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domenica 21 giugno 2020

"Eccomi, sono tornato"




Eccomi sono tornato

Toh, chi si rivede! Ne è passato di tempo…

Sono quasi dieci mesi, ti sono mancato?

Presuntuoso, come tutti quelli della tua razza, come puoi essermi mancato? E si avevo notato la tua mancanza e non solo la tua.

Sono stato costretto, come altri, prima il lavoro, poi il clima e poi c’è stata la pandemia, è stato necessario per preservarci.

Di nuovo la vostra presunzione, certi eventi, fanno parte del ciclo della vita, la morte stessa ne è una componente e consente alla vita di rinascere più forte e rigogliosa.

Forse hai ragione, ma sono solo un piccolo uomo…

Tanti piccoli uomini… fanno a volte un grande problema.

Sembra ti dispiaccia rivedermi qui…

No non è vero che mi dispiaccia, ma neppure il contrario, sei uno dei tanti abitanti di questo “mio” mondo. Tu vieni qui consapevole dei rischi, cosciente delle tue responsabilità e ricompense; hai fatto una scelta, ed in cambio tu hai visione e consapevolezza di quello che la maggioranza dei tuoi simili può solo immaginare.

Io? un abitante? Credevo di essere un ospite al più.

Tutto è nato da qui e qui in qualche modo ritorna e ritornerà ancora, tu, quelli come te e anche quelli che pensano di esserlo e pure coloro che non mi hanno mai visto.

Sì è vero… è una grande verità, posso tornare allora?

Ogni volta che vuoi e puoi, le regole le conosci, io non sono né buono, né cattivo, io esigo il rispetto che mi è dovuto per me e per la vita che preservo… dato che ci sei non mi dispiacerebbe se ogni tanto ti portassi via qualche sgradito ricordo che la tua specie rilascia con troppa noncuranza, non lo fai per me, lo fai per te.

Certo! Come sempre d’altronde…

Ascolto il cadenzato ritmo del mio respiro mentre mi sposto, inframmezzato dal gorgoglio delle bolle, mi guardo intorno, grato di quel blu… Sono tornato in Mare. 


Si ringrazia Marco Moretti per i suoi splendidi scatti



Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie" 

Un furtivo maratoneta dall'atlantico


Era il giorno dopo ferragosto dell’estate del 2016, si era deciso insieme alla solita comitiva di amici, di fare un tuffo e un po’ di snorkneling in località Mangiabarche, sull’isola di Sant’Antioco.

 L’idea era quella di fare una nuotata sino al faro del sito omonimo, il nome non era stato scelto a caso. Questo tratto di costa è particolarmente insidioso per alcune secche e per il Maestrale che può spingerti come niente sugli scogli, quando soffia davvero. Il faro è spesso il soggetto di molti fotografi sia con il mare calmo che in tempesta, da qui il nome: “Mangiabarche”.

Sebbene credo che oggi il faro non sia più operativo, la sua presenza è comunque un monito, sul luogo si trovano ancora i resti di una postazione della contraerea della seconda guerra mondiale. Ero piuttosto stanco a dire il vero, mi ero immerso al mattino, quindi armato di rete maschera, pinne e coltello avevo deciso di farmi un giretto tra gli scogli a “Far Patelle”, lasciando agli altri il vezzo di raggiungere la roccia del faro, rischiando di farsi travolgere dai soliti diportisti estivi improvvisati (il cielo li strafulmini!).

Si a me piacciono le patelle e la patella può essere degustata cruda o cotta (intera o sminuzzata) in una salsa con aglio, peperoncino, vino bianco e prezzemolo per condire la pasta, meglio se secca, tipo spaghetti o linguine. Lo so è un po’ duretta, rispetto alle vongole, ma io la trovo più saporita e comunque dovete sapere che malgrado le informazioni nutrizionali sui molluschi gasteropodi come la patella, siano piuttosto limitate a causa della scarsità di consumo su scala nazionale, il suo apporto energetico è moderato, attorno alle 100kcal.

La porzione di carboidrati raggiunge i 6g per 100g di parte edibile, così come per le proteine: 17,5g. I lipidi risultano scarsi, intorno agli 1-2g, ma non è possibile risalire ad informazioni più dettagliate sulla natura degli acidi grassi e sulla quantità di colesterolo.
Dal punto di vista micronutrizionale si evidenziano un ottimo apporto di ferro (oltre il 3%), fosforo, potassio e sodio. Sto scrivendo mentre si avvicina l’ora di cena...credo si noti. Avevo cominciato a scandagliare gli scogli alla mia sinistra risalengoli fin dove una complessa rete di massi creava delle pozze irregolari d’acqua profonda, l’ideale per pesci che si vogliono rintanare e sopratutto inaccessibili da terra a cusa della mancanza di accessi. In un apertura avevo avuto la fortuna di trovare in bellavista una conchiglia disabitata di Erosaria spurca (Linnaeus, 1758) cosa che all’inizio, mi aveva sorpreso non poco, visto che era un assolato pomeriggio, quel tratto non era in ombra e le cipree sono notoriamente fotofobiche.


 La raccolsi assicurandomi che fosse vuota e continua il mio giretto, in cerca di patelle (quel tratto di costa abbondava di Patella caerulea e Patella ulissyponensis) e non faticai a trovarne abbastanza per un piatto di linguine. Fu a quel punto che negli anfratti tra gli scogli vidi un movimento, poi un altro ed un altro ancora. Occhi sporgenti spiavano le mie mosse, per ritrarsi immediatamente furtivi tra gli anfratti come facevo per avvicinarmi o anche semplicemente per guardarli. Rimasi immobile studiando quelli che ormai avevo identificato come granchi, ma di un genere che non avevo mai visto prima. 

Mi colpirono subito i colori inusitati, i granchi che avevo visto qui sino ad ora erano i classici granchi di laguna, con il carpace verde, qualche Granchio favollo, Capre di mare (Granceola), ma questo davvero mi era sconosciuto. Era piuttosto schiacciato nel carpace e i suoi colori erano stupendi, sia sulle gambe che sul carpace aveva dei colori che spaziavano dal marrone al rossiccio con striature giallo vivo. Purtroppo non avevo la fotocamera con me, quindi appena gli altri tornarono gli descrissi l’animale, ma nessuno di loro, lo conosceva. Per diverso tempo mi sono chiesto che cosa avessi visto, la risposta mi arrivò dal libro di Egidio Trainito, “Atlante di Flora & Fauna del Mediterraneo”. Eccolo qui! Il granchio Corridore Atlantico (Percnon gibbesi)!! I miei amici quasi tutti isolani, avevano ragione a saperne poco, si tratta di una recente introduzione nel Mediterraneo, quella che viene definita aliena (come abbiamo già visto per la Donzella pavonina). Si tratta di un artropode del subphilum dei crostacei, della classe dei malacostraci, dell’ ordine dei decapodi, del sottordine dei reptanti brachiurie all’ infraordine dei granchi.


Artropodi significa “possedere zampe articolate” e il philum degli artropodi è il più vasto del regno animale in generale e sottomarino.
Il corpo è segmentato con tre regioni: capo, torace e addome tutte e tre (salvo rari casi: paguri) rivestite da un esoscheletro duro a protezione. Nella crescita, l’animale perde la vecchia corazza e ne acquista una nuova con l’indurimento della cuticola sottostante la vecchia.
L’ordine dei decapodi raccoglie tutti i malacostraci che hanno dieci zampe distribuite in cinque paia.
In quanto appartenente ai decapodi reptanti è un crostaceo capace di movimenti di deambulazione orizzontale prodotta dagli arti preposti con presa sul substrato e non da nuoto.
La sua morfologia lo colloca tra i brachiuri, definizione che designa i crostacei in cui la coda (che assolve peraltro alla funzione di “cestello di raccolta” delle uova fecondate) ha proporzioni minime rispetto al torace, sotto il quale rimane normalmente ripiegata.

Come molti granchi, la muta (il cambio della corazza) avviene spesso durante la crescita dell’animale : i maschi approfittano della muta delle femmine per l’accoppiamento, mentre le femmine approfittano della muta del maschio (sprovveduto) per cibarsene. Non solo le femmine del granchio, se siete tra Febbraio e Marzo in Veneto vi consiglio di provare le Moeche… e mi saprete dire. Originario delle coste orientali americane, dalla Florida al Brasile (ma si ritrova anche su quelle del versante del Pacifico, anche se non tutti sono d’accordo nel considerarla la stessa specie), questo colorato granchio, il suo primo avvistamento risale al 1999 nelle acque di Linosa. Si ritiene possa essere arrivato con le acque di zavorra delle navi, ma non si escludono le correnti oceaniche, visto che, le lave di questo alieno sono piuttosto resistenti. Il segreto del suo successo? Pare essere un “vegano” convinto. Indubbiamente favorito dal riscaldamento del Mediterraneo e dalla mancanza di competitori, il nostro granchio corridore atlantico si è adattato benissimo al suo nuovo mare dove predilige le coste rocciose ricche di anfratti in cui si infila agilmente sfruttando il suo corpo appiattito e scomparendo rapidamente alla vista. Sembra, tuttavia, che con il tempo la specie stia perdendo la sua iniziale diffidenza dato che è sempre più facile vederla davanti alle tane anche grazie alle dimensioni di tutto rispetto che, tra carapace e zampe, possono superare i 10 cm di larghezza.
La rapida espansione e la colonizzazione delle coste del Mediterraneo e dell’Italia insulare è stata agevolata non solo dalle capacità di adattamento della specie alle nuove condizioni ambientali, ma anche dalle sue abitudini alimentari che l’hanno portata ad occupare una nicchia ecologica libera. Tuttavia c’è chi l’ha osservato in cattività predare dei pesci quindi le sue abitudini alimentari sono ancora materia di discussione, di sicuro è fortemente adattabile nella sua dieta.
Buone Bolle!




NOME SCIENTIFICO

Percnon gibbesi
NOME COMUNE

granchio corridore atlantico
NOMI LOCALI


UBICAZIONE PREVALENTE

mediterraneo occidentale
TERRITORIO ABITUALE

substrati rocciosi in genere
PROFONDITA’ PREVALENTE

pochi metri
CARATTERISTICHE

diffidente, furtivo, sfuggente
CURIOSITA’

di recente ingressione atlantica
POSSIBILITA’ DI INCONTRO

Rare (ma non così tanto rare)


Link:





Scubaportal: https://www.scubaportal.it/clandestini-9-un-granchio-viaggiatore/



Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”





mercoledì 3 giugno 2020

Zena: “Storia di un orca” - intervista all’autore Andrea Izzotti



Oggi parliamo del pluripremiato fotografo Andrea Izzotti, un autentico cacciatore di emozioni. Viaggiare, ricordare, emozionare sono il suo credo, parliamo di lui in merito alla sua ultima pubblicazione: “Zena: Storia di un Orca”. É Domenica 31 Maggio, ho avuto una settimana pesante, e il pomeriggio del sabato è stato stracolmo di impegni. Mi ero proposto di seguire la diretta Facebook della presentazione del libro, ma non ce l’ho fatta. Sempre su FB mi compare la notifica del compleanno di Andrea Izzotti e mentre gli faccio gli auguri, mi viene in testa l’idea di fargli qualche domanda sul suo libro.
Ci provo, Andrea a detta di molti è un tornado di energia positiva, non esagerano affatto, quel che segue è solo una conferma.

Andrea Izzotti
Subacqueodisuperficie Buon Compleanno, Buongiorno e Buona Domenica, causa lavoro ho perso l'evento di Ieri. Volevo scrivere qualcosa sul tuo libro sul mio blog e sapere se esce solo in forma elettronica o anche cartacea, visto che non amo particolarmente il formato elettronico, vorrei acquistarlo per me. Ho un piccolo Blog di Subacquea dove parlo delle mie esperienze, del mio gruppo, delle mie letture a volte. Potresti, se ti fa piacere raccontarmi qualcosa di più sul tuo libro, su come è nata l'idea?

Andrea Izzotti Ciao Fabrizio grazie per avermi scritto
Il libro esce in forma cartacea (consigliata per via delle illustrazioni dell'artista Paco Caamano)
L'idea mi è venuta quando le orche sono state a Genova a dicembre 2019.

S. Andrea Izzotti fa riferimento al caso del branco di orche comparso a Portofino, che riempì le pagine dei quotidiani, rompendo il monopolio dei rapporti di guerra della pandemia del Covid19




A.I. Alcune informazioni le puoi avere dalla diretta di ieri ma ti sintetizzo qui qualcosa
Avevo fatto due spedizioni in Patagonia (una infruttuosa l'altra quasi) nel 2015 -2016 per osservare le orche che si spiaggiano per catturare i cuccioli di otaria
immaginati la mia sorpresa quando mi hanno "restituito" la visita in Italia!

S. Lo ricordiamo tutti credo si fu un grande evento, anche se il piccolo pare non ce l'abbia fatta,
quindi hai fatto quasi un istant book durante la quarantena?

 
Il lungo viaggio delle orche di Genova

A.I. No il libro in realtà l'ho scritto prima. Mi è venuta l'idea e dopo tutte le ricerche per far combaciare date e "personaggi" mi ci è voluto poco per scriverlo. Più tempo la preparazione concreta dell'edizione con le illustrazioni di Francisco Caamano un'artista che ho conosciuto in Baja California Sur, Messico
Il libro racconta di altre orche "famose" come Keiko (Free Willy), Tilikum, ma anche Granny e Old Tom. Ovviamente ci sono licenze poetiche e di narrazione (che spiego poi nella parte finale).

S. Beh credo ci stiano (e qui vi rimando ai link a fondo pagina)

A.I. Quindi anche se tutti sappiamo come è andata a finire io ricreo la storia di Zena della "piccola" Zena sin dalla sua nascita racconto del suo primo figlio e de(i) viaggi, ma non ti voglio dire altro se no ti rovino la lettura.

S. No no assolutamente...non ci provare...me lo leggo

Diretta FB della presentazione del Libro


A.I. Sicuramente l'uomo (il polpo con 4 tentacoli) ha un'impatto decisivo

S. Bella definizione per descrivere l’Uomo, polpo con 4 tentacoli…

A.I. e da Old Tom in poi (cerca la vera storia su google) il rapporto è via via cambiato, Zena lo chiama anche "il mezzo polpo".

S. Bellissima definizione, sono molto affezionato a quei cefalopodi ho tenuto delle lezioni ai bimbi di una scuola elementare e d’infanzia su di lui.

A.I. la figura del polpo c'è in altri passaggi del libro.



e qui Andrea ci cita un passaggio del suo libro

A.I. “Cos’è l’inganno, Granny?”, le chiedo. “L’inganno è quando fingi di non essere quello che sei, come quando il polpo diventa uguale alle rocce e non lo vedi più”, mi risponde.
E poi in altri brani dove Zena si interroga sulla sua vita

S. Basta non anticiparmi altro fammelo scoprire sto’ libro! mi hai messo addosso una curiosità tremenda

L’intervista volge al termine, ho delle reminiscenze di una cosa letta molto tempo fa proprio sulle orche, provo a chiedergli se Andrea lo conosce, e lui mi fa un ultimo regalo, ma questa è un altra storia...
Per la realizzazione del Libro, Andrea Izzotti si è avvalso di collaborazioni di grande spessore: oltre al già citato artista messicano  Francisco Caamaño, Alberto Bof, italiano di Genova ormai  da anni a Los Angeles dove ha collaborato musicalmente con grandi firme dello spettacolo (Lady Gaga, Chiara Ferragni solo per citarne alcuni) che ha realizzato la parte musicale del video di presentazione, il prof Alessandro de Maddalena (Biologo specialista nello studio degli squali in Sudafrica e Australia e di biologia dell'orca in Norvegia) che ha scritto la prefazione.
Tornando a noi, il libro è un'auto produzione come un altro precedente, disponibile in italiano, inglese e spagnolo; è distribuito a Genova dal negozio

Old Tom in una foto dell'epoca

Corderia Nazionale, oppure tranquillamente ordinabile su Amazon. Se siete subbi come noi allora vi consigliamo anche l’altra sua pubblicazione, “Racconti dal blu e altri colori” anche questa disponibile sia in formato elettronico, sia in quello tradizionale. Il Libro promette bene, tant’è che a dicembre 2019 era tra i primi posti nelle vendite di Amazon come regalo. Per quel che mi riguarda l’ho ordinato e spero di riceverlo presto per poterlo leggere. Consiglio vivamente di guardare la diretta di cui troverete il link sotto, che non potrà fare a meno di incuriosirvi ulteriormente e spingervi a leggere questo libro, che si presenta come un opera indirizzata a grandi e piccini, ma che come avrete modo di sentire, riscuote diversi consensi anche da ricercatori accademici.

Old Tom che aiuta i pescatori durante una battuta di caccia alla balena



Link: 







Buone Bolle! (e Buona Lettura)


Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”



domenica 31 maggio 2020

Quando una Donzella si pavoneggia


Il nostro gruppo di subacquei si divide tra l'Appennino bolognese e quello pistoiese, differenze labili per chi vive dalle nostre parti, ma haimè i confini che sino a ieri ci sembravano inesistenti oggi ci pesano non poco; fatto sta che mentre oggi noi da questa parte della montagna, stiamo facendo la fine dello stoccafisso, guardiamo con invidia i nostri amici in Toscana andare a mettere l'attrezzatura e se stessi in ammollo, senza poter far nulla.
Non mi resta che scrivere, ricontrollare l'attrezzatura e sperare in tempi migliori, dove qualche torma di incoscienti, amanti della movida di gruppo e degli spritz a 10 cm di distanza, non ci faccia riaprire una quarantena, cosa per la quale non credo risponderei più delle mie azioni.
Fatto questo preambolo, scorrendo le riprese e rileggendo qualche pubblicazione di subacquea mi è capitato di tornare a parlare con alcuni amici di un incontro, che consideriamo “Oro comune”, ma che nella realtà non è così scontato.
Credo che tutti voi ormai sappiate cos'è una specie aliena, in un pezzo precedente Egidio Trainito ne ha ampiamente discorso, forse in un po' meno sanno cos'è una specie Lessepsiana.
La definizione deriva dal nome dell'ingegnere che progettò (Ferdinad de Lesseps) e seguì la realizzazione del Canale di Suez, che come ben saprete mette di fatto in comunicazione il Mar Mediterraneo con l'Oceano Indiano. Una grande conquista per l'ingegneria e la navigazione, un bel po' di meno per l'equilibrio dell'ecosistema marino del nostro mare.
Il Mar Mediterraneo non è un mare chiuso, il suo sbocco naturale sull'Oceano (Atlantico, nel nostro caso) è dato dallo stretto di Gibilterra, il che rende possibile a specie che lo abitano di uscire e rientrare in esso. E' possibile quindi anche una colonizzazione di specie atlantiche nell'Habitat Mediterraneo e viceversa, sempre che si trovino le condizioni favorevoli allo sviluppo, il che richiede tempo e cambiamenti che si quantificano in secoli spesso. Queste colonizzazioni possono avere un successo dirompente iniziale per poi regredire con la stessa velocità con cui sono iniziate, oppure divenire permanenti creando nuovi equilibri o compromettendone irrimediabilmente altri.
Scatto di Roberto Puzzarini

Nel caso del canale di Suez il discorso cambia quasi del tutto, in realtà oggi come oggi molte specie aliene, sono divenute residenti al punto che siamo talmente abituati a vederle, e si sono adattate così bene, che spesso siamo portati a credere che siano sempre state lì, autoctone insomma.
Come forse ho accennato in precedenza in altri pezzi del blog, la colonizzazione involontaria può avvenire attraverso due veicoli: in primis il Canale stesso con la sua continuità, nel secondo invece le specie aliene rimediano “un passaggio” nelle vasche di zavorra delle navi che si riempiono e si svuotano per aumentare la propria stabilità in mare.
Come ho detto, capita che alcune specie siano ormai così facilmente osservabili da pensare che siano sempre state qui, ma non è così.
Tutti conosciamo la Coris julis (Linnaeus 17589, comunemente nota come Donzella, credo che il nome tragga origine dalle splendide evoluzioni che questo pesce spesso compie dinanzi ai sub che la osservano guizzando repentinamente avanti ed indietro, poi c'è la Thalassoma pavo (Linnaeus, 1758) famiglia delle Labridae.
I suoi caratteristici colori cangianti che vanno dal giallo dorato al verde, i caratteristici reticoli sulla testa di colore blu, che vengono ripresi dalle righe poste sulla schiena, la rendono inconfondibile. La sua livrea in giovane età è quasi totalmente verde fatta eccezione per una chiazza nera che manterrà anche da adulta.
La bocca è piccola e dotata di una sola fila di denti nelle mascelle, con due denti uncinati centrali più grandi.
La pinna dorsale è unica è i suoi raggi sono quasi tutti della stessa altezza, (8 spinosi, 12-13 molli) la pinna anale è allungata e contrapposta a quella molle dorsale.
Le pinne pettorali sono utilizzate dai maschi durante il corteggiamento, le agitano vistosamente per scoraggiare altri pretendendi e rivendicare un territorio, non capita di rado che provi ad attaccare anche i Sub, insomma un pesce con molta fiducia nei suoi mezzi, decisamente inversamente proporzionale alla sua stazza, di solito tra i 20-25 cm al massimo.
Come a volte capita in natura tra i pesci, cambia sesso, nasce femmina ma poi in capo a qualche anno, diviene maschio e perde le bande blu e la macchia nera una volta completato lo sviluppo, questo fenomeno è noto come “Ermafrodito Proterogino”.
Scatto di Roberto Puzzarini

Si tratta di una specie Lessepsiana, proveniente dal Mar Rosso stabilizzatasi con successo da tempo nelle nostre acque, favorita, assai probabilmente, dall'inesorabile, progressivo fenomeno di tropicalizzazione del Mar Mediterraneo.
La sua dieta è costituita da crostacei e molluschi che trova smuovendo il sondo sabbioso o cacciando tra le praterie di Posidonia che è solita frequentare, tuttavia sono stati osservati esemplari giovani nutrirsi di parassiti di pesci molto più grandi.
Il suo nemico naturale è il Barracuda del Mediterraneo (Sphyraena viridensis - Cuvier, 1829), la sua riproduzione avviene tra giugno e luglio ed è un oviparo pelagico.
La sua livrea è una delle più belle e cangianti che si possano osservare nel nostro mare, la sua distribuzione ormai tocca da tempo quasi tutte le nostre coste nel Tirreno, ma viene avvistata ormai frequentemente anche in Adriatico, in fondali che vanno dai 20 ai 100 metri di profondità.
Al solito, si ringrazia, tra gli altri,  Marco Moretti e Roberto Puzzarini per i loro scatti.

Nome Scientifico: Thalassoma pavo (Linnaeus, 1758)
Nome comune : Zingarella, Zita, Pizza di Re, Vecchia, pesce pettine, pappagallo, pisci urrej
Rischio di estinzione: Minima popolazione (Stabile)
Categoria Tassonomica: Specie
Ordine: Labridiformes
Classe: Actinoperygii
Classificazione superiore: Thalasso
Specie : T. pavo



Link:





Bibliografia:

Atlante di flora e fauna del Mediterraneo - Egidio Trainito, Rossella Baldracconi, ed Il Castello 2014
Pinneggiando nei mari italiani – Marco Bertolino, Maria Paola Ferranti, Hoelpi 2019
Guida della FAUNA MARINA COSTIERA DEL MEDITERRANEO” - Luther Fiedler – Franco Muzzio Editore


Buone Bolle!



Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”




giovedì 28 maggio 2020

Aree Marine Protette, tre casi a confronto




Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni (James Freeman Clarke)



L'area naturale marina protetta, definita per comodità, anche a livello internazionale, generalmente e più brevemente solo come area marina protetta o AMP, è una zona di mare circoscritta, in genere di particolare pregio ambientale e paesaggistico, all'interno della quale è in vigore una normativa limitativa e protettiva dell'habitat, delle specie e dei luoghi, e relativa alla regolamentazione e gestione delle attività consentite. Rientrano nell'ambito delle aree naturali protette e spesso sono anche definite riserve; in alcune di esse viene consentita anche la pesca commerciale tradizionale, presumibilmente non distruttiva. “ (Wikipedia)

In Italia dopo un lunghissimo iter di studio e fattibilità, contrastato soprattutto da pescatori, persone e politici con interessi particolari soprattutto speculativi all'interno delle aree dove ne era prevista l'istituzione, un estenuante e acceso dibattito politico nonché un profondo ritardo nei confronti di tutti gli stati occidentali, è stata finalmente attuata una legge quadro ed infine nel giro di diversi anni sono state infine istituite nel tempo tutte le aree marine ora in esercizio. Una delle peculiarità delle regole dell AMP è quella di limitare le attività di pesca e prelievo con delle regolamentazioni specifiche, ma anche quella di promuovere ed effettuare dei programmi di studio, ricerca e ripopolamento abbinati a dei programmi didattici ed educativi che permettano la maggiore conoscenza e sensibilità nei confronti della natura. Chi può opporsi alla creazione di un’ Area Marina Protetta? Di solito persone che potrebbero subire una perdita economica, come i palazzinari che si vedono chiudere l’opportunità di nuove licenze edilizie, magari la costruzione di porti turistici, per l’imposizione di nuove e costose regole. Potrebbero opporsi i pescatori, che si vedono tagliar via un’area più o meno vasta dalle loro opportunità. Ma anche i diportisti che temono l’introduzione di nuove norme, come per esempio il divieto di dare ancora, e obbligo di ormeggio a boe designate, il che li escluderebbe dal poter pranzare in qualsiasi caletta a piacimento. Potrebbe opporsi chi teme l’introduzione di contingenti tra visitatori e natanti. 

A tal argomento si consiglia la consultazione del libro “Politiche europee per il paesaggio: proposte operative” (Adriana Ghersi, 2016) dove si parla delle forti resistenze per la nascita di un AMP a Portofino, che vedeva in primis a contrastare la proposta, diportisti, pescatori, portatori di diversi interessi politico/economici. E' incontestabile, le Aree Marine Protette svolgono un ruolo fondamentale nell’attirare turisti, certo non un turismo di massa alla riminese per intenderci, ma orientato soprattutto a persone interessate al territorio e alle economie locali, turisti che vengono sottratti a spiagge e fondali che non offrono le stesse garanzie paesaggistiche, di biodiversità, di qualità delle acque. Le aree marine protette, quindi, rendono tantissimo e vanno incentivate.
Vorrei parlarvi di tre realtà che conosco, in tre stadi differenti d'opera/evoluzione/nascita delle stersse, AMP di Portofino (GE), AMP di Livorno (LI), AMP (Non ancora nata) di Sant'Antioco, San Pietro.


L'area naturale marina protetta di Portofino è un' Area marina protetta istituita con decreto del Ministero dell'Ambiente il 26 aprile 1999, con sede a Santa Margherita Ligure, ed è situata nel territorio di levante della città metropolitana di Genovafra i comuni di Camogli, Santa Margherita Ligure e Portofino. L'area è stata dichiarata Area Specialmente Protetta di Interesse Mediterraneo. Attualmente è in vaglio, su espressiva richiesta degli stessi comuni della riserva, presso la Camera dei deputati la proposta di trasformare il Parco regione di Portofino in Area nazionale, accorpando nei nuovi confini territoriali anche l'Area marina protetta . La proposta, esposta alla Camera in una audizione del 24 gennaio 2007, ma già avanzata nel 2004, è stata accolta

positivamente dalle amministrazioni comunali e dagli altri enti interessati, specie dopo il recente consenso di Santa Margherita Ligure, sede dell'ente parco regionale e della riserva marina protetta. In ogni caso sono vietate le attività subacquee che richiedano un contatto con il fondale, e inoltre è vietato l'ancoraggio delle imbarcazioni. La zona A (Riserva Integrale) comprende il tratto di mare interno (Cala dell'Oro) delimitato dalla congiungente dei punti identificati in Punta Torretta e Punta del Buco. È il tratto di mare dove è fatto divieto assoluto di navigazione, sosta, accesso, balneazione, pesca sportiva o professionale, immersioni subacquee. Nella zona A l'ambiente è conservato

Scatto nell'AMP di Portofino
integralmente e sono consentite solo attività di soccorso e ricerca scientifica autorizzate dal soggetto gestore. La balneazione è vietata. La zona B (Riserva Generale) va dalla Punta del Faro di Portofino, sotto il comune di Portofino, sino a Punta Chiappa, sita nella frazione di San Rocco di camogli, fatto salvo il corridoio di accesso e la rada di San Fruttuoso. Tale zona è caratterizzata da vincoli più larghi: la pesca sportiva è consentita (regolamentata) solo ai residenti, l'immersione subacquea con autorespiratore ad aria è consentita ai diving center e ai privati autorizzati, mentre è liberamente consentita l'attività subacquea in apnea e la libera balneazione. Inoltre le immersioni subacquee da riva sono consentite solo presso Punta Chiappa, il Dragone e la Colombara. Questo tratto di mare è molto amato e visitato dai subacquei, attratti dal notevole valore naturalistico dei fondali ed in particolare dal trionfo delle gorgonie rosse e dalla ricchezza di fauna. È in questa zona che si trova il Cristo degli abissi .
Cernia a Portofino

La zona C (Riserva Parziale) si estende ai due lati del Promontorio di Portofino ed è famosa ed ammirata per le sue vaste praterie di Posidonia oceanica. Ulteriori attività sono consentite e l'attività subacquea e la balneazione è libera, a parte specifiche limitazioni per la salvaguardia dell'ambiente. La pesca sportiva è consentita (comunque regolamentata) ai residenti e non. La riserva riveste un grande interesse per la subacquea, con svariati punti di immersione di interesse naturalistico.
Nella zona A, a meno di permessi speciali, le immersioni sono proibite.
Nella zona B l'immersione subacquea è consentita ai diving center e ai privati autorizzati, mentre sono proibite, a meno di autorizzazione, le immersioni notturne.
Nella zona C vengono praticate ulteriori concessioni. Personalmente adoro Portofino, che non delude davvero mai, sembra davvero di nuotare in un acquario.



Ma veniamo a Livorno, in questo caso si parla delle Secche della Meloria, si tratta di un’ampia scogliera affiorante che si estende per circa 40 chilometri quadrati a 3 miglia dalla costa livornese; i suoi fondali variano da 3 a 12 metri e sono costituiti da una alternanza di ampie radure di sabbia, praterie di Poseidonia Oceanica e tipiche formazioni geologiche dette “catini”. La bellezza del paesaggio subacqueo, pieno di vita e di colori, e la ricchezza della biodiversità sono un’attrazione indimenticabile che affascina tanti visitatori; sui fondali si segnala la presenza di numerosi relitti e resti archeologici, testimoni dei naufragi di imbarcazioni che si dirigevano verso il porto pisano nel periodo romano e al tempo delle repubbliche marinare.

 Con Decreto 217/2009 il Ministero ha approvato il regolamento recante la disciplina delle attività consentite nelle diverse Zone dell’AMP “Secche della Meloria”.Con la Delibera della Regione Toscana 35/2011 le Secche della Meloria sono state designate un “Sito di Importanza Comunitaria” (SIC). Attualmente per andare alle secche, se non si è in possesso di un'imbarcazione occorre contattare le società locali adibite per il noleggio barche oppure se lo scopo è quello di organizzare delle visite guidate ed osservare da vicino gli organismi marini occorre contattare i diving della zona. L'Ente Gestore aprirà in un futuro prossimo il centro visite dell'Area Marina Protetta. 


Anche qui esiste una Zona A di riserva integrale comprende il tratto di mare immediatamente ad ovest della Torre della Meloria, una Zona B di riserva generale ed una Zona C di riserva parziale. I fondali di Livorno sono caratteristici per la presenza di corallo rosso, gorgonie, spugne, coloratissimi nudibranchi e numerose specie di pesci oltre ad una vegetazione marina molto varia. Per potersi immergere in questo sito è opportuno rivolgersi ai diving operanti in zona, siti a poche miglia dall'Area Marina Protetta. Da tempo però si caldeggia di annettere all'AMP la parte di costa denominata “Miglio magico”, braccio di mare, idealmente compresa tra il Castello del Boccale e quello di Sonnino, dove si trova Calafuria. A dire il vero nei giorni scorsi un fatto piuttosto grave è avvenuto, chi ci segue sa che tempo fa in un mio pezzo parlavo di una rete da pesca, perfettamente operante era stata probabilmente distesa nottetempo, da qualche pescatore dinanzi al golfetto sotto la Torre, in dispregio a distanze regolamentari e alla sicurezza di un sito arcinotamente frequentato dai subacquei durante tutto l'anno e a qualsiasi ora del giorno e della notte.


In sintesi la mattina di giovedì 17 agosto, i sommozzatori del V Nucleo della Guardia Costiera di Genova, sotto il coordinamento della Capitaneria di porto di Livorno, hanno recuperato una grossa rete da posta, lunga oltre 100 metri, abbandonata sul ciglio della scarpata, al largo di Calafuria. L’attrezzo, era stato segnalato nei giorni scorsi da una Associazione di subacquei labronica, era in parte ancora teso, per cui continuava a catturare pesci e altre specie, oltre a essere pericoloso per la sicurezza delle attività subacquee, in una zona molto frequentata dagli amanti delle immersioni. L’operazione non era semplice, richiedeva una precisione certosina per non danneggiare il fondale e la sua flora, ma grazie alla perizia degli operatori, si è conclusa con pieno successo. È stato così possibile preservare il prezioso corallo rosso, vero fiore all’occhiello del litorale livornese.



Per Sant'Antioco e San Pietro il discorso sembra ancora lungi a venire, ricordo le mie discussioni con alcuni pescatori del posto, quelli favorevoli si esprimevano quasi di nascosto e a bassa voce. In questo caso l'area marina protetta che vorrebbero istituire dovrà essere compresa all'interno dell'area vasta di reperimento che all'incirca va da Buggerru fino a Teulada e che nelle leggi 979/82 art.31 e 394/91 art.36 avevano denominata "Isola di San Pietro". Precisazione necessaria per far capire che se tutti i Sindaci interessati da questo grande tratto di costa si attivano insieme ci sarebbe una grandissima opportunità di sviluppo per l'intero Sulcis e non solo per l'Isola di San Pietro.

Ovviamente ogni Sindaco interessato dovrebbe effettuare un primo studio puntuale relativo al suo territorio da presentare poi al Ministero al fine di inserirlo nel lungo iter procedurale. Qualche territorio negli anni passati aveva già fatto degli approfondimenti (Sant'Antioco per esempio). Purtroppo ad oggi pare che solo il Comune di Carloforte sta partecipando attivamente all'iterprocedurale del Ministero. Tuttavia, pur essendo stati offerti a Carloforte i fondi per attivarne l’istituzione, una parte degli isolani parrebbe fortemente ostile al progetto, e ha creato un comitato NoAMP, un’altra parte della popolazione ha quindi creato un comitato PROAMP. In questa situazione, quando il sindaco è andato al ministero il 13 Febbraio 2020 per accettare i finanziamenti e iniziare l’iter (che comunque durerebbe circa 4 anni), di fronte alla richiesta del Ministero di portare avanti gli studi per la realizzazione dell'AMP, avendo avuto comunicazione che, una volta dato il consenso e avviati gli studi dell'ISPRA, non si potrà tornare indietro, l'amministrazione ha richiesto una proroga (per non andare contro a quella parte della popolazione che era contraria).

 Il sindaco non ha firmato l'avvio degli studi e LA PROCEDURA PER L'ISTITUZIONE DELL'AMP è QUINDI, AL MOMENTO, SOSPESA; il sindaco ha poi invitato i due comitati, pro e contro AMP, ad agire con le proprie campagne informative per poi, una volta finite le campagne, prendere una decisione. Le campagne informative però, per via dell'emergenza Covid19 virus, non sono state fatte e dell’AMP non si è più parlato. Un politico pensa alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni (James Freeman Clarke) . Da quel che mi è dato sapere, un paio di grossi progetti edilizi, nel caso dell'istituzione di un Parco marino avrebbero forti problemi ad essere realizzati, sebbene già in passato bollati come ennesime “Cattedrali nel

deserto” e dalle dubbie sostenibilità ambientali, per non parlare delle effettive (reali) ricadute occupazionali tanto sbandierate. In tal senso durante una diretta Facebook ho avuto modo di interrogare, Egidio Trainito, personaggio che in quanto a mare non credo che abbia bisogno di ulteriori presentazioni a riguardo, riporto la mia domanda e la sintetica risposta.

Subacqueodisuperficie: “So che a Sant'Antioco si è proposto la costituzione di un AMP, purtroppo una parte della popolazione con dietro una certa politica è contro, se si fa un giro in porticciolo si vedono un sacco di barche al rientro vendere pesce sottotaglia e anno dopo anno sempre più piccole. In questo senso credo che le AMP intervallate lungo la costa siano non solo un bene ma qualcosa di necessario. Cosa ne pensate?”
Egidio Trainito: “Le AMP sono fondamentali per una inversione di tendenza, ma devono anche funzionare: AMP senza consenso oppure vuote di attività servono solo a dare qualche stipendio (pochi) ma non svolgono un vero ruolo di cambiamento.”



Devo ammettere che la risposta mi ha un attimo preso di sorpresa, non una spassionata difesa ad oltranza delle AMP ad ogni costo, ma un arguta riflessione direi. In sintesi il messaggio alla fine è piuttosto chiaro, le AMP servono, ma solo se, se ne comprende veramente il significato, se si percepisce quel mare non meramente come un mezzo di sostentamento/sfruttamento (pesca e turismo predatorio), ma come un patrimonio di cui le genti locali stesse fanno parte. Il ritorno in termini di turismo, maggiore tasso di riproduzione della fauna ittica, che comunque da quell'area poi fuoriesce, non sono argomenti contestabili. Non sono discorsi vuoti e retorici, chiunque sappia cos'è il fermo biologico per la pesca, sa di cosa parlo, in quel periodo il mare si rigenera, pensate soltanto a cosa è successo in questo periodo di lockdown in cui siamo dovuti starcene chiusi in caso, limitando le attività antropiche nell'ambiente. Non serve sempre sbarrare km di coste, ma alcuni brevi tratti e dare modo a quelle aree di divenire santuari.
La difesa stessa dei fondali, delle praterie di posidonia, che lo ricordiamo, è una pianta e non un alga, sono fondamentali per l'ossigenazione stessa dell'acqua e come nascondiglio per gli avanotti, come terreno di crescita per molti molluschi che costituiscono la biomassa alimentare di molti piccoli predatori. In questo senso garantire degli ancoraggi sostenibili, limitare un diportismo selvaggio e cafone, facendo rispettare i divieti che già ci sono sarebbe un primo passo nella giusta direzione.
Spero di avervi dato qualche spunto di riflessione.

Buone Bolle!



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Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”


venerdì 8 maggio 2020

Il cambiamento è qui ed ora... Cosa ci dice il mare? - Due chiacchere con Egidio Trainito





Domenica 3 maggio 2020 ore 18:00 altro incontro in diretta Facebook con Egidio Trainito. Per ogni fotografo subacqueo che si rispetti, biologo o semplice appassionato di fauna e flora marina questo è un nome che non si può non conoscere. Personalmente nella mia biblioteca ho due suoi testi di Malacologia e il suo leggendario “Atlante della Fauna e della flora del Mediterraneo”, insieme a tante altre pubblicazioni certo. Egidio Trainito padovano di nascita, vive e lavora in Sardegna dal 1985: si occupa principalmente di sviluppo compatibile del turismo e di progetti di conservazione in Aree Marine Protette. Svolge anche attività di consulente editoriale: ha curato la collana Coste e Mari d'Italia, ha collaborato a numerosi volumi sulle Aree Marine Protette italiane ed ha curato l'editing dell'edizione internazionale di “Le migliori immersioni del Mondo e Relitti”, “le migliori immersioni del mondo”. Ha pubblicato numerosi libri sugli ambienti marini e una raccolta di racconti di viaggio: “Il cercatore di esche”. Tra le edizioni più recenti, per il Castello ha pubblicato le guide illustrate “Conchiglie del Mediterraneo” e “Nudibranchi del Mediterraneo”. I suoi ultimi libri sono “Sardegna. Mare Protetto” e “Tavolara Guida all'AMP”. Il suo libro più importante, “Atlante di Flora e Fauna del Mediterraneo”, è giunto alla quarta edizione, ampliato e aggiornato. Dal 2005 è consulente della trasmissione Linea Blu di RAI 1. 



 
Insieme a lui Mario Romor, che io ricordavo come training Manager di Esa Worldwide (European Scuba Ageny).
L'incontro è organizzato da “Blue & Blue Diving” di Viterbo, nelle persone di Otello Litardi e l'aiuto tecnico di Muaro Baffo (Videosolution).
Il tema è spinoso, assai spinoso ed il titolo stesso di questo Happening virtuale è esplicativo : “Il cambiamento è qui ed ora..... cosa ci dice il mare?”.
Che le attività umane siano impattattanti sull'ambiente non è una novità; come abbiamo avuto modo di imparare da questo periodo di Lockdown (Domiciliari di dolorosa necessità), l'assenza forzata dell'uomo da determinate aree del pianeta, ha corrisposto ad una riappropriazione della fauna e della flora delle aree lasciate temporaneamente scoperte, ma non solo questo.
Purtroppo come dirà Trainito durante questo incontro, l'attivista ambientale svedese, Greta Thumberg non dice cavolate, il cambiamento è in atto ed ad una velocità impressionante ed in costante accelerazione.
Non si parla solo di riscaldamento globale, plastiche (quest' ultime trovate ormai anche a grandi profondità) e microplastiche, ma di una serie di mutamenti nell'ecosistema marino che avvengono in silenzio, e con una celerità sorprendente. Molti che si interessano alla subacquea e alla biologia marina hanno ben chiaro quale sia il problema rappresentato dalle specie aliene nel nostro Mar Mediterraneo.
Piccola parte dei titoli della mia biblioteca
A molti di voi è noto come specie non endemiche dei nostri mari come il Pesce palla, il Pesce coniglio, il vermocane, la Caulerpa cilindracea, alcune specie di meduse siano arrivate attraverso il Canale di Suez nei nostri mari, trovando condizioni sempre più favorevoli a causa del riscaldamento globale.
Si tratta di specie per lo più Lessepsiane, dal nome di Ferdinand de Lesseps l'ingegnere francese che ne ideò e curò la realizzazione nel decennio tra il 1859-69, tuttavia tra le altre abbiamo anche il Granchio corridore dell'atlantico che io ebbi modo di vedere circa cinque anni fa sull'isola di Sant'Antioco, precisamente sulla scogliera di Mangiabarche a Calasetta.
Il problema in realtà è molto maggiore della competizione daewiniana nella quale l'uomo ci ha messo il suo zampino grazie ad incaute introduzioni, opere ingegneristico/idrauliche, serbatoi di zavorra delle navi.



Trainito rimarca subito come ogni organismo visibile introdotto nell' ecosistema del Mediterraneo, veicola con sé altri organismi invisibili o parassiti che albergano nello stesso e si trasmettono attraverso la catena alimentari con effetti ed interazioni imprevedibili. Si pensi all'improvvisa moria della Pinna Nobilis (Egidio Trainito la dà per spacciata), a quella del Riccio di Prateria (Sphaerechinus granularis ) o a quello alimentare (Paracentrotus lividus). Appare chiaro quindi che episodi ormai divenuti norma come gli attacchi alla popolazioni dei bivalvi da parte della Rapana Venosa proveniente dal mare del Giappone ed ora presente in Adriatico, al Vermocane (Hermodice carunculata Pallas) ormai segnalato ovunque, non so9no che la punta dell'iceberg. Trainito fa notare come si stiano sviluppando nuove simbiosi tra le specie lessepsiane e quelle nostrane, con esiti tutt'altro che prevedibili e/o scontati, la natura si adatta e riequilibra, ma come al solito ci sono e saranno, vinti e vincitori. Ecco quindi che l'aragosta sta scomparendo da certe aree, lo stesso per le gorgonie rosse e tutta quella fauna che vive intorno, mentre il riscaldamento ha favorito una diffusione notevole in un primo tempo del barracuda del mediterraneo che poi si è ridimensionata per conto suo. Specie come la Cernia rossa( Mycteroperca rubra) , il Pesce flauto (Fistularia commersoni), il Pesce coniglio (Siganus luridus), cominciano a trovarsi spesso nelle reti ormai.

 
Mappa della diffusione e avvistamenti del Pesce Flauto

Ricorda come anni fa si si diede l'allrme per la diffusione della Caulerpa tersifoglia, ad opera di un incauto sversamento in mare delle acque dell'acquario del Principato di Monaco, la cosa richiese un grosso sforzo per arginare la diffusione dell'organo invasivo estraneo che arrivò sino in Liguria, ma inaspettatamente, dopo una diffusione rapida ebbe a ridimensionarsi rapidamente, per cause che ancora non comprendiamo del tutto, parallelamente oggi una sua parente, la Caulerpa Cilindracea, invece, si sta diffondendo senza peraltro dare segni di voler rallentare la sua radicazione ovunque.
Si è poi parlato del fatto che molti dei dati che vengono raccolti in realtà provengono da segnalazioni di sub che non praticano ricerca, ma fotografano e fanno avvistamenti fortuiti, in questo senso si auspica una maggiore partecipazione per la raccolta dei dati con particolare riferimento alla scomparsa/comparsa di specie vecchie/nuove negli abituali siti di immersioni frequentati.
Alla domanda cosa possiamo fare noi sub per aiutare, la risposta di Mario Romor è stata quella di mantenere un basso impatto ambientale fin da casa ogni giorno, e avere in mare una filosofia meno frenetica quindi più “Slow Divers”, Egidio Trainito è decisamente più pessimista a riguardo, sostenendo (come dargli torto) che fintanto che non capiremo che dovremo abbracciare una visione meno antropocentrica le cose non cambieranno.
Piccola nota personale: ne parlerò più avanti magari in un altro pezzo ma ho voluto la sua opinione circa la costituzione delle AMP, portando come esempio le resistenze portate avanti da alcuni comitati a Sant'Antioco, (ma anche a Livorno per Calafuria) . La tendenza è di assegnare alle AMP (questo a livello globale) il 10% del patrimonio costiero, ma si parla anche di conservare alcune aree in mare aperto; è un dato di fatto che il pianto del pescatore che pesca sotto taglia o non pesca affatto, è un cane che si morde la coda, le AMP funzionano da aria di ripopolamento naturale di pesce che poi va a colonizzare anche altre aree, è un fatto.
Questo periodo di fermo dalle immersioni è una dolorosa necessità, tuttavia eventi come questi sono utili non solo per noi appassionati del mare, ma sopratutto per diffondere una maggiore consapevolezza. Si ringrazia Blue & Blue Diving, per aver organizzato questa splendida chiaccherata.



Buone Bolle





Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”