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giovedì 22 novembre 2018

Buio Pesto





 "Dopo l'istante in cui i miei occhi si sono aperti nel mare, non mi è stato più possibile vedere, pensare, vivere come prima"

Jacques Cousteau

Abbiamo deciso d'impeto, Salva, il “Batta” ed io, notturna a Calafuria, è un venerdì sera, il tempo di arrivare sulla scogliera e sta cominciando a fare buio.
Ed ecco la prima sorpresa di stasera, saremo solo in due, Batta ha dimenticato il Gav, gli diciamo di noleggiarne uno al Diving, ma è superstizioso, dice che se successo vuol dire che è destino e rinuncia, ci farà assistenza da terra.
È davvero un buio pesto questo e solo vicino agli scogli c'è un chiarore diffuso dato dall'illuminazione della strada e di qualche locale, l'acqua è trasparente e cristallina, provo tutte e tre le torce che ho con me, Salva fa lo stesso, con la differenza che ne avrà sette, una personale più le altre della sua attrezzatura da cineoperatore.
Si attivano anche i nostri segnalatori luminosi sulle rubinetterie delle bombole, precauzione quasi inutile, penso, visto che il mio compagno ha un “santuario” di luci attorno alla cinepresa.
Io porterò il pallone di segnalazione, attivo la luce stroboscopica, le ultime raccomandazioni e domande sui controlli fatte dal Batta che ci assisterà a riva e poi si entra in acqua.
Calarsi dentro in questo fresco abbraccio, il peso sulla schiena della bombola che si attenua, uno degli erogatori che inizia a “bollire” aria viene girato e smette subito, un ulteriore controllo ai manometri, tutto ok si pinneggia in superficie verso l'uscita del golfo.
Sono tranquillo, sto parlando con il mio compagno, anche se ho una sottile inquietudine, nonostante il mare calmissimo, l'acqua piacevolmente tiepida, allontanandoci dalle luci della strada il buio è davvero pesto.
Il cielo è coperto e sopra di esso vi è solo una falce di luna, certo conosciamo quasi ogni singolo sasso di questo posto durante il giorno, e la risacca ci dice che siamo prossimi alla punta d'uscita del golfetto, poco sopra si staglia la figura amica della Torre di Calafuria, poco più in là i rumori della musica del locale adiacente al Diving.
È questo il punto che abbiamo scelto per la discesa, sarò io apripista avendo il pallone che segnala ai naviganti e alla nostra assistenza a terra la nostra posizione, tutte e due le torce accese, un ultima occhiata alle bussole e poi si scende.
Erogatore in bocca, il rumore del mio respiro comincia a coprire quasi tutto il resto, sovrastato solo da quello del soffio d'aria del mio jacket che si svuota per consentirmi di andare sotto.
Di nuovo vengo abbracciato, ma questa volta dall'oscurità più completa, il fascio di luce della torcia appesa ad uno degli spallacci proietta verso il basso, ci vogliono alcuni secondi prima che inquadri i sassi familiari del fondo, aggiungo un po' di aria nel Jacket e freno la discesa, arrivo in punta di pinne.
Giro lo sguardo in alto, verso la superficie, un indistinto nero rotto ogni tanto dal lampeggio della stroboscopica su di esso, il mio compagno plana poco distante da me, alcuni secondi mentre registriamo i cinghiaggi e poi dati i proverbiali “OK” tradizionali si va per la direzione stabilita in precedenza.
Non dovrebbe essere una immersione particolarmente fonda sarà intorno ai 20 metri circa, sarà il mio compagno a condurre, visto che è alla ricerca di alcune creature che si trovano agevolmente solo di notte.
Intorno a noi ci sono alcune sardine sospese nel buio, non si muovono neppure quando illuminate, di giorno le vedresti volteggiare all'unisono in branco, e mentre il cineoperatore si attarda sull'infiorescenza di uno spirografo io faccio il mio primo incontro: Beroe Ovata.
Una medusa senza filamenti, cava all'interno, di forma vagamente falliforme, nella sua trasparenza dalla sommità sino ai bordi è segnata da piccole linee che occasionalmente percorsa da uno scintillio elettrico. Di lì a poco Salva mi raggiunge, mi scosto e gli lascio filmare questa piccola meraviglia.
Io mi guardo intorno, ovunque è un fervore di di vita,: i saraghi fasciati in caccia, le triglie a rovistare sul fondo, scorfani immobili nei loro riflessi aranciati vicino ai sassi e i Re di Triglia (Apogon Imberbis) prossimi alle loro tane.
Gli sguardi volano spesso ai manometri e alla posizione del mio compagno e poi il nostro primo di molti incontri simili questa notte: il polpo (octopus vulgaris) .
A vederlo esanime in pescheria non lo direste, ma i suoi movimenti in acqua sono una delicata danza e nuota con una fluidità perfetta.
Le nostre luci lo attraggono e frastornano, poi un bruciore al polso mi distrae, poco sotto il computer da immersione, un guanto ha ripiegato il bordo indietro lasciandomi un centimetro di pelle scoperta, illumino con la torcia intorno a me ed eccola: poco in là, il terrore di bagnanti, la Medusina Viola (Pelagia noctiluca), bellissima ed evanescente, nel totale buio, con quella caratteristica croce bioluminescente in testa.
Un occhiata al manometro e un altra alla bussola, senza quest'ultima e senza riferimenti certi qui sotto ci perderemmo nonostante, di giorno questo luogo non abbia quasi segreti per noi.
Lenti prendiamo la strada per il ritorno, ma ci fermiamo a “dare la precedenza” a un gruppo di grossi cefali (Mugil cephalus) che attraversa fulmineo davanti a noi, mi giro verso il mio compagno che mi fa il segno di “ok”, è riuscito a riprenderli.
Perdo di vista il mio compagno in acqua un paio di volte, e in quelle occasioni mi rendo conto dell'effettivo buio pesto che mi circonda, abbasso il fascio della torcia verso il basso e mi guardo intorno calmo e l'unica luce disponibile, ed eccolo laggiù che si attarda su una polpessa (Octopus macropus Risso) che non è la femmina del polpo bensì una specie a sé stante.
No...lo so questo è un Polpo non una polpessa :)
Anche lei nel muoversi ha una grazia insospettabile per queste creature.
Meno male...che stiamo rientrando, io sto lottando con il mulinello del pallone che si è impigliato già un paio di volte...non è il mio e mi ci trovo male.
Il nostro ultimo incontro è costituito da due seppie (Sepia Officinalis), una minuscola grande poco meno dell'ultima falange del mio pollice, e l'altra di circa 10 cm di lunghezza con una parte della pelle superiore strappata, sicuramente a causa di un predatore che non è riuscito ad averla vinta con lei.
La riemersione è dolce l'aria in superficie è inaspettatamente calda, il mio compagno commenta concitatamente i nostri vari “hai visto quello?”, “hai visto quell'altro?”.
Il bruciore sul polso è intenso, ma sopportabile, non ho uno stick all'ammoniaca appresso e non avrò acqua calda sino a casa...pazienza sopporterò.
L'amico rimasto a terra ci chiama, tutto è andato a meraviglia, ci aiuta ad uscire, la parte più difficile sarà svestirsi dalla muta, si è alzato un certo venticello e noi siamo umidi, ma ne è valsa la pena.
La serata Continua a Livorno in casa di amici, anchessi sub, si sarebbero uniti a noi ma gli impegni di lavoro glielo hanno impedito, appena arrivato in casa tuffo il polso sotto il rubinetto dell'acqua calda, a vedere se riesco a neutralizzare in parte il veleno della medusa.
Terminiamo questa notte con una piacevole chiaccherata davanti ad un monumentale piatto modello “Monte Fuji”, di carbonara fumante, che ci hanno preparato mentre Salva sfotteva amichevolmente la padrona di casa chiamandola “Sirena di sughero” (per il suo assetto in acqua), humor subacqueo e tante risate.

Data Immersione: 9 Ottobre 2015

P.s. Le foto sono di un altra notturna, sto ancora aspettando che Salva mi faccia vedere il girato di quella notte


Attrezzature:

Computer: PUK Mares
Gav: OK 3000 Freeshark
Octopus: Primo stadio MR2 Mares, M5 Oceanic,  Secondi stadi Mares Rebel – Seacsub
Muta : Monopezzo umida 5mm Iceman
Pinne : Mares Avanti 4
Maschera: Italica Seac Sub
Immersione da terra - Calafuria (LI)
Temp. Acqua: 24 C°



Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie"



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