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sabato 11 aprile 2020

La Pinna Nobilis e Bisso... un destino intrecciato (Prima Parte)


S.Antioco (CI)

Negli anni 70' se visitavi qualche casa di campagna del Sulcis prospiciente il mare, o entravi in qualche locale non era inusuale trovarvi esposte le grandi valve di Nacchere (Pinna Nobilis) o qualche conchiglia di Charonia, sopra un caminetto o nei giardini.
Enciclopedia naturalistica
A quell'epoca la coscienza ambientale era assai lungi e molto più approssimativa di quella odierna, che è ancor troppo latente, prova ne è che sia la Pinna Nobilis (Linnaeus, 1758), che la Charonia lampas (Linnaeus, 1758), oggi sono specie protette e considerate sull'orlo dell'estinzione. Nella fattispecie, qui parleremo del rapporto dell'uomo con la Pinna Nobilis o Nacchera, com'è più comunemente conosciuta.
Fin dai tempi antichi veniva raccolta, probabilmente per uso alimentare, cosa che oggi mi sentirei di sconsigliare vivamente, divieti a parte, essendo un mollusco filtrante ha la tendenza ad accumulare e raccogliere, assorbendoli dal mare grandi quantità di inquinanti e patogeni. Per questo motivo è stato utilizzato come indicatore dell'inquinamento marino (anche nucleare, presso il sito de la Maddalena). Sembra che sia anche in grado a volte di produrre una perla grigia, nera, bianca o rossa di nessun valore commerciale.
Un altro motivo per cui veniva raccolta è la raccolta del bisso, il ciuffo che serve per ancorare il bivalve al substrato dove poggia eretto con la cerniera verso il basso e la parte dove le valve si allargano verso l'alto. Il bisso è stato usato per diverso tempo per impreziosire tessuti, arazzi, vesti di ecclesiasti e reali, ma di questo parleremo nella seconda parte.
Foto di Roberto Puzzarini
Nacchera in Portofino
Per nutrirsi e respirare pompa l'acqua nella cavità del mantello mediante un sifone inalante e poi la emette attraverso uno esalante. Le valve hanno il margine posteriore arrotondato e presentano una ventina di coste radiali con scaglie a forma di canali. Il colore è bruno con scaglie più chiare; l'interno
Foto di Maurizio Bellacci
Murena trova casa in una pinna nobilis

è bruno e lucente con la parte anteriore madreperlacea. Possono vivere più di 20 anni e raggiungere un metro di lunghezza, ma la dimensione media della conchiglia di un esemplare adulto è intorno ai 65 cm. Ha uno sviluppo abbastanza rapido nei primi anni di vita, in media di 10 cm per anno; raggiunta la maturità sessuale, intorno ai 40 cm, l'accrescimento rallenta e si assesta su circa 10 cm ogni 3 anni. Il guscio delle valve non è particolarmente resistente haimè, il che le rende ulteriormente vulnerabili ad atti di vandalismo, motori fuoribordo in acque basse o al semplice uso scorretto di reti da pesca, tutto questo senza escludere un suo predatore naturale: il polpo.
Come tanti molluschi marini, produce dei filamenti con i quali si ancora al fondo del mare. Questi fili, sottili e robusti, costituiscono il materiale con cui si fabbrica il filamento detto bisso marino, utilizzato in passato, specialmente in Sardegna, per la tessitura di preziosi indumenti dai colori cangianti.

Foto di Fabrizio Gandino
Nacchera - Portofino
A seguito della tutela della specie, la lavorazione del bisso marino è quasi del tutto scomparsa. Purtroppo la piaga del collezionismo e la comparsa di un protozoo nel 2018 ha avuto un impatto devastante, con un tasso di mortalità vicino al 95% per le colonie che ne erano state colpite. E' endemica nel Mar Mediterraneo, è spesso situata in mezzo alle praterie di Posidonia oceanica, da pochi metri fino a 40 di profondità. Ne è stata segnalata nel 2008 la ricomparsa anche in corrispondenza delle lagune dell'alto Adriatico, come apparente conseguenza delle scogliere artificiali del progetto Mose: negli anni 1950-'60 si era assistito alla sua progressiva scomparsa a causa dell'inquinamento lagunare causato dagli scarichi del polo industriale di Marghera.
Personalmente mi è capitato di poterne osservare esemplari anche nel Parco Marino dell'Argentario, nel mare del Sulcis, ed in Liguria.

Foto di Roberto Puzzarini
Pinna Nobilis predata - Calafuria (LI)

Penso che tutti voi ricorderete il naufragio della Costa Concordia alle Scoglio delle Scole prospiciente l'Isola del Giglio; il recupero durato mesi e con l'impiego di un numeroso numero di strutture invasive per natura e numero, richiese di prendere e riposizionare l'intera colonia del luogo di Pinne nobilis, un operazione effettuata sicuramente con le migliori intenzioni, ma sul cui successo in molti hanno dubitato, malgrado l'impegno notevole.
Purtroppo è una specie minacciata dalla raccolta per il collezionismo, e neppure l'iscrizione nella Lista Rossa IUCN, che la classifica come specie in pericolo critico di estinzione (Critically Endangered), riesce ad evitare che puntualmente, ogni estate qualche turista cerchi di portarsene a casa un esemplare. Ma i guai non finiscono qui, purtroppo la progressiva riduzione delle praterie di Posidonia oceanica ha ulteriormente aggravato la situazione.

Pesca della Pinna Nobilis  (Foto d'epoca)
È inserita nell'elenco delle specie protette dal protocollo SPA/BIO (Convenzione di Barcellona), negli allegati della Direttiva 92/43/CEE (Direttiva Habitat) della UE e nei successivi aggiornamenti Direttiva 2006/105/CE , elencata nell'Allegato IV - Specie animali e vegetali di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa e perciò ne è vietata la raccolta se non per scopi scientifici. Capita spesso che offra riparo ad altri piccoli organismi come, Rissoa, Alvania, Elysia timida, gamberetti, policheti e cnidari. C'è a chi è capitato vedere un esemplare morto, privo del suo mollusco, divenire la tana di una piccola murena, questo alla Scoglietto dinanzi a Porto Ferraio.

Pinna Nobilis - Giannutri (GR)



Regno                                                     Animalia
Phylum                                                   Mollusca
Classe                                                     Bivalvia
Sottoclasse                                             Pteriomorphia
Ordine                                                    Ostreida
Superfamiglia                                         Pinnidae
Genere                                                    Pinna



Link:
 Wikipedia : Pinna nobilis 
Allarme per la pinna nobilis sentinella della salute del mare
 Golfo di Trieste, l'epidemia sterminante della pinna nobilis
Pinna Nobilis
Pinna Nobilis Gnacchera











Bibliografia



Conchiglie del Mediterraneo – Mauro Doneddu & Egidio Trainito, ed Il Castello 2010
Atlante di flora e fauna del Mediterraneo - Egidio Trainito, Rossella Baldracconi, ed Il Castello 2014
Le Conchiglie del Mediterraneo – Fratelli Melita Editore 1991
Pinneggiando nei mari italiani – Marco Bertolino, Maria Paola Ferranti, Hoelpi 2019



Fine Prima Parte         (Per continuare con la Seconda Parte clickkare qui)




Buone Bolle!






Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”


Compensare con Federico Mana


Ero alla mia seconda immersione da neobrevettato, ci trovavamo allo Scoglietto, Isola d'Elba, dinanzi a Porto Ferraio, doveva essere un immersione semplice sui 15 metri. Con me c'era Michele, e Alessandro, un dive master che mi aveva seguito durante il corso insieme agli istruttori. Ero piuttosto ansioso di tornare in acqua, ed ero appena tornato dalla Sardegna. Avevo fatto la mia prima immersione da brevettato sul relitto della Eurobulker IV, e la seconda immersione era andata a farsi benedire, perchè la mattina il gommone aveva centrato un palo sommerso nel vecchio canale della laguna di S.Antioco, poi si era alzato il maestrale... più niente da fare. L'immersione era cominciata bene una discesa sui sette- otto metri, graduale, ma subito dopo qualcosa era cominciato ad andare storto, provavo a compensare ma non ci riuscivo efficacemente. Fu questione di istanti, eravamo sotto da non più di una ventina di minuti, quando un fastidioso dolore all'orecchio destro mi procurava dolori piuttosto fastidiosi. Feci quello che mi era stato insegnato, risalii un poco riprovai a compensare, ma se possibile la situazione peggiorava ulteriormente. Niente da fare insomma, risalimmo alla barca e gli altri due tornarono sotto, io con le pive nel sacco rimasi su per il resto del full-day, stagione conclusa. Mi recai dall'otorino per una visita spiegandogli l'accaduto, mi disse che avevo il setto nasale un po' deviato, o smettevo con la subacquea o mi dovevo far operare al setto nasale... superfluo dire che la “sentenza” non pi piacque neppure un po'. Un paio di settimane più tardi ci ritrovammo, con molti dei presenti al full-Day dello Scoglietto, a Lucca per un evento, mi chiesero com'era andata la visita. Raccontai che avevo il setto nasale deviato ecc, per tutta risposta chiamò altri tre ragazzi li presenti che si immergevano da anni, dicendomi che lui stesso e i tre in questione avevano il setto nasale deviato. Superfluo dire che la cosa mi rincuorò non poco; mi dissero che era una situazione piuttosto comune e che, dovevo imparare a conoscermi meglio e scendere compensando spesso o capire quando era necessario. L'occasione arrivò in primavera dell'anno successivo, al fine di ottenere performance ottimali ed evitare fastidiosi e pericolosi barotraumi, compensare è qualcosa di fondamentale sia per immersioni ARA che in apnea ed in

quest'ottica il 18 di Aprile 2013 presso il il Circolo Nautico Marina di Carrara “LA NUOVA ROTTA ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA CARRARA “ aveva organizzato una serata formativa. Presenti all'appuntamento per il C.S.D. Eravamo Sammy Colaizzi, Michele Moffa ed io. La serata in oggetto costituiva il primo step formativo per permettere agli apneisti di avvicinarsi alle manovre di compensazione più evolute. Ci trovammo al solito punto d'incontro con gli altri ragazzi dell'Apnea Academy a Chiesina Uzzanese e poi, organizzati, partimmo alla volta di Carrarra. Docente d'eccezione, è il caso di dirlo, era Federico Mana campione italiano di apnea profonda, il primo italiano ad essere sceso a -100 metri. La sala era gremita e all'ingresso tutti ricevemmo una curiosa confezione con un palloncino. 

Si trattava dell' Otovent, un palloncino in lattice per uso medicale, che deve essere gonfiato con il naso per normalizzare la ventilazione dell’orecchio medio venuta meno per cause flogistiche, fisiche o degenerative. L’incontro era di carattere teorico pratico e non prevedeva sessioni in acqua. L'atmosfera era rilassata e distesa, la nostra anfitrione, Cristina, non perdette tempo e ci introdusse il nostro docente. Il campione italiano iniziò subito marcando le differenze tra i tre sistemi di compensazione più conosciuti: la manovra di Valsalva, la manovra di Frenzel e per ultima, il gotha di ogni apneista, la Hands free. Quello che colpì subito gli astanti fu senz'altro l'approccio dinamico dell'esposizione che mise tutti a proprio agio, neofiti come apneisti più scafati. La manovra classica, detta di Valsalva, (dal 

nome dell'anatomista Antonio Valsalva che la utilizzava per curare l'otite purulenta) prevede che il subacqueo chiuda le narici con le dita e soffi contro la resistenza dovuta alla chiusura del naso. In questo modo l'aria viene sospinta verso le tube di Eustachio e, attraverso queste, nell'orecchio medio dove equilibrerà la pressione idrostatica esercitata dall'acqua presente all'esterno del timpano. Come evidenzia subito Federico, questa manovra richiede uno sforzo notevole che la rende inefficace durante un immersione in apnea a testa in giù, per un subacqueo, risulta più emplice sotto questo aspetto grazie alla scorta d'aria. Più efficace se correttamente eseguita, è di la manovra di Marcante-Odaglia, nota nel mondo come Manovra di Frenzel, tecnica che prevede che il subacqueo chiuda il naso con le dita e poi sollevi la lingua in alto e indietro (non la punta ma la parte posteriore) in modo da sospingere l'aria contenuta nella bocca verso le tube di Eustachio. Infine la hands free che invece consiste nel riuscire ad aprire l'ostio 

delle tube tramite movimenti dei muscoli faringei per consentire all'aria di defluire, senza l'utilizzo delle mani, cosa che pochi fortunati riescono ad eseguire in automatico, grazie alla conformazione delle tube. Da una rapida indagine in sala apprendiamo che il 90% degli astanti applica la Valsalva correntemente...o meglio pensa di applicarla. Ci viene spiegato che la compensazione solitamente avviene in modo innato ed istintivo, pertanto impadronirsi della tecnica e del controllo delle strutture deputate alla compensazione non è soltanto una questione di predisposizione fisica ma anche di tecnica ed educazione alla conoscenza del nostro corpo e dei meravigliosi meccanismi che lo regolano. La serata proseguì con il supporto di mezzi audiovisivi volti ad evidenziare sia gli errori commessi che le abilità manifestate. Fondamentali gli esercizi per raggiungere una “capacità compensatoria fine”, gli esercizi con 

il protocollo OTOVENT; normalmente il Metodo Otovent integra il piano terapeutico farmacologico, chirurgico, termale ed il programma di rieducazione tubarica impostati dallo specialista.
Otovent è calibrato per esercitare una pressione fisiologica sufficiente a ventilare l’orecchio medio attraverso la
Tuba di Eustachio. Il nostro uso durante la serata servì ad evidenziare come spesso istintivamente riusciamo a controllare, bloccare l'aria all'interno delle nostre vie aeree superiori veicolandola in modo più o meno consapevole per estroflettere la membrana timpanica attraverso le Tube di Eustachio. Il concetto ribadito da Federico Mana, si basa sulla sua esperienza personale fatta anche di diversi barotraumi all'inizio della sua carriera, è che il controllo delle proprie vie aeree si può acquisire con esercizi che ci rendano consapevoli del nostro corpo. Gli esempi e gli esercizi si susseguirono, con episodi di vere e proprie 


regressioni infantili tra l'ilarità generale......date ad un adulto un palloncino e ….. Non tutti riescono ad eseguire correttamente gli esercizi, cosa che sembrerebbe confermare le dichiarazioni del campione, che sostiene che quello che per alcuni è innato può essere raggiunto da altri attraverso l'esercizio e la concentrazione fino a renderlo un automatismo. In conclusione posso dire che la serata è stata utile ed istruttiva ed ha mantenuto le sue premesse:vale a dire gettare le basi per i presupposti di una nuova consapevolezza: Certo la strada era lunga, ma possibile. Vivamente consigliata la lettura del libro La compensazione evoluta. Dalla compensazione oltre il limite respiratorio alla manovra hands free” di Federico Mana ed una visita ai link riportati di seguito. Un aneddoto: il Mana ci raccontò che al terzo barotrauma, l'Otorino che lo visitò lo esortò ad abbandonare l'apnea come sport, perchè non adatta a lui, mi pare che i record smentiscano questa affermazione...non credete?



Youtube:
http://www.federicomana.com/eventilist.asp

Buone Bolle!


Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”

giovedì 9 aprile 2020

San Pietro: la grotta della Porcellana


Ero ancora un bambino, allora i canali televisivi disponibili si contavano sul palmo di una mano e avanzava pure un dito, l'offerta televisiva era fatta di spettacoli di varietà qualche film, qualche telefilm e i documentari. La nostra TV era una Philips in bianco e nero, i colori te li dovevi immaginare. I documentari dicevo prima, quelli di Folco Quilici e le avventure di Jacques Cousteau, abbastanza per far sognare un bambino, che non sapeva neppure nuotare all'epoca.


Un giorno, guardando un documentario proprio di Folco Quilici, si parlava di alcune popolazioni del corno d'Africa credo, scene di vita normale a spasso per i mercati all'aperto, le merci stese a terra su stuoie, Grandi canestri di canne e vimini intrecciati, le donne che li portavano in equilibrio sulla testa. Le contrattazioni e il denaro... si ma non erano soldi, o meglio lo erano, ma quelle erano conochiglie non monete! Avrete capito che quello che mi aveva stupito così tanto era quella strana valuta: le Cipree Moneta (Monetaria Caputserpentis – Linnè 1758). Di questi animali, le cipree, se ne conoscono circa 250 specie e molte altre ne verrasnno scoperte. Sono diffusi in tutti i mari caldi del globo e sono presenti sulla Terra da circa 100 milioni di anni.

 Le cipree sono particolarmente abbondanti nell’Oceano Indiano, nelle Maldive, Sri Lanka, Borneo e sulle coste africane, dalla Somalia al Mozambico, ma sono presenti anche nel Mar Mediterraneo, come la specie protetta Cypraea lurida di cui parleremo più avanti. Le conchiglie delle cipree, come per esempio Cypraea Moneta e Cypraea annulus, sono state un mezzo di pagamento per lungo tempo in Oceania, Africa e Asia ma anche in Europa, a partire dal XIII secolo; in alcuni luoghi questo costume continuò fino al XX secolo. Nella scrittura cinese alcuni termini di carattere monetario fanno ancora riferimento alla conchiglia delle cipree; questi diventarono un mezzo di scambio non solo per la loro bellezza, ma anche perché resistenti alla manipolazione e facili da trasportare e riconoscere. Le cipree hanno da sempre attratto la curiosità degli esseri umani in ogni angolo della Terra, dalle epoche preistoriche fino ai giorni nostri. L’uso delle cipree come ornamento è antichissimo. Sono infatti molti i popoli che hanno utilizzato i gusci di questi animali per confezionare monili, collane e bracciali; utilizzati per arricchire l’abbigliamento e per mostrare lo status sociale. Ma le cipree hanno assunto, nel corso dei secoli, anche il significato di oggetto simbolico e propiziatorio; per questo, presso vari popoli, questi gasteropodi erano diffusi come talismani e amuleti. Le cipree prendono il nome proprio, per la loro bellezza, da Venere, che della bellezza e' il simbolo classico. La Cypraea tigris infatti era chiamata conchiglia di Venere, si dice che quando Linneo dovette decidere su un nome da dare a queste meraviglie, decise di chiamarle Cipree in onore della Dea. Le conchiglie delle cipree erano viste dai popoli antichi come un guscio protettivo per la vita stessa e quindi collegate alla 


riproduzione e alla fecondità; spesso le donne portavano ornamenti confezionati con cipree per scongiurare l’infertilità; in Giappone la Cyprea Tigris viene chiamata koyasu-gai, (コヤスガイ) l'etimologia del suo nome deriva da una credenza: Facilitare il parto. Pensate, ancora oggi viene tenuta in mano dalle partorienti dell’isola di Ryukyu, per propiziarsi un parto esente da difficoltà. Un appunto personale: credo che questa sia la ciprea più famosa che tutti noi conosciamo, visto che siamo soliti trovarle sulle bancarelle e nei negozietti di souvenirs, peccato che questa splendida conchiglia non abbia nulla a che vedere con il nostro Mar Mediterraneo. Tornando a noi invece voglio parlare di una specie endemica dei nostri mari : la Luria lurida (Linnè, 1758), nota anche come Ciprea porcellana. “Porcellana” era il termine con il quale anticamente ci si riferiva alle cipree, proprio per la loro brillantezza e lucidità, così simili al materiale ceramico. Tuttavia pare che l'origine di questo antico nome avesse curiosamente risvolti un po' meno nobili secondo alcuni. C'è chi sostiene che la parola porcellana deriva da "porculum", porcello, anzi, porcella. Perche' le Cipree in vista ventrale ricorderebbe gli organi sessuali esterni della femmina del maiale, la scrofa. 


Tornando a noi, il suo ambiente di vita ideale, è la costa rocciosa o corallina, ricca di anfratti, spugne, alghe ed incrostazioni, nonché molti nascondigli utili a questi animali tipicamente notturni o crepuscolari. Caratteristica piuttosto evidente è la conchiglia, globosa, lucida e porcellanacea, con apertura denticolata che si diparte longitudinalmente, alla base. La peculiare lucidità della conchiglia è dovuta al fatto che quando l'animale è attivo, questa è ricoperta da un sottile strato epiteliale (mantello) che la preserva dagli attacchi incrostanti. A questo avviso infatti vi posso confermare che a differenza dei murici, ad esempio, non mi è mai successo di trovare una Ciprea viva con il guscio incrostato, mentre negli esemplari privi dell'inquilino, è piuttosto frequente. 
 
Diffusione della Ciprea Porcellana (Luria Lurida)
L'ampio mantello, quando è completamente estroflesso, avvolge con i suoi lobi laterali la conchiglia e secerne da apposite ghiandole le sostanze carbonatiche che costruiscono la conchiglia stessa. Presenta in alcuni casi colore diverso del piede e caratteristiche ornamentazioni di vario genere (papille), ridotte a semplici protuberanze o aventi spesso fogge vistose e colori vivaci. Se colpita da un fascio di luce si ritrae assai rapidamente. 

 
Tutte le specie sono a sessi separati e depongono numerose uova in anfratti come gusci di conchiglie vuote o sassi capovolti. La femmina staziona sulle uova per lungo tempo, ricoprendole con il piede per proteggerle. Dopo la schiusa, si sviluppa una larva planctonica (veliger) che si lascia trasportare dalla corrente. Parlando invece dell'alimentazione, sono ghiotte di spugne, ma non disdegnano, talune specie, una dieta mista di alghe, antozoi, ecc. Il nutrimento viene asportato dal substrato per mezzo della radula, struttura comune a tutti i gasteropodi. Non mi era mai capitato di vederne esemplari vivi, sino ad allora avevo trovato qualche esemplare morto, spesso incrostato ed in pessime condizioni, sia a Calafuria che nel mare antistante l'Isola di sant'Antioco, in questo caso un Erosaria spurca.  


E' giusto ricordare che sia la Luria lurida che l' Erosaria spurca sono specie protette e ne è proibita tassativamente la raccolta di esemplari vivi. Mi trovavo in Sardegna, presso la casa materna a Sant'Antioco,era la vigilia di Ferragosto del 2017, mi ero dovuto alzare di buon ora per andare a Calasetta a prendere il traghetto per Carloforte, il maggiore centro urbano dell'Isola di S.Pietro. Avevo appuntamento per le nove con i titolari dell' Isla Diving, che erano venuti a prendermi con un pulmino al molo d'attracco, la loro sede si trova nella zona cantieristico-navale oltre le saline di Carloforte, una vera mano santa considerato che lo zaino con l'attrezzatura pesa non poco. Soliti convenevoli, registrazioni del caso, montaggio scuba, saluti a qualche faccia nota già incrociata gli anni precedenti e si parte. Dove ci portate oggi? Domanda oziosa più che altro, perchè le scelte sono tante a S.Pietro, ma è il vento onnipresente che decide dove puoi e non puoi. 

Gli scorci stupendi non mancano: Punta delle Oche, Le colonne, Le grotte della Mezzaluna, solo per citarne alcuni, ma c'è un piccolo prezzo, a volte un po' di corrente di superficie che non permette di avventurarsi troppo in mare aperto, non sono uno di quei sub sempre in cerca di sfide estreme e ringrazio di avere ancora la capacità di guardarmi intorno e di stupirmi e fortunatamente qui ho sempre trovato un ottima visibilità. Elena mi risponde che oggi si va alla “Grotta delle Cipree”, un nome un programma. Mi si conferma che il nome è tutt'altro che casuale. Arriviamo sul posto, dopo gli ultimi controlli si scende, non si tratta di un immersione particolarmente impegnativa, girelliamo un po' sul fondo poi puntiamo risolutamente verso una parete che vede la bocca nera di una grotta aprirsi. Torce accese, si entra quasi in fila indiana, malgrado lo spazio ci sia per muoversi piuttosto agevolmente, il fondale della grotta è costellato di grossi massi, portati chissà come al suo initerno dal mare nel corso dei secoli. Tallono la guida aspettando avido che mi segnali qualcosa, l'action cam individua qualche gamberetto che zampetta lungo le pareti rifuggendo la nostra invasione, probabilmente un Parapandalo (Plesionika narval – Fabricius, 1787) una medusina viola (Pelagia Noctiluca – Forsskal, 1775)


 danza piano nella corrente lieve, ma che si sente e sembra incanalarsi all'interno. Quando ecco che la guida sfanala di brutto, mi avvicino ed eccole, due Cipree porcellana, esattamente nei pressi di alcune spugne gialle incrostanti, hanno già ritratto il mantello nel guscio e si muovono appena percettibilmente verso una fenditura, infastidite dalla luce. Continua la penetrazione nella grotta e ne vedo delle altre sempre a gruppi di due, proseguiamo sino alla fine della cavità, qui troviamo una sorta di pilastro naturale. Ci passiamo tenendolo alla nostra sinistra come in una rotonda, tornando indietro per dove siamo venuti, ed incrociando gli altri del gruppo che in fila indiana stanno percorrendo la nostra stessa strada. Non abbiamo visto solo questo, ma per me che avevo iniziato ad interessarmi ai molluschi da qualche anno fu sicuramente un esperienza memorabile e penso che potendo... tornerò da quelle parti.





NOME SCIENTIFICO

Luria lurida
NOME COMUNE

ciprea porcellana
NOMI LOCALI


UBICAZIONE PREVALENTE

intero mediterraneo
TERRITORIO ABITUALE

fondali rocciosi e sabbiosi
PROFONDITA’ PREVALENTE

da pochi metri fino a 40
CARATTERISTICHE


CURIOSITA’


POSSIBILITA’ DI INCONTRO

normali (di notte)


Bibliografia



Conchiglie del Mediterraneo – Mauro Doneddu & Egidio Trainito, ed Il Castello 2010
Atlante di flora e fauna del Mediterraneo - Egidio Trainito, Rossella Baldracconi, ed Il Castello 2014
Le Conchiglie del Mediterraneo – Fratelli Melita Editore 1991
Pinneggiando nei mari italiani – Marco Bertolino, Maria Paola Ferranti, Hoelpi 2019
“Guida della FAUNA MARINA COSTIERA DEL MEDITERRANEO” - Luther Fiedler – Franco Muzzio Editore

Veduta dell'Isola di S.Pietro


A chi rivolgersi:

Isla Diving - Carloforte  viale Cantieri, 09014 Carloforte (CI)

Note: L'isola è raggiungibile con un traghetto che parte con cadenza oraria dalle prime ore del mattino, sia da Calasetta che da Portoscuso, è consigliato vivamente informarsi sugli orari di rientro, e sulla disponibilità delle corse, alcune sono a numero limitato e solo su prenotazione.


Uno scorcio di Carloforte




Buone Bolle!


Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”


mercoledì 8 aprile 2020

Il respiro del mare


Il respiro del mare nasce dalla grande passione per il mare, così tutte le volte che ho una giornata libera,  in compagnia dei miei amici "subby", non importa se inverno, notte o una giornata afosa di piena estate noi ci dirigiamo verso il mare per un bel tuffo.
Ci tuffiamo nel profondo blu e ci sentiamo un po' esploratori sommersi, io armato sempre della mia attrezzatura video subacquea.
Gli incontri sono sempre tutti emozionanti: creature dai colori sfavillanti, altri che si mimetizzano per non farsi scoprire e altri curiosi quasi impertinenti che non aspettano altro di avere un momento tutto loro.
Questo video vuole farvi conoscere questo mondo sommerso che a primo acchito sembrerebbe incolore e con poca vita, ma come vedrete, i colori e la vita sono in ogni dove!
Video presentato al Concorso "EUDI Movie" all'Eudi Show 2020 e piazzatosi al 15° posto.





Salvatore Fabiano 

 


























martedì 7 aprile 2020

Subacquei gente seria - 9: Ancora quarantena !!!

Viviamo in tempi difficili e l' epidemia da Covid-19, più comunemente chiamato coronavirus, non ha certo semplificato le cose per noi subbi. Costretti a stare a casa per alcune settimane ai domiciliari e senza permessi premio o sconti per buona condotta, si ha difficoltà a riempire le giornate. Ci si scopre imprigionati in una sorta di puntata di “Ai confini della realtà”, con uno scenario apocalittico modello Mad Max, ma paranoie fantasiose a parte, non stiamo vivendo un sogno, ed il pericolo, la fuori è terribilmente concreto e reale. Esaurite le repliche di “Camionisti in trattoria” ed “Unti e bisunti”, “Master Chef”, “Il boss delle torte” e tutte le altre ciofeche di cucina, eruditi su come costruirvi da soli una portaerei nucleare o il ponte sul fiuma Kwai con gli stecchi per gli spiedini, ormai siete alla noia. Vivete nel limbo dell'attesa che tutto passi, e si ritorni alla vita normale, quando potremo riempire il portabagagli dell'auto con tutta l'attrezzatura e fiondarvi al mare … Eccola lì... la primavera che vi guarda beffarda e vi lusinga come un amante fedifraga... quando si potrà riprendere a fare immersioni al mare o magari fare qualche viaggio? Sconsolati andate in garage, ii ripetete che forse vi siete dimenticati di rimessare qualche pezzo dell'attrezzatura ed allora cominciate a tirare fuori tutto ispezionando tutto minuziosamente. La sera, finite le repliche di “Law & Order”, “Detective Monk” e “Sulle strade di San Francisco” vi riducete a ripassare alcuni argomenti di didattica sfogliando con le lacrime agli occhi il manuale che non aprivate dal corso Open Water.
Vi ricordate quella follia di cui vi avevo parlato? Il mare è la fuori che vi chiama... ed allora tornate in garage, tirate fuori l'attrezzatura... smanianti di tuffarvi nell'agognato fluido... la mente si ottenbra v'inganna e lusinga con false promesse... e il vicino di cortile impietoso riprende ...il vostro delirio...




Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie" 

lunedì 6 aprile 2020

Contro il Covid 19: scende in campo anche l'industria della Subacquea e la Marina Militare





Credo che quasi tutti voi abbiate ricevuto la foto di quel signore di Napoli, che girava tranquillamente per la strada con una maschera da snorkneling gran facciale di Dechatlon addosso. La psicosi era appena iniziata e, purtroppo, era anche il momento in cui ci avevano venduto, che si trattava “solo” di un influenza un po' più rognosa del solito. Credo che ormai nessuno abbia più dubbi circa la pericolosità di questo virus e del suo pesante tributo in vite umane che abbia esagito e che ancora pretenderà nel futuro. Tornando a questo signore, ne abbiamo riso tutti all'inizio, e poi si sa con questo Covid 19, c'è davvero ben poco di cui ridere. Era circa la metà di marzo, quando in pieno 


boom di contagi, l'ospedale di Chiari (Brescia) aveva terminato le valvole per i respiratori utilizzati per i malati di Covid 19. Frontiere bloccate e poco tempo; la direzione dell'ospedale lancia un grido d'aiuto attraverso un quotidiano locale, per trovare chi potesse fornire dei ricambi in tempi rapidi. Una locale startup, la “Isinnova” in meno di un giorno è riuscita a stamparne in 3D un centinaio di pezzi. Comincia così l'avventura di Alessandro Ramaioli, che ha subito messo a disposizione gratuitamente la sua azienda, per realizzare delle valvole Venturi in acido polilattico con una tecnica a filamento. L'azienda si occupa normalmente della produzione di cose completamente diverse, come agganci per i dedili delle auto o cerotti per ustioni, per riuscire a sopperire alla pressante richiesta ha coinvolto un altra azienda della zona che aveva una stampate 3D molto più grande. Cristian Fracassi, il patron dell'azienda, ha puntualizzato che queste valvole Charlotte non sono valide quanto quelle originali, ma che potranno egregiamente sopperire ad una situazione d'emergenza. 
 
Maschera Dechatlon
Al momento non si ha notizia che l'azienda della quale hanno “fotocopiato” le valvole si sia rivalsa in alcun modo, cosa che non dovrebbe stupire visto che tutto è stato fatto a titolo gratuito. Tutto qui? No! Qualche giorno più tardi l' ex primario dell’Ospedale di Gardone Val Trompia, in provincia di Bescia, il dottor Renato Favero, ha un idea, e contatta Isinnova: c'è penuria di maschere Venturi da collegare ai respiratori e non si trovano, ma il medico conosce le maschere da snorkneling della Dechatlon. Forse anche lui ha visto quella foto curiosa è ne è stato ispirato. In fondo sono maschere a tenuta stagna, se collegate in modo appropriato ad un respiratore ...forse ...forse. Detto fatto Fracassi e Romaioli ci si buttano a pesce e in meno di una settimana riescono a tirare fuori i nuovi prototipi. Ecco trasformare una maschera da sub commercializzata da Decathlon in un respiratore ad uso ospedaliero. Un successo!
Maschera Ocean Reef

Ma il loro lavoro non è passato inosservato, causa il clamore suscitato da questa inventiva tutta italiana, ecco partire a ruota una serie di progetti simili, Decathlon forse è stata la prima a pensare ad una maschera da snorkneling tipo gran facciale, attrezzatura da qualche tempo un po' meno rara tra i sub. Personalmente provai qualche anno fa un gran facciale della Ocean Reef, devo essere sincero non ne rimasi molto colpito, certo però quella linea rendeva molto più abbordabile avvicinarsi ad un tipo di attrezzatura fino a quel momento solo professionale. La stessa Ocean Reef a Genova attraverso la Mestel Safety Srl, ditta della stessa OceanReefGroup, decide di cimentarsi emulando lo sforzo dei bresciani. Le finalità sono le stesse ma l'approccio è differente. La produzione ha avuto inizio grazie a dei file per stampare gli adattatori che sono open source, cioè disponibili gratuitamente, come molti linuxari come me sanno bene, ma non basta hanno donato mille maschere. E i loro dispositivi già operativi all’Ospedale Villa Scassi di Sampierdarena, ma anche a Busto Arsizio, Firenze, Arezzo, richieste arrivano anche dagli Stati Uniti , Gran Bretagna, Danimarca e Svezia.
Maschera Cressi


 E Cressi poteva mancare? Ovviamente no!
In questa gara la casa di Genova non si è sottratta alla sfida di creare un ausilio per la somministrazione di ossigeno ad alti flussi derivandolo da maschere subacquee da snorkeling. L’architetto sanremese Mario Cilli, il Direttore del reparto di Anestesia e Rianimazione ASL1 Giorgio Ardizzone ed il progettista della ditta Cressi, Carlos Godoy hanno collaborato alla creazione di un prototipo stampato con tecnologia 3D . Fondamentale la collaborazione del titolare della Cressi Sub Antonio Cressi e l’AD Stefano Odero, al maker Roberto Maffezzoni per la stampa modelli 3D, Luca Tomatis del negozio Al Milanes in Mar e Nicola Fauzzi. In questo caso il dispositivo di partenza era il modello di maschera “Duke”, prontamente donate dalla 
 
Maschere Mares
ditta genovese Cressi Sub e riadattate per la somministrazione di ossigeno per i pazienti ricoverati in terapia intensiva. Anche qui da resto del mondo le richieste non sono tardate ad arrivare. A Rapallo non sono certo rimasti a guardare, la Mares in collaborazione con TS Nuovamacut e Mira Meccanica stanno realizzando a tempo di record 500 caschi. E la Seac Sub? Per non esser da meno ha sposato l'inventiva tipicamente romagnola del cesenate Rocco De Lucia. Titolare di un azienda, la Siropack di Bagnarola di Cesenatico, ha creato una nuova mascherina che consente di parlare liberamente tra medicon e paziente scongiurando la possibilità di contagio per trasmissione aerea. In questo caso la trasformazione di una normale maschera da snorkneling Seacsub Unica in un apparecchio utilizzabile per esigenze sanitarie d’emergenza ha riguardato un aspetto non secondario.
Maschera SEAC SUB

Si sono avvalsi della collaborazione del laboratorio di ricerca Tailor e del dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Bologna. La "C-Voice Mask" , questo è il suo nome, è stata dotata al pari degli altri modelli del tutto simili, di due circuiti separati, uno per l’aria in ingresso e l’altro per quella in uscita. Il prototipo è stato realizzato modificando il circuito sulle valvole e aggiungendo un filtro in tessuto che può essere agevolmente sostituito. Tutti questi progetti hanno in comune l'utilizzo di uno strumento originariamente pensato per il mare e un utilità nelle realtà ospedaliere delle maschere tradizionalmente utilizzate per la terapia ventilatoria diventate, con l’emergenza coronavirus, oggi difficilmente reperibili. Ultimi ma non ultimi, anche se non sono un entità commerciale non possiamo 


dimenticarci della Marina Militare Italiana. In questo caso si è pensato di usare le maschere oronasali, impiegate negli impianti iperbarici, nell’ambito delle attività di rianimazione condotte negli ospedali. Autori dell'intuizione in questo caso sono gli operatori dell’Ufficio Tecnico Subacqueo del Gruppo Operativo Subacquei della Marina Militare. Tra i compiti del Comando Subacquei e Incursori c'è quello di intervenire con le proprie camere di decompressione in soccorso al personale dei sommergibili sinistrati, dei propri operatori subacquei e, come in questo frangente, a supporto della collettività, mediante interventi di ossigeno terapia iperbarica.
A ben pensarci dovremmo ringraziare l'inconsapevole inventiva di quel bizzarro signore partenopeo.






Link:

(i piani open sources della maschera si possono trovare qui: https://oceanreefgroup.com/covid19/)






Buone Bolle!


Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”