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lunedì 1 agosto 2022

Meduse, facciamo un po' di chiarezza

 

"Le meduse compaiono soprattutto in estate, dopo la fioritura del fitoplancton a febbraio-marzo e quella dei crostacei a marzo-aprile. In ogni caso, quando ci sono si vedono, quindi evitarle è semplice: basta non fare il bagno! Ricordate che le meduse non attaccano l'uomo, siamo noi che andiamo loro addosso."

 


Tutte le estati ci dobbiamo rassegnare alle medesime scene, ma questa più di altre vuoi per le temperature decisamente sopra la norma e la siccità che sta cambiando letteralmente alcuni ecosistemi relativi all'alveo dei fiumi, sta tenendo banco l'argomento “Meduse”.

I giornali sempre a caccia di titoli sensazionalistici, ci marciano diffondendo panico ed un ingiusta fobia verso una specie animale solo in parte pericolosa, sarebbe come iniziare a sterminare i gatti perchè felini come Leoni e Tigri. Inoltre le meduse sono parte integrante della catena alimentare di molte specie ittiche che consumiamo abitualmente, come i tonni ad esempio. Da qui ad assistere a scene di "impavidi" genitori e relativi bambini per sentirsi degli eroi spiaggiano sotto il sole qualsiasi cosa galleggi, senza nessuna discriminazione conoscitiva è un attimo. Si ricorda inoltre che prelevare meduse dal mare e portarle in spiaggia per farle morire al sole senza nessun motivo è reato di maltrattamento di animali e si rischia una pesante multa o addirittura il carcere

 Il reato si configura come tortura, violazione del'articolo 544 ter del Codice Penale, ed è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

Foto di Fabrizio Gandino 

 

Tanto per cominciare facciamo un po' di chiarezza, con “medusa” si definisce un animale planctonico, in prevalenza marino, appartenente al phylum degli Cnidari. Generalmente rappresenta uno stadio del ciclo vitale che si conclude dopo la riproduzione sessuata con la formazione di un polipo; assieme agli Ctenofori formavano una volta quelli che erano i Celenterati. Stiamo parlando infatti di organismi molto antichi, la cui memoria affonda nelle radici del tempo e dell'evoluzione stessa della vita sul nostro pianeta.

Eleganti e raffinate, innocue o terribilmente pericolose, che siano, le meduse sono presenti nei nostri mari da molto tempo. La loro esistenza si stima sia anteriore al Cambriano, esattamente con la forma e le funzionalità di adesso. Ciò significa che questi animali non si sono evoluti in un miliardo e mezzo di anni, e questo perché non né hanno avuto bisogno, erano già evolute quando si sono presentate nelle nostre acque. Le meduse sono presenti nei nostri mari solitamente in foltissimi branchi composti da centinaia se non migliaia di esemplari. Molte specie hanno un ciclo vitale “diverso”, cioè non vengono trasportate dalla corrente ma hanno una forma sessile, e passano parte della loro vita attaccate sul fondo, sotto forma di polipi.

Foto di Salvatore Fabiano 

 

Quest'ultimi vivono attaccati sul fondale, dove possono vivere diverso tempo senza riprodursi, poi grazie alla strobilazione, processo per cui lo stadio larvale della medusa si stacca dall’animale, la medusa passa dallo stato sessile a quello pelagico. La domanda che i biologi marini si stanno ponendo è: come mai nel mondo il numero di meduse aumenta ogni anno? Due parametri vengono valutati nello studio dell’aumento di tali animali: l’innalzamento globale della temperatura delle acque ed il depauperamento delle risorse ittiche, in particolare la pesca intensiva dei predatori naturali delle meduse. Centinaia di specie rappresentano questi animali, da quelle microscopiche a quelle gigantesche, con ombrelli che spesso superano i 3 metri di diametro.



Le meduse compaiono soprattutto in estate, dopo la fioritura del fitoplancton a febbraio-marzo e quella dei crostacei a marzo-aprile. In ogni caso, quando ci sono si vedono, quindi evitarle è semplice: basta non fare il bagno! Ricordate che le meduse non attaccano l'uomo, siamo noi che andiamo loro addosso. Recenti dati del CNR confermano che gli avvistamenti di meduse nel Mediterraneo sono decuplicati negli ultimi 10 anni. È un fenomeno che riguarda solo alcune zone del pianeta, tra cui i nostri mari: “L’analisi di metadati, su scala globale, ha permesso di stabilire che in altre zone del mondo le popolazioni di meduse sono stabili o sono addirittura diminuite. Nel Mediterraneo, invece, alcune specie hanno aumentato la propria densità”, spiega Mar Bosch-Belmar, biologa marina dell’Università del Salento. Ma andiamo a conoscere quelle più comuni, o che potremmo incontrare nel Mediterraneo.



Le specie più importanti di medusa presenti nel Mediterraneo

  1. Pelagia noctiluca

  2. Rhizostoma pulmo

  3. Aurelia aurita

  4. Velella velella

  5. Cothyloriza tubercolata

  6. Phyllorhiza punctata

  7. Chrysaora hysoscella

  8. Cassiopea andromeda

Meno frequenti ma ormai presenti

  1. Carybdea-Marsupialis

  2. Physalia-Physalis


  1. Pelagia noctiluca, chiamata da alcuni anche “medusina viola”, “Medusa luminosa” tra quelle urucanti è in assoluto la più comune nel Mediterraneo. E' una specie della famiglia Pelagiidae. Famosa perché considerata la medusa che si illumina di notte, la Pelagia noctiluca è comune nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico orientale fino al Mare del Nord, anche perché negli anni è diventata l’incubo dei bagnanti italiani. Viene definita la medusa luminosa notturna (noctiluca) perché la bioluminescenza, di colore verde, di cui è dotata la rende visibile anche di notte. Si nutre di plancton e di piccoli pesci che cattura tramite i tentacoli dotati di urticanti nematocisti.



  1. Rhizostoma pulmo, medusa polmone di mare é una grande medusa di colore bianco riconoscibile da un orlo di colore blu nella parte inferiore dell’ombrello (o cappello). Il polmone di mare può pesare sino a 10 Kg e superare il metro  di diametro. Si tratta di una specie innocua, anche se il contatto con essa puo’ provocare pruriti, dermatiti ed arrossamenti a persone sensibili. Vive spesso in simbiosi con dei piccoli pesci come suri, piccole ricciole o piccole boghe (Boops boops) che si proteggono dai predatori nuotando all’interno dell’ombrello della medusa.  Puo’ essere parassitata dal piccolo creostaceo Hyperia galba. Il nome scientifico del polmone di mare è Rhizostoma pulmo. Le braccia orali del polmone di mare ospitano spesso alghe unicellulari fotosintetiche come le zooxantelle, che danno tonalità gialle, marroni o verdi. Presente praticamente in tutti i mari del pianeta, R. pulmo é una medusa planctonica che si muove lentamente in acque poco profonde. È comune nelle lagune e negli estuari.Il polmone di mare si nutre generalmente di plancton, le piccole prede vengono aspirate attraverso gli ostioli della bocca e quindi digerite all’interno della cavità gastrica. Prede più grandi, come i piccoli pesci, possono essere digerite sulla superficie stessa dei lobi della bocca ricoperti di cnidociti . Personalmente mi capita di vederle spesso con parti mancanti, come vistosi morsi.

  2. Aurelia Aurita, La medusa quadrifoglio è una delle meduse più note e diffuse appartenente al genere Aurelia. È facilmente riconoscibile dalla forma perfettamente sferica del suo ombrello, di un bianco diafano e trasparente, e soprattutto dalla presenza, sulla sommità dello stesso, di quattro strutture circolari, le gonadi, che formano una struttura a forma di quadrifoglio, da cui deriva il nome comune della specie. Possiede inoltre dei corti e sottili tentacoli urticanti, che scendono dal bordo dell'ombrello, dandogli un aspetto frastagliato, e quattro braccia più spesse che dipartono dal centro dell'ombrello, evidenti però solo negli individui più anziani. A. aurita viene predata da numerosi organismi marini di grandi dimensioni; i suoi principali predatori sono alcuni uccelli marini, pesci come il pesce luna (Mola mola)e rettili marini, prima fra tutti la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea). Può essere predata anche da altri cnidari: in particolare idromeduse (come Acqueorea victoria)  e scifomeduse (come Phacellophora camtschatica). Anche l'uomo spesso caccia questa medusa: in particolare in Giappone, Cina, Indonesia e Filippine, le meduse di questa specie sono molto ricercate.

  3. Velella velella, (un piccolo idrozoo che spesso si trova spiaggiato dopo le tempeste) soprannominata la “barchetta di San Pietro” a causa di una  cresta di forma triangolare simile ad una vela, che le permette di muoversi sulla superficie dell’acqua tramite la spinta del vento. La Velella è in realtà una colonia formata da un individuo medusoide modificato che fa da vela e capta il vento per spostarsi mentre al di sotto del disco ci sono numerosi individui polipoidi che si occupano dell’alimentazione e della riproduzione.

  4. Cotylorhiza tuberculata, ha un aspetto bizzarro che ricorda quello di un grande uovo fritto o di un disco volante, ma è una splendida medusa. Stiamo parlando della Cotylorhiza tuberculata, meglio nota come medusa Cassiopea e vive nei nostri mari. Negli ultimi anni c’è stato un boom di avvistamenti nel Mediterraneo, ma niente paura. Se vi capita di notarla in acqua, non fatele del male e non catturatela. Nonostante le sue notevoli dimensioni, non è pericolosa visto che il suo potere urticante è davvero minimo. La medusa Cassiopea preferisce nuotare a pochi metri di profondità e non è affatto raro incontrarla sulle nostre coste, in particolare nel mar Adriatico. Spesso sotto il suo ombrello trovano ospitalità piccoli pesci, noti come sugherelli. Svolge un ruolo importante per i nostri mari perché funge da filtro per l’acqua e contribuisce al mantenimento della catena alimentare.

Foto di Filippo Neri 


  1. Phyllorhiza Punctata, chiamata anche colloquialmente medusa dalla bocca a pois, è molto simile alla specie Mastigias Papua, ma ha più macchie bianche sullo schermo. Il colore della tonalità varia tra il brunastro e il bluastro. L’area di distribuzione originale è l’oceano Pacifico e l’oceano Indiano. Da alcuni anni, però, è stato trovato anche come organismo invasivo nel Golfo del Messico ed ora anche in Italia. Specie alloctona originaria dell’Australia, segnalata la prima volta nell’estate del 2009 in Sardegna, nelle acque antistanti l’isola di Tavolara. E’ facilmente riconoscibile, per via delle tante macchie biancastre che ricoprono l’ombrello. Non è urticante.



  1. Chrysaora hysoscella è una medusa piuttosto diffusa nell'Oceano Pacifico ma avvistamenti vengono fatti regolarmente anche nel Mar Adriatico e nel Golfo di Trieste. Questa specie è comunemente conosciuta col nome di medusa bruna o medusa compasso, a causa delle sedici bande marroni a forma di V che ornano tutta la superficie dell'ombrella. Può arrivare sino a quaranta di diametro e i suoi ventiquattro tentacoli possono superare il metro di lunghezza, caratteristiche che, assieme all'inconfondibile colorazione, la rendono facilmente riconoscibile in acqua. Se incontrata, è bene rimanere a debita distanza: il contatto con i tentacoli può infatti provocare dermatiti, benché non sia tra le specie più urticanti in assoluto. La Chrysaora hysoscella è una specie che spesso viene allevata nei grandi acquari; alcuni esemplari sono ad esempio visibili in quello di Genova.

  2. Cassiopea andromeda, specie lessepsiana, è arrivata in Mediterraneo dal Canale di Suez, questa specie sta risalendo lungo le coste turche. All’inizio del 2010 è stata segnalata a Malta, e quindi è arrivata alle porte di casa nostra. Di solito si trova su fondi sabbiosi, ma può essere presente anche su quelli rocciosi. Piccola, massimo 30 cm, sta posata sul fondo marino. L’ombrello è rivolto verso il basso, mentre bocca e tentacoli verso l’alto: per questo Cassiopea viene chiamata in inglese “medusa al contrario”. Sta rivolta verso l’alto perché possiede alghe unicellulari come quelle dei coralli delle formazioni coralline che vivono in simbiosi con la medusa e che quest’ultima deve esporre alla luce che filtra nell’acqua. Per questo a volte ad una prima occhiata viene scambiata per un anemone, ma non lasciatevi ingannare, il muco di cui sono ricoperte è urticante, ciò dipende dal fatto che esso contiene numerose cellule mobili microscopiche (100-500 micron) di forma irregolare (chiamate cassiosomi) rivestite di nematocisti, le classiche cellule urticanti di tutti gli cnidari. Le nematocisti trasformano così i cassiosomi in potenti armi chimiche a base di composti tossici bioattivi capaci di uccidere all’istante eventuali piccoli crostacei planctonici con cui vengono a contatto. Da evitare il contatto.

  3. Carybdea marsupialis conosciuta anche come cubo é una cubomedusa tipica dell’Oceano Atlantico ma é anche presente in Mar Mediterraneo e nell’Oceano Indiano. La sua presenza in Mar Mediterraneo é stata documentata per la prima volta nel 1957. Si tratta di una medusa pelagica, la sola specie di cubomedusa ad oggi presente in Mediterraneo. Sebbene non letale come la sua cugina australiana è meglio evitarla. Una medusa piccola, che non supera i 4 cm di diametro dell’ombrella a forma di un cubo e trasparente. Sono presenti tentacoli lunghi 10 volte il corpo circondati da anelli rossi. A differenza di altre cubomeduse come ad esempio la vespa di mare (Chironex fleckeri)*, C. marsupialis possiede delle tossine meno potenti ma che sono sempre in grado di provocare ustioni nell’uomo. Le cnidocisti presenti nei tentacoli sono in grado di inoculare il veleno rapidamente. In caso di contatto la prima cosa da fare é di eliminare i tentacoli per evitare forti irritazioni e cicatrici. Curiosità, alcuni esemplari sono stati spiaggiati in questo weekend a Marina di Pisa (PI).

Foto di Alice Roventini


  1. Physalia physalis, comunemente nota come caravella portoghese. È lei la protagonista dell’estate 2022 che sta allarmando tanti bagnanti di tutt’Italia. Ma è davvero così pericolosa? Intanto, udite udite, non è una medusa anche se erroneamente chiamata così. Non è un mollusco, non è uno ctenoforo. Si tratta di uno Cnidaria come una medusa, in particolare di un idrozoo sifonoforo. Non è quindi un animale singolo, bensì una colonia di polipi (e non polpi!!) specializzati detto zoidi che hanno diverse funzioni: 1) La pneumatofora, ossia la grossa struttura piena di gas che permette il galleggiamento, 2) I dattilozoidi, lunghi tentacoli usati per catturare le prede e molto urticanti anche per l'essere umano. 3)Il gastrozoide, deputato alla digestione delle prede catturate 4) I gonozoidi, il cui scopo è la riproduzione. I soggetti allergici o con altre patologie devono fare attenzione, perché potrebbe rivelarsi anche fatale.In generale, la puntura è certamente dolorosa, ma non bisogna allarmarsi eccessivamente come si legge in questi giorni sui social. Ricordate che il veleno degli Cnidari è termolabile, quindi diminuisce il suo effetto con la temperatura. Il rimedio terapeutico in caso di ustione è l’utilizzo di acido acetico.Grazie alla sua pneumatofora, questo animale è ben visibile perché galleggia (anche se i tentacoli sono molto lunghi) quindi se si osserva è bene stargli distante e segnalarne la presenza al lido affinché possa prendere le dovute precauzioni per i bagnanti.

Da Fanpage 
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Prevenire


Sul lato sicurezza per i sub la prima difesa è la muta correttamente indossata, che fornisce di suo una buona protezione. Se le incontriamo in superficie prima di immergerci occhio a tenere gli erogatori il più puliti possibile, qualche filamento finito sul morso del boccaglio ha riservato brutte sorprese a ben più di un sub.

Ovviamente se ci siete passati in mezzo occhio a quando togliete la muta, guanti e cappuccio, alle rubinetterie stesse delle bombole, i filamenti urticanti potrebbero essersi fermati lì.

Per chi invece fa snorknell il consiglio invece è di girare sempre (manco a doverlo ripetere) con il pallone segnasub o una plancetta galleggiante. Il motivo è terribilmente pratico, se vi trovate in mezzo ad un banco di meduse o peggio ad una risalita dal fondo, aggrapparvi a quest'ultimo per rimanere a galla e tenere fuori almeno la testa e la parte superiore del corpo, vi permetterà di chiedere aiuto e anche doloranti non andare del tutto nel panico.




Curare


Ma ormai vi hanno beccato e siete doloranti, che fare?

Uscite dall’acqua senza farvi prendere dal panico e se occorre chiedete chiaramente aiuto. L’acqua salata aiuta nella rimozione dei tentacoli della medusa. Ma se ciò non dovesse essere sufficiente, non usate mai oggetti taglienti come lame di coltello o forbici. Il consiglio in questo caso è di ricorrere ad un oggetto rigido, ma non tagliente come la carta di credito, o comunque una tessera plastificata. Potete anche usare le dita, ma risciacquatele subito.

Successivamente bagnate la zona interessata con acqua di mare. Se non avete a disposizione altri rimedi, potete andare in farmacia a richiedere una pomata apposita a base di cloruro d’alluminio. Spesso ho visto a Calafuria, i volontari delle Misericordie, tenere bidoncini di acqua di mare al sole con cui sciacquare gli sfortunati bagnanti, infatti il veleno delle meduse è termolabile. Evitate di usare l'acqua dolce che invece aiuterebbe a favorire la circolazione del veleno.

In alternativa è possibile utilizzare l'aceto bianco per cercare di diminuire il dolore e inibire il veleno (vedi però controindicazioni citate più avanti). Tra i rimedi naturali più adatti c'è poi l'aloe vera, apprezzata largamente per le sue proprietà cicatrizzanti, antibatteriche, rigeneranti e antinfiammatorie e la Calendula. Un altra soluzione a me sconosciuta sino ad ora, è un composto a base di olio essenziale di Tea Tree (olio dell'albero del the) e olio essenziale di lavanda, tenuto in una bottiglietta da portare con sé per usarla al momento del bisogno. Basta un piccolo spazio nella borsa del mare per riporre questo rimedio.

Acqua e bicarbonato. Preparate un composto cremoso mescolando il bicarbonato con un po’ d’acqua. Spalmatelo sulla ferita e lasciate agire per almeno 30 secondi. Il bicarbonato aiuta ad alleviare la sensazione di prurito.

Ottimi pare anche acqua e aceto e (da verificare) acqua leggermente zuccherata.


Luoghi comuni


No creme cortisoniche e creme antistaminiche perchè sono inefficaci contro le bruciature delle meduse perché entrano in azione solo dopo 30 minuti, cioè quando la reazione ha già raggiunto il picco massimo.

Tra i rimedi popolari per il trattamento delle punture di medusa troviamo l’applicazione di ammoniaca, alcol, aceto o urina. Si tratta di rimedi che non trovano l’accordo della comunità scientifica. Se non avete altro a disposizione, molto meglio affidarsi alla semplice acqua di mare. In particolare, l'uso dell'aceto sarebbe efficace solo per le meduse tropicali mentre per quelle mediterranee si rivelerebbe un accorgimento controindicato, in grado persino di acuirne il bruciore.


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Si ringraziano Alice Roventini, Filippo Neri, Marco Moretti e Salvatore Fabiano per le immagini.


Link:


https://www.ilgiornaledeimarinai.it/meduse-mediterraneo/

https://www.nautica.it/biologia-marina/mediterraneo-perche-ci-tante-meduse/

https://www.kodami.it/cose-da-sapere-sulle-meduse/

https://www.greenme.it/animali/medusa-cassiopea-uovo-fritto/

https://www.fanpage.it/innovazione/scienze/le-7-meduse-piu-pericolose-del-mediterraneo-come-riconoscerle/

https://www.greenme.it/salute-e-alimentazione/salute/meduse-punture-rimedi-naturali-consigli/

https://www.quicosenza.it/news/calabria/365716-togliere-le-meduse-dal-mare-e-lasciarle-morire-al-sole-e-reato




Buone Bolle e attenzione!




Fabrizio Gandino

Subacqueodisuperficie”


 

sabato 30 aprile 2022

E luce sia!

 






E luce sia...!!!!

È inevitabile, la domanda più comune da chi non pratica immersioni subacquee è quasi sempre la solita :

Ma è vero che sott'acqua c'è buio e non si vede niente ??.Dopo la precisazione che non è assolutamente vero ma che ci sono alcuni colori che non sono più visibili da alcuni metri di profondità, 

 la mia più grande soddisfazione in quei momenti è semplicemente con il telefonino fargli vedere alcuni miei scatti fotografici, dove si vedono delle coloratissime pareti ricche di colori vivacissimi e ricche di vita, gorgonie rosse e gialle che si mescolano, il corallo che fortunatamente è sempre più vivo e presente nelle nostre zone,  spugne e nudibranchi di tutti i colori,  allora di conseguenza arriva la seconda domanda di routine: ma queste sono state fatte in qualche mare tropicale ?!?!? 

Macché, rispondo io. Sono tutte state scattate  nella nostra zona gli rispondo a tono, allora vedi lo stupore nei loro occhi e ti chiedono di vederne altre. È proprio in quel momento che si realizza per chi fa fotografia quella sensazione di soddisfazione e appagamento alle tante ore passate in acqua a cercare qualcosa di interessante da immortalare. 

Ma per rendere belle illuminate queste foto in realtà c'è un piccolo trucchetto, é vero che la definizione dell'immagine è dovuta dalla macchina fotografica che si adopera ma fondamentale è la luce a rendere una foto ben definita e incisa. 


L'illuminazione dei flash in acqua rende visibile tutti quei colori che inevitabilmente per effetto della densità dell'acqua  non fa arrivare la luce necessaria in profondità e così andrebbero persi. Facciamo un po' di chiarezza. Nella fotografia subacquea si adopera flash e non una torcia semplicemente perché la luce che emette un flash al momento dello scatto è superiore a quello di una pur potente torcia e copre una maggiore porzione di immagine, chiaramente la posizione dei flash è fondamentale al risultato, dobbiamo stare attenti a non avvicinare troppo avanti i flash e rischiare di sovraesporre la foto e mettere in evidenza la tanto odiata da noi fotografi sospensione, vale a dire tutte quelle piccole particelle non visibili a occhio nudo ma che illuminate fanno sembrare le nostre foto tutte piene di piccoli pallini bianchi che rendono la foto impastate e non belle. 


Cosa diversa é quando si vuole fotografare un piccolissimo soggetto come potrebbe essere un coloratissimo nudibranco, in quel caso è indispensabile avvicinarsi il più possibile al soggetto e di conseguenza avvicinare i flash all'oblo '.


Chiaramente fotografando sempre in manuale, perciò variando tempi e diaframmi. I parametri di una macchina fotografica terrestre in acqua chiaramente variano, perciò è importante trovare i settaggi giusti. Al momento dello scatto la luce emessa dal flash crea un vero e proprio cono di luce, quello è il nostro renge di lavoro più o meno su cui poter lavorare allontanandoci e avvicinandoci al soggetto da fotografare,

perciò: quando vedete un fotografo subacqueo in acqua  intento a allargare o ristringere i bracci dei propri flash, oppure che scatta una foto la guarda sul display  e si mette freneticamente a smanettare sulla custodia e riprende a fotografare per lungo tempo a volte aimè lunghissimo tempo... abbiate un po' di pazienza e comprensione per lui, é proprio in quei momenti che si cerca di realizzare lo scatto nel miglior modo

dedicandogli del tempo, riguardandolo, modificando le impostazioni, la posizione dei flash, tempi e diaframmi, ma poi il piacere che si prova nel realizzare una bella foto e vedere lo stupore negli occhi di chi la guarda  è troppo grande!! 

Buone bolle e soprattutto buona luce fotografi!!! 


Marco Moretti



 

sabato 11 aprile 2020

Compensare con Federico Mana


Ero alla mia seconda immersione da neobrevettato, ci trovavamo allo Scoglietto, Isola d'Elba, dinanzi a Porto Ferraio, doveva essere un immersione semplice sui 15 metri. Con me c'era Michele, e Alessandro, un dive master che mi aveva seguito durante il corso insieme agli istruttori. Ero piuttosto ansioso di tornare in acqua, ed ero appena tornato dalla Sardegna. Avevo fatto la mia prima immersione da brevettato sul relitto della Eurobulker IV, e la seconda immersione era andata a farsi benedire, perchè la mattina il gommone aveva centrato un palo sommerso nel vecchio canale della laguna di S.Antioco, poi si era alzato il maestrale... più niente da fare. L'immersione era cominciata bene una discesa sui sette- otto metri, graduale, ma subito dopo qualcosa era cominciato ad andare storto, provavo a compensare ma non ci riuscivo efficacemente. Fu questione di istanti, eravamo sotto da non più di una ventina di minuti, quando un fastidioso dolore all'orecchio destro mi procurava dolori piuttosto fastidiosi. Feci quello che mi era stato insegnato, risalii un poco riprovai a compensare, ma se possibile la situazione peggiorava ulteriormente. Niente da fare insomma, risalimmo alla barca e gli altri due tornarono sotto, io con le pive nel sacco rimasi su per il resto del full-day, stagione conclusa. Mi recai dall'otorino per una visita spiegandogli l'accaduto, mi disse che avevo il setto nasale un po' deviato, o smettevo con la subacquea o mi dovevo far operare al setto nasale... superfluo dire che la “sentenza” non pi piacque neppure un po'. Un paio di settimane più tardi ci ritrovammo, con molti dei presenti al full-Day dello Scoglietto, a Lucca per un evento, mi chiesero com'era andata la visita. Raccontai che avevo il setto nasale deviato ecc, per tutta risposta chiamò altri tre ragazzi li presenti che si immergevano da anni, dicendomi che lui stesso e i tre in questione avevano il setto nasale deviato. Superfluo dire che la cosa mi rincuorò non poco; mi dissero che era una situazione piuttosto comune e che, dovevo imparare a conoscermi meglio e scendere compensando spesso o capire quando era necessario. L'occasione arrivò in primavera dell'anno successivo, al fine di ottenere performance ottimali ed evitare fastidiosi e pericolosi barotraumi, compensare è qualcosa di fondamentale sia per immersioni ARA che in apnea ed in

quest'ottica il 18 di Aprile 2013 presso il il Circolo Nautico Marina di Carrara “LA NUOVA ROTTA ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA CARRARA “ aveva organizzato una serata formativa. Presenti all'appuntamento per il C.S.D. Eravamo Sammy Colaizzi, Michele Moffa ed io. La serata in oggetto costituiva il primo step formativo per permettere agli apneisti di avvicinarsi alle manovre di compensazione più evolute. Ci trovammo al solito punto d'incontro con gli altri ragazzi dell'Apnea Academy a Chiesina Uzzanese e poi, organizzati, partimmo alla volta di Carrarra. Docente d'eccezione, è il caso di dirlo, era Federico Mana campione italiano di apnea profonda, il primo italiano ad essere sceso a -100 metri. La sala era gremita e all'ingresso tutti ricevemmo una curiosa confezione con un palloncino. 

Si trattava dell' Otovent, un palloncino in lattice per uso medicale, che deve essere gonfiato con il naso per normalizzare la ventilazione dell’orecchio medio venuta meno per cause flogistiche, fisiche o degenerative. L’incontro era di carattere teorico pratico e non prevedeva sessioni in acqua. L'atmosfera era rilassata e distesa, la nostra anfitrione, Cristina, non perdette tempo e ci introdusse il nostro docente. Il campione italiano iniziò subito marcando le differenze tra i tre sistemi di compensazione più conosciuti: la manovra di Valsalva, la manovra di Frenzel e per ultima, il gotha di ogni apneista, la Hands free. Quello che colpì subito gli astanti fu senz'altro l'approccio dinamico dell'esposizione che mise tutti a proprio agio, neofiti come apneisti più scafati. La manovra classica, detta di Valsalva, (dal 

nome dell'anatomista Antonio Valsalva che la utilizzava per curare l'otite purulenta) prevede che il subacqueo chiuda le narici con le dita e soffi contro la resistenza dovuta alla chiusura del naso. In questo modo l'aria viene sospinta verso le tube di Eustachio e, attraverso queste, nell'orecchio medio dove equilibrerà la pressione idrostatica esercitata dall'acqua presente all'esterno del timpano. Come evidenzia subito Federico, questa manovra richiede uno sforzo notevole che la rende inefficace durante un immersione in apnea a testa in giù, per un subacqueo, risulta più emplice sotto questo aspetto grazie alla scorta d'aria. Più efficace se correttamente eseguita, è di la manovra di Marcante-Odaglia, nota nel mondo come Manovra di Frenzel, tecnica che prevede che il subacqueo chiuda il naso con le dita e poi sollevi la lingua in alto e indietro (non la punta ma la parte posteriore) in modo da sospingere l'aria contenuta nella bocca verso le tube di Eustachio. Infine la hands free che invece consiste nel riuscire ad aprire l'ostio 

delle tube tramite movimenti dei muscoli faringei per consentire all'aria di defluire, senza l'utilizzo delle mani, cosa che pochi fortunati riescono ad eseguire in automatico, grazie alla conformazione delle tube. Da una rapida indagine in sala apprendiamo che il 90% degli astanti applica la Valsalva correntemente...o meglio pensa di applicarla. Ci viene spiegato che la compensazione solitamente avviene in modo innato ed istintivo, pertanto impadronirsi della tecnica e del controllo delle strutture deputate alla compensazione non è soltanto una questione di predisposizione fisica ma anche di tecnica ed educazione alla conoscenza del nostro corpo e dei meravigliosi meccanismi che lo regolano. La serata proseguì con il supporto di mezzi audiovisivi volti ad evidenziare sia gli errori commessi che le abilità manifestate. Fondamentali gli esercizi per raggiungere una “capacità compensatoria fine”, gli esercizi con 

il protocollo OTOVENT; normalmente il Metodo Otovent integra il piano terapeutico farmacologico, chirurgico, termale ed il programma di rieducazione tubarica impostati dallo specialista.
Otovent è calibrato per esercitare una pressione fisiologica sufficiente a ventilare l’orecchio medio attraverso la
Tuba di Eustachio. Il nostro uso durante la serata servì ad evidenziare come spesso istintivamente riusciamo a controllare, bloccare l'aria all'interno delle nostre vie aeree superiori veicolandola in modo più o meno consapevole per estroflettere la membrana timpanica attraverso le Tube di Eustachio. Il concetto ribadito da Federico Mana, si basa sulla sua esperienza personale fatta anche di diversi barotraumi all'inizio della sua carriera, è che il controllo delle proprie vie aeree si può acquisire con esercizi che ci rendano consapevoli del nostro corpo. Gli esempi e gli esercizi si susseguirono, con episodi di vere e proprie 


regressioni infantili tra l'ilarità generale......date ad un adulto un palloncino e ….. Non tutti riescono ad eseguire correttamente gli esercizi, cosa che sembrerebbe confermare le dichiarazioni del campione, che sostiene che quello che per alcuni è innato può essere raggiunto da altri attraverso l'esercizio e la concentrazione fino a renderlo un automatismo. In conclusione posso dire che la serata è stata utile ed istruttiva ed ha mantenuto le sue premesse:vale a dire gettare le basi per i presupposti di una nuova consapevolezza: Certo la strada era lunga, ma possibile. Vivamente consigliata la lettura del libro La compensazione evoluta. Dalla compensazione oltre il limite respiratorio alla manovra hands free” di Federico Mana ed una visita ai link riportati di seguito. Un aneddoto: il Mana ci raccontò che al terzo barotrauma, l'Otorino che lo visitò lo esortò ad abbandonare l'apnea come sport, perchè non adatta a lui, mi pare che i record smentiscano questa affermazione...non credete?



Youtube:
http://www.federicomana.com/eventilist.asp

Buone Bolle!


Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”

sabato 5 gennaio 2019

VIDEOSUB


IL SUBACQUEO "VIDEO"

Dovete sapere che fare i video sotto la superficie del mare non è cosa di poco conto, 
anzi il conto delle attrezzature aumenta in maniera esponeziale.
Poi ci vuole un buon assetto e molta esperienza per poter fare video stabili. 
in questa foto sembro un professionista, ma devo ringraziare il mio amico e collega subacqueo,
Marco Moretti (fotosub), autore di questo scatto nella Riserva Marina di Portofino



Foto di Marco Moretti









 

Il nostro Marco Moretti in azione in mezzo ad un banco di castagnole. Scoglio delle Scole - Isola del Giglio (GR) 



Salvatore Fabiano 




domenica 18 novembre 2018

Entrare in acqua...ma quale didattica?

Ok ti sei finalmente deciso a fare un corso da sub... magari sei in un villaggio/resort ( e allora hai poco da scegliere) e cogli l'attimo, oppure decidi di fare un corso vicino a casa prendendoti i tuoi tempi... Ti informi su chi tiene i corsi, dove ed orari...se sei in una grande città l'offerta non ti manca...ma quale didattica scegliere?
Mi sono dato la briga di guardarmi intorno, per capire quante scuole e didattiche fossero fiorite negli ultimi anni e sono rimasto sorpreso per numero e tipologia.
Padi, SSI, SNSI, Fipsas, Fias, Nadd, Raid, ecc andiamo a vederne alcune brevemente:
Padi acronimo di Professional Association of Diving Instructors organizza corsi a vari livelli e con diverse specializzazioni, dal livello base fino a Course Director. È una delle didattiche per subacquea ricreativa più diffuse al mondo.
SSI, Scuba School International è stata fondata nel 1970 negli Stati Uniti ed è attiva sul territoio italiano dal 1990. I corsi dell'organizzazione seguono i dettami della Rsttc, che Ssi ha introdotto per prima in Europa. Tra le novità della Ssi vanno segnalati l'Universal Referral Program, introdotto nel 1999, il Passport program, in collaborazione con la Naui, e il "Programma di autostudio": il kit dell'allievo contiene sempre una videocassetta che consente di svolgere la parte teorica da soli. In seguito l'istruttore, dopo aver effettuato alcune verifiche sull'apprendimento dell'allievo, lo segue nelle lezioni in acqua.






La canadese Acuc, (America Canadian Underwater Certification), associata Rstc, organizza corsi a tutti i livelli, con rilascio di brevetti internazionali. Ha rapporti di collaborazione con numerose altre didattiche sul territorio nazionale italiano.


 La Confederation Mondiale des Activités Subaquatiques (Cmas) e una confederazione a carattere mondiale che riunisce associazioni, federazioni subacquee e organizzazioni scientifiche di tutto il mondo, le quali organizzano corsi e programmi didattici seguendo le indicazioni della Cmas. I brevetti Cmas sono riconosciuti in tutto il mondo e coprono tutti gli aspetti dell'attività subacquea: sportivo, tecnico e scientifico. in Italia la confederazione opera tramite le federazioni affiliate.
RAID è l'agenzia di formazione subacquea con maggior crescita al mondo con uffici regionali, centri immersione e istruttori pronti a fornire formazione subacquea completa di programmi accademici on-line dal principiante a tutti i livelli istruzionali. RAID offre formazione per corsi dallo snorkeling agli apparati a circuito chiuso.

La Fipsas, Federazione Italiana Pesca Sportiva e Attività Subacquee, e affiliata alla Cmas e al Coni. Organizza corsi di apnea e per sommozzatori dai livelli base fino alle specializzazioni nelle varie discipline, come biologia, archeosub, utilizzo della camera iperbarica, corsi istruttori. Recentemente la Fipsas ha introdotto un nuovo corso di immersione per disabili e di immersione con miscele iperossigenate. Si occupa anche di agonismo, organizzando i campionati italiani di pesca subacquea, di tiro a segno subacqueo, di caccia fotografica subacquea, di fotografia subacquea.






PSS Worldwide si occupa di diversi sport, studiando e regolamentando i programmi di addestramento, producendo i relativi materiali didattici e persino realizzando programmi televisivi dedicati alla didattica sportiva.
Nel settore delle attività di immersione PSS Worldwide ha iniziato a operare negli anni '90, con esperti che lavoravano nel mondo della didattica subacquea già da venticinque anni con molteplici esperienze professionali: dagli studi universitari specifici alle consulenze tecnico-commerciali per produttori di attrezzature subacquee, dalla formazione degli istruttori alla gestione di catene di diving, dalle consulenze ai tour operator alla realizzazione di manuali didattici a tutti i livelli, dalla conduzione di programmi snorkeling per alunni delle scuole pubbliche alla sperimentazione in immersione di nuovi algoritmi decompressivi per subacquei tecnici.
FIAS,  Federazione Italiana Sport Acquatici è dedicata allo sviluppo di corsi ad altissimo contenuto didattico, nonchè alla sicurezza in mare e alla salvaguardia dell'ambiente. La FISASUB è una fra le federazioni artefici nella "costruzione" della C.I.A.S. (Confederazione italiana attività subacquee) a cui fanno capo le maggiori didattiche Italiane





La Snsi (Scuba Nitrox Safety International) organizza corsi ricreativi aria (Air Program), Nitrox e rebreather. L'Air Program prevede corsi dal livello Open Water Diver (con opzioni Nitrox e muta stagna) al livello istruttore (Open Water Instructor). I corsi Nitrox Diver e Nitrox Instructor sono relativi alle miscele ricreative 32% e 36%. I corsi Rebreather Diver e Rebreather Instructor sono relativi ai modelli semichiusi "Ray" e "Dolphin" Drager. La Snsi è un'agenzia didattica internazionale riconosciuta da Rstc.

IDEA,  International Diving Educators Association e nata nel 1952 e opera in Italia dal 1992. I livelli dei corsi sono tre: base, avanzato e professionale. Ognuno di essi si articola in tre corsi specifici. Due le formule per la formazione istruttori: una in cui il candidato, dotato di una solida formazione di base, prende parte solo alle prove di ammissione e all'esame finale; I'altra prevede la possibilità di essere seguiti fin dall'inizio da un instructor trainer.

Come potete vedere ho provvisto ciascuna delle didattiche citate del rispettivo link di collegamento, per capirci di più.
di seguito c'è questa tabella aggiornata alla data odierna che è desunta dagli specchietti che le varie didattiche danno dei loro corsi, così da fare un rapido raffronto, potrete notare alcune differenze, specialmente in ambito profondità a cui si viene abilitati. Per alcune poi non esistono brevetti DEEP (40 metri, la profondità massima per un ricreativo), ma solo corsi di specializzazione.


Spero di aver aiutato ad ampliare la panoramica

Buone Bolle!

Fabrizio Gandino 
"Subacqueodisuperficie"







domenica 21 ottobre 2018

Comunicare sott'acqua - Conoscere i segnali


Non siamo pesci e forse non vorremmo neppure esserlo anche se quel mondo ci affascina e ci attira irresistibilmente, questo non toglie che come ogni tipo di creatura, anche noi abbiamo la necessità di poter comunicare con i nostri simili, vuoi per segnalare qualcosa d’interessante, vuoi per una necessità di segnalare un pericolo.
Siamo creature di terra, abituate a emettere suoni percepibili, mediante la voce e sofisticate forme di comunicazione note come linguaggio, ma in acqua tutto questo non possiamo farlo.
Fin dal corso Open Water ti verranno insegnati i segnali base per comunicare con gli altri sub in immersione, e questi dovrebbero essere uguali per tutte le didattiche e per tutte le parti del globo.


Di seguito posto alcune tavole e relativi siti internet in link a cui fare riferimento, conoscerli di certo non vi farà sicuro male, tuttavia, perdonatemi se esprimo un certo dubbio su quanto questi siano diffusi, noti e conosciuti tra chi pratica immersioni ricreative.
Credo che la mancanza di possibilità di poter segnalare rapidamente una situazione potenzialmente pericolosa ai propri compagni sia un grave handicap non accettabile.
Tempo fa venni invitato insieme ad altri ad una prova a pagamento di un equipaggiamento tipo “Gran Facciale” della Ocean Reef, ora uno dei vantaggi in questione di questo tipo di attrezzatura è il fatto di avere la bocca libera e che suddette maschere possono essere munite di microfono e, tramite una stazione ripetitrice su un mezzo di supporto in superficie, possono permettere ai sub di comunicare tra e con loro.
“Tutto a posto direte voi”, in effetti no, a parte che quella sera fummo informati che le nostre maschere non erano munite di ricetrasmettitori, perché danneggiati (Dirlo prima pareva brutto), ma poi ci siamo sorbiti due ore e mezzo di sproloqui circa corsi di vario tipo e genere (di cui nessuno dei presenti sentiva il bisogno d’informarsi e che mi rese quella sera quanto di più possibile simile ad uno quei viaggi in pullman con annessa vendita delle pentole) e uno di logopedia, per poter utilizzare le suddette attrezzature, se avessero funzionato, perché hanno un tempo di ritardo in trasmissione e ricezione.
Il problema è dovuto alla diversa densità del mezzo (l’acqua) nel quale il segnale radio deve muoversi.



Morale della favola? Ragazzi i segnali bisogna impararli e più ne sai meglio è, in questa prima parte ne metterò alcuni, tra cui di quelli che ho visto usare meno, spero poi di pubblicare a breve quelli per segnalare l’avvistamento delle diverse forme di fauna sottomarina.
Un ultima informazione, se vedete questo segnale sappiate di trovarvi di fronte ad un sub diabetico in crisi ipoglicemica, esiste un associazione che si chiama Diabete Sommerso,

 che ha un protocollo a proposito, i buddy abituali di questi sub solitamente sanno cosa fare, qui troverete il link del loro protocollo scaricabile gratuitamente, forse leggerlo male non fa.
Per i pigri ecco qui di seguito un video con i segnali più comuni.

clikka sull'immagine per vedere il video

Buone Bolle!



 Link Utili:






Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie"