientale e paesaggistico, all'interno della
quale è in vigore una normativa limitativa e protettiva
dell'habitat, delle specie e dei luoghi, e relativa alla
regolamentazione e gestione delle attività consentite. Rientrano
nell'ambito delle aree naturali protette e spesso sono anche definite
riserve; in alcune di esse viene consentita anche la pesca
commerciale tradizionale, presumibilmente non distruttiva. “
(Wikipedia)
In
Italia dopo un lunghissimo iter di studio e fattibilità, contrastato
soprattutto da pescatori, persone e politici con interessi
particolari soprattutto speculativi all'interno delle aree dove ne
era prevista l'istituzione, un estenuante e acceso dibattito politico
nonché un profondo ritardo nei confronti di tutti gli stati
occidentali, è stata finalmente attuata una legge quadro ed infine
nel giro di diversi anni sono state infine istituite nel tempo tutte
le aree marine ora in esercizio. Una delle peculiarità delle
regole dell AMP è quella di limitare le attività di pesca e
prelievo con delle regolamentazioni specifiche, ma anche quella di
promuovere ed effettuare dei programmi di studio, ricerca e
ripopolamento abbinati a dei programmi didattici ed educativi che
permettano la maggiore conoscenza e sensibilità nei confronti della
natura. Chi può opporsi alla creazione di un’ Area Marina
Protetta? Di solito persone che potrebbero subire una perdita
economica, come i palazzinari che si vedono chiudere l’opportunità
di nuove licenze edilizie, magari la costruzione di porti turistici,
per l’imposizione di nuove e costose regole. Potrebbero opporsi i
pescatori, che si vedono tagliar via un’area più o meno vasta
dalle loro opportunità. Ma anche i diportisti che temono
l’introduzione di nuove norme, come per esempio il divieto di dare
ancora, e obbligo di ormeggio a boe designate, il che li escluderebbe
dal poter pranzare in qualsiasi caletta a piacimento. Potrebbe
opporsi chi teme l’introduzione di contingenti tra visitatori e
natanti.
A tal argomento si consiglia la
consultazione del libro “Politiche europee per il paesaggio:
proposte operative” (Adriana Ghersi, 2016) dove si parla delle forti
resistenze per la nascita di un AMP a Portofino, che vedeva in primis
a contrastare la proposta, diportisti, pescatori, portatori di
diversi interessi politico/economici. E'
incontestabile, le Aree Marine Protette svolgono un
ruolo fondamentale nell’attirare turisti, certo non un turismo di
massa alla riminese per intenderci, ma orientato soprattutto a
persone interessate al territorio e alle economie locali, turisti che
vengono sottratti a spiagge e fondali che non offrono le stesse
garanzie paesaggistiche, di biodiversità, di qualità delle acque.
Le aree marine protette, quindi, rendono tantissimo e vanno
incentivate.
Vorrei parlarvi di tre realtà che
conosco, in tre stadi differenti d'opera/evoluzione/nascita delle
stersse, AMP di Portofino (GE), AMP di Livorno (LI), AMP (Non ancora
nata) di Sant'Antioco, San Pietro.
L'area naturale marina protetta di
Portofino è un' Area marina protetta istituita con decreto del
Ministero dell'Ambiente il 26 aprile 1999, con sede a Santa
Margherita Ligure, ed è situata nel territorio di levante della
città metropolitana di Genovafra i comuni di Camogli, Santa
Margherita Ligure e Portofino. L'area è stata dichiarata Area
Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo. Attualmente è in
vaglio, su espressiva richiesta degli stessi comuni della riserva,
presso la Camera dei deputati la proposta di trasformare il Parco
regione di Portofino in Area nazionale, accorpando nei nuovi confini
territoriali anche l'Area marina protetta . La proposta, esposta alla
Camera in una audizione del 24 gennaio 2007, ma già avanzata nel
2004, è stata accolta
positivamente dalle amministrazioni comunali e
dagli altri enti interessati, specie dopo il recente consenso di
Santa Margherita Ligure, sede dell'ente parco regionale e della
riserva marina protetta. In ogni caso sono vietate le attività
subacquee che richiedano un contatto con il fondale, e inoltre è
vietato l'ancoraggio delle imbarcazioni. La zona A (Riserva
Integrale) comprende il tratto di mare interno (Cala dell'Oro)
delimitato dalla congiungente dei punti identificati in Punta
Torretta e Punta del Buco. È il tratto di mare dove è fatto divieto
assoluto di navigazione, sosta, accesso, balneazione, pesca sportiva
o professionale, immersioni subacquee. Nella zona A l'ambiente
è conservato
Scatto nell'AMP di Portofino
integralmente e sono consentite solo attività di
soccorso e ricerca scientifica autorizzate dal soggetto gestore. La
balneazione è vietata. La zona B (Riserva Generale) va
dalla Punta del Faro di Portofino, sotto il comune di Portofino, sino
a Punta Chiappa, sita nella frazione di San Rocco di camogli, fatto
salvo il corridoio di accesso e la rada di San Fruttuoso. Tale zona è
caratterizzata da vincoli più larghi: la pesca sportiva è
consentita (regolamentata) solo ai residenti, l'immersione subacquea
con autorespiratore ad aria è consentita ai diving center e ai
privati autorizzati, mentre è liberamente consentita l'attività
subacquea in apnea e la libera balneazione. Inoltre le immersioni
subacquee da riva sono consentite solo presso Punta Chiappa, il
Dragone e la Colombara. Questo tratto di mare è molto amato e
visitato dai subacquei, attratti dal notevole valore naturalistico
dei fondali ed in particolare dal trionfo delle gorgonie rosse e
dalla ricchezza di fauna. È in questa zona che si trova il Cristo
degli abissi .
Cernia a Portofino
La zona C (Riserva Parziale) si estende
ai due lati del Promontorio di Portofino ed è famosa ed ammirata per
le sue vaste praterie di Posidonia oceanica. Ulteriori attività sono
consentite e l'attività subacquea e la balneazione è libera, a
parte specifiche limitazioni per la salvaguardia dell'ambiente. La
pesca sportiva è consentita (comunque regolamentata) ai residenti e
non. La riserva riveste un grande interesse per la subacquea, con
svariati punti di immersione di interesse naturalistico. Nella
zona A, a meno di permessi speciali, le immersioni sono
proibite. Nella zona B l'immersione subacquea è
consentita ai diving center e ai privati autorizzati, mentre sono
proibite, a meno di autorizzazione, le immersioni notturne. Nella
zona C vengono praticate ulteriori concessioni.
Personalmente adoro Portofino, che non delude davvero mai, sembra
davvero di nuotare in un acquario.
Ma veniamo a Livorno, in questo caso si parla delle Secche della
Meloria, si tratta di un’ampia scogliera affiorante che si estende
per circa 40 chilometri quadrati a 3 miglia dalla costa livornese; i
suoi fondali variano da 3 a 12 metri e sono costituiti da una
alternanza di ampie radure di sabbia, praterie di Poseidonia Oceanica
e tipiche formazioni geologiche dette “catini”. La bellezza del
paesaggio subacqueo, pieno di vita e di colori, e la ricchezza della
biodiversità sono un’attrazione indimenticabile che affascina
tanti visitatori; sui fondali si segnala la presenza di numerosi
relitti e resti archeologici, testimoni dei naufragi di imbarcazioni
che si dirigevano verso il porto pisano nel periodo romano e al tempo
delle repubbliche marinare.
Con Decreto 217/2009 il Ministero ha
approvato il regolamento recante la disciplina delle attività
consentite nelle diverse Zone dell’AMP “Secche della Meloria”.Con
la Delibera della Regione Toscana 35/2011 le Secche della Meloria
sono state designate un “Sito
di Importanza Comunitaria”
(SIC).
Attualmente per andare alle secche, se non si è in possesso di
un'imbarcazione occorre contattare le società locali adibite per il
noleggio barche oppure se lo scopo è quello di organizzare delle
visite guidate ed osservare da vicino gli organismi marini occorre
contattare i diving della zona. L'Ente Gestore aprirà in un futuro
prossimo il centro visite dell'Area Marina Protetta.
Anche qui esiste
una Zona A di riserva integrale
comprende il tratto di mare immediatamente ad ovest della Torre della
Meloria, una Zona B di riserva generale ed una Zona C di riserva
parziale. I fondali di Livorno sono caratteristici per la presenza di
corallo rosso, gorgonie, spugne, coloratissimi nudibranchi e numerose
specie di pesci oltre ad una vegetazione marina molto varia. Per
potersi immergere in questo sito è opportuno rivolgersi ai diving
operanti in zona, siti a poche miglia dall'Area Marina Protetta. Da
tempo però si caldeggia di annettere all'AMP la parte di costa
denominata “Miglio magico”, braccio di mare, idealmente compresa
tra il Castello del Boccale e quello di Sonnino, dove si trova
Calafuria. A dire il vero nei giorni scorsi un fatto piuttosto grave
è avvenuto, chi ci segue sa che tempo fa in un mio pezzo parlavo di
una rete da pesca, perfettamente operante era stata probabilmente
distesa nottetempo, da qualche pescatore dinanzi al golfetto sotto la
Torre, in dispregio a distanze regolamentari e alla sicurezza di un
sito arcinotamente frequentato dai subacquei durante tutto l'anno e a
qualsiasi ora del giorno e della notte.
In sintesi la mattina di giovedì 17
agosto, i sommozzatori del V Nucleo della Guardia Costiera di Genova,
sotto il coordinamento della Capitaneria di porto di Livorno, hanno
recuperato una grossa rete da posta, lunga oltre 100 metri,
abbandonata sul ciglio della scarpata, al largo di Calafuria.
L’attrezzo, era stato segnalato nei giorni scorsi da una
Associazione di subacquei labronica, era in parte ancora teso, per
cui continuava a catturare pesci e altre specie, oltre a essere
pericoloso per la sicurezza delle attività subacquee, in una zona
molto frequentata dagli amanti delle immersioni. L’operazione non
era semplice, richiedeva una precisione certosina per non danneggiare
il fondale e la sua flora, ma grazie alla perizia degli operatori, si
è conclusa con pieno successo. È stato così possibile preservare
il prezioso corallo rosso, vero fiore all’occhiello del litorale
livornese.
Per Sant'Antioco e San Pietro il discorso sembra ancora lungi a
venire, ricordo le mie discussioni con alcuni pescatori del posto,
quelli favorevoli si esprimevano quasi di nascosto e a bassa voce. In
questo caso l'area marina protetta che vorrebbero istituire dovrà
essere compresa all'interno dell'area vasta di reperimento che
all'incirca va da Buggerru fino a Teulada e che nelle leggi 979/82
art.31 e 394/91 art.36 avevano denominata "Isola di San Pietro".
Precisazione necessaria per far capire che se tutti i Sindaci
interessati da questo grande tratto di costa si attivano insieme ci
sarebbe una grandissima opportunità di sviluppo per l'intero Sulcis
e non solo per l'Isola di San Pietro.
Ovviamente ogni Sindaco
interessato dovrebbe effettuare un primo studio puntuale relativo al
suo territorio da presentare poi al Ministero al fine di inserirlo
nel lungo iter procedurale. Qualche territorio negli anni passati
aveva già fatto degli approfondimenti (Sant'Antioco per esempio).
Purtroppo ad oggi pare che solo il Comune di Carloforte sta
partecipando attivamente all'iterprocedurale del Ministero. Tuttavia,
pur essendo stati offerti a Carloforte i fondi per attivarne
l’istituzione, una parte degli isolani parrebbe fortemente ostile
al progetto, e ha creato un comitato NoAMP, un’altra parte della
popolazione ha quindi creato un comitato PROAMP. In questa
situazione, quando il sindaco è andato al ministero il 13 Febbraio
2020 per accettare i finanziamenti e iniziare l’iter (che comunque
durerebbe circa 4 anni), di fronte alla richiesta del Ministero di
portare avanti gli studi per la realizzazione dell'AMP, avendo avuto
comunicazione che, una volta dato il consenso e avviati gli studi
dell'ISPRA, non si potrà tornare indietro, l'amministrazione ha
richiesto una proroga (per non andare contro a quella parte della
popolazione che era contraria).
Il sindaco non ha firmato l'avvio
degli studi e LA PROCEDURA PER L'ISTITUZIONE DELL'AMP è QUINDI, AL
MOMENTO, SOSPESA; il sindaco ha poi invitato i due comitati, pro e
contro AMP, ad agire con le proprie campagne informative per poi, una
volta finite le campagne, prendere una decisione. Le campagne
informative però, per via dell'emergenza Covid19 virus, non sono
state fatte e dell’AMP non si è più parlato. Un politico pensa
alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni (James
Freeman Clarke) . Da quel che mi è dato sapere, un paio di grossi
progetti edilizi, nel caso dell'istituzione di un Parco marino
avrebbero forti problemi ad essere realizzati, sebbene già in
passato bollati come ennesime “Cattedrali nel
deserto” e dalle
dubbie sostenibilità ambientali, per non parlare delle effettive
(reali) ricadute occupazionali tanto sbandierate. In tal senso durante una diretta Facebook ho avuto modo di interrogare, Egidio
Trainito, personaggio che in quanto a mare non credo che abbia
bisogno di ulteriori presentazioni a riguardo, riporto la mia domanda
e la sintetica risposta.
Subacqueodisuperficie:“So
che a Sant'Antioco si è proposto la costituzione di un AMP,
purtroppo una parte della popolazione con dietro una certa politica è
contro, se si fa un giro in porticciolo si vedono un sacco di barche
al rientro vendere pesce sottotaglia e anno dopo anno sempre più
piccole. In questo senso credo che le AMP intervallate lungo la costa
siano non solo un bene ma qualcosa di necessario. Cosa ne pensate?”
Egidio Trainito:“Le AMP
sono fondamentali per una inversione di tendenza, ma devono anche
funzionare: AMP senza consenso oppure vuote di attività servono solo
a dare qualche stipendio (pochi) ma non svolgono un vero ruolo di
cambiamento.”
Devo ammettere che la risposta mi ha un
attimo preso di sorpresa, non una spassionata difesa ad oltranza
delle AMP ad ogni costo, ma un arguta riflessione direi. In sintesi
il messaggio alla fine è piuttosto chiaro, le AMP servono, ma solo
se, se ne comprende veramente il significato, se si percepisce quel
mare non meramente come un mezzo di sostentamento/sfruttamento (pesca
e turismo predatorio), ma come un patrimonio di cui le genti locali
stesse fanno parte. Il ritorno in termini di turismo, maggiore tasso
di riproduzione della fauna ittica, che comunque da quell'area poi
fuoriesce, non sono argomenti contestabili. Non sono discorsi vuoti e
retorici, chiunque sappia cos'è il fermo biologico per la pesca, sa
di cosa parlo, in quel periodo il mare si rigenera, pensate soltanto
a cosa è successo in questo periodo di lockdown in cui siamo
dovuti starcene chiusi in caso, limitando le attività antropiche
nell'ambiente. Non serve sempre sbarrare km di coste, ma alcuni brevi
tratti e dare modo a quelle aree di divenire santuari.
La difesa stessa dei fondali, delle
praterie di posidonia, che lo ricordiamo, è una pianta e non un
alga, sono fondamentali per l'ossigenazione stessa dell'acqua e come
nascondiglio per gli avanotti, come terreno di crescita per molti
molluschi che costituiscono la biomassa alimentare di molti piccoli
predatori. In questo senso garantire degli ancoraggi sostenibili,
limitare un diportismo selvaggio e cafone, facendo rispettare i
divieti che già ci sono sarebbe un primo passo nella giusta
direzione.
Spero di avervi dato qualche spunto di
riflessione.