CRONACHE DI SUBACQUEI DI SUPERFICIE -
Questo blog nasce dal desiderio di condividere le sensazioni, le emozioni, nate da una passione, la subacquea ricreativa. Differenti voci ed esperienze, come diverse sono le nostre formazioni e il nostro vivere il mare. Ci accomuna l’amore per il mare, il rispetto per la natura, il desiderio di diffondere la cultura della sicurezza. https://subacqueodisuperficie.blogspot.com/2018/10/eccoci-quinoi-perche-subacquei-di.html
Salve a tutti, ebbene sì abbiamo tutti latitato un po', certo non è stato un anno semplice, non credo sia un mistero. Le immersioni sono state molte di meno, causa le varie limitazioni negli spostamenti e i normali impoedimenti della vita di ogni giorno, resa più complicata da questo Covid 19.
Tra zone gialle, Arancioni e Rosse ormai ce ne hanno fatto dAvvero vedere di tutti i colori e non è ancora finita. Quello che voglio fare con questo ultimo Upload e fare gli auguri a voi che non avete mai smesso di seguirci e a quelli che ci hanno scoperto 5 minuti fa.
Ecco qui di seguito due cortometraggi di Salvatore Fabiano e Marco Moretti che con simpatia e bellezza ci ricordano per cosa vale la pena di tornare la fuori.
Salvatore Fabiano
Marco Moretti
Auguriamo a tutti voi un anno sereno, e una ritrovata serenità, il mare ci aspetta e noi aspettiamo di poter tornare a lui.
Delle attività che mi ha sempre dato maggiore soddisfazione, che il Casio Divers Group persegue, mi manca particolarmente quella di divulgazione con i bambini, sono delle spugne nel senso più completo del termine, e come molti, coltivo la speranza che potranno essere degli adulti migliori di noi. Ho sempre pensato che si finisce per distruggere per lo più per ignoranza, che se insegni ad apprezzare la bellezza, la complessità delle diverse e tante forme di vita non puoi rimanere indifferente. Lo so è difficile mantenere quella curiosità tipica dei bambini, ma altresì lo trovo un esercizio stupendo per non rischiare di divenire indifferenti e dare per scontato qualsiasi cosa. L'educazione al rispetto dell'ambiente, nel nostro caso del mare nella fattispecie, è rispetto del mondo che ci circonda ed in prima ed ultima analisi rispetto per noi stessi.
Non vi tedio oltre e vi invito a leggere questo post di Marco Colombo, con curiosità e con quel sorriso che vi comparirà in volto ricordando le nostre prime esperienze con i piedi a bagno, quando la preoccupazione più grande era "cosa fare nelle tre ore dopo mangiato prima di poter fare il bagno".
Per converso però, pubblico anche un altro intervento di Lorenzo Brenna, con una diversissima scuola di pensiero, questo per par condicio e per dare ad ogniuno di voi la possibilità di formarsi una sua opinione.
Buona Lettura.
Fabrizio Gandino "Subacqueodisuperficie"
Il Mare nel Secchiello
Come ogni anno, con l’arrivo della bella stagione rispunta la regolare
diatriba tra chi lascia i bambini in spiaggia con secchiello e granchi, e
chi invece condanna queste pratiche.
Di seguito vi racconterò
il mio punto di vista, che spero possa ispirarvi e innescare una
discussione costruttiva sull’argomento, ricco di sfaccettature.
Quello a cui mi riferisco non è ovviamente mettere le meduse a cuocere sugli scogli per “bonificare” il mare (un atto stupido).
Un caso tipico di scontro sono le stelle marine: nonostante alcune
specie vivano, per esempio in Nuova Zelanda, nelle pozze di marea e
sopravvivano regolarmente all’emersione (qui una bellissima foto:https://www.pinterest.it/pin/365706432217077511/),
le specie mediterranee più vistose si rinvengono usualmente ad alcuni
metri di profondità, e quindi portarle fuori dall’acqua anche
temporaneamente potrebbe arrecare danni al loro sistema acquifero.
L’invito è di non andare con maschera e pinne a raccattare animaletti in
profondità per poi portarli in spiaggia, ma di concentrarsi
nell’osservazione di ciò che vive nelle pozze di marea, nei primi
centimetri d’acqua.
Gli animali delle pozze di marea, come
granchi, gamberi, molluschi e piccoli pesci, sono dei veri eroi: vivono
in uno degli ambienti più difficili del mondo.
Pozza di marea
Bombardati dalle
mareggiate, schiacciati da onde d’urto immani, sempre a contatto con
rocce taglienti, cotti dal sole estivo o esasperati dalla salinità delle
pozze, questi animali (e pure le alghe) sono stati selezionati
dall’evoluzione per resistere a tutto.
In particolare:
-
Alcune specie, come i granchi Pachygrapsus marmoratus ed Eriphia
verrucosa, riescono a resistere tranquillamente a condizioni di salinità
e temperatura molto elevate, legate all’evaporazione nel periodo estivo
- Molte specie, a causa dell’escursione delle maree, sono in grado di
sopravvivere a lunghi periodi di emersione, trattenendo l’acqua al loro
interno (es. il pomodoro di mare Actinia aequina) o comunque nella
conchiglia (vari molluschi); certe alghe hanno apposite strutture di
raccolta dell’acqua per mantenersi idratate e vive e sopravvivono anche
per giorni all’asciutto - La forma di conchiglie come quelle delle
patelle permette loro di diminuire le turbolenze e resistere all’impatto
delle onde senza farsi trascinare via; alcune alghe sono molto
elastiche, per smorzare l’attrito e assecondare l’acqua, mentre certe
spugne sono piatte, aderenti alla roccia, per non farsi strappare via
- I pesci delle pozze non hanno di solito vescica natatoria, dovendo
rimanere vicino al fondo, inoltre il loro corpo è ricoperto di muco per
diminuire le abrasioni contro le rocce; addirittura la bavosa
Coryphoblennius galerita può uscire volutamente dall’acqua, di notte,
per ripararsi dai predatori subacquei, e riposare appena sopra la
superficie, su sporgenze di moli e rocce
È davvero quindi un maltrattamento mettere un granchio in un secchiello per guardarlo? Dipende solo dai genitori.
Se questi ultimi infatti sono assenti, non guidano i figli e non li
educano, i bambini fanno un po’ a caso e possono, più o meno
volontariamente, uccidere o maltrattare gli animaletti. Genitori
sensibili e presenti invece possono trasformare l’esperienza della
spiaggia col secchiello in qualcosa di estremamente educativo e bello:
quando ero piccolo passavo tutto il giorno sugli scogli alla ricerca di
paguri, granchi, succiascogli e trivie.
Montale li avrebbe
chiamati “Sugheri, alghe e asterie, le inutili macerie del mio abisso”,
ma per me erano un microcosmo affascinante in cui perdermi: li guardavo
nelle pozze, e a volte li mettevo nel secchiello (foto a sinistra, avevo
4 anni). Una volta ho addirittura salvato un cavalluccio marino da una
mareggiata. Ho così imparato come respira un granchio, ho toccato con
mano il piede della patella, ho ammirato i colori del nudibranco. Non ho
mai torturato nessuno e tutti sono stati rilasciati illesi dopo
pochissimo; se so tante cose oggi, è anche grazie a questa attività, che
come unica controindicazione aveva tutte le cadute che mi sono fatto,
con tagli colossali sulle gambe (vedi foto nel primo commento). Come
detto sopra, gli animaletti delle pozze di scogliera sono molto
resistenti: non sono di certo pochi minuti in un secchiello a far loro
del male.
Come praticare al meglio questa attività?
1)
Educa i tuoi bambini al rispetto e all’empatia, controlla come si
comportano nei confronti degli animaletti e guidali verso un
atteggiamento corretto, gli animali non sono giocattoli 2) Portali
al mattino e alla sera, quando il sole è meno forte, ad esplorare le
pozze di marea, lasciando stare tutto ciò che vive a più di 50 cm di
profondità e concentrandoti solo su animaletti mobili (non sessili) 3) Favorisci sempre la sola semplice osservazione nella pozza rispetto alla cattura
4) Se proprio devi mettere un animale nel secchiello, maneggialo con
delicatezza, senza stringere, e senza lasciarlo dentro per ore (avranno
anche i cazzi loro da fare no?); l’acqua nel secchiello deve essere
fresca 5) Insegna ai tuoi figli che una volta osservati vanno immediatamente liberati nello stesso punto in cui li avete trovati
6) Mai provato la pedicure coi gamberi? Mettete i piedi in una pozza, i
gamberetti del genere Palaemon vi solleticheranno per staccare piccoli
pezzi di pelle con le loro chele. Provare per credere!
Concludendo, l’osservazione degli animali tra gli scogli è estremamente
istruttiva e gratificante; qualora si tratti di specie mobili comuni e
adattate alla marea, la manipolazione temporanea, senza maltrattamenti o
essiccazione, non arreca danno sotto la supervisione di un adulto
senziente.
Ma, soprattutto, iniziate i vostri bimbi alla bellezza
del mare “oltre” la spiaggia: ho imparato a nuotare seguendo il papà
con maschera e pinne (foto a destra), perché nella fretta di andare a
vedere i pesci ho dimenticato i braccioli appena comprati per
l’occasione. Il mare mi ha accolto nelle sue braccia, e da allora non mi
ha mai abbandonato, e io cerco con la divulgazione e la
sensibilizzazione di non abbandonare mai lui.
Quella linea dove il cielo incontra il mare da sempre mi chiama. www.calosoma.it
Estate, tempo di vacanze e di giornate al mare, tempo di sole e di relax. Il clima spensierato non è però condiviso da tutti, da decine di secchielli si levano infatti mute grida d’aiuto
emesse da una grande varietà di piccole creature marine. In quasi tutte
le spiagge della penisola è possibile assistere alle medesima scena, un
bambino che, armato di retino e secchiello, cattura qualsiasi cosa si
muova, piccoli pesci, granchi, paguri, patelle, ricci di mare, meduse e oloturie.
La fine di questi animali è quasi sempre la stessa: vengono lasciati
ore e ore nel secchiello, sotto il sole, mentre l’acqua si scalda
raggiungendo presto temperature insopportabili, condannando i
prigionieri ad una lenta agonia. Per contrastare questi comportamenti è stata lanciata in diversi comuni liguri l’iniziativa Secchiello stop, campagna di sensibilizzazione nata per educare i bambini, ma soprattutto i loro genitori, a rispettare gli animali marini. L’iniziativa, promossa dal Lions club di Diano Marina,
coinvolge le spiagge della Riviera di Ponente, situata nella parte
occidentale della Liguria, e mira a vietare la raccolta di animali
marini per puro divertimento.
I protagonisti di queste scorribande tra spiagge e scogli sono i
bambini, la responsabilità è però, chiaramente, da ascrivere ai
genitori. Questi ultimi infatti chiudono un occhio (spesso entrambi) su
tali passatempi dei figli, credendo che siano giochi innocenti e senza
conseguenze. Le conseguenze ci sono invece, e sono “molto gravi – ha
spiegato la biologa Monica Previati. – Il problema sta nei numeri: se
tutti i bambini e i ragazzi e gli adulti, che ogni estate trascorrono le
vacanze lungo le coste italiane, prendessero anche solo un piccolo
animale al giorno, centinaia di migliaia di esemplari verrebbero uccisi
per niente, solo per poter far trascorrere mezz’ora di gioco ai nostri
figli e di relax a noi. Prendere un granchio o una stella marina e
metterli nel secchiello equivale a una loro morte certa”. Oltre
all’effettivo danno ambientale viene impartita una lezione discutibile
al bambino, che impara che è possibile disporre a proprio piacimento delle creature più deboli e indifese.
Oltre che immorale tale condotta è anche illegale, viene infatti violato l’articolo 544 del Codice penale
che recita, “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una
lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a
fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche
è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da
5.000 a 30.000 euro”. È possibile però soddisfare la naturale curiosità dei bambini senza nuocere agli animali, osservare gli animali nel loro habitat,
immergendosi con la maschera o semplicemente camminando a ridosso delle
scogliere, è estremamente più soddisfacente, osservando il vero
comportamento di queste creature, non la loro morte in un secchiello di
plastica.
Sabato 27 Giugno 2020. Nei giorni
interminabili del lockdown passati a forza di webinair,
viedeochiamate di gruppo, guardare foto e filmati di immersioni
passate, i vari “appena finisce andremo”, “faremo”, “dobbiamo
andare a...”, “quanto deve essere bella sta immersione”, si
sprecavano, inevitabili anche i “Torneremo a ...”.
Tra questi, anche la Spiaggia del
Siluripedio a Porto Santo Stefano (Monte Argentario) dove eravamo già
stati a giugno dell'anno scorso, che malgrado un fondale
apparentemente spoglio, inframmezzato da “relitti industriali” e
quel che resta delle vecchie strutture del siluripedio, andato
distrutto sotto i bombardamenti alleati dell'ultima guerra, brulica
di vita.
Il fondale si presta molto bene a delle
immersioni facili per i neofiti, che accedendo da terra dal diving
Costa d'Argento, possono spaziare tenendo la riva sulla destra verso
il lato che va verso la sede della Capitaneria di Porto (da non
oltrepassare, fate attenzione alle boe ormeggiate), ed invece tenendo
la costa sulla sinistra, si può procedere verso le rovine stesse del
siluripedio.
Il fondale alterna ghiaia grossa a
sedimenti fangosi che rendono evidente il bisogno di avere un buon
assetto neutro in acqua.
Ogni anfratto, ogni struttura sommersa
può nascondere il vero tesoro di questo posto, che molti fotografi
subacquei qui cercano e vengono a immortalare, il nostro Marco
Moretti tra questi.
Parlo dei
nudibranchi/opistobranchi (come giustamente preciserebbe Fabio Russo
di Scubabiology) e del Sacro Graal di molti fotosub: l'Ippocampo.
Levataccia per noi della
montagna alla volta di Pistoia, ed equipaggi regolarmente divisi in
rispetto dei divieti vigenti per le norme anti-Covid 19, incontro
direttamente a Porto Santo Stefano.
Il posto è come lo
ricordavo, e devo spendere necessariamente due parole di elogio per
Stefano Bausani e Laura Celi, che insieme al loro staff del diving
“Costa d'Argento”sono stati bravissimi a minimizzare i pur
necessari disagi imposti dal rispetto delle norme di distanziamento
attualmente vigenti, rendendo la giornata, per noi subbi e per i
nostri accompagnatori, comunque piacevole.
Presenti all'appuntamento
Marco, Antonio, Yurica, Michele, Massy, intervenuta anche Elena che
però ha deciso di limitarsi ad un po' di snorkneling ed il nostro
ultimo acquisto Matteo. Ad essere sinceri per me non è cominciata
benissimo, la batteria della macchina fotografica, mi ha dato
impiegabilmente buca, sebbene l'avessi religiosamente controllata e
ricaricata la sera prima, per cui mi sono dovuto contentare delle
riprese della Go Pro e della Garmin.
Oltre alle immancabili
Oloturie, posso osservare sin da subito alcuni murici in predazione,
il Bolinus brandaris e l'Hexaplex trunculus, poco più in là,
perfettamente mimetizzata ed inclinata inusualmente, Antonio mi
segnala una grossa Pinna nobilis.
Ovunque le Triglie grufolano
nella sabbia, accompagnate da Saraghi fasciati, Castagnole, Perchie e
Donzelle, ma è Marco che fa un avvistamento che cerco da un po', mi
chiama, sotto una roccia in tana, ecco un bel gronco (Conger conger)
di rispettabili dimensioni, da come si rintana e fa il timido, non
sembrerebbe il predatore vorace che può essere.
Non mancano ovviamente
diversi esemplari di Echinaster, Spirografo (Sabella spallanzani) e
Protula che si ricihudono repentine appena ci si avvicina, nei pressi
anche diversi Gigli di mare (Antedon mediterranea), sostano sulle
rocce.
Nella sabbia faccio un
ritrovamento a dir poco insolito, un dattero di mare (Lithopaga
litophaga), la conchiglia vuota, in buone condizioni, con entrambe le
valve incernierate, la cosa strana è che qui di scogli per un po'
non ce ne sono e questo mollusco vive scavandosi una nicchia nella
pietra secernendo un acido, si tratta di una specie protetta, messa
in serio pericolo da una scriteriata raccolta, particolarmente
apprezzato da gourmet facoltosi che non si fanno troppi scrupoli.
Nella fattispecie è assai
probabile che provenga da una mareggiata, ma come sia uscito dalla
roccia è un incognita.
Si esce per la sosta di
superficie, e l'immancabile cocomerata, vengo preso in giro perchè
ho preso un cocomero di 16 kg e siamo solo in nove... mai contenti!
Nella seconda immersione
decidiamo di esplorare il lato destro, dirigendoci quasi subito verso
il fondo, mentre aspetto gli altri in acqua per non sciogliermi al
sole come un bastoncino di liquerizia nel forno, mi do un occhiata
intorno, non sono il solo, una spigola continua a girarmi intorno,
probabilmente perfettamente conscia che in questo tratto di costa è
proibita la pesca.
Ho appena scoperto una
Stella serpentina (Ophioderma longicauda), che cerca di scappare
sotto un sasso, quando Marco e Matteo individuano sotto ua grossa
lamiera, una cernia ed un grosso scorfano.
Mi aggiro lì intorno
cercando di vedere segni del passaggio di qualche Galeodea
echinophora, dal momento che ne avevo trovato i resti la volta scorsa
proprio in quel tratto. Marco e Matteo frattanto stanno facendo il
pieno di immagini, vicino ad una specie di trespolo hanno individuato
una piccola colonia di nudibranchi e stanno scattando a più non
posso.
Marco me li indica, i suoi
occhi allenati sanno cosa individuare, probabilmente io li avrei
ignorati, anche cercandoli.
C'è una leggera corrente,
che spinge verso Porto Santo Stefano, noto da sotto un sasso spuntare
la caratteristica testa affusolata di una murena a fauci spalancate,
più minacciosa in apparenza di quanto non sia davvero, ormai è un oretta che siamo
sotto e comincio a sentirmi un po' stanco, lentamente facciamo
ritorno alla scaletta, al diving.
Rimessaggio e risciacquo a
turno delle attrezzature e ritorno alle auto, non prima del consueto
aperitivo con scambio di esperienze. Marco e Matteo sono soddisfatti,
il loro carniere fotografico è pieno: Flabellina affinis, Cratena
baibai, Flabellina ischitana, Vacchetta di mare, Dondice. Dei
cavallucci marini neppure questa volta l'ombra...ma noi siamo
tenaci...torneremo!
Presuntuoso,
come tutti quelli della tua razza, come puoi essermi mancato? E si
avevo notato la tua mancanza e non solo la tua.
Sono stato
costretto, come altri, prima il lavoro, poi il clima e poi c’è
stata la pandemia, è stato necessario per preservarci.
Di nuovo la
vostra presunzione, certi eventi, fanno parte del ciclo della vita,
la morte stessa ne è una componente e consente alla vita di
rinascere più forte e rigogliosa.
Forse hai ragione,
ma sono solo un piccolo uomo…
Tanti piccoli
uomini… fanno a volte un grande problema.
Sembra ti dispiaccia
rivedermi qui…
No non è vero
che mi dispiaccia, ma neppure il contrario, sei uno dei tanti
abitanti di questo “mio” mondo. Tu vieni qui consapevole dei
rischi, cosciente delle tue responsabilità e ricompense; hai fatto
una scelta, ed in cambio tu hai visione e consapevolezza di quello
che la maggioranza dei tuoi simili può solo immaginare.
Io? un abitante?
Credevo di essere un ospite al più.
Tutto è nato
da qui e qui in qualche modo ritorna e ritornerà ancora, tu, quelli
come te e anche quelli che pensano di esserlo e pure coloro che non
mi hanno mai visto.
Sì è vero… è una grande verità, posso tornare allora?
Ogni volta che
vuoi e puoi, le regole le conosci, io non sono né buono, né
cattivo, io esigo il rispetto che mi è dovuto per me e per la vita
che preservo… dato che ci sei non mi dispiacerebbe se ogni tanto ti
portassi via qualche sgradito ricordo che la tua specie rilascia con
troppa noncuranza, non lo fai per me, lo fai per te.
Certo! Come sempre d’altronde…
Ascolto il cadenzato ritmo del mio respiro mentre mi sposto,
inframmezzato dal gorgoglio delle bolle, mi guardo intorno, grato di
quel blu… Sono tornato in Mare.
Si ringrazia Marco Moretti per i suoi splendidi scatti
Era il giorno dopo ferragosto dell’estate del 2016, si era
deciso insieme alla solita comitiva di amici, di fare un tuffo e un
po’ di snorkneling in località Mangiabarche, sull’isola di
Sant’Antioco.
L’idea era quella di fare una nuotata sino al faro
del sito omonimo, il nome non era stato scelto a caso. Questo tratto
di costa è particolarmente insidioso per alcune secche e per il
Maestrale che può spingerti come niente sugli scogli, quando soffia
davvero. Il faro è spesso il soggetto di molti fotografi sia con il
mare calmo che in tempesta, da qui il nome: “Mangiabarche”.
Sebbene credo che oggi il faro non sia più operativo, la sua
presenza è comunque un monito, sul luogo si trovano ancora i resti
di una postazione della contraerea della seconda guerra mondiale. Ero
piuttosto stanco a dire il vero, mi ero immerso al mattino, quindi
armato di rete maschera, pinne e coltello avevo deciso di farmi un
giretto tra gli scogli a “Far Patelle”, lasciando agli altri il
vezzo di raggiungere la roccia del faro, rischiando di farsi
travolgere dai soliti diportisti estivi improvvisati (il cielo li
strafulmini!).
Si a me piacciono le patelle e la patella può essere
degustata cruda o cotta (intera o
sminuzzata) in una salsa con aglio, peperoncino, vino bianco e
prezzemolo per condire la pasta, meglio se secca, tipo spaghetti o
linguine. Lo so è un po’ duretta, rispetto alle vongole, ma io la
trovo più saporita e comunque dovete sapere che malgrado le
informazioni nutrizionali sui molluschi gasteropodi come la patella,
siano piuttosto limitate a causa della scarsità di consumo su scala
nazionale, il suo apporto energetico è moderato,
attorno alle 100kcal.
La porzione di carboidrati
raggiunge i 6g per 100g di parte edibile, così come per le proteine:
17,5g. I lipidi risultano scarsi, intorno agli 1-2g,
ma non è possibile risalire ad informazioni più dettagliate sulla
natura degli acidi grassi e sulla quantità di colesterolo.
Dal
punto di vista micronutrizionale si evidenziano un ottimo apporto di
ferro (oltre il 3%), fosforo, potassio e sodio.
Sto scrivendo mentre si avvicina l’ora di cena...credo si noti.
Avevo cominciato a scandagliare gli scogli alla mia sinistra
risalengoli fin dove una complessa rete di massi creava delle pozze
irregolari d’acqua profonda, l’ideale per pesci che si vogliono
rintanare e sopratutto inaccessibili da terra a cusa della mancanza
di accessi. In un apertura avevo avuto la fortuna di trovare in
bellavista una conchiglia disabitata di Erosaria spurca (Linnaeus,
1758) cosa che all’inizio, mi aveva sorpreso non poco, visto che
era un assolato pomeriggio, quel tratto non era in ombra e le cipree
sono notoriamente fotofobiche.
La raccolsi assicurandomi che fosse
vuota e continua il mio giretto, in cerca di patelle (quel tratto di
costa abbondava di Patella caerulea e Patella
ulissyponensis)
e non faticai a trovarne abbastanza per un piatto di linguine. Fu a
quel punto che negli anfratti tra gli scogli vidi un movimento, poi
un altro ed un altro ancora. Occhi sporgenti spiavano le mie mosse,
per ritrarsi immediatamente furtivi
tra
gli anfratti come facevo per avvicinarmi o anche semplicemente per
guardarli. Rimasi immobile studiando quelli che ormai avevo
identificato come granchi, ma di un genere che non avevo mai visto
prima.
Mi
colpirono subito i colori inusitati, i granchi che avevo visto
qui sino ad ora erano i classici granchi di laguna, con il carpace
verde, qualche Granchio favollo, Capre di mare (Granceola), ma questo
davvero mi era sconosciuto. Era piuttosto schiacciato nel carpace e i
suoi colori erano stupendi, sia sulle gambe che sul carpace aveva
dei colori che spaziavano dal marrone al rossiccio con striature
giallo vivo. Purtroppo non avevo la fotocamera con me, quindi appena
gli altri tornarono gli descrissi l’animale, ma nessuno di loro, lo
conosceva. Per diverso tempo mi sono chiesto che cosa avessi visto,
la risposta mi arrivò dal libro di Egidio Trainito, “Atlante di
Flora & Fauna del Mediterraneo”. Eccolo qui! Il
granchio Corridore
Atlantico (Percnon
gibbesi)!!
I
miei amici quasi tutti isolani, avevano ragione a saperne poco, si
tratta di una recente introduzione nel Mediterraneo, quella che viene
definita aliena (come abbiamo già visto per la Donzella pavonina).
Si tratta di un artropodedel subphilum dei crostacei,
della classe dei malacostraci,
dell’ ordine dei decapodi,
del sottordine dei reptanti
brachiurie
all’ infraordine dei granchi.
Artropodi
significa “possedere zampe articolate” e il
philum degli artropodi è il più vasto del regno animale in generale
e sottomarino.
Il corpo è segmentato con tre regioni: capo,
torace e addome tutte e tre (salvo rari casi: paguri) rivestite da un
esoscheletro duro a protezione. Nella crescita, l’animale perde la
vecchia corazza e ne acquista una nuova con l’indurimento della
cuticola sottostante la vecchia.
L’ordine dei decapodi
raccoglie tutti i malacostraci che hanno dieci zampe distribuite in
cinque paia.
In quanto appartenente ai decapodi
reptanti è un crostaceo capace di movimenti di
deambulazione orizzontale prodotta dagli arti preposti con presa sul
substrato e non da nuoto.
La sua morfologia lo colloca tra i
brachiuri, definizione
che designa i crostacei in cui la coda (che assolve
peraltro alla funzione di “cestello di raccolta” delle uova
fecondate) ha proporzioni minime rispetto al torace, sotto il quale
rimane normalmente ripiegata.
Come molti granchi, la muta (il
cambio della corazza) avviene spesso durante la crescita dell’animale
: i maschi approfittano della muta delle femmine per l’accoppiamento,
mentre le femmine approfittano della muta del maschio (sprovveduto)
per cibarsene. Non solo le femmine del granchio, se siete tra
Febbraio e Marzo in Veneto vi consiglio di provare le Moeche… e mi
saprete dire. Originario
delle coste orientali americane, dalla Florida al Brasile(ma si ritrova anche su quelle del versante del Pacifico,
anche se non tutti sono d’accordo nel considerarla la stessa
specie), questo colorato granchio, il suo primo avvistamento risale
al 1999 nelle acque di Linosa. Si ritiene possa essere arrivato con
le acque di zavorra delle navi, ma non si escludono le correnti
oceaniche, visto che, le lave di questo alieno sono piuttosto
resistenti. Il segreto del suo successo? Pare essere un “vegano”
convinto. Indubbiamente favorito dal riscaldamento del Mediterraneo
e dalla mancanza di competitori, il nostro granchio corridore
atlantico si è adattato benissimo al suo nuovo mare dove predilige
le coste rocciose ricche di anfratti in cui si infila agilmente
sfruttando il suo corpo appiattito e scomparendo rapidamente alla
vista. Sembra, tuttavia, che con il tempo la specie stia perdendo la
sua iniziale diffidenza dato che è sempre più facile vederla
davanti alle tane anche grazie alle dimensioni di tutto rispetto che,
tra carapace e zampe, possono superare i 10 cm di larghezza. La
rapida espansione e la colonizzazione delle coste del Mediterraneo e
dell’Italia insulare è stata agevolata non solo dalle capacità di
adattamento della specie alle nuove condizioni ambientali,
ma anche dalle sue abitudini alimentari che l’hanno portata ad
occupare una nicchia ecologica libera. Tuttavia c’è chi l’ha
osservato in cattività predare dei pesci quindi le sue abitudini
alimentari sono ancora materia di discussione, di sicuro è
fortemente adattabile nella sua dieta. Buone Bolle!
Oggi parliamo del pluripremiato fotografo Andrea Izzotti, un
autentico cacciatore di emozioni. Viaggiare, ricordare, emozionare
sono il suo credo, parliamo di lui in merito alla sua ultima
pubblicazione: “Zena: Storia di un Orca”. É Domenica 31 Maggio,
ho avuto una settimana pesante, e il pomeriggio del sabato è stato
stracolmo di impegni. Mi ero proposto di seguire la diretta Facebook
della presentazione del libro, ma non ce l’ho fatta. Sempre su FB
mi compare la notifica del compleanno di Andrea Izzotti e mentre gli
faccio gli auguri, mi viene in testa l’idea di fargli qualche
domanda sul suo libro.
Ci provo, Andrea a detta di molti è un tornado di energia positiva, non esagerano affatto, quel che segue è solo una conferma.
Andrea Izzotti
SubacqueodisuperficieBuon Compleanno,Buongiorno e Buona Domenica, causa lavoro ho perso l'evento di
Ieri. Volevo scrivere qualcosa sul tuo libro sul mio blog e sapere se
esce solo in forma elettronica o anche cartacea, visto che non amo
particolarmente il formato elettronico, vorrei acquistarlo per me. Ho
un piccolo Blog di Subacquea dove parlo delle mie esperienze, del
mio gruppo, delle mie letture a volte. Potresti, se ti fa piacere
raccontarmi qualcosa di più sul tuo
libro, su come è nata l'idea?
Andrea Izzotti
Ciao Fabrizio grazie per avermi scritto
Il libro esce in
forma cartacea (consigliata per via delle illustrazioni dell'artista
Paco Caamano)
L'idea mi è venuta
quando le orche sono state a Genova a dicembre 2019.
S. Andrea
Izzotti fa riferimento al caso del branco di orche comparso a
Portofino, che riempì le pagine dei quotidiani, rompendo il
monopolio dei rapporti di guerra della pandemia del Covid19
A.I. Alcune
informazioni le puoi avere dalla diretta di ieri ma ti sintetizzo qui
qualcosa
Avevo fatto due
spedizioni in Patagonia (una infruttuosa l'altra quasi) nel 2015
-2016 per osservare le orche che si spiaggiano per catturare i
cuccioli di otaria
immaginati la mia
sorpresa quando mi hanno "restituito" la visita in Italia!
S.Lo
ricordiamo tutti credo si fu un grande evento, anche se il
piccolo pare non ce l'abbia fatta,
quindi hai fatto
quasi un istant book durante la quarantena?
Il lungo viaggio delle orche di Genova
A.I. No il
libro in realtà l'ho scritto prima. Mi è venuta l'idea e dopo
tutte le ricerche per far combaciare date e "personaggi"
mi ci è voluto poco per scriverlo. Più tempo la preparazione
concreta dell'edizione con le illustrazioni di Francisco Caamano
un'artista che ho conosciuto in Baja California Sur, Messico
Il libro racconta
di altre orche "famose" come Keiko (Free Willy), Tilikum,
ma anche Granny e Old Tom. Ovviamente ci sono licenze poetiche e di
narrazione (che spiego poi nella parte finale).
S. Beh
credo ci stiano (e qui vi rimando ai link a fondo pagina)
A.I. Quindi
anche se tutti sappiamo come è andata a finire io ricreo la storia
di Zena della "piccola" Zena sin dalla sua nascita
racconto del suo primo figlio e de(i) viaggi, ma non ti voglio dire
altro se no ti rovino la lettura.
S.No
no assolutamente...non ci provare...me lo leggo
Diretta FB della presentazione del Libro
A.I.
Sicuramente l'uomo (il polpo con 4 tentacoli) ha un'impatto decisivo
S.Bella
definizione per descrivere l’Uomo, polpo con 4 tentacoli…
A.I. e da
Old Tom in poi (cerca la vera storia su google) il rapporto è via
via cambiato, Zena lo chiama anche "il mezzo polpo".
S.Bellissima definizione, sono molto affezionato a quei
cefalopodi ho tenuto delle lezioni ai bimbi di una scuola
elementare e d’infanzia su di lui.
A.I. la
figura del polpo c'è in altri passaggi del libro.
e qui Andrea ci
cita un passaggio del suo libro
A.I. “Cos’è
l’inganno, Granny?”, le chiedo. “L’inganno è quando fingi
di non essere quello che sei, come quando il polpo diventa uguale
alle rocce e non lo vedi più”, mi risponde.
E poi in altri
brani dove Zena si interroga sulla sua vita
S.Basta
non anticiparmi altro fammelo scoprire sto’ libro! mi hai messo
addosso una curiosità tremenda
L’intervista
volge al termine, ho delle reminiscenze di una cosa letta molto
tempo fa proprio sulle orche, provo a chiedergli se Andrea lo
conosce, e lui mi fa un ultimo regalo, ma questa è un altra
storia...
Per la realizzazione del Libro, Andrea Izzotti si è avvalso di collaborazioni di grande spessore: oltre al già citato artista messicano Francisco Caamaño, Alberto Bof, italiano di Genova ormai da anni a Los Angeles dove ha collaborato musicalmente con grandi firme dello spettacolo (Lady Gaga, Chiara Ferragni solo per citarne alcuni) che ha realizzato la parte musicale del video di presentazione, il prof Alessandro de Maddalena (Biologo specialista nello studio degli squali in Sudafrica e Australia e di biologia dell'orca in Norvegia) che ha scritto la prefazione.
Tornando a noi, il libro è un'auto produzione come un altro
precedente, disponibile in italiano, inglese e spagnolo; è
distribuito a Genova dal negozio
Old Tom in una foto dell'epoca
Corderia Nazionale, oppure
tranquillamente ordinabile su Amazon. Se siete subbi come noi allora
vi consigliamo anche l’altra sua pubblicazione, “Racconti dal blu
e altri colori” anche questa disponibile sia in formato
elettronico, sia in quello tradizionale. Il Libro promette bene,
tant’è che a dicembre 2019 era tra i primi posti nelle vendite di
Amazon come regalo. Per quel che mi riguarda l’ho ordinato e spero
di riceverlo presto per poterlo leggere. Consiglio vivamente di guardare la diretta di cui troverete il link sotto, che non potrà fare a meno di incuriosirvi ulteriormente e spingervi a leggere questo libro, che si presenta come un opera indirizzata a grandi e piccini, ma che come avrete modo di sentire, riscuote diversi consensi anche da ricercatori accademici.
Old Tom che aiuta i pescatori durante una battuta di caccia alla balena
Il nostro gruppo di subacquei si divide
tra l'Appennino bolognese e quello pistoiese, differenze labili per
chi vive dalle nostre parti, ma haimè i confini che sino a ieri ci
sembravano inesistenti oggi ci pesano non poco; fatto sta che mentre
oggi noi da questa parte della montagna, stiamo facendo la fine dello
stoccafisso, guardiamo con invidia i nostri amici in Toscana andare a mettere
l'attrezzatura e se stessi in ammollo, senza poter far nulla.
Non mi resta che scrivere,
ricontrollare l'attrezzatura e sperare in tempi migliori, dove
qualche torma di incoscienti, amanti della movida di gruppo e degli
spritz a 10 cm di distanza, non ci faccia riaprire una quarantena,
cosa per la quale non credo risponderei più delle mie azioni.
Fatto questo preambolo, scorrendo le
riprese e rileggendo qualche pubblicazione di subacquea mi è
capitato di tornare a parlare con alcuni amici di un incontro, che
consideriamo “Oro comune”, ma che nella realtà non è così
scontato.
Credo che tutti voi ormai sappiate
cos'è una specie aliena, in un pezzo precedente Egidio Trainito ne ha
ampiamente discorso, forse in un po' meno sanno cos'è una specie
Lessepsiana.
La definizione deriva dal nome
dell'ingegnere che progettò (Ferdinad de Lesseps) e seguì la
realizzazione del Canale di Suez, che come ben saprete mette di fatto
in comunicazione il Mar Mediterraneo con l'Oceano Indiano. Una grande
conquista per l'ingegneria e la navigazione, un bel po' di meno per
l'equilibrio dell'ecosistema marino del nostro mare.
Il Mar Mediterraneo non è un mare
chiuso, il suo sbocco naturale sull'Oceano (Atlantico, nel nostro
caso) è dato dallo stretto di Gibilterra, il che rende possibile a
specie che lo abitano di uscire e rientrare in esso. E' possibile
quindi anche una colonizzazione di specie atlantiche nell'Habitat
Mediterraneo e viceversa, sempre che si trovino le condizioni
favorevoli allo sviluppo, il che richiede tempo e cambiamenti che si
quantificano in secoli spesso. Queste colonizzazioni possono avere un successo dirompente iniziale per poi regredire con la stessa velocità con cui sono iniziate, oppure divenire permanenti creando nuovi equilibri o compromettendone irrimediabilmente altri.
Scatto di Roberto Puzzarini
Nel caso del canale di Suez il discorso
cambia quasi del tutto, in realtà oggi come oggi molte specie
aliene, sono divenute residenti al punto che siamo talmente abituati
a vederle, e si sono adattate così bene, che spesso siamo portati a
credere che siano sempre state lì, autoctone insomma.
Come forse ho accennato in precedenza
in altri pezzi del blog, la colonizzazione involontaria può avvenire
attraverso due veicoli: in primis il Canale stesso con la sua
continuità, nel secondo invece le specie aliene rimediano “un
passaggio” nelle vasche di zavorra delle navi che si riempiono e
si svuotano per aumentare la propria stabilità in mare.
Come ho detto, capita che alcune specie
siano ormai così facilmente osservabili da pensare che siano sempre
state qui, ma non è così.
Tutti conosciamo la Coris julis (Linnaeus 17589,
comunemente nota come Donzella, credo che il nome tragga origine
dalle splendide evoluzioni che questo pesce spesso compie dinanzi ai
sub che la osservano guizzando repentinamente avanti ed indietro, poi
c'è la Thalassoma pavo (Linnaeus, 1758) famiglia delle Labridae.
I suoi caratteristici colori cangianti
che vanno dal giallo dorato al verde, i caratteristici reticoli sulla
testa di colore blu, che vengono ripresi dalle righe poste sulla
schiena, la rendono inconfondibile. La sua livrea in giovane età è
quasi totalmente verde fatta eccezione per una chiazza nera che
manterrà anche da adulta.
La bocca è piccola e dotata di una
sola fila di denti nelle mascelle, con due denti uncinati centrali
più grandi.
La pinna dorsale è unica è i suoi
raggi sono quasi tutti della stessa altezza, (8 spinosi, 12-13 molli)
la pinna anale è allungata e contrapposta a quella molle dorsale.
Le pinne pettorali sono utilizzate dai
maschi durante il corteggiamento, le agitano vistosamente per
scoraggiare altri pretendendi e rivendicare un territorio, non capita
di rado che provi ad attaccare anche i Sub, insomma un pesce con
molta fiducia nei suoi mezzi, decisamente inversamente proporzionale
alla sua stazza, di solito tra i 20-25 cm al massimo.
Come a volte capita in natura tra i
pesci, cambia sesso, nasce femmina ma poi in capo a qualche anno,
diviene maschio e perde le bande blu e la macchia nera una volta
completato lo sviluppo, questo fenomeno è noto come “Ermafrodito
Proterogino”.
Scatto di Roberto Puzzarini
Si tratta di una specie Lessepsiana, proveniente dal
Mar Rosso stabilizzatasi con successo da tempo nelle nostre acque,
favorita, assai probabilmente, dall'inesorabile, progressivo fenomeno
di tropicalizzazione del Mar Mediterraneo.
La sua dieta è costituita da crostacei
e molluschi che trova smuovendo il sondo sabbioso o cacciando tra le
praterie di Posidonia che è solita frequentare, tuttavia sono stati
osservati esemplari giovani nutrirsi di parassiti di pesci molto più
grandi.
Il suo nemico naturale è il Barracuda
del Mediterraneo (Sphyraena viridensis - Cuvier, 1829), la sua riproduzione avviene tra giugno e luglio ed
è un oviparo pelagico.
La sua livrea è una delle più belle e
cangianti che si possano osservare nel nostro mare, la sua
distribuzione ormai tocca da tempo quasi tutte le nostre coste nel
Tirreno, ma viene avvistata ormai frequentemente anche in Adriatico,
in fondali che vanno dai 20 ai 100 metri di profondità.
Al solito, si ringrazia, tra gli altri, Marco Moretti e Roberto Puzzarini per i loro scatti.
Nome Scientifico:
Thalassoma pavo (Linnaeus, 1758)
Nome comune :
Zingarella, Zita, Pizza di Re, Vecchia, pesce pettine, pappagallo,
pisci urrej
Rischio di
estinzione: Minima popolazione (Stabile)
Atlante di flora e
fauna del Mediterraneo - Egidio Trainito, Rossella Baldracconi, ed Il
Castello 2014
Pinneggiando nei mari italiani – Marco Bertolino, Maria Paola
Ferranti, Hoelpi 2019
“Guida
della FAUNA MARINA COSTIERA DEL MEDITERRANEO” - Luther Fiedler –
Franco Muzzio Editore