CRONACHE DI SUBACQUEI DI SUPERFICIE -
Questo blog nasce dal desiderio di condividere le sensazioni, le emozioni, nate da una passione, la subacquea ricreativa. Differenti voci ed esperienze, come diverse sono le nostre formazioni e il nostro vivere il mare. Ci accomuna l’amore per il mare, il rispetto per la natura, il desiderio di diffondere la cultura della sicurezza. https://subacqueodisuperficie.blogspot.com/2018/10/eccoci-quinoi-perche-subacquei-di.html
Ebbene sì ormai da mesi siamo in zona rossa, quindi niente mare e di conseguenza niente immersioni.
In questi giorni comunque ne ho approfittato per visionare vecchie riprese e nuove mai prese in considerazione e mi sono divertito a montarli in modo del tutto diverso breve coinciso e veloce un video che chiede più volte la visione per essere memorizzato bene!
Una cosa un po’ diversa dal solito dove i protagonisti sono loro, gli animaletti tutti colorati e strani, belli e brutti invertebrati e non.
Un amico mi ha segnalato questa piccola chicca, l'autore è David Salvatori, un subacqueo dedito alla fotografia, se ne avete l'occasione vi consiglio vivamente di guardare i suoi lavori, questo che segue è opera sua :D. Ovviamente si ride...e si scherza.
Dal vangelo secondo David
Salvadori (fotografo subacquea top!!!!)
"A
tutte le modelle subacquee o aspiranti tali, qualche pratico
consiglio per sopravvivere!!!
DECALOGO DELLA MODELLA:
01.
La Modella sott'acqua non ha un compagno, per il Fotografo TU non
esisti!
02.
La Modella NON RESPIRA... le bolle non vanno bene sulle foto ma
soprattutto deve conservare aria da dare al Fotografo!
03.
La Modella riconosce solo 6 SEGNALI: un pò più su, un pò più
giù, un pò a destra, un pò a sinistra, un pò più avanti, un pò
più indietro.
04.
La modella non porta mai il computer... fa il profilo del Fotografo,
intanto non controllerà mai i tempi di immersione e non farà mai
soste decompressive... ma soprattutto non uscirà mai dall'acqua
prima del suo Fotografo!
05.
La Modella porta sempre un Pointer al solo scopo di cacciare i
Lionfish che importunano il Fotografo e ne minano la concentrazione!
06.
La Modella non porta mai il cappuccio... non importa quant'è la
temperatura dell'acqua... la modella non ha mai freddo!
07.
Nell'improbabile ipotesi che la Modella finisse l'aria prima del
Fotografo, ha solo 2 cose da fare:
cominciare
a pregare o cominciare a salire... ma se il Fotografo sta facendo lo
scatto della vita allora può solo cominciare a pregare!
08.
Nella più remota ipotesi che la Modella abbia fatto un corso
Fundamental, ha speso male i suoi soldi, deve dimenticare l'assetto
e assumere sempre pose sensuali!
09.
La modella non si immerge per esplorare l'ambiente marino... segue
sempre il Fotografo e non si allontana mai, è sempre pronta per lo
scatto!
10.
In genere la Modella o è la fidanzata del Fotografo o è un'amica
inconsapevole di quello a cui va in contro!
In
ogni caso la soddisfazione di vedere le tue foto pubblicate su
qualche rivista vale tutte le fatiche... i sacrifici... e i vaffa
del Fotografo!!!"
Era l’Agosto del 1984, quando insieme ad altri milioni di telespettatori, seguii in diretta internazionale le scene dell’apertura post-recupero di una delle casseforti dell’Andrea Doria ad opera di Peter Gimbel. La settimana fu pregna di repliche dell’avvenimento e dei video dei sommozzatori che effettuarono quest’impresa usando apparecchiature avveniristiche per allora ed un nutrito impiego di miscele Trimix. Una delle cose che colpì la mia fantasia di ragazzino, fu la presenza di enormi pezzi di rete incastrati sul relitto che giace su un fianco, pezzi di rete che continuavano a intrappolare dei pesci, rimaste li probabilmente come incidente di chi non aveva valutato correttamente la posizione del relitto. Quello è il mio primo ricordo di “Reti Fantasma” allora non le chiamavano ancora così, e a ben ripensarci da bambino e anche in tempi più recenti, mi capitava di fare dei giretti a piedi lungo il litorale di S.Antioco in località “Sa barra” di trovarne a riva complete di galleggianti e piombi e di ritrovarle, anno dopo anno sempre dove le avevo intraviste la prima volta.
Le reti Fantasma però sono molto di più di un semplice rifiuto abbandonato, brutto da vedere e non biodegradabile, ma un problema assai serio, con cui ormai, ogni Nazione che si affacci sul mare deve farci i conti. Si calcola che ogni anno vengono disperse in mare almeno 640mila tonnellate di reti e altri attrezzi da pesca che, se non recuperati, continuano a “pescare” per moltissimi anni, ogni giorno , tutti i giorni dall’alba al tramonto. Si Calcola che da Luglio 2019 a Settembre 2020 siano state recuperate dai fondali italiani con meno di sei tonnellate di reti fantasma (L’equivalente di 200.000 bottiglie di plastica), avviate poi successivamente alla distruzione. C’é pure chi ritiene che questa sia la punta dell’Iceberg e che in realtà ci sia ancora moltissimo da fare dal momento che le stime ci dicono che le attrezzature da pesca disperse nei mari del pianeta, di cui le reti costituiscono la massa critica siano di 640 Tonnellate all’anno nel solo Mediterraneo, che si vanno a cumulare a quelle delle annate precedenti. L’Unione Europea stima che il 20% delle attrezzature da pesca usate in Europa vengano disperse in mare: oltre 11mila tonnellate ogni anno. Nel solo golfo di Venezia la stima è di 60 mila reti finite sui fondali.
Parliamo di numeri, alcuni li abbiamo già visti prima:
Più di 800 le specie minacciate, compresi gli organismi bentonici (coralligeno)
136.000 foche, leoni marini e grandi balene vengono uccise ogni anno dalle reti fantasma
870 reti sono state recuperate solo nello stato di Washington con oltre 32.000 animali marini intrappolati all’interno
11 grandi balene impigliate in reti fantasma ogni anno solo lungo la costa occidentale degli Stati Uniti
600 anni, il tempo che serve ad una rete di nylon per decomporsi (e trasformarsi haimè in microplastiche)
95 organizzazioni in sei continenti tra aziende, compagnie, associazioni e 14 governi anche europei come Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi e Svezia (non ancora l’Italia!) sotto l’egida della “World Animal Protection”
20% di tutti i rifiuti marini, secondo quanto stimato prudentemente, tuttavia, studi recenti hanno suggerito che potrebbero rappresentare dal 46% al 70% di tutta la macro plastica nei nostri oceani in base al peso
27% dei rifiuti che deturpano le spiagge siano riconducibili ad attrezzatura da pesca dispersi, questo nella sola Unione Europea
8 milioni di tonnellate la plastica abbandonata nei mari di tutto il mondo di cui le attrezzature da pesca ne sono parte rilevante
Gli stessi pescatori ormai sono parte in causa e non solo perché responsabili, ma perché i loro stessi guadagni e la pescosità dei mari è in drastica diminuzione, non di rado infatti sono proprio loro a fornire indicazioni alla Guardia costiera circa questo triste fenomeno. Sono loro stessi a riconoscere il bisogno di un cambio di rotta, Antonio, pescatore di Castro, piccolo villaggio di pescatori in provincia di Lecce lo sostiene, "Perché - dice - è materiale plastico o sintetico, ed è causa di inquinamento sui fondali marini. E questo è un danno anche per noi pescatori. Per noi pescatori e per tutti, perché andiamo a mangiare il pesce inquinato che ha mangiato plastica, una parte di rete”. Eppure qualcosa di muove, in tutto il litorale italiano gruppi di volontari e piccoli progetti hanno preso piede al fine di limitare i danni. E’ il caso di un iniziativa che sta avendo luogo in Puglia e che vede coinvolte anche le istituzioni di Albania e Montenegro, in un progetto chiamato “Adrinet”. L’iniziativa è finanziata dalla Comunità Europea all’85% il restante 15% è in carico ai tre Paesi facenti parte del progetto, per un importo di poco superiore al milione di Euro. In questo caso specifico una delle soluzioni che si è scelto di percorrere passa per l’applicazione di tecnologie GPS per favorire il recupero; obbligo di segnalazione e recupero in caso di perdita (in Europa è già obbligatorio); nella fattispecie un microchip che fissato alle reti ne consente rapidamente il ritrovamento e l’identificazione del proprietario. Si agisce su vari fronti, il riciclo delle reti recuperate ad esempio, l’azienda italiana Aquafil utilizza reti abbandonate e altri rifiuti in plastica per produrre costumi da bagno e abbigliamento sportivo. Un’altra azienda spagnola, la Ecoalf, ha realizzato una linea di maglioni realizzati con attrezzatura da pesca recuperata.
Il fenomeno ormai sta riscuotendo un certo clamore, in parte per una rinnovata coscienza ecologica, alla quale le nuove generazioni cominciano ad essere più interessate, questo non poteva passare inosservato dai Network televisivi, faccio ampio riferimento al canale tematico DMAX, che ha inserito nel suo palinsesto un reality che parla delle gesta di un gruppo di subacquei volontari che operano nel mare di Sicilia alla bonifica delle reti fantasma. Nel mio piccolo durante le immersioni a Calafuria mi è capitato di verderne alcune e direi che sono lì da diverso tempo, sebbene in tempi recenti ne sono state avvistate di nuove (Vi rimando al link di un altro post che ne parlava (https://subacqueodisuperficie.blogspot.com/2019/04/cosa-sta-succedendo-calafuria.html)
Quindi che si fa ci si infila la muta e si scende sotto a tirare via delle reti ...ma proprio no! Tanto per cominciare si tratta di un tipo di operazione che comporta diversi rischi, che richiede esperienza, sangue freddo ed una serie di competenze. Bisogna avere assetto e acquaticità perfetti, avere le giuste attrezzature (Palloni di sollevamento e quant’altro), saper valutare correttamente le diverse situazioni (quando conviene staccare una rete dalla roccia e quando invece è più opportuno lasciarla lì, magari dopo averla messa in sicurezza. A volte infatti la rete è talmente vecchia che, staccandola, rischiamo di peggiorare la situazione e danneggiare gli organismi bentonici ), saper lavorare in squadra e dulcis in fundo, non guasta affatto avere pratica ed essere abilitati all’utilizzo di un reatheber e/o miscele decompressive. NON CI SI IMPROVVISA CHIARO!
“Ma allora, io semplice sub ricreativo, che posso fare?”, la risposta è “Molto”, il mare è grande e tanto per cominciare rilevando la posizione e dando alla Guardia Costiera e/o Capitaneria di Porto, tutte le informazioni necessarie al ritrovamento ed ad una successiva bonifica, per la quale “Loro” sono perfettamente attrezzati e addestrati.
Reti, tramagli lenze fisse e lenze a traina: un altro fattore estremamente rischioso e sottovalutato è il potenziale pericolo indotto da reti e lenze dei pescatori. Prima di tutto si consiglia di immergersi lontano dalle tratte segnalate; in secondo luogo è opportuno fare attenzione a quelle abusive e di munirsi ALMENO di un coltello ben affilato (meglio due) da tenere alla caviglia, al braccio o alla cintura. Impigliarsi in una di quelle durante l'immersione potrebbe determinare l'impossibilità di riemergere.
Buone bolle!!Link:
“Ghost Fishing” https://www.ghostfishing.org/
“Life-ghost” http://www.life-ghost.eu/index.php/it/
“Global Ghost Gear Initiative” https://www.ghostgear.org/
“FAO” http://www.fao.org/news/story/en/item/19353/icode/
Fabrizio Gandino
“Subacqueodisuperficie”
Conobbi Marco Moretti durante un uscita a Giannutri nell’Ottobre
del 2014, ci trovammo vicendevolmente simpatici e facemmo amicizia
(breve e sintetico che ve ne pare!).
Fin da subito mi
incuriosì questo ragazzo con la sua macchina fotografica subacquea
e la sua smodata passione, solo in seguito scoprii che Marco è anche
un apprezzato fotografo naturalista.
Immersione dopo
immersione, serate, escursioni di gruppo con tutti noi “Calafuriani”
il legame si si è rafforzato, capitava quindi (prima di questo
catalisma Covid-19) che facessi da buddy all’uno o all’altro
durante le immersioni accompagnandoli durante le loro sessioni
video/fotografiche.
Abbiamo partecipato insieme ad eventi di altre associazioni di Sub che proponevano serate a tema sulla videoripresa subacquea e foto.
Altresì vista la
nostra passione per gli abitanti del mondo blu, spesso dopo le
immersioni finisce che ci scambiamo fotogrammi/foto dei nostri
incontri per uno scambio di pareri o per delle semplici
identificazioni.
Molti di voi che
seguono questo blog, si ricorderanno sicuramente della serata Fotosub
a cura di Tina Gori organizzata dal Centro Servizi Diving di Quarrata
(PT) del 16 Marzo 2019 dove a fianco di Stefano Gradi e Francesco
Visintin presentò i suoi lavori riuscendo a non sfigurare in mezzo a
questi due mostri sacri.
Oggi siamo di nuovo
qui a parlare di lui e perché? Per prima cosa perché “L’è un
grullo assai modesto” pur essendo un redattore di questo blog ha
sempre paura di autoincensarsi immeritatamente, per seconda sarà
protagonista a breve di un altro gustoso appuntamento in diretta
streaming dal titolo “Parliamo di Fotografia Subacquea”, ma
chiediamo a Marco com’è cominciato tutto.
Subacqueodisuperficie:
Allora Marco ci vuoi raccontare com’è nata questa idea? Voglio
dire il periodo non ci permette di stare in acqua spesso e
volentieri, causa le restrizioni e D.C.P.M. per questa pandemia che
ci fa temere un nuovo 2020, quindi ritornano molti appuntamenti “web
in air”.
Marco: Eh si
Fabrizio, la cosa è nata da un altro evento di questo tipo, “50
sfumature di nudibranchi” l’11 Febbraio corrente, a cura della
Biologa Marina, Dott. Ssa Aurora Truccolo e per iniziativa di
Riccardo Tognini, Course director di PADI. Fu una serata molto
interessante ed istruttiva e da uno scambio di battute con Riccardo, con cui ci si conosce da
qualche anno, ci venne l’idea di una serata sulla fotografia
subacquea.
Io dapprima ho un
po’ tentennato, ma poi ho accettato chiarendo che non sono un
esperto, ma un semplice appassionato e quindi la formula sarebbe
stata quella di una chiaccherata tra amici.
Subacqueodisuperficie:
Quindi non vedremo le tue foto, ma parlerai solo di tecnica di
fotografia?
Marco: No per
lo meno non solo e tutto fuorchè in modo tecnico, e si alla fine
vedremo una carrellata di miei scatti e ne discuteremo insieme.
Subacqueodisuperficie:
Una serata indirizzata ai neofiti quindi?
Marco: anche
ma sopratutto una chiaccherata tra amici sub che condividono la
passione per il mare, ed un invito a chi vorrebbe iniziare a non
desistere alle prime difficoltà.
Subacqueodisuperficie:
ho visto i tuoi scatti e sono molto belli e tu stesso però uscendo
dall’acqua mi hai detto frasi del tipo “Ho scattato 80 foto, ma
non so quante ne salvo”, è capitato che si contavano sulla punta
delle dita di una mano.
Marco: é
questo il punto in fondo, molti si scoraggiano perché le prime foto
che fanno non sono perfette oppure sono mosse non con la luce giusta
ecc. A parte che si migliora con il tempo ed imparando dai propri
sbagli, inoltre la fotografia digitale ci avvantaggia permettendoci
di “Poter sbagliare di più”. Non voglio anticiparvi altro, anche
perché mi piacerebbe vedervi collegati il 19 Marzo alle 20.45.
Subacqueodisuperficie:
io ho già detto che ci sarò, e visto che sono un po’ bastardo,
questa volta non ho messo nessuna delle tue foto, così che se
vogliono vederle si devono collegare :P .
Marco:
Hahhaha Fabrizio ok… mi sembra giusto!
Subacqueodisuperfiìcie:
Ciao Marco e ci si vede il 19 Marzo
Salve a tutti, ebbene sì abbiamo tutti latitato un po', certo non è stato un anno semplice, non credo sia un mistero. Le immersioni sono state molte di meno, causa le varie limitazioni negli spostamenti e i normali impoedimenti della vita di ogni giorno, resa più complicata da questo Covid 19.
Tra zone gialle, Arancioni e Rosse ormai ce ne hanno fatto dAvvero vedere di tutti i colori e non è ancora finita. Quello che voglio fare con questo ultimo Upload e fare gli auguri a voi che non avete mai smesso di seguirci e a quelli che ci hanno scoperto 5 minuti fa.
Ecco qui di seguito due cortometraggi di Salvatore Fabiano e Marco Moretti che con simpatia e bellezza ci ricordano per cosa vale la pena di tornare la fuori.
Salvatore Fabiano
Marco Moretti
Auguriamo a tutti voi un anno sereno, e una ritrovata serenità, il mare ci aspetta e noi aspettiamo di poter tornare a lui.
Delle attività che mi ha sempre dato maggiore soddisfazione, che il Casio Divers Group persegue, mi manca particolarmente quella di divulgazione con i bambini, sono delle spugne nel senso più completo del termine, e come molti, coltivo la speranza che potranno essere degli adulti migliori di noi. Ho sempre pensato che si finisce per distruggere per lo più per ignoranza, che se insegni ad apprezzare la bellezza, la complessità delle diverse e tante forme di vita non puoi rimanere indifferente. Lo so è difficile mantenere quella curiosità tipica dei bambini, ma altresì lo trovo un esercizio stupendo per non rischiare di divenire indifferenti e dare per scontato qualsiasi cosa. L'educazione al rispetto dell'ambiente, nel nostro caso del mare nella fattispecie, è rispetto del mondo che ci circonda ed in prima ed ultima analisi rispetto per noi stessi.
Non vi tedio oltre e vi invito a leggere questo post di Marco Colombo, con curiosità e con quel sorriso che vi comparirà in volto ricordando le nostre prime esperienze con i piedi a bagno, quando la preoccupazione più grande era "cosa fare nelle tre ore dopo mangiato prima di poter fare il bagno".
Per converso però, pubblico anche un altro intervento di Lorenzo Brenna, con una diversissima scuola di pensiero, questo per par condicio e per dare ad ogniuno di voi la possibilità di formarsi una sua opinione.
Buona Lettura.
Fabrizio Gandino "Subacqueodisuperficie"
Il Mare nel Secchiello
Come ogni anno, con l’arrivo della bella stagione rispunta la regolare
diatriba tra chi lascia i bambini in spiaggia con secchiello e granchi, e
chi invece condanna queste pratiche.
Di seguito vi racconterò
il mio punto di vista, che spero possa ispirarvi e innescare una
discussione costruttiva sull’argomento, ricco di sfaccettature.
Quello a cui mi riferisco non è ovviamente mettere le meduse a cuocere sugli scogli per “bonificare” il mare (un atto stupido).
Un caso tipico di scontro sono le stelle marine: nonostante alcune
specie vivano, per esempio in Nuova Zelanda, nelle pozze di marea e
sopravvivano regolarmente all’emersione (qui una bellissima foto:https://www.pinterest.it/pin/365706432217077511/),
le specie mediterranee più vistose si rinvengono usualmente ad alcuni
metri di profondità, e quindi portarle fuori dall’acqua anche
temporaneamente potrebbe arrecare danni al loro sistema acquifero.
L’invito è di non andare con maschera e pinne a raccattare animaletti in
profondità per poi portarli in spiaggia, ma di concentrarsi
nell’osservazione di ciò che vive nelle pozze di marea, nei primi
centimetri d’acqua.
Gli animali delle pozze di marea, come
granchi, gamberi, molluschi e piccoli pesci, sono dei veri eroi: vivono
in uno degli ambienti più difficili del mondo.
Pozza di marea
Bombardati dalle
mareggiate, schiacciati da onde d’urto immani, sempre a contatto con
rocce taglienti, cotti dal sole estivo o esasperati dalla salinità delle
pozze, questi animali (e pure le alghe) sono stati selezionati
dall’evoluzione per resistere a tutto.
In particolare:
-
Alcune specie, come i granchi Pachygrapsus marmoratus ed Eriphia
verrucosa, riescono a resistere tranquillamente a condizioni di salinità
e temperatura molto elevate, legate all’evaporazione nel periodo estivo
- Molte specie, a causa dell’escursione delle maree, sono in grado di
sopravvivere a lunghi periodi di emersione, trattenendo l’acqua al loro
interno (es. il pomodoro di mare Actinia aequina) o comunque nella
conchiglia (vari molluschi); certe alghe hanno apposite strutture di
raccolta dell’acqua per mantenersi idratate e vive e sopravvivono anche
per giorni all’asciutto - La forma di conchiglie come quelle delle
patelle permette loro di diminuire le turbolenze e resistere all’impatto
delle onde senza farsi trascinare via; alcune alghe sono molto
elastiche, per smorzare l’attrito e assecondare l’acqua, mentre certe
spugne sono piatte, aderenti alla roccia, per non farsi strappare via
- I pesci delle pozze non hanno di solito vescica natatoria, dovendo
rimanere vicino al fondo, inoltre il loro corpo è ricoperto di muco per
diminuire le abrasioni contro le rocce; addirittura la bavosa
Coryphoblennius galerita può uscire volutamente dall’acqua, di notte,
per ripararsi dai predatori subacquei, e riposare appena sopra la
superficie, su sporgenze di moli e rocce
È davvero quindi un maltrattamento mettere un granchio in un secchiello per guardarlo? Dipende solo dai genitori.
Se questi ultimi infatti sono assenti, non guidano i figli e non li
educano, i bambini fanno un po’ a caso e possono, più o meno
volontariamente, uccidere o maltrattare gli animaletti. Genitori
sensibili e presenti invece possono trasformare l’esperienza della
spiaggia col secchiello in qualcosa di estremamente educativo e bello:
quando ero piccolo passavo tutto il giorno sugli scogli alla ricerca di
paguri, granchi, succiascogli e trivie.
Montale li avrebbe
chiamati “Sugheri, alghe e asterie, le inutili macerie del mio abisso”,
ma per me erano un microcosmo affascinante in cui perdermi: li guardavo
nelle pozze, e a volte li mettevo nel secchiello (foto a sinistra, avevo
4 anni). Una volta ho addirittura salvato un cavalluccio marino da una
mareggiata. Ho così imparato come respira un granchio, ho toccato con
mano il piede della patella, ho ammirato i colori del nudibranco. Non ho
mai torturato nessuno e tutti sono stati rilasciati illesi dopo
pochissimo; se so tante cose oggi, è anche grazie a questa attività, che
come unica controindicazione aveva tutte le cadute che mi sono fatto,
con tagli colossali sulle gambe (vedi foto nel primo commento). Come
detto sopra, gli animaletti delle pozze di scogliera sono molto
resistenti: non sono di certo pochi minuti in un secchiello a far loro
del male.
Come praticare al meglio questa attività?
1)
Educa i tuoi bambini al rispetto e all’empatia, controlla come si
comportano nei confronti degli animaletti e guidali verso un
atteggiamento corretto, gli animali non sono giocattoli 2) Portali
al mattino e alla sera, quando il sole è meno forte, ad esplorare le
pozze di marea, lasciando stare tutto ciò che vive a più di 50 cm di
profondità e concentrandoti solo su animaletti mobili (non sessili) 3) Favorisci sempre la sola semplice osservazione nella pozza rispetto alla cattura
4) Se proprio devi mettere un animale nel secchiello, maneggialo con
delicatezza, senza stringere, e senza lasciarlo dentro per ore (avranno
anche i cazzi loro da fare no?); l’acqua nel secchiello deve essere
fresca 5) Insegna ai tuoi figli che una volta osservati vanno immediatamente liberati nello stesso punto in cui li avete trovati
6) Mai provato la pedicure coi gamberi? Mettete i piedi in una pozza, i
gamberetti del genere Palaemon vi solleticheranno per staccare piccoli
pezzi di pelle con le loro chele. Provare per credere!
Concludendo, l’osservazione degli animali tra gli scogli è estremamente
istruttiva e gratificante; qualora si tratti di specie mobili comuni e
adattate alla marea, la manipolazione temporanea, senza maltrattamenti o
essiccazione, non arreca danno sotto la supervisione di un adulto
senziente.
Ma, soprattutto, iniziate i vostri bimbi alla bellezza
del mare “oltre” la spiaggia: ho imparato a nuotare seguendo il papà
con maschera e pinne (foto a destra), perché nella fretta di andare a
vedere i pesci ho dimenticato i braccioli appena comprati per
l’occasione. Il mare mi ha accolto nelle sue braccia, e da allora non mi
ha mai abbandonato, e io cerco con la divulgazione e la
sensibilizzazione di non abbandonare mai lui.
Quella linea dove il cielo incontra il mare da sempre mi chiama. www.calosoma.it
Estate, tempo di vacanze e di giornate al mare, tempo di sole e di relax. Il clima spensierato non è però condiviso da tutti, da decine di secchielli si levano infatti mute grida d’aiuto
emesse da una grande varietà di piccole creature marine. In quasi tutte
le spiagge della penisola è possibile assistere alle medesima scena, un
bambino che, armato di retino e secchiello, cattura qualsiasi cosa si
muova, piccoli pesci, granchi, paguri, patelle, ricci di mare, meduse e oloturie.
La fine di questi animali è quasi sempre la stessa: vengono lasciati
ore e ore nel secchiello, sotto il sole, mentre l’acqua si scalda
raggiungendo presto temperature insopportabili, condannando i
prigionieri ad una lenta agonia. Per contrastare questi comportamenti è stata lanciata in diversi comuni liguri l’iniziativa Secchiello stop, campagna di sensibilizzazione nata per educare i bambini, ma soprattutto i loro genitori, a rispettare gli animali marini. L’iniziativa, promossa dal Lions club di Diano Marina,
coinvolge le spiagge della Riviera di Ponente, situata nella parte
occidentale della Liguria, e mira a vietare la raccolta di animali
marini per puro divertimento.
I protagonisti di queste scorribande tra spiagge e scogli sono i
bambini, la responsabilità è però, chiaramente, da ascrivere ai
genitori. Questi ultimi infatti chiudono un occhio (spesso entrambi) su
tali passatempi dei figli, credendo che siano giochi innocenti e senza
conseguenze. Le conseguenze ci sono invece, e sono “molto gravi – ha
spiegato la biologa Monica Previati. – Il problema sta nei numeri: se
tutti i bambini e i ragazzi e gli adulti, che ogni estate trascorrono le
vacanze lungo le coste italiane, prendessero anche solo un piccolo
animale al giorno, centinaia di migliaia di esemplari verrebbero uccisi
per niente, solo per poter far trascorrere mezz’ora di gioco ai nostri
figli e di relax a noi. Prendere un granchio o una stella marina e
metterli nel secchiello equivale a una loro morte certa”. Oltre
all’effettivo danno ambientale viene impartita una lezione discutibile
al bambino, che impara che è possibile disporre a proprio piacimento delle creature più deboli e indifese.
Oltre che immorale tale condotta è anche illegale, viene infatti violato l’articolo 544 del Codice penale
che recita, “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una
lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a
fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche
è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da
5.000 a 30.000 euro”. È possibile però soddisfare la naturale curiosità dei bambini senza nuocere agli animali, osservare gli animali nel loro habitat,
immergendosi con la maschera o semplicemente camminando a ridosso delle
scogliere, è estremamente più soddisfacente, osservando il vero
comportamento di queste creature, non la loro morte in un secchiello di
plastica.
Sabato 27 Giugno 2020. Nei giorni
interminabili del lockdown passati a forza di webinair,
viedeochiamate di gruppo, guardare foto e filmati di immersioni
passate, i vari “appena finisce andremo”, “faremo”, “dobbiamo
andare a...”, “quanto deve essere bella sta immersione”, si
sprecavano, inevitabili anche i “Torneremo a ...”.
Tra questi, anche la Spiaggia del
Siluripedio a Porto Santo Stefano (Monte Argentario) dove eravamo già
stati a giugno dell'anno scorso, che malgrado un fondale
apparentemente spoglio, inframmezzato da “relitti industriali” e
quel che resta delle vecchie strutture del siluripedio, andato
distrutto sotto i bombardamenti alleati dell'ultima guerra, brulica
di vita.
Il fondale si presta molto bene a delle
immersioni facili per i neofiti, che accedendo da terra dal diving
Costa d'Argento, possono spaziare tenendo la riva sulla destra verso
il lato che va verso la sede della Capitaneria di Porto (da non
oltrepassare, fate attenzione alle boe ormeggiate), ed invece tenendo
la costa sulla sinistra, si può procedere verso le rovine stesse del
siluripedio.
Il fondale alterna ghiaia grossa a
sedimenti fangosi che rendono evidente il bisogno di avere un buon
assetto neutro in acqua.
Ogni anfratto, ogni struttura sommersa
può nascondere il vero tesoro di questo posto, che molti fotografi
subacquei qui cercano e vengono a immortalare, il nostro Marco
Moretti tra questi.
Parlo dei
nudibranchi/opistobranchi (come giustamente preciserebbe Fabio Russo
di Scubabiology) e del Sacro Graal di molti fotosub: l'Ippocampo.
Levataccia per noi della
montagna alla volta di Pistoia, ed equipaggi regolarmente divisi in
rispetto dei divieti vigenti per le norme anti-Covid 19, incontro
direttamente a Porto Santo Stefano.
Il posto è come lo
ricordavo, e devo spendere necessariamente due parole di elogio per
Stefano Bausani e Laura Celi, che insieme al loro staff del diving
“Costa d'Argento”sono stati bravissimi a minimizzare i pur
necessari disagi imposti dal rispetto delle norme di distanziamento
attualmente vigenti, rendendo la giornata, per noi subbi e per i
nostri accompagnatori, comunque piacevole.
Presenti all'appuntamento
Marco, Antonio, Yurica, Michele, Massy, intervenuta anche Elena che
però ha deciso di limitarsi ad un po' di snorkneling ed il nostro
ultimo acquisto Matteo. Ad essere sinceri per me non è cominciata
benissimo, la batteria della macchina fotografica, mi ha dato
impiegabilmente buca, sebbene l'avessi religiosamente controllata e
ricaricata la sera prima, per cui mi sono dovuto contentare delle
riprese della Go Pro e della Garmin.
Oltre alle immancabili
Oloturie, posso osservare sin da subito alcuni murici in predazione,
il Bolinus brandaris e l'Hexaplex trunculus, poco più in là,
perfettamente mimetizzata ed inclinata inusualmente, Antonio mi
segnala una grossa Pinna nobilis.
Ovunque le Triglie grufolano
nella sabbia, accompagnate da Saraghi fasciati, Castagnole, Perchie e
Donzelle, ma è Marco che fa un avvistamento che cerco da un po', mi
chiama, sotto una roccia in tana, ecco un bel gronco (Conger conger)
di rispettabili dimensioni, da come si rintana e fa il timido, non
sembrerebbe il predatore vorace che può essere.
Non mancano ovviamente
diversi esemplari di Echinaster, Spirografo (Sabella spallanzani) e
Protula che si ricihudono repentine appena ci si avvicina, nei pressi
anche diversi Gigli di mare (Antedon mediterranea), sostano sulle
rocce.
Nella sabbia faccio un
ritrovamento a dir poco insolito, un dattero di mare (Lithopaga
litophaga), la conchiglia vuota, in buone condizioni, con entrambe le
valve incernierate, la cosa strana è che qui di scogli per un po'
non ce ne sono e questo mollusco vive scavandosi una nicchia nella
pietra secernendo un acido, si tratta di una specie protetta, messa
in serio pericolo da una scriteriata raccolta, particolarmente
apprezzato da gourmet facoltosi che non si fanno troppi scrupoli.
Nella fattispecie è assai
probabile che provenga da una mareggiata, ma come sia uscito dalla
roccia è un incognita.
Si esce per la sosta di
superficie, e l'immancabile cocomerata, vengo preso in giro perchè
ho preso un cocomero di 16 kg e siamo solo in nove... mai contenti!
Nella seconda immersione
decidiamo di esplorare il lato destro, dirigendoci quasi subito verso
il fondo, mentre aspetto gli altri in acqua per non sciogliermi al
sole come un bastoncino di liquerizia nel forno, mi do un occhiata
intorno, non sono il solo, una spigola continua a girarmi intorno,
probabilmente perfettamente conscia che in questo tratto di costa è
proibita la pesca.
Ho appena scoperto una
Stella serpentina (Ophioderma longicauda), che cerca di scappare
sotto un sasso, quando Marco e Matteo individuano sotto ua grossa
lamiera, una cernia ed un grosso scorfano.
Mi aggiro lì intorno
cercando di vedere segni del passaggio di qualche Galeodea
echinophora, dal momento che ne avevo trovato i resti la volta scorsa
proprio in quel tratto. Marco e Matteo frattanto stanno facendo il
pieno di immagini, vicino ad una specie di trespolo hanno individuato
una piccola colonia di nudibranchi e stanno scattando a più non
posso.
Marco me li indica, i suoi
occhi allenati sanno cosa individuare, probabilmente io li avrei
ignorati, anche cercandoli.
C'è una leggera corrente,
che spinge verso Porto Santo Stefano, noto da sotto un sasso spuntare
la caratteristica testa affusolata di una murena a fauci spalancate,
più minacciosa in apparenza di quanto non sia davvero, ormai è un oretta che siamo
sotto e comincio a sentirmi un po' stanco, lentamente facciamo
ritorno alla scaletta, al diving.
Rimessaggio e risciacquo a
turno delle attrezzature e ritorno alle auto, non prima del consueto
aperitivo con scambio di esperienze. Marco e Matteo sono soddisfatti,
il loro carniere fotografico è pieno: Flabellina affinis, Cratena
baibai, Flabellina ischitana, Vacchetta di mare, Dondice. Dei
cavallucci marini neppure questa volta l'ombra...ma noi siamo
tenaci...torneremo!