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lunedì 23 dicembre 2019

Buone Natale, un Augurio di un fantastico 2020 e tante Bolle!

Un altro anno si avvia alla sua conclusione, l'inverno ormai relega le nostre immersioni estive ai ricordi e costringe molti di noi all'attesa.
Lo staff di "SottoSopra la superficie " augura a voi tutti un felice Natale ed un Grandioso 2020, ancora qui a parlare di tuffi, di mare, di pesci e di tutto quel mondo blu che continua ad attirarci irresistibilmente.





Aggiungo a questo augurio le immagini della nostra ultima immersione di quest'anno presso l'AMP di Portofino, augurandovi ancora Auguri di un fantastico 2020 e Buona visione!


venerdì 20 dicembre 2019

Serata fotosub 14 dicembre 2019 Empoli





Come fine annata dal punto di vista mare non è stato un granchè, le condizioni meteo non hanno aiutato, gli impegni di lavoro neppure, un po' d'influenza e dulcis in fundo, i lavori dolorosi, ma necessari attorno al ponte di Calafuria e alla sua torre medicea che finalmente dopo anni di incuria pare tornerà a vigilare tirata a lucido sul golfetto.
Tutto questo per dire, che in questo periodo non c'è stato verso di entrare dentro la muta, neppure per grazia ricevuta, per fortuna però, pur nell'ozio invernale, c'è chi organizza eventi interessanti e degni di nota. E' sicuramente il caso del Gruppo Empolese Attività Subacquee, non nuovo ad apparecchiarte apprezzate mostre fotografiche alle quali spesso hanno partecipato i migliori foto sub italiani. Proprio in questa chiave sabato 14 Dicembre hanno proposto al pubblico empolese, ed ai molti altri sub intervenuti da ogni dove, una serata con due personaggi di fama internazionale: Aldo Ferrucci e Sergio Riccardo. La serata prevedeva la presentazioni di alcuni filmati che avrebbero visto alcuni dei loro migliori montaggi fotografici e riprese sottomarine frutto di foto, filmati e resoconti delle loro ultime esperienze in giro per tutto il mondo. Una ghiotta occasione per portare al grande pubblico un aspetto delle le attività subacquee di prima mano, da chi quell'attività
ha avuto la fortuna e la passione di poterselo scegliere come lavoro. Ecco quindi il Cenacolo degli Agostiniani, in pieno centro a Empoli, divenire per una sera una sorta di finestra su quel mondo blu che da sempre ci ha fatto innamorare, noi drogati d'acqua e non manca di far presa, al contempo su chi si sofferma a ad osservare, grazie a noi, forme, colori e forme di vita insospettate ed inusitate. La sede dell'evento, il Chiostro degli Agostiniani in via dei Neri ha visto la sala gremita fin dai primi minuti, ad occhio più di un centinaio gli intervenuti, di cui una parte in piedi, segno che il richiamo del mare in queste zone è molto forte. Noi eravamo presenti all'appuntamento con il nostro Marco Moretti (provetto fotografo), Rachele Giuliani ed io. La serata è stata aperta da un intervento dell'Asessore allo sport Fabrizio Biuzzi, il quale non ha mancato di ringraziare il Gruppo Empolese Attività Subacquee sottolineando cheil Geas non è solo un'attività ricreativa, ma pure culturale, e che questo è stato un evento, pensato per tutti gli empolesi, non solo per i subacquei. Ha
ricordato come inoltre il Geas abbia contribuito a diffondere la cultura e l'interesse per la subacquea sul territorio da quasi 30 anni.Terminati i convenevoli di rito si sono aperte le danze, Sergio Riccardo ha mostrato una prima carrellata di immagini proveniente da oltre 40 anni d'immersione nei mari e situazioni più diverse. Superfluo dire che è un emozione che colpisce ogni volta, i colori a cui non siamo abituati, noi soggetti di terraferma, che hanno lasciato il pubblico degli astanti senza fiato. Sergio Riccardo come abbiamo detto è ormai un affermato fotografo che vanta collaborazioni importanti del calibro di National Geographic, nel corso della manifestazione ha avuto modo di presentare anche la sua ultima
pubblicazione “Ocean's Life”, ul libro fotografico realizzato insieme a Francesca Reinero. Subito dopo è stato il turno di Aldo Ferrucci, livornese di nascita vede la luce nel giugno 1958 e inizia giovanissimo la sua attività subacquea prima con la pesca in apnea a sedici anni e continua la sua carriera subacquea step dopo step, sino ad ottenere la prima qualifica di Instructor Trainer. Come ha dichiarato durante la serata, fondamentale l'influenza delle prime trasmissioni RAI dei documentari del Comandante Jacques Cousteau. Credo lo si possa considerare un autentico pioniere in Italia nell'uso delle miscele arricchite prima e rebreather chiuso e semichiuso, cosa che diventerà poi il suo ambito professionale. A lui dobbiamo la visione di un primo filmato con immersione sul relitto dell'Andrea Doria, l'ammiraglia della nostra flotta di navi da crocera, agli ordini del leggendario (quanto dimenticato qui da noi in Italia) Cap. Piero Calamai, affondata il 25 luglio del 1956, mentre era diretta a New York, speronata ed affondata dal mercantile svedese Stockholm (nave tutt'ora in servizio, che ha cambiato diverse volte nome da allora e che per ironia della sorte ha avuto anche il nome di “Italia”) della Swedish America Line, al largo della costa di
Nantucket (USA), in quello che fu uno dei più famosi e controversi disastri marittimi della storia. La serata poi è proseguita con ulteriori proiezioni di gallerie d'immagini e filmati, inframmentate dagli autori che hanno spiegato aneddoti e metodi di ripresa. Una particolare menzione agli spezzoni del film/documentario “La vita negli oceani” (Océans) del 2009 realizzato dalla Disneynature e codiretto da Jacques Perrin (già produttore del pluripremiato “I ragazzi del coro”) e Jacques Cluzaud, che ha impegnato il Ferrucci per oltre quattro anni di riprese per gli oceani di tutto il mondo. Di notevole interesse scientifico
anche la sua partecipazione al progetto “Under the Pole Mission capsule”, una Spedizione scientifica per lo studio dei fondali oceanici che prevedeva la permanenza per lunghi periodi, necessari un'osservazione prolungata della vita sottomarina dei fondali di Moorea – Polinesia francese, con particolare riferiemento alla vita dei coralli in profondità. Serata gustosa e godibile che spero avrà modo di ripetersi in futuro, unico neo la recalcitrante riottosità del proiettore che continuava ad andare in conflitto con il computer, che ha funestato un po' le proiezioni, bisogna tuttavia rimarcare però che nonostante questo la bontà del mostrato era tale da non riuscire a scoraggiare la presenza degli astanti sino alla fine.





Buone Bolle



Link:



Ocean's lifehttps://www.francescareinero.it/news/tag/sergio-riccardo/

Aldo Ferrucci e Sergio Riccardo https://www.gonews.it/2019/12/10/geas-empoli-aldo-ferrucci-sergio-riccardo/

Gruppo Empolese Attività Subacquee - G.E.A.S.  https://www.comune.empoli.fi.it/albero/09/0902/090201/308sch.html


















Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”


lunedì 18 novembre 2019

Una storia dimenticata




Mi trovavo girellando per l'Eudi in quel di Bologna, e come scritto in precedenza, stavo vistando lo stand della Marina Militare; ospite fisso di questo spazio, da qualche anno, è una riproduzione di un SLC, che forse per molti di voi è più familiare come “Maiale” o “Porco”, l'antenato dei nostri rover.
Creato per uso squisitamente bellico, era un siluro modificato per trasportare uomini ed esplosivi dentro darsene e porti nemici allo scopo di permettere di piazzare cariche esplosive al naviglio alla fonda.
Qualche anno fa, la sera prima di un Full Day a Giannutri, la sera ci aggiravamo per il lungomare di Porto Santo Stefano sul promontorio dell'Argentario, e notai una targa commemorativa nel vecchio porticciolo mi pare vicino al Lungomare Navigatori.
In sintesi si parlava di un record di traversata dall' Isola del Giglio a Porto Santo Stefano, annotai mentalmente la cosa come curiosità e me ne scordai.
Circa un anno più tardi mi stavo aggirando questa volta sotto i protici del Pavaglione a Bologna e che ti vedo nella vetrina di una nota oreficeria? L'esattta riproduzione in nobile metallo del SLC che avevo diverse volte fotografato in EUDI, inoltre sotto era riportato che si trattava del mezzo che aveva stabilito un Record di traversata tra l'isola del Giglio e Porto Santo Stefano (11 miglia marine) .
SLC "Maiale" all'Eudi
Ritornando ad oggi, mi ero nuovamente avvicinato al “Maiale” che chiesi ad uno dei militari della Marina presenti se si trattava dello stesso tipo di mezzo che aveva effettuato quell'impresa, il suddetto si girò verso di me con una sorta di fastidioso sussiego esclamando: “Cosa! Questo è un maiale!”.
Come appassionato di storia militare, stavo per rispondergli a tono, penso che chi si manda a fare pubbliche relazioni per il proprio Corpo di appartenenza dovrebbe mostrare un po' più di affabilità (forse era abbastanza provato da tutta quella gente), lasciai perdere e continuai a godermi l'evento.
Non sono comunque qui per parlare di questo episodio in sé, ma per raccontarvi quanta storia c'è dietro il Maiale.
schema di posizionamento delle cariche esplosive
SLC è l'acronimo di “Siluro a Lunga Corsa” e la sua creazione è direttamente correlata alla genialità di un uomo: Teseo Tesei.
Teseo Tesei
Se qualcuno tra voi si ricorda che esiste un unità di incursori della Marina Militare che porta il suo nome, non è in difetto, possiamo tranquillamente dire che è stata una figura leggendaria nell'ambito delle operazioni di incursione/sabotaggio durante la seconda guerra mondiale, le sue intuizioni furono geniali e diede l'impulso allo sviluppo di diverse soluzioni tutt'ora in uso in ambito militare in mare.
Maggiore del Genio Navale nella Regia Marina italiana, Elbano di Marina di Campo, brevettato palombaro, allo scoppio della seconda guerra mondiale, venne assegnato alla V Squadriglia della 1ª Flottiglia MAS, di stanza a La Spezia. Nell'agosto dello stesso anno, come riconoscimento dei suoi studi sui mezzi d'assalto, il VLC, ricevette la Medaglia d'Oro di 1ª Classe per aver ideato invenzioni utili alla Marina.
A dirla tutta l'utilizzo di un siluro come mezzo propulsivo per portare dei sommozzatori a sabotare del naviglio avversario non era un idea del tutto nuova, durante il primo conflitto mondiale, l'Ingegnere del Genio Navale, Raffaele Rossetti, ideò la Torpedine semovente che porta il suo nome, anche se molti lo conoscono come Mignatta (sanguisuga).
SLC all'Eudi di Bologna
Si trattava in sintesi di un siluro ad aria compressa, autopropulso, che trainava un paio di sommozzatori, La torpedine semovente Rossetti era lunga 8 metri e aveva un diametro di 600 mm. Era ideata per trasportare due persone sopra il livello dell'acqua verso l'obiettivo da attaccare.
Le due persone si dovevano sedere a cavalcioni uno dietro l'altro sopra l'apparecchio. In pratica però si preferiva farsi trascinare stando sui due lati e tenendosi a maniglie fissate appositamente sul cilindro, in quanto, con i due uomini in posizione seduta, il siluro una volta in moto era troppo appoppato (con il culo più in basso) e la persona seduta dietro si trovava immersa in acqua fino quasial collo.

SLC, si noti il fregio della Cabi Cattaneo
Malgrado i disagi il mezzo si rivelò straordinario per l'epoca, passò alla storia l'utilizzo della Mignatta nell'impresa della notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre 1918 nel porto di Pola contro la corazzata della Kriegsmarine austro-ungarica,Viribus Unitis, ivi ormeggiata. La Mignatta però aveva alcune insanabili difetti, tanto per cominciare era scarsamente manovrabile, un autonomia limitata, e cosa più importante, doveva viaggiare praticamente in superficie.  A Teseo Tesei e Elios Toschi l'idea venne nel 1934, durante un opera di manutenzione nel golfo di La Spezia, era successo che il cavo di una boa telefonica si era avvolto su se stesso e i due avevano dovuto sudare quattro camice, in immersione, spostando la stessa boa con dei lunghi giri.
Da uomini pratici, quali erano, ebbero una geniale intuizione: pensare a un mezzo elettrico di ausilio che ne facilitasse le operazioni in mare. Si dovrà aspettare però l'anno successivo, perchè i due, ostacolati dai loro rispettivi incarichi di bordo, riuscissero a mettere mano al loro progetto. Partirono proprio dall'idea precedentemente sviluppata da Rossetti, la Mignatta, ma a differenza di quest'ultima pensarono a un veicolo che potesse essere cavalcato, che fosse dotato di strumentazione per la navigazione, che potesse immergersi ed essere regolato negli assetti, un minisommergibile a tutti gli effetti. Furono necessari pochi mesi nella prima metà del 1935 per definire le linee guida del progetto che si basava sempre sull’allestimento di un siluro, allora in esercizio, di mm.533 di diametro e lungo metri 7,20 . Superfluo dire che lo Stato Maggiore della Regia Marina ne fu entusiasta approvandolo nel giro di pochi mesi e
autorizzando la costruzione immediata di un prototipo.

 Fu nel giugno del 1937 che la Marina prese in considerazione l’impiego operativo di questi tipi di mezzi sotto una luce diversa, non più come mezzi di
assistenza/manutenzione, infatti a Settembre del 1938, venne costituito il comando della Prima Flottiglia MAS a La Spezia, a cui fece capo tutta l’organizzazione, l’impiego e lo sviluppo di questi nuovi mezzi, ideali per l’incursione navale. Venne coniato la sigla “ S.L.C.”, Siluro Lunga Corsa questo perchè l’autonomia del S.L.C. era di circa 15 miglia alla velocità di 2,5 nodi contro le 2,7 miglia a 50 nodi dei siluri per sommergibili da cui lo stesso S.L.C. era stato modificato, ne derivava che la minore velocità aumentava la sua autonomia di più di 5,5 volte. La denominazione S.L.C. fu storpiata in “Siluro a Lenta Corsa” quando la produzione dei mezzi venne appaltata alla C.A.B.I Cattaneo di Milano .
schema di un "Maiale"

 L'anno successivo vide la costruzione del primo prototipo nell'arsenale di La Spezia e visti i risultati promettenti, nel 1938 vennero completati altri quattro mezzi precedentemente commissionati. Tuttavia nel periodo che va dal 1935 al 1936, viene svolta un attività di addestramento all'uso di questa nuova creazione, l'area prescelta è Porto Santo Stefano, area che verrà abbandonata per i venti di guerra incipienti, per motivi di segretezza, in favore della foce del fiume Serchio. Non ci è dato sapere se questo fatto influì sulla scelta della Whitehead di Fiume di costruire una fabbrica di siluri proprio a Porto Santo Stefano, il silurupedio, distrutto dai bombardamenti Alleati nel 1944 .
Sul perchè venne chiamato “Maiale” esistono fondamentalmente due versioni, secondo me non in contrasto tra loro. La prima arriva dalla testimonianza di un ufficiale di Marina di nome Rossetto che ebbe un breve trascorso come ufficiale in addestramento nell'area test, alla bocca del Serchio, che ne attribuisce la paternità ad un marinaio dell’Isola D’elba, Giuseppe Giannoni, addetto al rimessaggio del SLC a Bocca di Serchio, cito : “Un giorno al termine della 
consueta esercitazione, il SLC venne rimorchiato alla banchina per essere alzato con la gru e riportato in officina per la solita manutenzione. Quel giorno nel fiume c’era una corrente molto forte ed il marinaio addetto all’operazione non riusciva ad agganciare il mezzo alla gru; dopo alcuni tentativi, spazientito, lo prese a calci urlandogli alcuni improperi, tra cui il famoso “maiale”(il marinaio era elbano come Tesei). I presenti scoppiarono a ridere e l’episodio arrivò subito alle orecchie di Tesei, che effettivamente lo adottò. “. L'altra versione invece proviene dal libro “Tesei e i Cavalieri subacquei” scritto da Elios Toschi, racconta una verità diversa, e cioè che: “Una sera rientrammo più

Modellino commemorativo della Panerai

presto dal nostro allenamento perchè c'è bassa marea e temiamo di non arrivare in tempo a passare la barra sabbiosa sul fiume. Infatti la motobarca ce la fa stento, ma l'apparecchio, a rimorchio, semi immerso si infila nella sabbia e non vuole saperne di passare. Lasciamo avanzare libera la motolancia e, scesi in acqua, ci mettiamo noi a trascinare il bestione, verso le acque interne del fiume. Finalmente arriviamo nelle acque calme di un laghetto che il fiume forma prima di sbucare in mare aperto. L'apparecchio è lì che fluttua placido placido facendo uno strano rumore di rigurgito, sotto il muso, per la risacca che l'investe. Teseo, con il suo fiorito parlare toscano, dice al palombaro porgendogli la cima di rimorchio : “Prendi, ormeggia tu il maiale”. L'altro non fa obiezioni, anzi, capisce benissimo e subito esegue. Da quel momento “Il siluro di lunga corsa” che ci è costato quattro anni di fatiche, viene ufficialmente declassato al rango di suino. Nessuno gli toglierà più questo nome.” . Trovo che
La ristampa del Libro di Elios Toschi
le due situazioni potrebbero tranquillamente essere vere entrambe, quel che è certo, è che la denominazione ”Maiale” viene utilizzata sempre più spesso, in parte anche per garantirne la segretezza. Il 20 settembre del 1941 i “Maiali” di Tesei violarono la Rocca di Gibilterra, nonostante un pattugliamento di superficie serrato, tre unità riuscirono a piazzare delle cariche esplosive sotto le chiglie di altrettante navi: la cisterna Fiona Shell, la motonave Durham e un’altra petroliera, la Denbydale, esplosero colando a picco. Alessandria d'Egitto 19 Dicembre 1941, di nuovo tre equipaggi sugli SLC infliggono pesanti perdite in darsena agli inglesi, questa volta ad affondare saranno la petroliera Sagona, la corazzata Valiant, l'incrociatore Queen Elizabeth ed in cacciatorpediniere Jarvis.

Winston Churchill ebbe a dire: “Sei italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l'equilibrio militare nel Mediterraneo a vantaggio dell'Asse”.
Tornando all'Eudi, e a quell'eslacmazione, “Cosa! Questo è un maiale!”, non non è “solo” un Maiale, è un bel pezzo di storia della subacquea e del genio italico, saperne di più, se devi fare da cicerone, non guasta.
Per quel che riguarda quella targa a Porto Santo Stefano, è scomparsa nel 2017 ad opera di un massiccio restyling del porticciolo, ho scritto ripetutamente al Comune di Monte Argentario e alla sezione locale marinai d'Italia, ma a tutt'oggi nessuno di loro mi ha risposto, tuttavia qualche residente mi ha detto che non me la sono sognata...beh almeno so di non essere in narcosi d'azoto. La conferma arriva qualche giorno dopo una mia trasferta a Porto Santo Stefano per un immersione, fortunosamente trovo su Youtube un filmato del 2014, prima del restyling del porticciolo di lungomare navigatori, al minuto 4:45 inquadra quella parte del moletto e... indovina indovina, la targa si intravede, purtroppo la definizione dell'immagine m'impedisce di vedere cosa c'è scritto, ma è esattamente dove me la ricordavo.
Frattanto tutti gli enti che ho contattato, ivi compreso il Comune di Monte Argentario al momento non hanno risposto ne tantomeno fornito una risposta circa il destino di quella targa/lapide, di cui ho semplicemente chiesto un immagine da postare qui. Ignoro il perchè di tanta reticenza, perchè non posso definirla in altro modo. So benissimo che quando si va intorno agli argomenti inerenti la seconda guerra mondiale, si tende a fare di tutta l'erba un fascio con il nazifascismo. Tuttavia qui si parla solo di un uomo, del suo genio e del suo coraggio... e nient'altro. Se avrò delel nuove ve ne farò partecipi.


Filmato di un SLC in azione Cliccare qui






Buone bolle!


Fabrizio Gandino

“Subacqueodisuperficie”




Un sommergibile per L'appennino

Foto di Fabrizio Gandino
Particolare del Murales che raffigura il sommergibile


 "Ciò che appare incredibile di questo “sommergibile porrettano” è l’abilità artigiana del suo inventore considerati i mezzi di cui poteva disporre all'epoca, mi è stato detto che chi è riuscito a vederlo ha parlato delle saldature realizzate in modo pressochè perfetto."

Foto di Fabrizio Gandino
Altro particolare del Murales che illustra la destinazione finale del Sommergibile



Credo di avervi già parlato in passato, della storia del Gruppo Subacqueo nato a Porretta Terme (BO) e di quanto lontani dal mare, tra gli appennini, pervicacemente non solo prosperi ma diffonda la passione e la conoscenza del mare ad opera dell'infaticabile Roberto Puzzarini, referente locale del “Casio Divers Group”.
 Enzo Chiarullo – (Ottobre 2012)
Il sommergibile dell'Appennino
Quello che non sapete, e che pure io fino a qualche tempo fa ignoravo, era che le le velleità subacquee degli abitanti di questa parte dell'Appennino sono assai più longeve.
Tempo fa aggirandomi per Porretta Terme, vidi un murales comparire sul fianco di un negozio che sono solito frequentare di tanto in tanto; dovete sapere che io sono un appassionato di mercatini e di cose vecchie e in Via Lungoreno, ad Alto reno Terme (Ex Porretta Terme) si trova un antro caotico, un richiamo irresistibile, un qualcosa di altri tempi: il negozio di un rigattiere.
Vi si trova di tutto, io vi ho persino trovato pezzi di attrezzature subacquee, il proprietario è un signore eclettico, forse un po' eccentrico, con il quale passo del tempo a conversare quando posso e quando non gli riompo troppo le scatole, agitato da grandi passioni e come me appassionato del passato.
 Enzo Chiarullo – (Ottobre 2012)
Francesco Guccini e il sommergibile
Il murales...si dicevo...Ah sì! Scusate, mi perdo esattamente come quando giro tra gli scaffali del suo magazzino, il murales è particolare, raffigura alcune delle cose più conosciute del nostro Appennino Tosco-Emiliano ed altre molto meno note.
Tempo fa, allo scopo di reperire qualche testo che approfondisse la mia ricerca, di cui parlerò in un altro pezzo del Blog, ebbi a parlare con lui di mezzi subacquei e di come l'Italia fu pioniera in questo senso.
Lui senza dire una parola mi prese per un braccio, portandomi all'esterno del negozio, dinanzi al murales e mi indicò una parte di esso, sul lato destro.
Raffigurava stilizzata la nostra ferrovia storica, la Ferrovia Porrettana, una delle prime realizzate nel Regno d'italia, di cui cui abbiamo commemorato da poco i 150 anni e sui binari uno strano...”Veicolo” sui binari...che assomigliava ad una barca.
Naufragio del Bourgogne
E così...seraficamente mi fa la fatal domanda: “Conosci la storia del sommergibile dell'Appennino”?
Ok, cado dalle nuvole, con sorriso sornione si gusta la mia sorpresa, ed inizia a raccontare.
Correva l'anno 1901 e Agostino Lenzi, un fabbro di Silla (oggi frazione del comune di Gaggio Montano, confinante con Alto Reno Terme (BO) decide di partecipare ad un prestigioso premio dedicato alla realizzazione di mezzi per il salvataggio in mare.
Il premio è organizzato a Le Havre in Francia ed è intitolato ad Anthony Pollok, facoltoso avvocato americano (di origine ungherese) scomparso insieme alla moglie durante il naufragio del transatlantico La Bourgogne il 4 luglio 1898 al largo delle coste francesi, la nave francese affonda al largo della Nuova Scozia con il tragico bilancio di 549 morti, per lo più emigranti italiani. All'epoca la tragedia fu un fatto mediatico di grande rilievo, che tenne le pagine dei giornali occupate per diverso tempo. 
Una riproduzione
 
Una curiosità, Pollock era un avvocato piuttosto famoso, titolare dello studio legale “Pollock & Bailey”, fu il principale responsabile dell'accreditamento dell'invenzione del telefono a Bell a scapito dell'Italiano Meucci, ma aveva anche cospicui interessi in una società di telecomunicazioni via cavo (telegrafo), la Western Union.
All'epoca Guglielmo Marconi stava muovendo i suoi primi passi verso quell'invenzione che avrebbe cambiato per sempre le telecomunicazioni: La radio.
Le tragedie del Titanic erano ancora da venire, ma il naufragio della Bourgogne aveva scosso gli animi della gente dell'epoca.
il concorso di Le Havre
Fu così che la famiglia Pollock decise di istituire un concorso con premio in denaro, ignoriamo come il nostro fabbro di Silla ne venne a conoscenza, sicuramente ingolosito dal premio messo in palio dalla famiglia Pollok e altrettanto sicuramente pervaso da quella follia che contraddistingue il genio, si cimentò nella costruzione di un veicolo sottomarino. Ne studia e realizza il progetto, ne produce il prototipo, in qualche modo lo collauda e lo invia a Le Havre usando la Ferrovia Porrettana per il primo tratto a concorrere. Paradossalmente, malagrado il ritrovamento di alcuni documenti, molto è andato perduto e non sappiamo che esito ebbe il concorso e se tanta genialità fu mai premiata.
Quel che è certo è che il Sig. Francesco Guccini, omonimo del cantautore di Pavana, lo aveva da decenni nel suo cortile...in un angolo.
Il Signor Guccini ha infatti raccolto molto materiale documentale per ricostruirne la storia, spingendosi nella sua indagine a verificarne funzionalità ed aspetti tecnici del funzionamento e realizzazione. Fondamentale la sua visita a Le Havre dove ha istituito rapporti di collaborazione con i musei del settore portuale e della navigazione, con storici ed esperti .
Elenco partecipanti al concorso
Il mezzo si presenta come una sorta di battello di salvataggio, per un singolo membro dell'equipaggio utile ad ispezionare i relitti sommersi. Della fattura stupisce l'accuratezza ad iniziare delle particolari borchie utilizzate per realizzare la camera stagna dentro cui una persona potesse alloggiare sul fondo del mare, respirando grazie ad un sistema di pompa a doppio effetto molto simile a quella dei primi palombari. La visibilità era data da una lastra di vetro a tenuta stagna. Ciò che appare incredibile di questo “sommergibile porrettano” è l’abilità artigiana del suo inventore considerati i mezzi di cui poteva disporre all'epoca, mi è stato detto che chi è riuscito a vederlo ha parlato delle saldature realizzate in modo pressochè perfetto.
A quanto pare l'Area dell'Alto Reno aveva una vocazione per il mare, molto prima che noi subacquei di superficie ne sentissimo il richiamo, Agostino Lenzi, un geniale fabbro dell'Alta Valle del Reno, aveva risposto.

 
Il sommergibile e la pompa per l'aria




Buone Bolle!



Le foto del sommergibile e del sig Guccini sono di Enzo Chiarullo (Ottobre 2012 ) e provengono da un suo articolo ( si veda link)



Link:

Il sommergibile dell' appennino: https://www.barchedepocaeclassiche.it/marineria/beni-storici-e-culturali/156-il-sommergibile-dell-appennino.html






Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie"



giovedì 22 agosto 2019

La Benna, l'altro relitto di Calafuria


 
E’ innegabile che per i sub i relitti hanno un fascino particolare, poterli rimirare nel silenzio degli abissi ha sempre un che di suggestivo, che spesso instilla una sorta di timoroso rispetto per le storie che hanno dietro il loro affondamento.
La costa di Livorno e il mare ad esso prospiciente non fa eccezione, sappiamo di un relitto del 700’ completo di ancora e cannoni alle Secche di Vada, una cannoniera americana di 40 metri sita a circa 22 metri di profondità dinanzi alla diga foranea di Livorno, la nave da Carico Gino Scardigli a 300 metri dal corridoio dei traghetti dinanzi al porto di Livorno a circa 65 metri di profondità, la nave tedesca Ss Kreta, pattugliatore della Kriegsmarine 167 metri di profondità nelle acque di Capraia e Geierfels e la Freienfels, due enormi piroscafi di costruzione tedesca, lunghi circa 160 metri ciascuno, a circa tre miglia e mezzo a est dell’isola di Gorgona e a 15 da Livorno, a 140 metri di profondità.
Per molti di noi, questi sono relitti che non vedremo mai, vuoi per i limiti dettati dalle areee in cui si trovano, vuoi per i parametri d’immersione che non sono certo alla portata di sub ricreativi.

Calafuria primi del secolo

Tuttavia sott’acqua ormai si trova di tutto, non solo natanti di ogni tipo, epoca e genere ma anche aerei, auto e altro…
Calafuria non fa eccezione… si lo so c’è il relitto della nave etrusca che il Gruppo Archeosub Labronico ha documentato così bene, ma non è di questo che parlerò oggi.
Chiunque si sia immerso a Calafuria ha sicuramente sentito parlare almeno una volta, dagli astanti della “Benna”.
Per me la benna è sempre stato la parte anteriore di un escavatore o di uno spartineve, per cui le prime volte che ne sentii parlare, non capì a cosa si riferissero, si aggiunga a questo che all’epoca delle mie prime immersioni il mio limite erano i 18 mt del mio brevetto Open Water e ci volle un po’ prima di capire.

Facciamo un passo indietro: sino dall’antichità, Calafuria, era un punto di passaggio obbligato per tutte le rotte di cabotaggio (navigazione paralleli alla costa per dirla alla buona) che, dalla Grecia e Magna Grecia, dai centri fenicio/punici e dalla stessa Etruria, conducevano al Mediterraneo occidentale; purtroppo era anche un tratto particolarmente infido per le navi antiche perché scosceso, ripido, privo di approdi e ripari e frequentemente soggetto a improvvise e violente libecciate e altre turbolenze meteomarine che ne giustificano tuttora ampiamente il toponimo.

Questo deve averla resa come tratto di costa, nel corso dei secoli, teatro di ben più di un naufragio, a questo aggiungete che fin dall’antichità sino a tempi collocabili alla metà del secolo scorso, la scogliera di Calafuria e i massicci rocciosi nell’immediato entroterra furono teatro di uno sfruttamento con le cave di Arenaria.
Dall’arenaria Macigno di Calafuria ne veniva estratta una pietra molto apprezzata per stipiti e architravi, pavimentazioni, loggiati ecc., ed impiegata frequentemente nella costruzione di palazzi a Livorno fin dal '500. C’è chi afferma che cave
trasporto via mare
come quella di Calignaia hanno permesso la costruzione di mezza Livorno. Se ne trovano testimonianza nella Fortezza Vecchia con stipiti e architravi, cordoli e pavimentazioni dei cortili, la Camera di Commercio con il suo loggiato frontale e molti elementi architettonici, il Palazzo Rosciano con le grandi colonne situate all'ingresso e molti altri anche di costruzione relativamente recente.
Si pensi che a Calafuria e soprattutto di Calignaia, cessarono del tutto i lavori solo intorno alla meta del '900 concludendo un'esperienza durata due millenni.
Lasciando aperto a tutt'oggi il problema del loro eventuale ripristino ambientale, problema assai complesso soprattutto per le cave più grandi ma divenuto ormai urgente.
Tuttavia C’è chi pensa che il commercio di questo materiale da costruzione non fosse limitato al solo immediato utilizzo nella vicina Livorno, il che ci porta fatalmente a ragionare sul tema di questo articolo.
All’epoca la strada litoranea non era come la conosciamo noi oggi e comunque la roccia pesa, quindi il trasporto via mare poteva essere una soluzione tutt’altro che da scartare.
Da alcune cartoline dell’epoca si possono vedere alcuni particolari che gettano luce sulla storia della nostra “Benna”, che altro non è che un classico carrello da miniera.
i carrelli da miniera
Assai probabilmente quello che possiamo vedere sul fondale non è altro che ciò che resta di un naufragio o di una parziale perdita di carico.
Dovete sapere che ai primi del 900’ il golfetto di Calafuria non era esattamente come lo vediamo oggi, la scogliera sotto il bunker (all’epoca ancora non esisteva) era stata in parte spianata per far posto sembrerebbe ad una sede rotabile che terminava nel muretto che esiste ancora oggi, mentre invece il ponte della strada non esisteva e da sotto il ponte della ferrovia un pontile si spingeva per un bel pezzetto dentro il golfo (si vedano le immagini).
Ma intanto, come di si arriva?
Si può entrare in acqua dal golfetto, oppure scendere a vostro rischio e pericolo bombole in spalla dalla scogliera che digrada davanti al Diving. Entrati in acqua avendo l’accortezza di rimanere davanti alla torre e al solco della sua catena negli scogli, pinneggiare finché dal promontorio alla vostra sinistra non emerge il castello del Boccale e riuscite a vedere la terza finestra. Si scende qui e dovreste trovare sotto di voi la cosiddetta cigliata nord su 15 mt di fondo. La si tiene sulla destra sino ai 30 mt circa, direzione 240°. Qua sulla nostra destra si apre una sorta di Canyon chiuso su tre lati, composto da pareti ricoperte da corallo rosso e spugne gialle sul lato destro. Sul fondale troverete uno pneumatico di camion e poco prima qualcosa di una struttura che mareggiata dopo mareggiata sta emergendo (non ho idea di cosa sia) ed un carrello da miniera con una fiancata distrutta dalla corrosione (La benna) a circa 33 metri di profondità.
Bisogna prestare molta attenzione al fondale fanghiglioso, da cui è fin troppo facile tirare su del sedimento.
Negli anni ci sono tornato diverse volte, fin da quando i miei limiti di brevetto me lo hanno consentito, il carrello sembra emergere maggiormente dopo ogni mareggiata, poco lontano si vede ora una specie di tubo e proprio dove il Canyon si stringe, il posto da cui farete ingresso dall’alto sembra emergere qualcosa da sotto la sabbia.
Tempo fa a causa di un errore di navigazione mi capitò di riemergere vicino al golfetto del Boccale e in quel caso vidi tra le rocce un “secchio” di ferro da miniera pieno di concrezioni, probabilmente parte dello stesso carico a cui apparteneva la nostra benna.
Forse non sarà un granchè come relitto, ma come ogni relitto racconta una storia, e come ogni storia chiede solo di essere ascoltata.
Un ultimo appunto.... guardate l'immagine immediatamente sotto... sembra una chiatta da recupero che sta tirando su un relitto, sarà una coincidenza forse, ma quella, occhio e croce  è la posizione dove oggi dovrebbe trovarsi la benna, inoltre buona visione del video.

L'immagine dovrebbe essere del secondo dopoguerra







Buone Bolle!


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Fabrizio Gandino 



"Subacqueodisuperficie"