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lunedì 1 agosto 2022

Meduse, facciamo un po' di chiarezza

 

"Le meduse compaiono soprattutto in estate, dopo la fioritura del fitoplancton a febbraio-marzo e quella dei crostacei a marzo-aprile. In ogni caso, quando ci sono si vedono, quindi evitarle è semplice: basta non fare il bagno! Ricordate che le meduse non attaccano l'uomo, siamo noi che andiamo loro addosso."

 


Tutte le estati ci dobbiamo rassegnare alle medesime scene, ma questa più di altre vuoi per le temperature decisamente sopra la norma e la siccità che sta cambiando letteralmente alcuni ecosistemi relativi all'alveo dei fiumi, sta tenendo banco l'argomento “Meduse”.

I giornali sempre a caccia di titoli sensazionalistici, ci marciano diffondendo panico ed un ingiusta fobia verso una specie animale solo in parte pericolosa, sarebbe come iniziare a sterminare i gatti perchè felini come Leoni e Tigri. Inoltre le meduse sono parte integrante della catena alimentare di molte specie ittiche che consumiamo abitualmente, come i tonni ad esempio. Da qui ad assistere a scene di "impavidi" genitori e relativi bambini per sentirsi degli eroi spiaggiano sotto il sole qualsiasi cosa galleggi, senza nessuna discriminazione conoscitiva è un attimo. Si ricorda inoltre che prelevare meduse dal mare e portarle in spiaggia per farle morire al sole senza nessun motivo è reato di maltrattamento di animali e si rischia una pesante multa o addirittura il carcere

 Il reato si configura come tortura, violazione del'articolo 544 ter del Codice Penale, ed è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

Foto di Fabrizio Gandino 

 

Tanto per cominciare facciamo un po' di chiarezza, con “medusa” si definisce un animale planctonico, in prevalenza marino, appartenente al phylum degli Cnidari. Generalmente rappresenta uno stadio del ciclo vitale che si conclude dopo la riproduzione sessuata con la formazione di un polipo; assieme agli Ctenofori formavano una volta quelli che erano i Celenterati. Stiamo parlando infatti di organismi molto antichi, la cui memoria affonda nelle radici del tempo e dell'evoluzione stessa della vita sul nostro pianeta.

Eleganti e raffinate, innocue o terribilmente pericolose, che siano, le meduse sono presenti nei nostri mari da molto tempo. La loro esistenza si stima sia anteriore al Cambriano, esattamente con la forma e le funzionalità di adesso. Ciò significa che questi animali non si sono evoluti in un miliardo e mezzo di anni, e questo perché non né hanno avuto bisogno, erano già evolute quando si sono presentate nelle nostre acque. Le meduse sono presenti nei nostri mari solitamente in foltissimi branchi composti da centinaia se non migliaia di esemplari. Molte specie hanno un ciclo vitale “diverso”, cioè non vengono trasportate dalla corrente ma hanno una forma sessile, e passano parte della loro vita attaccate sul fondo, sotto forma di polipi.

Foto di Salvatore Fabiano 

 

Quest'ultimi vivono attaccati sul fondale, dove possono vivere diverso tempo senza riprodursi, poi grazie alla strobilazione, processo per cui lo stadio larvale della medusa si stacca dall’animale, la medusa passa dallo stato sessile a quello pelagico. La domanda che i biologi marini si stanno ponendo è: come mai nel mondo il numero di meduse aumenta ogni anno? Due parametri vengono valutati nello studio dell’aumento di tali animali: l’innalzamento globale della temperatura delle acque ed il depauperamento delle risorse ittiche, in particolare la pesca intensiva dei predatori naturali delle meduse. Centinaia di specie rappresentano questi animali, da quelle microscopiche a quelle gigantesche, con ombrelli che spesso superano i 3 metri di diametro.



Le meduse compaiono soprattutto in estate, dopo la fioritura del fitoplancton a febbraio-marzo e quella dei crostacei a marzo-aprile. In ogni caso, quando ci sono si vedono, quindi evitarle è semplice: basta non fare il bagno! Ricordate che le meduse non attaccano l'uomo, siamo noi che andiamo loro addosso. Recenti dati del CNR confermano che gli avvistamenti di meduse nel Mediterraneo sono decuplicati negli ultimi 10 anni. È un fenomeno che riguarda solo alcune zone del pianeta, tra cui i nostri mari: “L’analisi di metadati, su scala globale, ha permesso di stabilire che in altre zone del mondo le popolazioni di meduse sono stabili o sono addirittura diminuite. Nel Mediterraneo, invece, alcune specie hanno aumentato la propria densità”, spiega Mar Bosch-Belmar, biologa marina dell’Università del Salento. Ma andiamo a conoscere quelle più comuni, o che potremmo incontrare nel Mediterraneo.



Le specie più importanti di medusa presenti nel Mediterraneo

  1. Pelagia noctiluca

  2. Rhizostoma pulmo

  3. Aurelia aurita

  4. Velella velella

  5. Cothyloriza tubercolata

  6. Phyllorhiza punctata

  7. Chrysaora hysoscella

  8. Cassiopea andromeda

Meno frequenti ma ormai presenti

  1. Carybdea-Marsupialis

  2. Physalia-Physalis


  1. Pelagia noctiluca, chiamata da alcuni anche “medusina viola”, “Medusa luminosa” tra quelle urucanti è in assoluto la più comune nel Mediterraneo. E' una specie della famiglia Pelagiidae. Famosa perché considerata la medusa che si illumina di notte, la Pelagia noctiluca è comune nel Mar Mediterraneo e nell’Oceano Atlantico orientale fino al Mare del Nord, anche perché negli anni è diventata l’incubo dei bagnanti italiani. Viene definita la medusa luminosa notturna (noctiluca) perché la bioluminescenza, di colore verde, di cui è dotata la rende visibile anche di notte. Si nutre di plancton e di piccoli pesci che cattura tramite i tentacoli dotati di urticanti nematocisti.



  1. Rhizostoma pulmo, medusa polmone di mare é una grande medusa di colore bianco riconoscibile da un orlo di colore blu nella parte inferiore dell’ombrello (o cappello). Il polmone di mare può pesare sino a 10 Kg e superare il metro  di diametro. Si tratta di una specie innocua, anche se il contatto con essa puo’ provocare pruriti, dermatiti ed arrossamenti a persone sensibili. Vive spesso in simbiosi con dei piccoli pesci come suri, piccole ricciole o piccole boghe (Boops boops) che si proteggono dai predatori nuotando all’interno dell’ombrello della medusa.  Puo’ essere parassitata dal piccolo creostaceo Hyperia galba. Il nome scientifico del polmone di mare è Rhizostoma pulmo. Le braccia orali del polmone di mare ospitano spesso alghe unicellulari fotosintetiche come le zooxantelle, che danno tonalità gialle, marroni o verdi. Presente praticamente in tutti i mari del pianeta, R. pulmo é una medusa planctonica che si muove lentamente in acque poco profonde. È comune nelle lagune e negli estuari.Il polmone di mare si nutre generalmente di plancton, le piccole prede vengono aspirate attraverso gli ostioli della bocca e quindi digerite all’interno della cavità gastrica. Prede più grandi, come i piccoli pesci, possono essere digerite sulla superficie stessa dei lobi della bocca ricoperti di cnidociti . Personalmente mi capita di vederle spesso con parti mancanti, come vistosi morsi.

  2. Aurelia Aurita, La medusa quadrifoglio è una delle meduse più note e diffuse appartenente al genere Aurelia. È facilmente riconoscibile dalla forma perfettamente sferica del suo ombrello, di un bianco diafano e trasparente, e soprattutto dalla presenza, sulla sommità dello stesso, di quattro strutture circolari, le gonadi, che formano una struttura a forma di quadrifoglio, da cui deriva il nome comune della specie. Possiede inoltre dei corti e sottili tentacoli urticanti, che scendono dal bordo dell'ombrello, dandogli un aspetto frastagliato, e quattro braccia più spesse che dipartono dal centro dell'ombrello, evidenti però solo negli individui più anziani. A. aurita viene predata da numerosi organismi marini di grandi dimensioni; i suoi principali predatori sono alcuni uccelli marini, pesci come il pesce luna (Mola mola)e rettili marini, prima fra tutti la tartaruga liuto (Dermochelys coriacea). Può essere predata anche da altri cnidari: in particolare idromeduse (come Acqueorea victoria)  e scifomeduse (come Phacellophora camtschatica). Anche l'uomo spesso caccia questa medusa: in particolare in Giappone, Cina, Indonesia e Filippine, le meduse di questa specie sono molto ricercate.

  3. Velella velella, (un piccolo idrozoo che spesso si trova spiaggiato dopo le tempeste) soprannominata la “barchetta di San Pietro” a causa di una  cresta di forma triangolare simile ad una vela, che le permette di muoversi sulla superficie dell’acqua tramite la spinta del vento. La Velella è in realtà una colonia formata da un individuo medusoide modificato che fa da vela e capta il vento per spostarsi mentre al di sotto del disco ci sono numerosi individui polipoidi che si occupano dell’alimentazione e della riproduzione.

  4. Cotylorhiza tuberculata, ha un aspetto bizzarro che ricorda quello di un grande uovo fritto o di un disco volante, ma è una splendida medusa. Stiamo parlando della Cotylorhiza tuberculata, meglio nota come medusa Cassiopea e vive nei nostri mari. Negli ultimi anni c’è stato un boom di avvistamenti nel Mediterraneo, ma niente paura. Se vi capita di notarla in acqua, non fatele del male e non catturatela. Nonostante le sue notevoli dimensioni, non è pericolosa visto che il suo potere urticante è davvero minimo. La medusa Cassiopea preferisce nuotare a pochi metri di profondità e non è affatto raro incontrarla sulle nostre coste, in particolare nel mar Adriatico. Spesso sotto il suo ombrello trovano ospitalità piccoli pesci, noti come sugherelli. Svolge un ruolo importante per i nostri mari perché funge da filtro per l’acqua e contribuisce al mantenimento della catena alimentare.

Foto di Filippo Neri 


  1. Phyllorhiza Punctata, chiamata anche colloquialmente medusa dalla bocca a pois, è molto simile alla specie Mastigias Papua, ma ha più macchie bianche sullo schermo. Il colore della tonalità varia tra il brunastro e il bluastro. L’area di distribuzione originale è l’oceano Pacifico e l’oceano Indiano. Da alcuni anni, però, è stato trovato anche come organismo invasivo nel Golfo del Messico ed ora anche in Italia. Specie alloctona originaria dell’Australia, segnalata la prima volta nell’estate del 2009 in Sardegna, nelle acque antistanti l’isola di Tavolara. E’ facilmente riconoscibile, per via delle tante macchie biancastre che ricoprono l’ombrello. Non è urticante.



  1. Chrysaora hysoscella è una medusa piuttosto diffusa nell'Oceano Pacifico ma avvistamenti vengono fatti regolarmente anche nel Mar Adriatico e nel Golfo di Trieste. Questa specie è comunemente conosciuta col nome di medusa bruna o medusa compasso, a causa delle sedici bande marroni a forma di V che ornano tutta la superficie dell'ombrella. Può arrivare sino a quaranta di diametro e i suoi ventiquattro tentacoli possono superare il metro di lunghezza, caratteristiche che, assieme all'inconfondibile colorazione, la rendono facilmente riconoscibile in acqua. Se incontrata, è bene rimanere a debita distanza: il contatto con i tentacoli può infatti provocare dermatiti, benché non sia tra le specie più urticanti in assoluto. La Chrysaora hysoscella è una specie che spesso viene allevata nei grandi acquari; alcuni esemplari sono ad esempio visibili in quello di Genova.

  2. Cassiopea andromeda, specie lessepsiana, è arrivata in Mediterraneo dal Canale di Suez, questa specie sta risalendo lungo le coste turche. All’inizio del 2010 è stata segnalata a Malta, e quindi è arrivata alle porte di casa nostra. Di solito si trova su fondi sabbiosi, ma può essere presente anche su quelli rocciosi. Piccola, massimo 30 cm, sta posata sul fondo marino. L’ombrello è rivolto verso il basso, mentre bocca e tentacoli verso l’alto: per questo Cassiopea viene chiamata in inglese “medusa al contrario”. Sta rivolta verso l’alto perché possiede alghe unicellulari come quelle dei coralli delle formazioni coralline che vivono in simbiosi con la medusa e che quest’ultima deve esporre alla luce che filtra nell’acqua. Per questo a volte ad una prima occhiata viene scambiata per un anemone, ma non lasciatevi ingannare, il muco di cui sono ricoperte è urticante, ciò dipende dal fatto che esso contiene numerose cellule mobili microscopiche (100-500 micron) di forma irregolare (chiamate cassiosomi) rivestite di nematocisti, le classiche cellule urticanti di tutti gli cnidari. Le nematocisti trasformano così i cassiosomi in potenti armi chimiche a base di composti tossici bioattivi capaci di uccidere all’istante eventuali piccoli crostacei planctonici con cui vengono a contatto. Da evitare il contatto.

  3. Carybdea marsupialis conosciuta anche come cubo é una cubomedusa tipica dell’Oceano Atlantico ma é anche presente in Mar Mediterraneo e nell’Oceano Indiano. La sua presenza in Mar Mediterraneo é stata documentata per la prima volta nel 1957. Si tratta di una medusa pelagica, la sola specie di cubomedusa ad oggi presente in Mediterraneo. Sebbene non letale come la sua cugina australiana è meglio evitarla. Una medusa piccola, che non supera i 4 cm di diametro dell’ombrella a forma di un cubo e trasparente. Sono presenti tentacoli lunghi 10 volte il corpo circondati da anelli rossi. A differenza di altre cubomeduse come ad esempio la vespa di mare (Chironex fleckeri)*, C. marsupialis possiede delle tossine meno potenti ma che sono sempre in grado di provocare ustioni nell’uomo. Le cnidocisti presenti nei tentacoli sono in grado di inoculare il veleno rapidamente. In caso di contatto la prima cosa da fare é di eliminare i tentacoli per evitare forti irritazioni e cicatrici. Curiosità, alcuni esemplari sono stati spiaggiati in questo weekend a Marina di Pisa (PI).

Foto di Alice Roventini


  1. Physalia physalis, comunemente nota come caravella portoghese. È lei la protagonista dell’estate 2022 che sta allarmando tanti bagnanti di tutt’Italia. Ma è davvero così pericolosa? Intanto, udite udite, non è una medusa anche se erroneamente chiamata così. Non è un mollusco, non è uno ctenoforo. Si tratta di uno Cnidaria come una medusa, in particolare di un idrozoo sifonoforo. Non è quindi un animale singolo, bensì una colonia di polipi (e non polpi!!) specializzati detto zoidi che hanno diverse funzioni: 1) La pneumatofora, ossia la grossa struttura piena di gas che permette il galleggiamento, 2) I dattilozoidi, lunghi tentacoli usati per catturare le prede e molto urticanti anche per l'essere umano. 3)Il gastrozoide, deputato alla digestione delle prede catturate 4) I gonozoidi, il cui scopo è la riproduzione. I soggetti allergici o con altre patologie devono fare attenzione, perché potrebbe rivelarsi anche fatale.In generale, la puntura è certamente dolorosa, ma non bisogna allarmarsi eccessivamente come si legge in questi giorni sui social. Ricordate che il veleno degli Cnidari è termolabile, quindi diminuisce il suo effetto con la temperatura. Il rimedio terapeutico in caso di ustione è l’utilizzo di acido acetico.Grazie alla sua pneumatofora, questo animale è ben visibile perché galleggia (anche se i tentacoli sono molto lunghi) quindi se si osserva è bene stargli distante e segnalarne la presenza al lido affinché possa prendere le dovute precauzioni per i bagnanti.

Da Fanpage 
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Prevenire


Sul lato sicurezza per i sub la prima difesa è la muta correttamente indossata, che fornisce di suo una buona protezione. Se le incontriamo in superficie prima di immergerci occhio a tenere gli erogatori il più puliti possibile, qualche filamento finito sul morso del boccaglio ha riservato brutte sorprese a ben più di un sub.

Ovviamente se ci siete passati in mezzo occhio a quando togliete la muta, guanti e cappuccio, alle rubinetterie stesse delle bombole, i filamenti urticanti potrebbero essersi fermati lì.

Per chi invece fa snorknell il consiglio invece è di girare sempre (manco a doverlo ripetere) con il pallone segnasub o una plancetta galleggiante. Il motivo è terribilmente pratico, se vi trovate in mezzo ad un banco di meduse o peggio ad una risalita dal fondo, aggrapparvi a quest'ultimo per rimanere a galla e tenere fuori almeno la testa e la parte superiore del corpo, vi permetterà di chiedere aiuto e anche doloranti non andare del tutto nel panico.




Curare


Ma ormai vi hanno beccato e siete doloranti, che fare?

Uscite dall’acqua senza farvi prendere dal panico e se occorre chiedete chiaramente aiuto. L’acqua salata aiuta nella rimozione dei tentacoli della medusa. Ma se ciò non dovesse essere sufficiente, non usate mai oggetti taglienti come lame di coltello o forbici. Il consiglio in questo caso è di ricorrere ad un oggetto rigido, ma non tagliente come la carta di credito, o comunque una tessera plastificata. Potete anche usare le dita, ma risciacquatele subito.

Successivamente bagnate la zona interessata con acqua di mare. Se non avete a disposizione altri rimedi, potete andare in farmacia a richiedere una pomata apposita a base di cloruro d’alluminio. Spesso ho visto a Calafuria, i volontari delle Misericordie, tenere bidoncini di acqua di mare al sole con cui sciacquare gli sfortunati bagnanti, infatti il veleno delle meduse è termolabile. Evitate di usare l'acqua dolce che invece aiuterebbe a favorire la circolazione del veleno.

In alternativa è possibile utilizzare l'aceto bianco per cercare di diminuire il dolore e inibire il veleno (vedi però controindicazioni citate più avanti). Tra i rimedi naturali più adatti c'è poi l'aloe vera, apprezzata largamente per le sue proprietà cicatrizzanti, antibatteriche, rigeneranti e antinfiammatorie e la Calendula. Un altra soluzione a me sconosciuta sino ad ora, è un composto a base di olio essenziale di Tea Tree (olio dell'albero del the) e olio essenziale di lavanda, tenuto in una bottiglietta da portare con sé per usarla al momento del bisogno. Basta un piccolo spazio nella borsa del mare per riporre questo rimedio.

Acqua e bicarbonato. Preparate un composto cremoso mescolando il bicarbonato con un po’ d’acqua. Spalmatelo sulla ferita e lasciate agire per almeno 30 secondi. Il bicarbonato aiuta ad alleviare la sensazione di prurito.

Ottimi pare anche acqua e aceto e (da verificare) acqua leggermente zuccherata.


Luoghi comuni


No creme cortisoniche e creme antistaminiche perchè sono inefficaci contro le bruciature delle meduse perché entrano in azione solo dopo 30 minuti, cioè quando la reazione ha già raggiunto il picco massimo.

Tra i rimedi popolari per il trattamento delle punture di medusa troviamo l’applicazione di ammoniaca, alcol, aceto o urina. Si tratta di rimedi che non trovano l’accordo della comunità scientifica. Se non avete altro a disposizione, molto meglio affidarsi alla semplice acqua di mare. In particolare, l'uso dell'aceto sarebbe efficace solo per le meduse tropicali mentre per quelle mediterranee si rivelerebbe un accorgimento controindicato, in grado persino di acuirne il bruciore.


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Si ringraziano Alice Roventini, Filippo Neri, Marco Moretti e Salvatore Fabiano per le immagini.


Link:


https://www.ilgiornaledeimarinai.it/meduse-mediterraneo/

https://www.nautica.it/biologia-marina/mediterraneo-perche-ci-tante-meduse/

https://www.kodami.it/cose-da-sapere-sulle-meduse/

https://www.greenme.it/animali/medusa-cassiopea-uovo-fritto/

https://www.fanpage.it/innovazione/scienze/le-7-meduse-piu-pericolose-del-mediterraneo-come-riconoscerle/

https://www.greenme.it/salute-e-alimentazione/salute/meduse-punture-rimedi-naturali-consigli/

https://www.quicosenza.it/news/calabria/365716-togliere-le-meduse-dal-mare-e-lasciarle-morire-al-sole-e-reato




Buone Bolle e attenzione!




Fabrizio Gandino

Subacqueodisuperficie”


 

domenica 4 aprile 2021

Tre Numero Perfetto....


Immagine della diretta di Venerdi 19 marzo 2021


Prima di approfondire il titolo di questo Post, preciso che parliamo di subacquea ricreativa, d'altro canto queste sono “Cronache di Subacquei di Superficie” e quindi di questo si parla.

L'evento sul Web annunciato nel pezzo precedente ha avuto luogo regolarmente e ha avuto un buon successo, merito indiscusso di un un emozionatissimo Marco Moretti e di Riccardo Tognini che ha organizzato la diretta.


 

Si è parlato di subacquea, di fotografia subacquea, con qualche divagazione sulla videoripresa facendo alcuni distinguo e confronti (posti da Salvatore Fabiano), molte precisazioni grazie all'intervento di Stefano Gradi, fotografo subacqueo che non ha certo bisogno di ulteriori presentazioni.

Tra i vari punti toccati anche quello della sicurezza, non nego di essere stato io a lanciare la provocazione e mi ha fatto piacere comunque vedere che è stata raccolta con onestà dai presenti.

Non siamo pesci e non siamo nati con le branchie, ci muoviamo in un ambiente meraviglioso facendo esperienze straordinarie, ma potenzialmente ostile.

Con questo non voglio demonizzare la subacquea ricreativa, tutt'altro, personalmente a pedalare (ma anche solo correre) in una statale trafficata di mezzi pesanti e auto che sfrecciano rischio a parer mio molto di più, ed allora dove voglio andare a parare?
 



Facciamo un passo indietro: siete un sub provetto (o ritenete di esserlo), avete fatto tutti i sacrosanti corsi, sono anni che vi immergete, avete un attrezzatura subacquea collaudata e conoscete la vostra attrezzatura fotografica che potreste adoperarla quasi ad occhi chiusi.

Il vostro buddy vi segue come un ombra, è una sorta di monaco buddista sott'acqua dal momento che vi segue senza perdere la pazienza, nelle vostre interminabili soste su ogni soggetto che attira la vostra attenzione e vena artistica.

L'immersione va da Dio, è una bella giornata, il mare è calmo, la visibilità che sembra di guardare attraverso una bottiglia di acqua Levissima, l'acqua non è ne troppo calda ne troppo fredda e le creature marina di ogni famiglia, sottordine e specie sono tutte preda da una vena di esibizionismo e fanno la coda per farsi immortalare.


 

Voi siete tranquilli e comunque il vostro fido buddy vi tiene d'occhio, e tiene d'occhio il manometro ed il computer (badando che non si carichi troppa deco) mentre voi assorti da tanto ben di Poseidone, macinate scatti su scatti, giocate sui tempi di esposizione, posizionate i flash ecc.

Una situazione idilliaca vero? State una serie di scatti ad una aragosta in tana, che agita le sue antenne che sembra cercare il segnale di Mediaset, quando vi prende una spiacevole sensazione. vi girate, non vedete il vostro buddy, allora cercate di ricordare in che posizione era l'ultima volta che lo avete visto, vi guardate intorno e non lo vedete, oppure vi girate e lo trovate, è in difficoltà.

Che fare? Manco a dirlo! Bisogna aiutarlo! E' la base del “sistema di coppia”...ma...si c'è un “Ma”: avete in mano qualche migliaio di euro di attrezzatura fotografica, piuttosto ingombrante, dovete avere le mani libere per aiutarlo...come fate? Esitate, è umano, negarlo sarebbe da ipocriti.

Ok Fabrizio hai detto la tua, ma che si fa non si scattano più foto in acqua? La mia opinione è che se si è in un range molto basso 5-6 metri si può anche andare in due (Buddy più fotografo o cineoperatore), ed anche così a parer mio siamo al limite, oltre no.

Ed allora!?


 

Tre numero perfetto” cantava Marina Massironi nello spettacolo “Tel chi el telun” di Aldo, Giovanni e Giacomo, quindi un operatore foto/video e due buddy oppure operatore + modella/o + buddy.

Possiamo raccontarcela finchè ci pare, ma il “sistema di coppia” sulla quale si basa la subacquea ricreativa fa affidamento sulla mutua vigilanza/assistenza reciproca, se la si vuole praticare in sicurezza.

Meditate gente...meditate!


Buone Bolle! E Buoni scatti!




Fabrizio Gandino


Subacqueodisuperficie”

 


 

 


 

mercoledì 10 marzo 2021

La Maledizione della "Rete Fantasma"

Era l’Agosto del 1984, quando insieme ad altri milioni di telespettatori, seguii in diretta internazionale le scene dell’apertura post-recupero di una delle casseforti dell’Andrea Doria ad opera di Peter Gimbel. La settimana fu pregna di repliche dell’avvenimento e dei video dei sommozzatori che effettuarono quest’impresa usando apparecchiature avveniristiche per allora ed un nutrito impiego di miscele Trimix. Una delle cose che colpì la mia fantasia di ragazzino, fu la presenza di enormi pezzi di rete incastrati sul relitto che giace su un fianco, pezzi di rete che continuavano a intrappolare dei pesci, rimaste li probabilmente come incidente di chi non aveva valutato correttamente la posizione del relitto. Quello è il mio primo ricordo di “Reti Fantasma” allora non le chiamavano ancora così, e a ben ripensarci da bambino e anche in tempi più recenti, mi capitava di fare dei giretti a piedi lungo il litorale di S.Antioco in località “Sa barra” di trovarne a riva complete di galleggianti e piombi e di ritrovarle, anno dopo anno sempre dove le avevo intraviste la prima volta. Le reti Fantasma però sono molto di più di un semplice rifiuto abbandonato, brutto da vedere e non biodegradabile, ma un problema assai serio, con cui ormai, ogni Nazione che si affacci sul mare deve farci i conti. Si calcola che ogni anno vengono disperse in mare almeno 640mila tonnellate di reti e altri attrezzi da pesca che, se non recuperati, continuano a “pescare” per moltissimi anni, ogni giorno , tutti i giorni dall’alba al tramonto. Si Calcola che da Luglio 2019 a Settembre 2020 siano state recuperate dai fondali italiani con meno di sei tonnellate di reti fantasma (L’equivalente di 200.000 bottiglie di plastica), avviate poi successivamente alla distruzione. C’é pure chi ritiene che questa sia la punta dell’Iceberg e che in realtà ci sia ancora moltissimo da fare dal momento che le stime ci dicono che le attrezzature da pesca disperse nei mari del pianeta, di cui le reti costituiscono la massa critica siano di 640 Tonnellate all’anno nel solo Mediterraneo, che si vanno a cumulare a quelle delle annate precedenti. L’Unione Europea stima che il 20% delle attrezzature da pesca usate in Europa vengano disperse in mare: oltre 11mila tonnellate ogni anno. Nel solo golfo di Venezia la stima è di 60 mila reti finite sui fondali.
Parliamo di numeri, alcuni li abbiamo già visti prima: Più di 800 le specie minacciate, compresi gli organismi bentonici (coralligeno) 136.000 foche, leoni marini e grandi balene vengono uccise ogni anno dalle reti fantasma 870 reti sono state recuperate solo nello stato di Washington con oltre 32.000 animali marini intrappolati all’interno 11 grandi balene impigliate in reti fantasma ogni anno solo lungo la costa occidentale degli Stati Uniti 600 anni, il tempo che serve ad una rete di nylon per decomporsi (e trasformarsi haimè in microplastiche) 95 organizzazioni in sei continenti tra aziende, compagnie, associazioni e 14 governi anche europei come Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi e Svezia (non ancora l’Italia!) sotto l’egida della “World Animal Protection” 20% di tutti i rifiuti marini, secondo quanto stimato prudentemente, tuttavia, studi recenti hanno suggerito che potrebbero rappresentare dal 46% al 70% di tutta la macro plastica nei nostri oceani in base al peso 27% dei rifiuti che deturpano le spiagge siano riconducibili ad attrezzatura da pesca dispersi, questo nella sola Unione Europea 8 milioni di tonnellate la plastica abbandonata nei mari di tutto il mondo di cui le attrezzature da pesca ne sono parte rilevante
Gli stessi pescatori ormai sono parte in causa e non solo perché responsabili, ma perché i loro stessi guadagni e la pescosità dei mari è in drastica diminuzione, non di rado infatti sono proprio loro a fornire indicazioni alla Guardia costiera circa questo triste fenomeno. Sono loro stessi a riconoscere il bisogno di un cambio di rotta, Antonio, pescatore di Castro, piccolo villaggio di pescatori in provincia di Lecce lo sostiene, "Perché - dice - è materiale plastico o sintetico, ed è causa di inquinamento sui fondali marini. E questo è un danno anche per noi pescatori. Per noi pescatori e per tutti, perché andiamo a mangiare il pesce inquinato che ha mangiato plastica, una parte di rete”. Eppure qualcosa di muove, in tutto il litorale italiano gruppi di volontari e piccoli progetti hanno preso piede al fine di limitare i danni. E’ il caso di un iniziativa che sta avendo luogo in Puglia e che vede coinvolte anche le istituzioni di Albania e Montenegro, in un progetto chiamato “Adrinet”. L’iniziativa è finanziata dalla Comunità Europea all’85% il restante 15% è in carico ai tre Paesi facenti parte del progetto, per un importo di poco superiore al milione di Euro. In questo caso specifico una delle soluzioni che si è scelto di percorrere passa per l’applicazione di tecnologie GPS per favorire il recupero; obbligo di segnalazione e recupero in caso di perdita (in Europa è già obbligatorio); nella fattispecie un microchip che fissato alle reti ne consente rapidamente il ritrovamento e l’identificazione del proprietario. Si agisce su vari fronti, il riciclo delle reti recuperate ad esempio, l’azienda italiana Aquafil utilizza reti abbandonate e altri rifiuti in plastica per produrre costumi da bagno e abbigliamento sportivo. Un’altra azienda spagnola, la Ecoalf, ha realizzato una linea di maglioni realizzati con attrezzatura da pesca recuperata. Il fenomeno ormai sta riscuotendo un certo clamore, in parte per una rinnovata coscienza ecologica, alla quale le nuove generazioni cominciano ad essere più interessate, questo non poteva passare inosservato dai Network televisivi, faccio ampio riferimento al canale tematico DMAX, che ha inserito nel suo palinsesto un reality che parla delle gesta di un gruppo di subacquei volontari che operano nel mare di Sicilia alla bonifica delle reti fantasma. Nel mio piccolo durante le immersioni a Calafuria mi è capitato di verderne alcune e direi che sono lì da diverso tempo, sebbene in tempi recenti ne sono state avvistate di nuove (Vi rimando al link di un altro post che ne parlava (https://subacqueodisuperficie.blogspot.com/2019/04/cosa-sta-succedendo-calafuria.html)
Quindi che si fa ci si infila la muta e si scende sotto a tirare via delle reti ...ma proprio no! Tanto per cominciare si tratta di un tipo di operazione che comporta diversi rischi, che richiede esperienza, sangue freddo ed una serie di competenze. Bisogna avere assetto e acquaticità perfetti, avere le giuste attrezzature (Palloni di sollevamento e quant’altro), saper valutare correttamente le diverse situazioni (quando conviene staccare una rete dalla roccia e quando invece è più opportuno lasciarla lì, magari dopo averla messa in sicurezza. A volte infatti la rete è talmente vecchia che, staccandola, rischiamo di peggiorare la situazione e danneggiare gli organismi bentonici ), saper lavorare in squadra e dulcis in fundo, non guasta affatto avere pratica ed essere abilitati all’utilizzo di un reatheber e/o miscele decompressive. NON CI SI IMPROVVISA CHIARO! “Ma allora, io semplice sub ricreativo, che posso fare?”, la risposta è “Molto”, il mare è grande e tanto per cominciare rilevando la posizione e dando alla Guardia Costiera e/o Capitaneria di Porto, tutte le informazioni necessarie al ritrovamento ed ad una successiva bonifica, per la quale “Loro” sono perfettamente attrezzati e addestrati. Reti, tramagli lenze fisse e lenze a traina: un altro fattore estremamente rischioso e sottovalutato è il potenziale pericolo indotto da reti e lenze dei pescatori. Prima di tutto si consiglia di immergersi lontano dalle tratte segnalate; in secondo luogo è opportuno fare attenzione a quelle abusive e di munirsi ALMENO di un coltello ben affilato (meglio due) da tenere alla caviglia, al braccio o alla cintura. Impigliarsi in una di quelle durante l'immersione potrebbe determinare l'impossibilità di riemergere. Buone bolle!!
Link: “Ghost Fishing” https://www.ghostfishing.org/ “Life-ghost” http://www.life-ghost.eu/index.php/it/ “Global Ghost Gear Initiative” https://www.ghostgear.org/ “FAO” http://www.fao.org/news/story/en/item/19353/icode/
Fabrizio Gandino “Subacqueodisuperficie”

giovedì 31 dicembre 2020

Finisce un altro anno

 


 

 

Salve a tutti, ebbene sì abbiamo tutti latitato un po', certo non è stato un anno semplice, non credo sia un mistero. Le immersioni sono state molte di meno, causa le varie limitazioni negli spostamenti e i normali impoedimenti della vita di ogni giorno, resa più complicata da questo Covid 19.

Tra zone gialle, Arancioni e Rosse ormai ce ne hanno fatto dAvvero vedere di tutti i colori e non è ancora finita. Quello che voglio fare con questo ultimo Upload e fare gli auguri a voi che non avete mai smesso di seguirci e a quelli che ci hanno scoperto 5 minuti fa.

Ecco qui di seguito due cortometraggi di Salvatore Fabiano e Marco Moretti che con simpatia e bellezza ci ricordano per cosa vale la pena di tornare la fuori.



Salvatore Fabiano

 

Marco Moretti
 


Auguriamo a tutti voi un anno sereno, e una ritrovata serenità, il mare ci aspetta e noi aspettiamo di poter tornare a lui.

Buone Bolle 2021 Subbi!



Fabrizio Gandino

"Subacqueodisuperficie"





domenica 21 giugno 2020

"Eccomi, sono tornato"




Eccomi sono tornato

Toh, chi si rivede! Ne è passato di tempo…

Sono quasi dieci mesi, ti sono mancato?

Presuntuoso, come tutti quelli della tua razza, come puoi essermi mancato? E si avevo notato la tua mancanza e non solo la tua.

Sono stato costretto, come altri, prima il lavoro, poi il clima e poi c’è stata la pandemia, è stato necessario per preservarci.

Di nuovo la vostra presunzione, certi eventi, fanno parte del ciclo della vita, la morte stessa ne è una componente e consente alla vita di rinascere più forte e rigogliosa.

Forse hai ragione, ma sono solo un piccolo uomo…

Tanti piccoli uomini… fanno a volte un grande problema.

Sembra ti dispiaccia rivedermi qui…

No non è vero che mi dispiaccia, ma neppure il contrario, sei uno dei tanti abitanti di questo “mio” mondo. Tu vieni qui consapevole dei rischi, cosciente delle tue responsabilità e ricompense; hai fatto una scelta, ed in cambio tu hai visione e consapevolezza di quello che la maggioranza dei tuoi simili può solo immaginare.

Io? un abitante? Credevo di essere un ospite al più.

Tutto è nato da qui e qui in qualche modo ritorna e ritornerà ancora, tu, quelli come te e anche quelli che pensano di esserlo e pure coloro che non mi hanno mai visto.

Sì è vero… è una grande verità, posso tornare allora?

Ogni volta che vuoi e puoi, le regole le conosci, io non sono né buono, né cattivo, io esigo il rispetto che mi è dovuto per me e per la vita che preservo… dato che ci sei non mi dispiacerebbe se ogni tanto ti portassi via qualche sgradito ricordo che la tua specie rilascia con troppa noncuranza, non lo fai per me, lo fai per te.

Certo! Come sempre d’altronde…

Ascolto il cadenzato ritmo del mio respiro mentre mi sposto, inframmezzato dal gorgoglio delle bolle, mi guardo intorno, grato di quel blu… Sono tornato in Mare. 


Si ringrazia Marco Moretti per i suoi splendidi scatti



Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie" 

mercoledì 3 giugno 2020

Zena: “Storia di un orca” - intervista all’autore Andrea Izzotti



Oggi parliamo del pluripremiato fotografo Andrea Izzotti, un autentico cacciatore di emozioni. Viaggiare, ricordare, emozionare sono il suo credo, parliamo di lui in merito alla sua ultima pubblicazione: “Zena: Storia di un Orca”. É Domenica 31 Maggio, ho avuto una settimana pesante, e il pomeriggio del sabato è stato stracolmo di impegni. Mi ero proposto di seguire la diretta Facebook della presentazione del libro, ma non ce l’ho fatta. Sempre su FB mi compare la notifica del compleanno di Andrea Izzotti e mentre gli faccio gli auguri, mi viene in testa l’idea di fargli qualche domanda sul suo libro.
Ci provo, Andrea a detta di molti è un tornado di energia positiva, non esagerano affatto, quel che segue è solo una conferma.

Andrea Izzotti
Subacqueodisuperficie Buon Compleanno, Buongiorno e Buona Domenica, causa lavoro ho perso l'evento di Ieri. Volevo scrivere qualcosa sul tuo libro sul mio blog e sapere se esce solo in forma elettronica o anche cartacea, visto che non amo particolarmente il formato elettronico, vorrei acquistarlo per me. Ho un piccolo Blog di Subacquea dove parlo delle mie esperienze, del mio gruppo, delle mie letture a volte. Potresti, se ti fa piacere raccontarmi qualcosa di più sul tuo libro, su come è nata l'idea?

Andrea Izzotti Ciao Fabrizio grazie per avermi scritto
Il libro esce in forma cartacea (consigliata per via delle illustrazioni dell'artista Paco Caamano)
L'idea mi è venuta quando le orche sono state a Genova a dicembre 2019.

S. Andrea Izzotti fa riferimento al caso del branco di orche comparso a Portofino, che riempì le pagine dei quotidiani, rompendo il monopolio dei rapporti di guerra della pandemia del Covid19




A.I. Alcune informazioni le puoi avere dalla diretta di ieri ma ti sintetizzo qui qualcosa
Avevo fatto due spedizioni in Patagonia (una infruttuosa l'altra quasi) nel 2015 -2016 per osservare le orche che si spiaggiano per catturare i cuccioli di otaria
immaginati la mia sorpresa quando mi hanno "restituito" la visita in Italia!

S. Lo ricordiamo tutti credo si fu un grande evento, anche se il piccolo pare non ce l'abbia fatta,
quindi hai fatto quasi un istant book durante la quarantena?

 
Il lungo viaggio delle orche di Genova

A.I. No il libro in realtà l'ho scritto prima. Mi è venuta l'idea e dopo tutte le ricerche per far combaciare date e "personaggi" mi ci è voluto poco per scriverlo. Più tempo la preparazione concreta dell'edizione con le illustrazioni di Francisco Caamano un'artista che ho conosciuto in Baja California Sur, Messico
Il libro racconta di altre orche "famose" come Keiko (Free Willy), Tilikum, ma anche Granny e Old Tom. Ovviamente ci sono licenze poetiche e di narrazione (che spiego poi nella parte finale).

S. Beh credo ci stiano (e qui vi rimando ai link a fondo pagina)

A.I. Quindi anche se tutti sappiamo come è andata a finire io ricreo la storia di Zena della "piccola" Zena sin dalla sua nascita racconto del suo primo figlio e de(i) viaggi, ma non ti voglio dire altro se no ti rovino la lettura.

S. No no assolutamente...non ci provare...me lo leggo

Diretta FB della presentazione del Libro


A.I. Sicuramente l'uomo (il polpo con 4 tentacoli) ha un'impatto decisivo

S. Bella definizione per descrivere l’Uomo, polpo con 4 tentacoli…

A.I. e da Old Tom in poi (cerca la vera storia su google) il rapporto è via via cambiato, Zena lo chiama anche "il mezzo polpo".

S. Bellissima definizione, sono molto affezionato a quei cefalopodi ho tenuto delle lezioni ai bimbi di una scuola elementare e d’infanzia su di lui.

A.I. la figura del polpo c'è in altri passaggi del libro.



e qui Andrea ci cita un passaggio del suo libro

A.I. “Cos’è l’inganno, Granny?”, le chiedo. “L’inganno è quando fingi di non essere quello che sei, come quando il polpo diventa uguale alle rocce e non lo vedi più”, mi risponde.
E poi in altri brani dove Zena si interroga sulla sua vita

S. Basta non anticiparmi altro fammelo scoprire sto’ libro! mi hai messo addosso una curiosità tremenda

L’intervista volge al termine, ho delle reminiscenze di una cosa letta molto tempo fa proprio sulle orche, provo a chiedergli se Andrea lo conosce, e lui mi fa un ultimo regalo, ma questa è un altra storia...
Per la realizzazione del Libro, Andrea Izzotti si è avvalso di collaborazioni di grande spessore: oltre al già citato artista messicano  Francisco Caamaño, Alberto Bof, italiano di Genova ormai  da anni a Los Angeles dove ha collaborato musicalmente con grandi firme dello spettacolo (Lady Gaga, Chiara Ferragni solo per citarne alcuni) che ha realizzato la parte musicale del video di presentazione, il prof Alessandro de Maddalena (Biologo specialista nello studio degli squali in Sudafrica e Australia e di biologia dell'orca in Norvegia) che ha scritto la prefazione.
Tornando a noi, il libro è un'auto produzione come un altro precedente, disponibile in italiano, inglese e spagnolo; è distribuito a Genova dal negozio

Old Tom in una foto dell'epoca

Corderia Nazionale, oppure tranquillamente ordinabile su Amazon. Se siete subbi come noi allora vi consigliamo anche l’altra sua pubblicazione, “Racconti dal blu e altri colori” anche questa disponibile sia in formato elettronico, sia in quello tradizionale. Il Libro promette bene, tant’è che a dicembre 2019 era tra i primi posti nelle vendite di Amazon come regalo. Per quel che mi riguarda l’ho ordinato e spero di riceverlo presto per poterlo leggere. Consiglio vivamente di guardare la diretta di cui troverete il link sotto, che non potrà fare a meno di incuriosirvi ulteriormente e spingervi a leggere questo libro, che si presenta come un opera indirizzata a grandi e piccini, ma che come avrete modo di sentire, riscuote diversi consensi anche da ricercatori accademici.

Old Tom che aiuta i pescatori durante una battuta di caccia alla balena



Link: 







Buone Bolle! (e Buona Lettura)


Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”



giovedì 28 maggio 2020

Aree Marine Protette, tre casi a confronto




Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni (James Freeman Clarke)



L'area naturale marina protetta, definita per comodità, anche a livello internazionale, generalmente e più brevemente solo come area marina protetta o AMP, è una zona di mare circoscritta, in genere di particolare pregio ambientale e paesaggistico, all'interno della quale è in vigore una normativa limitativa e protettiva dell'habitat, delle specie e dei luoghi, e relativa alla regolamentazione e gestione delle attività consentite. Rientrano nell'ambito delle aree naturali protette e spesso sono anche definite riserve; in alcune di esse viene consentita anche la pesca commerciale tradizionale, presumibilmente non distruttiva. “ (Wikipedia)

In Italia dopo un lunghissimo iter di studio e fattibilità, contrastato soprattutto da pescatori, persone e politici con interessi particolari soprattutto speculativi all'interno delle aree dove ne era prevista l'istituzione, un estenuante e acceso dibattito politico nonché un profondo ritardo nei confronti di tutti gli stati occidentali, è stata finalmente attuata una legge quadro ed infine nel giro di diversi anni sono state infine istituite nel tempo tutte le aree marine ora in esercizio. Una delle peculiarità delle regole dell AMP è quella di limitare le attività di pesca e prelievo con delle regolamentazioni specifiche, ma anche quella di promuovere ed effettuare dei programmi di studio, ricerca e ripopolamento abbinati a dei programmi didattici ed educativi che permettano la maggiore conoscenza e sensibilità nei confronti della natura. Chi può opporsi alla creazione di un’ Area Marina Protetta? Di solito persone che potrebbero subire una perdita economica, come i palazzinari che si vedono chiudere l’opportunità di nuove licenze edilizie, magari la costruzione di porti turistici, per l’imposizione di nuove e costose regole. Potrebbero opporsi i pescatori, che si vedono tagliar via un’area più o meno vasta dalle loro opportunità. Ma anche i diportisti che temono l’introduzione di nuove norme, come per esempio il divieto di dare ancora, e obbligo di ormeggio a boe designate, il che li escluderebbe dal poter pranzare in qualsiasi caletta a piacimento. Potrebbe opporsi chi teme l’introduzione di contingenti tra visitatori e natanti. 

A tal argomento si consiglia la consultazione del libro “Politiche europee per il paesaggio: proposte operative” (Adriana Ghersi, 2016) dove si parla delle forti resistenze per la nascita di un AMP a Portofino, che vedeva in primis a contrastare la proposta, diportisti, pescatori, portatori di diversi interessi politico/economici. E' incontestabile, le Aree Marine Protette svolgono un ruolo fondamentale nell’attirare turisti, certo non un turismo di massa alla riminese per intenderci, ma orientato soprattutto a persone interessate al territorio e alle economie locali, turisti che vengono sottratti a spiagge e fondali che non offrono le stesse garanzie paesaggistiche, di biodiversità, di qualità delle acque. Le aree marine protette, quindi, rendono tantissimo e vanno incentivate.
Vorrei parlarvi di tre realtà che conosco, in tre stadi differenti d'opera/evoluzione/nascita delle stersse, AMP di Portofino (GE), AMP di Livorno (LI), AMP (Non ancora nata) di Sant'Antioco, San Pietro.


L'area naturale marina protetta di Portofino è un' Area marina protetta istituita con decreto del Ministero dell'Ambiente il 26 aprile 1999, con sede a Santa Margherita Ligure, ed è situata nel territorio di levante della città metropolitana di Genovafra i comuni di Camogli, Santa Margherita Ligure e Portofino. L'area è stata dichiarata Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo. Attualmente è in vaglio, su espressiva richiesta degli stessi comuni della riserva, presso la Camera dei deputati la proposta di trasformare il Parco regione di Portofino in Area nazionale, accorpando nei nuovi confini territoriali anche l'Area marina protetta . La proposta, esposta alla Camera in una audizione del 24 gennaio 2007, ma già avanzata nel 2004, è stata accolta

positivamente dalle amministrazioni comunali e dagli altri enti interessati, specie dopo il recente consenso di Santa Margherita Ligure, sede dell'ente parco regionale e della riserva marina protetta. In ogni caso sono vietate le attività subacquee che richiedano un contatto con il fondale, e inoltre è vietato l'ancoraggio delle imbarcazioni. La zona A (Riserva Integrale) comprende il tratto di mare interno (Cala dell'Oro) delimitato dalla congiungente dei punti identificati in Punta Torretta e Punta del Buco. È il tratto di mare dove è fatto divieto assoluto di navigazione, sosta, accesso, balneazione, pesca sportiva o professionale, immersioni subacquee. Nella zona A l'ambiente è conservato

Scatto nell'AMP di Portofino
integralmente e sono consentite solo attività di soccorso e ricerca scientifica autorizzate dal soggetto gestore. La balneazione è vietata. La zona B (Riserva Generale) va dalla Punta del Faro di Portofino, sotto il comune di Portofino, sino a Punta Chiappa, sita nella frazione di San Rocco di camogli, fatto salvo il corridoio di accesso e la rada di San Fruttuoso. Tale zona è caratterizzata da vincoli più larghi: la pesca sportiva è consentita (regolamentata) solo ai residenti, l'immersione subacquea con autorespiratore ad aria è consentita ai diving center e ai privati autorizzati, mentre è liberamente consentita l'attività subacquea in apnea e la libera balneazione. Inoltre le immersioni subacquee da riva sono consentite solo presso Punta Chiappa, il Dragone e la Colombara. Questo tratto di mare è molto amato e visitato dai subacquei, attratti dal notevole valore naturalistico dei fondali ed in particolare dal trionfo delle gorgonie rosse e dalla ricchezza di fauna. È in questa zona che si trova il Cristo degli abissi .
Cernia a Portofino

La zona C (Riserva Parziale) si estende ai due lati del Promontorio di Portofino ed è famosa ed ammirata per le sue vaste praterie di Posidonia oceanica. Ulteriori attività sono consentite e l'attività subacquea e la balneazione è libera, a parte specifiche limitazioni per la salvaguardia dell'ambiente. La pesca sportiva è consentita (comunque regolamentata) ai residenti e non. La riserva riveste un grande interesse per la subacquea, con svariati punti di immersione di interesse naturalistico.
Nella zona A, a meno di permessi speciali, le immersioni sono proibite.
Nella zona B l'immersione subacquea è consentita ai diving center e ai privati autorizzati, mentre sono proibite, a meno di autorizzazione, le immersioni notturne.
Nella zona C vengono praticate ulteriori concessioni. Personalmente adoro Portofino, che non delude davvero mai, sembra davvero di nuotare in un acquario.



Ma veniamo a Livorno, in questo caso si parla delle Secche della Meloria, si tratta di un’ampia scogliera affiorante che si estende per circa 40 chilometri quadrati a 3 miglia dalla costa livornese; i suoi fondali variano da 3 a 12 metri e sono costituiti da una alternanza di ampie radure di sabbia, praterie di Poseidonia Oceanica e tipiche formazioni geologiche dette “catini”. La bellezza del paesaggio subacqueo, pieno di vita e di colori, e la ricchezza della biodiversità sono un’attrazione indimenticabile che affascina tanti visitatori; sui fondali si segnala la presenza di numerosi relitti e resti archeologici, testimoni dei naufragi di imbarcazioni che si dirigevano verso il porto pisano nel periodo romano e al tempo delle repubbliche marinare.

 Con Decreto 217/2009 il Ministero ha approvato il regolamento recante la disciplina delle attività consentite nelle diverse Zone dell’AMP “Secche della Meloria”.Con la Delibera della Regione Toscana 35/2011 le Secche della Meloria sono state designate un “Sito di Importanza Comunitaria” (SIC). Attualmente per andare alle secche, se non si è in possesso di un'imbarcazione occorre contattare le società locali adibite per il noleggio barche oppure se lo scopo è quello di organizzare delle visite guidate ed osservare da vicino gli organismi marini occorre contattare i diving della zona. L'Ente Gestore aprirà in un futuro prossimo il centro visite dell'Area Marina Protetta. 


Anche qui esiste una Zona A di riserva integrale comprende il tratto di mare immediatamente ad ovest della Torre della Meloria, una Zona B di riserva generale ed una Zona C di riserva parziale. I fondali di Livorno sono caratteristici per la presenza di corallo rosso, gorgonie, spugne, coloratissimi nudibranchi e numerose specie di pesci oltre ad una vegetazione marina molto varia. Per potersi immergere in questo sito è opportuno rivolgersi ai diving operanti in zona, siti a poche miglia dall'Area Marina Protetta. Da tempo però si caldeggia di annettere all'AMP la parte di costa denominata “Miglio magico”, braccio di mare, idealmente compresa tra il Castello del Boccale e quello di Sonnino, dove si trova Calafuria. A dire il vero nei giorni scorsi un fatto piuttosto grave è avvenuto, chi ci segue sa che tempo fa in un mio pezzo parlavo di una rete da pesca, perfettamente operante era stata probabilmente distesa nottetempo, da qualche pescatore dinanzi al golfetto sotto la Torre, in dispregio a distanze regolamentari e alla sicurezza di un sito arcinotamente frequentato dai subacquei durante tutto l'anno e a qualsiasi ora del giorno e della notte.


In sintesi la mattina di giovedì 17 agosto, i sommozzatori del V Nucleo della Guardia Costiera di Genova, sotto il coordinamento della Capitaneria di porto di Livorno, hanno recuperato una grossa rete da posta, lunga oltre 100 metri, abbandonata sul ciglio della scarpata, al largo di Calafuria. L’attrezzo, era stato segnalato nei giorni scorsi da una Associazione di subacquei labronica, era in parte ancora teso, per cui continuava a catturare pesci e altre specie, oltre a essere pericoloso per la sicurezza delle attività subacquee, in una zona molto frequentata dagli amanti delle immersioni. L’operazione non era semplice, richiedeva una precisione certosina per non danneggiare il fondale e la sua flora, ma grazie alla perizia degli operatori, si è conclusa con pieno successo. È stato così possibile preservare il prezioso corallo rosso, vero fiore all’occhiello del litorale livornese.



Per Sant'Antioco e San Pietro il discorso sembra ancora lungi a venire, ricordo le mie discussioni con alcuni pescatori del posto, quelli favorevoli si esprimevano quasi di nascosto e a bassa voce. In questo caso l'area marina protetta che vorrebbero istituire dovrà essere compresa all'interno dell'area vasta di reperimento che all'incirca va da Buggerru fino a Teulada e che nelle leggi 979/82 art.31 e 394/91 art.36 avevano denominata "Isola di San Pietro". Precisazione necessaria per far capire che se tutti i Sindaci interessati da questo grande tratto di costa si attivano insieme ci sarebbe una grandissima opportunità di sviluppo per l'intero Sulcis e non solo per l'Isola di San Pietro.

Ovviamente ogni Sindaco interessato dovrebbe effettuare un primo studio puntuale relativo al suo territorio da presentare poi al Ministero al fine di inserirlo nel lungo iter procedurale. Qualche territorio negli anni passati aveva già fatto degli approfondimenti (Sant'Antioco per esempio). Purtroppo ad oggi pare che solo il Comune di Carloforte sta partecipando attivamente all'iterprocedurale del Ministero. Tuttavia, pur essendo stati offerti a Carloforte i fondi per attivarne l’istituzione, una parte degli isolani parrebbe fortemente ostile al progetto, e ha creato un comitato NoAMP, un’altra parte della popolazione ha quindi creato un comitato PROAMP. In questa situazione, quando il sindaco è andato al ministero il 13 Febbraio 2020 per accettare i finanziamenti e iniziare l’iter (che comunque durerebbe circa 4 anni), di fronte alla richiesta del Ministero di portare avanti gli studi per la realizzazione dell'AMP, avendo avuto comunicazione che, una volta dato il consenso e avviati gli studi dell'ISPRA, non si potrà tornare indietro, l'amministrazione ha richiesto una proroga (per non andare contro a quella parte della popolazione che era contraria).

 Il sindaco non ha firmato l'avvio degli studi e LA PROCEDURA PER L'ISTITUZIONE DELL'AMP è QUINDI, AL MOMENTO, SOSPESA; il sindaco ha poi invitato i due comitati, pro e contro AMP, ad agire con le proprie campagne informative per poi, una volta finite le campagne, prendere una decisione. Le campagne informative però, per via dell'emergenza Covid19 virus, non sono state fatte e dell’AMP non si è più parlato. Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni (James Freeman Clarke) . Da quel che mi è dato sapere, un paio di grossi progetti edilizi, nel caso dell'istituzione di un Parco marino avrebbero forti problemi ad essere realizzati, sebbene già in passato bollati come ennesime “Cattedrali nel

deserto” e dalle dubbie sostenibilità ambientali, per non parlare delle effettive (reali) ricadute occupazionali tanto sbandierate. In tal senso durante una diretta Facebook ho avuto modo di interrogare, Egidio Trainito, personaggio che in quanto a mare non credo che abbia bisogno di ulteriori presentazioni a riguardo, riporto la mia domanda e la sintetica risposta.

Subacqueodisuperficie: “So che a Sant'Antioco si è proposto la costituzione di un AMP, purtroppo una parte della popolazione con dietro una certa politica è contro, se si fa un giro in porticciolo si vedono un sacco di barche al rientro vendere pesce sottotaglia e anno dopo anno sempre più piccole. In questo senso credo che le AMP intervallate lungo la costa siano non solo un bene ma qualcosa di necessario. Cosa ne pensate?”
Egidio Trainito: “Le AMP sono fondamentali per una inversione di tendenza, ma devono anche funzionare: AMP senza consenso oppure vuote di attività servono solo a dare qualche stipendio (pochi) ma non svolgono un vero ruolo di cambiamento.”



Devo ammettere che la risposta mi ha un attimo preso di sorpresa, non una spassionata difesa ad oltranza delle AMP ad ogni costo, ma un arguta riflessione direi. In sintesi il messaggio alla fine è piuttosto chiaro, le AMP servono, ma solo se, se ne comprende veramente il significato, se si percepisce quel mare non meramente come un mezzo di sostentamento/sfruttamento (pesca e turismo predatorio), ma come un patrimonio di cui le genti locali stesse fanno parte. Il ritorno in termini di turismo, maggiore tasso di riproduzione della fauna ittica, che comunque da quell'area poi fuoriesce, non sono argomenti contestabili. Non sono discorsi vuoti e retorici, chiunque sappia cos'è il fermo biologico per la pesca, sa di cosa parlo, in quel periodo il mare si rigenera, pensate soltanto a cosa è successo in questo periodo di lockdown in cui siamo dovuti starcene chiusi in caso, limitando le attività antropiche nell'ambiente. Non serve sempre sbarrare km di coste, ma alcuni brevi tratti e dare modo a quelle aree di divenire santuari.
La difesa stessa dei fondali, delle praterie di posidonia, che lo ricordiamo, è una pianta e non un alga, sono fondamentali per l'ossigenazione stessa dell'acqua e come nascondiglio per gli avanotti, come terreno di crescita per molti molluschi che costituiscono la biomassa alimentare di molti piccoli predatori. In questo senso garantire degli ancoraggi sostenibili, limitare un diportismo selvaggio e cafone, facendo rispettare i divieti che già ci sono sarebbe un primo passo nella giusta direzione.
Spero di avervi dato qualche spunto di riflessione.

Buone Bolle!



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Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”