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lunedì 6 aprile 2020

Contro il Covid 19: scende in campo anche l'industria della Subacquea e la Marina Militare





Credo che quasi tutti voi abbiate ricevuto la foto di quel signore di Napoli, che girava tranquillamente per la strada con una maschera da snorkneling gran facciale di Dechatlon addosso. La psicosi era appena iniziata e, purtroppo, era anche il momento in cui ci avevano venduto, che si trattava “solo” di un influenza un po' più rognosa del solito. Credo che ormai nessuno abbia più dubbi circa la pericolosità di questo virus e del suo pesante tributo in vite umane che abbia esagito e che ancora pretenderà nel futuro. Tornando a questo signore, ne abbiamo riso tutti all'inizio, e poi si sa con questo Covid 19, c'è davvero ben poco di cui ridere. Era circa la metà di marzo, quando in pieno 


boom di contagi, l'ospedale di Chiari (Brescia) aveva terminato le valvole per i respiratori utilizzati per i malati di Covid 19. Frontiere bloccate e poco tempo; la direzione dell'ospedale lancia un grido d'aiuto attraverso un quotidiano locale, per trovare chi potesse fornire dei ricambi in tempi rapidi. Una locale startup, la “Isinnova” in meno di un giorno è riuscita a stamparne in 3D un centinaio di pezzi. Comincia così l'avventura di Alessandro Ramaioli, che ha subito messo a disposizione gratuitamente la sua azienda, per realizzare delle valvole Venturi in acido polilattico con una tecnica a filamento. L'azienda si occupa normalmente della produzione di cose completamente diverse, come agganci per i dedili delle auto o cerotti per ustioni, per riuscire a sopperire alla pressante richiesta ha coinvolto un altra azienda della zona che aveva una stampate 3D molto più grande. Cristian Fracassi, il patron dell'azienda, ha puntualizzato che queste valvole Charlotte non sono valide quanto quelle originali, ma che potranno egregiamente sopperire ad una situazione d'emergenza. 
 
Maschera Dechatlon
Al momento non si ha notizia che l'azienda della quale hanno “fotocopiato” le valvole si sia rivalsa in alcun modo, cosa che non dovrebbe stupire visto che tutto è stato fatto a titolo gratuito. Tutto qui? No! Qualche giorno più tardi l' ex primario dell’Ospedale di Gardone Val Trompia, in provincia di Bescia, il dottor Renato Favero, ha un idea, e contatta Isinnova: c'è penuria di maschere Venturi da collegare ai respiratori e non si trovano, ma il medico conosce le maschere da snorkneling della Dechatlon. Forse anche lui ha visto quella foto curiosa è ne è stato ispirato. In fondo sono maschere a tenuta stagna, se collegate in modo appropriato ad un respiratore ...forse ...forse. Detto fatto Fracassi e Romaioli ci si buttano a pesce e in meno di una settimana riescono a tirare fuori i nuovi prototipi. Ecco trasformare una maschera da sub commercializzata da Decathlon in un respiratore ad uso ospedaliero. Un successo!
Maschera Ocean Reef

Ma il loro lavoro non è passato inosservato, causa il clamore suscitato da questa inventiva tutta italiana, ecco partire a ruota una serie di progetti simili, Decathlon forse è stata la prima a pensare ad una maschera da snorkneling tipo gran facciale, attrezzatura da qualche tempo un po' meno rara tra i sub. Personalmente provai qualche anno fa un gran facciale della Ocean Reef, devo essere sincero non ne rimasi molto colpito, certo però quella linea rendeva molto più abbordabile avvicinarsi ad un tipo di attrezzatura fino a quel momento solo professionale. La stessa Ocean Reef a Genova attraverso la Mestel Safety Srl, ditta della stessa OceanReefGroup, decide di cimentarsi emulando lo sforzo dei bresciani. Le finalità sono le stesse ma l'approccio è differente. La produzione ha avuto inizio grazie a dei file per stampare gli adattatori che sono open source, cioè disponibili gratuitamente, come molti linuxari come me sanno bene, ma non basta hanno donato mille maschere. E i loro dispositivi già operativi all’Ospedale Villa Scassi di Sampierdarena, ma anche a Busto Arsizio, Firenze, Arezzo, richieste arrivano anche dagli Stati Uniti , Gran Bretagna, Danimarca e Svezia.
Maschera Cressi


 E Cressi poteva mancare? Ovviamente no!
In questa gara la casa di Genova non si è sottratta alla sfida di creare un ausilio per la somministrazione di ossigeno ad alti flussi derivandolo da maschere subacquee da snorkeling. L’architetto sanremese Mario Cilli, il Direttore del reparto di Anestesia e Rianimazione ASL1 Giorgio Ardizzone ed il progettista della ditta Cressi, Carlos Godoy hanno collaborato alla creazione di un prototipo stampato con tecnologia 3D . Fondamentale la collaborazione del titolare della Cressi Sub Antonio Cressi e l’AD Stefano Odero, al maker Roberto Maffezzoni per la stampa modelli 3D, Luca Tomatis del negozio Al Milanes in Mar e Nicola Fauzzi. In questo caso il dispositivo di partenza era il modello di maschera “Duke”, prontamente donate dalla 
 
Maschere Mares
ditta genovese Cressi Sub e riadattate per la somministrazione di ossigeno per i pazienti ricoverati in terapia intensiva. Anche qui da resto del mondo le richieste non sono tardate ad arrivare. A Rapallo non sono certo rimasti a guardare, la Mares in collaborazione con TS Nuovamacut e Mira Meccanica stanno realizzando a tempo di record 500 caschi. E la Seac Sub? Per non esser da meno ha sposato l'inventiva tipicamente romagnola del cesenate Rocco De Lucia. Titolare di un azienda, la Siropack di Bagnarola di Cesenatico, ha creato una nuova mascherina che consente di parlare liberamente tra medicon e paziente scongiurando la possibilità di contagio per trasmissione aerea. In questo caso la trasformazione di una normale maschera da snorkneling Seacsub Unica in un apparecchio utilizzabile per esigenze sanitarie d’emergenza ha riguardato un aspetto non secondario.
Maschera SEAC SUB

Si sono avvalsi della collaborazione del laboratorio di ricerca Tailor e del dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Bologna. La "C-Voice Mask" , questo è il suo nome, è stata dotata al pari degli altri modelli del tutto simili, di due circuiti separati, uno per l’aria in ingresso e l’altro per quella in uscita. Il prototipo è stato realizzato modificando il circuito sulle valvole e aggiungendo un filtro in tessuto che può essere agevolmente sostituito. Tutti questi progetti hanno in comune l'utilizzo di uno strumento originariamente pensato per il mare e un utilità nelle realtà ospedaliere delle maschere tradizionalmente utilizzate per la terapia ventilatoria diventate, con l’emergenza coronavirus, oggi difficilmente reperibili. Ultimi ma non ultimi, anche se non sono un entità commerciale non possiamo 


dimenticarci della Marina Militare Italiana. In questo caso si è pensato di usare le maschere oronasali, impiegate negli impianti iperbarici, nell’ambito delle attività di rianimazione condotte negli ospedali. Autori dell'intuizione in questo caso sono gli operatori dell’Ufficio Tecnico Subacqueo del Gruppo Operativo Subacquei della Marina Militare. Tra i compiti del Comando Subacquei e Incursori c'è quello di intervenire con le proprie camere di decompressione in soccorso al personale dei sommergibili sinistrati, dei propri operatori subacquei e, come in questo frangente, a supporto della collettività, mediante interventi di ossigeno terapia iperbarica.
A ben pensarci dovremmo ringraziare l'inconsapevole inventiva di quel bizzarro signore partenopeo.






Link:

(i piani open sources della maschera si possono trovare qui: https://oceanreefgroup.com/covid19/)






Buone Bolle!


Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”


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