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domenica 26 febbraio 2023

Emozioni Profonde : A caccia di relitti con Andrea Bada

 


La mia prima immersione come neobrevettato Open Water fu una sorpresa, ne ho già parlato qui sul blog qualche tempo fa, fu sul relitto della Eurobulker IV, un cargo carbonifero affondato al largo dell'isola di S.Pietro sopra una secca di 18 metri.

Chiunque si sia immerso su un relitto lo sa, si prova una sorta di suggestiva emozione, spesso perchè quei relitti sono anche l'ultima testimonianza di chi in mare vi ha perduto la vita.

C'è poi chi dell'esplorazione e della ricerca di questi relitti ne ha fatto la sua ragione di vita, non per denaro, o tesori, ma per vivere delle emozioni.

 


Sabato 25 Febbraio 2023, ad Empoli in Loc. Avane, presso LA VELA Area Margherita Hack, l'associazione G.E.A.S. ha organizzato un incontro con Andrea Bada , un sommozzatore professionista, che ha presentato alcuni filmati di relitti siti in immersioni profonde da lui e il suo Team, “Techdive Explorer Team” nel nostro Mediterraneo.

Sala piena, tante facce conosciute, e direttamente da quel di Calafuria, tra questi i nosti Salvatore, Yuri, Enrico (ancora bagnati dall'immersione del mattino)  e  Matteo , Michele e Pippo .

Ha aperto il pomeriggio Sandro Matteucci, presidente di G.E.A.S. Ricordando che prossimi al 35° anniversario della fondazione dell'associazione si è voluto dare lustro alla ricorrenza organizzando appuntamenti come questo.

Dopo è stata la volta Di Marco Lemme, Presidente F.I.A.S che ha ricordato come realtà associative come questa empolese, servono non solo a portare avanti i valori del nostro sport, ma anche a favorire una certa socialità e senso di appartenenza.


 

Dopo di lui è intervenuto Maurizio Bertini che si è adoperato per mettere in contatto Andrea Bada con l'associazione al fine di rendere possibile questo incontro con il pubblico.

Interessante tra gli altri l'intervento della Dottoressa Pamela Ciuffo in qualità di Psicologa del gruppo Techdive, che ha spiegato come il nemico peggiore di un sub, specie in queste imprese, sia l'ansia, come sia vitale riuscire ad elaborare e allenare non solo il fisico ma anche mente e stato emotivo, senza mezzi termini ha affermato che mentre per u immersione ricreativa un attacco di ansia può essere gestito, a 130 metri di profondità non c'è nulla da gestire se non si è fatto un certo lavoro prima, semplicemente “sei morto”. 


Prima dell'intervento dell'ospite della manifestazione, Umberto Giorgini del DAN, ha illustrato brevemente un caso in cui la tempestività nel soccorso ha fatto la differenza e come opera il Dan in questi casi, a cui ha seguito un intervento di elogio dell' Assessore allo Sport Fabrizio Biuzzi.

A questo punto rotto ogni indugio, ha preso la parola Andrea Bada, chiarendo subito alcuni punti.

Lasciate che vi dica alcune cose, forse anche a voi sarà capitato di andare a qualche conferenza e vedere qualcuno che si gigioneggia e a cui manca solo che apra la ruota come un pavone, ecco non aspettatevelo da questo ragazzo.


Per prima cosa ha tenuto a spiegare che per quello che fa non è assolutamente un superuomo, ma che anzi confrontarsi con il mare gli ha restituito un senso di grande umiltà, che malgrado le sue ricerche per forza di cose lo spingono a profondità elevate, non è per questo che lo fa e che la profondità è richiesta e definita dall'obiettivo che si intende raggiungere, sebbene un limite se lo sia autoimposto comunque, “solo...- 180 metri”, spiegando che questo limite operativo è dettato dall'impossibilità con un attrezzatura che non sia da palombaro di gestire un immersione con le sue finalità.

La preparazione atletica e mentale sono basilari come uno stile di vita sano e corretto.

Quali sono queste finalità? La ricerca, la riscoperta (ritrovamento) e l'identificazione dei relitti, cosa tutt'altro che semplice.


Prima ancora che entrare in acqua, il lavoro di ricerca è fatto di una minuziosa raccolta di documenti, testimonianze, fotografie, filmati, insomma tutto quello che può essere utile ad individuare le peculiarità del relitto che si ricerca, solo allora e solo dopo si inizia la ricerca vera e propria, che è fatta di tentativi mirati, ma pur sempre tentativi e di un lavoro di squadra in cui ogni ruolo ha un importanza cruciale, da chi fa assistenza in superficie a chi fa riprese e chi segue con un filo di Arianna chi sta documentando sul fondo con foto e video.

Questo Andrea lo ha ribadito più e più volte, come uno dei punti più importanti. 

TA-23 (ex R.N. IMPAVIDO)


Una volta trovato e documentato il relitto, si passa all'identificazione, ed è qui che entra in campo Claudio Grazioli, appassionato di Storia nel senso più genuino del termine, sulla base di schizzi, fotogrammi, posizione geografica tenta un identificazione del relitto, dando un nome a scafi che sono da decenni nell'oblio dato dalle profondità del mare.

Emblematico è stato il doppio racconto di Claudio e Andrea sul ritrovamento ed identificazione dell'aereo fantasma di Punta Manara, un P47 Thunderbolt alleato, abbattuto dalla contraerea tedesca e mai ritrovato sino alluglio del 2021 ( Vi invito a clickare sui link a fondo pagina).


Questo fanno Andrea Bada e il suo Team, restituiscono a noi in superficie, quello che il tempo e il mare hanno nascosto, documentando, e lasciando tutto così come lo hanno trovato con profondo rispetto.

Da anni il Team collabora con l'Istituto Idrografico Militare, joinventure che ha portato mutui benefici ad entrambe le parti, colmando spesso i buchi nella narrazione storica di molti eventi bellici.


Come l'affondamento del TA-23 (ex R.N. IMPAVIDO), unità italiana requisita il 16 settembre del 1943 e incorporata nella Kriegsmarine (Marina Militare tedesca) il 9 ottobre 1943, assunse il nome di TA 23. Nel gennaio 1944 la torpediniera fu dislocata a La Spezia, in seno alla X Flottiglia Torpediniere. Un destino molto comune a tanto naviglio catturato, riconvertito e impiegato dai tedeschi che avevano poco naviglio di superficie nel Mediterraneo. Il relitto della TA 23 giace su fondali di 70 metri, spezzato in tre tronconi, ad una decina di miglia da Cecina e ad una distanza circa doppia dalla Capraia. Il troncone poppiero, il più lungo (oltre metà della nave) giace in posizione capovolta, quello che include la plancia è adagiato su un fianco ed angolato di 90° rispetto al precedente, mentre il terzo troncone è costituito dall'estrema prua. Nello specifico Andrea e Claudio hanno spiegato come furono fondamentali l'identificazione delle bombe di profondità di chiara fattura tedesca e dell'armamento di bordo, per dare un nome a ciò che avevano ritrovato.


Durante la seconda guerra mondiale, prima e dopo l' 8 settembre 1943, i tedeschi requisirono e riconvertirono molto naviglio di superficie dai paesi occupati, Francia, Grecia ed Italia, il caso del UJ2206 (ex peschereccio francese Saint Martin Legasse, 14/02/43-03/11/43) è uno di questi, anche qui documentato, ritrovato e identificato dal team di Andrea Bada a nord delle Formiche di Grosseto.

Ultimo, ma non ultimo, il ritrovamento del sommergibile Velella che detiene il triste primato di essere stato l'ultimo sommergibile italiano perduto nella guerra contro gli Alleati: nell'ambito del «Piano Zeta», di contrasto al previsto sbarco anglo-americano in Calabria o Campania, lasciò Napoli il 7 settembre 1943, e da quel giorno non diede più notizie di sé. Il 13 maggio il 2003 il relitto del Velella è stato individuato a 8,9 miglia da Punta Licosa a circa 138 metri di profondità, ma dovremo aspettare sino all'agosto del 2022 perchè una spedizione di Andrea Bada ed il suo Team, riesca a raccogliere dati sufficienti per un identificazione certa del relitto. Sebbene intuibile dai rapporti sull'affondamento, oggi i familiari dei 55 marinai sanno dove riposano i loro cari, Il relitto del sommergibile Velella, con tutto il suo equipaggio, è adagiato sul fondo del mare a 140 metri di profondità .


Lo spazio per le domande è stato scarno, non tanto per il tempo a disposizione e men che mai per la disponibilità di Andrea e del suo Team a rispondere al pubblico, ma semplicemente, credo, che alcune immagini, ti lascino con un senso di assoluto stupore e ti fanno sentire infinitamente piccolo e annichichilito da quel “tanto, troppo” che si nasconde sotto la superficie e che il “Techdive Explorer Team” appena può scalfire...eppure tanto basta.

Io come molti altri di voi che leggete, non scenderò mai a queste profondità, accetto con umiltà i miei limiti, questo però non mi impedisce di ammirare, chi con preparazione adeguata scende e permette anche a me di vedere cosa cela il sesto continente.


Tuttavia l'Ospite ha chiarito che non è cosa per tutti, ci vuole molta dedizione, allenamento e spirito di sacrificio, ma sopratutto, tanta, tanta, tanta, tanta umiltà, ribadendo l'ovvio, il mare non è il nostro ambiente, ogni volta che scendiamo sotto, non importa quanto, commettiamo nei confronti del nostro corpo, una piccola violenza, essere consapevoli che siamo degli ospiti sta alla base del rispetto che dobbiamo avere per il mare.

Granzie ad Andrea Bada, G.E.A.S. e  il “Techdive Explorer Team” tutto per le emozioni che ci avete regalato in questo sabato pomeriggio. 



Chiudo con una News: Dopo aver vinto inaspettatamente il Paladino d'Oro nella 41esima edizione dello Sport Film Festival Internazionale di Palermo, a breve uscirà un lungometraggio di Andrea Bada sulla rete a pagamento Sky  e una serie sui cacciatori di relitti  in chiaro su Realtime, che vi invito a non perdervi.


Buone Bolle e buona visione!





Link :

https://it.wikipedia.org/wiki/Impavido_(torpediniera)

https://www.rainews.it/tgr/liguria/video/2021/12/lig-andrea-bada-63bf8bac-340d-4ae5-a890-5b0a73cfa82c.html

https://www.youtube.com/watch?v=0EZaIkDuOHU

https://www.anmicastellabate.it/wp/il-sommergibile-velella/

 https://www.underwatertales.net/2018/03/27/aereo-in-giardino-la-storia-del-caccia-p-47-thunderbolt-di-punta-manara/

Facebook: 

Andrea Bada : https://www.facebook.com/andrea.bada.7

Claudio Grazioli : https://www.facebook.com/claudio.grazioli.94

Techdive : https://www.facebook.com/profile.php?id=100057680430630


Fabrizio Gandino

“Subacqueodisuperficie”


 


venerdì 21 ottobre 2022

Capo d'Acqua: un momento congelato nel tempo

 Questo pezzo apre l'esordio di Matteo Stanzani che da questo inserto comincerà a collaborare con il Blog, non perdo altro tempo e lascio la parola a lui.

 


 

Salve a tutti oggi parliamo di una Location davvero unica nel suo genere in tutta la nostra penisola si trova nell'invaso idrico di Capo D'Acqua (Comune di Capestrano) in provincia dell'Aquila. Incastonato nel Parco nazionale del Gran Sasso, a circa un centinaio di chilometri da Roma, è possibile immergersi per ammirare i resti di due mulini medioevali. La ragione dell'opera idraulica trova necessità nel bisogno irriguo dei terreni circostanti. Nato tra le antiche linee di confine del regno Borbonico, Stato pontificio e Capestrano (per diverso tempo sotto la signoria di Firenze), la zona consta di 12 chiese edificate lungo la linea di transumanza degli allevatori, che si muovevano con il bestiame da e verso la Puglia. Tali opere furono realizzate dall'Ordine dei Cavalieri Templari, su disposizione del Papa Celestino V al fine di favorire lo scambio delle merci, offrire un riparo e mitigare gli scontri tra le popolazioni locali, piuttosto frequenti all'epoca.


 

L'immersione che ci si accinge a compiere sotto questo specchio d'acqua di un colore turchese, sarà nella fredda acqua sorgiva, che consente una trasparenza inimmaginabile. Pinneggiando si arriva al primo mulino (stando ben attenti a stare alla giusta distanza dal fondo). L'impatto visivo riesce ad impressionare anche i subacquei più girovaghi del mondo. La sensazione è quella di vagare nella Storia e nel Tempo! Il primo mulino è quello che si è conservato peggio, tuttavia si può agevolmente individuare tutto il perimetro della struttura e i muretti a secco. Passando al secondo si può notare gli archi di pietra e le pareti con un masso incastonato avente un foro passante, dove venivano legate le cavalcature. 


 Un percorso sicuramente suggestivo, un piede nella storia (o una pinna, fate voi), tanto che alla fine dell'immersione si continua a guardare e girellare nel sito nonostante il freddo, sospesi nell'atmosfera liquida di un posto magico.



Matteo “Masdepaz” Stanzani




 

 

 

 

 

                                                     


 

Per anni ero stato vittima della “Maledizione di Capo d'Acqua”, ogni volta che si programmava quel tuffo capitava qualcosa che mi impediva di andarci, il che era diventato un bel po' frustrante, al punto da metterci quasi, con una sorta di fatalistica rassegnazione, una pietra sopra.

Potete quindi capire quindi, quando a margine della stagione estiva, Matteo mi chiama al telefono e mi dice che si vorrebbe organizzare un uscita a Capo d'Acqua (AQ) e se la cosa poteva interessare qualcuno del nostro gruppo, non riuscì a terminare la frase che avevo etusiasticamente già accettato.


Ma cos'è Capo d'Acqua? Dovete sapere che nel parco nazionale del Gran Sasso, a 180 chilometri da Roma, e una quarantina dall'Aquila, c’è un piccolo lago artificiale che è entrato nella classifica dei migliori posti al mondo dove fare immersioni. Alle pendici occidentali del Monte Scarafano, le acque delle sorgenti di Capo d'Acqua sono invasate in un bacino artificiale collegato ad un sistema di irrigazione che alimenta una centrale idroelettrica che alimenta una stazione di pompaggio che convoglia le acque dell'invaso verso i Comuni siti a quote più alte per fini agricoli/irrigui. Le sue acque fredde e cristalline arrivano dalle fonti da cui prende il nome: sorgenti di Capo d’Acqua. Il bacino artificiale nasce nel 1965 dopo la realizzazione di una diga costruita per sbarrare il corso del Tirino e per convogliare l’acqua nei campi dove si coltivava il grano. La suddetta diga nata per sbarrare il corso superiore del Tirino, poco più a valle delle sue sorgenti, in prossimità della omonima frazione di Capestrano (Caput Aquae). Il bacino è alimentato da numerose sorgenti naturali immettono nel bacino continui flussi di acqua fresca e limpidissima che confluiscono a valle nel Tirino. Tuttavia questo da solo non spiega perchè questo piccolo lago di altura è stato definito nel panorama turistico internazionale, la “piccola Atlantide d’Abruzzo”.


L'area era intorno al 1100' sotto l'influenza dei Medici, già signori di Firenze, nel sito dove oggi troviamo il Lago artificiale esisteva anticamente un mulino appartenuto alla famiglia Verlengia di Capestrano, e un colorificio costruiti in prossimità della sorgente di Capo d'Acqua. Il colorificio è oggi ancora visibile in superficie, mentre il mulino di circa 400 mq, in buono stato di conservazione, (salvo i danni riportati nel terremoto dell'Aquila che ha fatto crollare un arco) è completamente immerso nell’acqua cristallina del lago ed è caratterizzato dalle antiche tecniche murarie costruttive tradizionali. Di grande impatto sono i resti di due arcate murarie e le piattabande in legno di porte e finestre. Il complesso è costituito da due mulini distinti, realizzati in epoche differenti anche se relativamente vicine nel tempo. Più vicino alla sorgente è presente un altro mulino più piccolo, probabilmente un ampliamento dell’altro. Intatto è il selciato dei viottoli antichi che un tempo veniva percorso dai contadini con il loro carico di grano. Il sito sommerso, ha un che di affascinante e misterioso, la bassa temperatura delle acque, restando costante intorno ai dieci gradi tutto l’anno, impedisce il proliferare di alghe e piante lacustri e garantisce un'ottima visibilità, eccezione fatta per la strafificazione dei semi di salice che anno dopo anno affondando nell'acqua hanno creato una coltre sul fondo che è meglio non smuovere. Va detto però che anche quando questo malauguratamente accade si sedimenta piuttosto rapidamente.


La profondità massima è di circa 9 metri, la visibilità arriva anche a 70, il che aggiunge un senso di irrealtà a questo luogo che sembra congelato nel tempo. L'acqua cristallina e la realativa vicinanza delle rovine alla superficie, riflettendole in una sorta di cielo al contrario, mi ricordano alcuni lugometraggi di animazione di Hayao Miyazaki . L'immersione in sé dura poco più di 35/40 minuti, ma le emozioni che trasmette non vi abbandoneranno più. L'immersione è piuttosto semplice, ed è aperta a subacquei di qualsiasi livello purchè muniti di brevetto, ovviamente si deve avere l'accortezza di seguire le disposizioni dell guide rimanendo a debita distanza dalle rovine e dal fondo del lago. Per quel che riguarda l'attrezzatura io consiglio la muta stagna o una buona semistagna con sottomuta, sebbene Francesco e Francesca, del nostro gruppo abbiano coraggiosamente sfidato il lago in umida (era il 9 ottobre del corrente anno) senza riportare danni. Per quanto riguarda gli erogatori è sufficiente un 


Octopus, ma avere anche delle degli adattatori da Din a Int per l'attacco bombole non guasta.  Il mio consiglio è quello di organizzarvi un bel weekend che comprenda non solo l'immersione nel lago, ma anche nella spendida natura incontaminata che circonda questa piccola perla, fidatevi non rimarrete delusi dall'accoglienza e dalla cucina locale che è già da sola un esperienza positiva che non dimenticheremo facilmente (neppure le nostre mute). Questi luoghi erano l'ambientazione originale della storia di “Ladyhawke” e in parte da queste parti furono girate alcune scene del film del 1985 diretto da Richard Donner con Matthew Broderick, Rutger Hauer e Michelle Pfeiffer; vi segnalo inoltre che nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, immerso in una natura incontaminata vi è anche un grande patrimonio di vasto interesse archeologico (ricordiamo il GUERRIERO di Capestrano). 


 

Alla fine si riparte per tornare a casa con un esperienza in più e devo dire a malincuore vista l'accoglienza ed i luoghi che meriterebbero decisamente più tempo, ma è soltanto un arrivederci mi sa.





Buone Bolle!!!



Link:

https://www.atlantidesub.com/33-Immersione-tra-i-mulini-sommersi.html


 
 
I mulini sommersi di "Capo d'Acqua"




Fabrizio Gandino

Subacqueodisuperficie”


 

domenica 4 aprile 2021

Tre Numero Perfetto....


Immagine della diretta di Venerdi 19 marzo 2021


Prima di approfondire il titolo di questo Post, preciso che parliamo di subacquea ricreativa, d'altro canto queste sono “Cronache di Subacquei di Superficie” e quindi di questo si parla.

L'evento sul Web annunciato nel pezzo precedente ha avuto luogo regolarmente e ha avuto un buon successo, merito indiscusso di un un emozionatissimo Marco Moretti e di Riccardo Tognini che ha organizzato la diretta.


 

Si è parlato di subacquea, di fotografia subacquea, con qualche divagazione sulla videoripresa facendo alcuni distinguo e confronti (posti da Salvatore Fabiano), molte precisazioni grazie all'intervento di Stefano Gradi, fotografo subacqueo che non ha certo bisogno di ulteriori presentazioni.

Tra i vari punti toccati anche quello della sicurezza, non nego di essere stato io a lanciare la provocazione e mi ha fatto piacere comunque vedere che è stata raccolta con onestà dai presenti.

Non siamo pesci e non siamo nati con le branchie, ci muoviamo in un ambiente meraviglioso facendo esperienze straordinarie, ma potenzialmente ostile.

Con questo non voglio demonizzare la subacquea ricreativa, tutt'altro, personalmente a pedalare (ma anche solo correre) in una statale trafficata di mezzi pesanti e auto che sfrecciano rischio a parer mio molto di più, ed allora dove voglio andare a parare?
 



Facciamo un passo indietro: siete un sub provetto (o ritenete di esserlo), avete fatto tutti i sacrosanti corsi, sono anni che vi immergete, avete un attrezzatura subacquea collaudata e conoscete la vostra attrezzatura fotografica che potreste adoperarla quasi ad occhi chiusi.

Il vostro buddy vi segue come un ombra, è una sorta di monaco buddista sott'acqua dal momento che vi segue senza perdere la pazienza, nelle vostre interminabili soste su ogni soggetto che attira la vostra attenzione e vena artistica.

L'immersione va da Dio, è una bella giornata, il mare è calmo, la visibilità che sembra di guardare attraverso una bottiglia di acqua Levissima, l'acqua non è ne troppo calda ne troppo fredda e le creature marina di ogni famiglia, sottordine e specie sono tutte preda da una vena di esibizionismo e fanno la coda per farsi immortalare.


 

Voi siete tranquilli e comunque il vostro fido buddy vi tiene d'occhio, e tiene d'occhio il manometro ed il computer (badando che non si carichi troppa deco) mentre voi assorti da tanto ben di Poseidone, macinate scatti su scatti, giocate sui tempi di esposizione, posizionate i flash ecc.

Una situazione idilliaca vero? State una serie di scatti ad una aragosta in tana, che agita le sue antenne che sembra cercare il segnale di Mediaset, quando vi prende una spiacevole sensazione. vi girate, non vedete il vostro buddy, allora cercate di ricordare in che posizione era l'ultima volta che lo avete visto, vi guardate intorno e non lo vedete, oppure vi girate e lo trovate, è in difficoltà.

Che fare? Manco a dirlo! Bisogna aiutarlo! E' la base del “sistema di coppia”...ma...si c'è un “Ma”: avete in mano qualche migliaio di euro di attrezzatura fotografica, piuttosto ingombrante, dovete avere le mani libere per aiutarlo...come fate? Esitate, è umano, negarlo sarebbe da ipocriti.

Ok Fabrizio hai detto la tua, ma che si fa non si scattano più foto in acqua? La mia opinione è che se si è in un range molto basso 5-6 metri si può anche andare in due (Buddy più fotografo o cineoperatore), ed anche così a parer mio siamo al limite, oltre no.

Ed allora!?


 

Tre numero perfetto” cantava Marina Massironi nello spettacolo “Tel chi el telun” di Aldo, Giovanni e Giacomo, quindi un operatore foto/video e due buddy oppure operatore + modella/o + buddy.

Possiamo raccontarcela finchè ci pare, ma il “sistema di coppia” sulla quale si basa la subacquea ricreativa fa affidamento sulla mutua vigilanza/assistenza reciproca, se la si vuole praticare in sicurezza.

Meditate gente...meditate!


Buone Bolle! E Buoni scatti!




Fabrizio Gandino


Subacqueodisuperficie”