"Dopo l'istante in cui i miei occhi si sono aperti nel mare, non mi è stato più possibile vedere, pensare, vivere come prima"
Jacques Cousteau
Abbiamo deciso d'impeto,
Salva, il “Batta” ed io, notturna a Calafuria, è un venerdì
sera, il tempo di arrivare sulla scogliera e sta cominciando a fare
buio.
Ed ecco la prima sorpresa
di stasera, saremo solo in due, Batta ha dimenticato il Gav, gli
diciamo di noleggiarne uno al Diving, ma è superstizioso, dice che
se successo vuol dire che è destino e rinuncia, ci farà assistenza
da terra.
È davvero un buio pesto
questo e solo vicino agli scogli c'è un chiarore diffuso dato
dall'illuminazione della strada e di qualche locale, l'acqua è
trasparente e cristallina, provo tutte e tre le torce che ho con me,
Salva fa lo stesso, con la differenza che ne avrà sette, una
personale più le altre della sua attrezzatura da cineoperatore.
Si attivano anche i nostri
segnalatori luminosi sulle rubinetterie delle bombole, precauzione
quasi inutile, penso, visto che il mio compagno ha un “santuario”
di luci attorno alla cinepresa.
Io porterò il pallone di
segnalazione, attivo la luce stroboscopica, le ultime raccomandazioni
e domande sui controlli fatte dal Batta che ci assisterà a riva e
poi si entra in acqua.
Calarsi dentro in questo
fresco abbraccio, il peso sulla schiena della bombola che si attenua,
uno degli erogatori che inizia a “bollire” aria viene girato e
smette subito, un ulteriore controllo ai manometri, tutto ok si
pinneggia in superficie verso l'uscita del golfo.
Sono tranquillo, sto
parlando con il mio compagno, anche se ho una sottile inquietudine,
nonostante il mare calmissimo, l'acqua piacevolmente tiepida,
allontanandoci dalle luci della strada il buio è davvero pesto.
Il cielo è coperto e
sopra di esso vi è solo una falce di luna, certo conosciamo quasi
ogni singolo sasso di questo posto durante il giorno, e la risacca ci
dice che siamo prossimi alla punta d'uscita del golfetto, poco sopra
si staglia la figura amica della Torre di Calafuria, poco più in là
i rumori della musica del locale adiacente al Diving.
È questo il punto che
abbiamo scelto per la discesa, sarò io apripista avendo il pallone
che segnala ai naviganti e alla nostra assistenza a terra la nostra
posizione, tutte e due le torce accese, un ultima occhiata alle
bussole e poi si scende.
Erogatore in bocca, il
rumore del mio respiro comincia a coprire quasi tutto il resto,
sovrastato solo da quello del soffio d'aria del mio jacket che si
svuota per consentirmi di andare sotto.
Di nuovo vengo
abbracciato, ma questa volta dall'oscurità più completa, il fascio
di luce della torcia appesa ad uno degli spallacci proietta verso il
basso, ci vogliono alcuni secondi prima che inquadri i sassi
familiari del fondo, aggiungo un po' di aria nel Jacket e freno la
discesa, arrivo in punta di pinne.
Giro lo sguardo in alto,
verso la superficie, un indistinto nero rotto ogni tanto dal
lampeggio della stroboscopica su di esso, il mio compagno plana poco
distante da me, alcuni secondi mentre registriamo i cinghiaggi e poi
dati i proverbiali “OK” tradizionali si va per la direzione
stabilita in precedenza.
Non dovrebbe essere una
immersione particolarmente fonda sarà intorno ai 20 metri circa,
sarà il mio compagno a condurre, visto che è alla ricerca di alcune
creature che si trovano agevolmente solo di notte.
Intorno a noi ci sono
alcune sardine sospese nel buio, non si muovono neppure quando
illuminate, di giorno le vedresti volteggiare all'unisono in branco,
e mentre il cineoperatore si attarda sull'infiorescenza di uno
spirografo io faccio il mio primo incontro: Beroe Ovata.
Una medusa senza
filamenti, cava all'interno, di forma vagamente falliforme, nella sua
trasparenza dalla sommità sino ai bordi è segnata da piccole linee
che occasionalmente percorsa da uno scintillio elettrico. Di lì a
poco Salva mi raggiunge, mi scosto e gli lascio filmare questa
piccola meraviglia.
Io mi guardo intorno,
ovunque è un fervore di di vita,: i saraghi fasciati in caccia, le
triglie a rovistare sul fondo, scorfani immobili nei loro riflessi
aranciati vicino ai sassi e i Re di Triglia (Apogon Imberbis)
prossimi alle loro tane.
Gli sguardi volano spesso
ai manometri e alla posizione del mio compagno e poi il nostro primo
di molti incontri simili questa notte: il polpo (octopus vulgaris) .
A vederlo esanime in
pescheria non lo direste, ma i suoi movimenti in acqua sono una
delicata danza e nuota con una fluidità perfetta.
Le nostre luci lo
attraggono e frastornano, poi un bruciore al polso mi distrae, poco
sotto il computer da immersione, un guanto ha ripiegato il bordo
indietro lasciandomi un centimetro di pelle scoperta, illumino con la
torcia intorno a me ed eccola: poco in là, il terrore di bagnanti,
la Medusina Viola (Pelagia noctiluca), bellissima ed evanescente, nel
totale buio, con quella caratteristica croce bioluminescente in
testa.
Un occhiata al manometro e
un altra alla bussola, senza quest'ultima e senza riferimenti certi
qui sotto ci perderemmo nonostante, di giorno questo luogo non abbia
quasi segreti per noi.
Lenti prendiamo la strada
per il ritorno, ma ci fermiamo a “dare la precedenza” a un gruppo
di grossi cefali (Mugil cephalus) che attraversa fulmineo davanti a
noi, mi giro verso il mio compagno che mi fa il segno di “ok”, è
riuscito a riprenderli.
Perdo di vista il mio
compagno in acqua un paio di volte, e in quelle occasioni mi rendo
conto dell'effettivo buio pesto che mi circonda, abbasso il fascio
della torcia verso il basso e mi guardo intorno calmo e l'unica luce
disponibile, ed eccolo laggiù che si attarda su una polpessa
(Octopus macropus Risso) che non è la femmina del polpo bensì una
specie a sé stante.
No...lo so questo è un Polpo non una polpessa :) |
Anche lei nel muoversi ha una grazia
insospettabile per queste creature.
Meno male...che stiamo
rientrando, io sto lottando con il mulinello del pallone che si è
impigliato già un paio di volte...non è il mio e mi ci trovo male.
Il nostro ultimo incontro
è costituito da due seppie (Sepia Officinalis), una minuscola grande
poco meno dell'ultima falange del mio pollice, e l'altra di circa 10
cm di lunghezza con una parte della pelle superiore strappata,
sicuramente a causa di un predatore che non è riuscito ad averla
vinta con lei.
La riemersione è dolce
l'aria in superficie è inaspettatamente calda, il mio compagno
commenta concitatamente i nostri vari “hai visto quello?”, “hai
visto quell'altro?”.
Il bruciore sul polso è
intenso, ma sopportabile, non ho uno stick all'ammoniaca appresso e
non avrò acqua calda sino a casa...pazienza sopporterò.
L'amico rimasto a terra ci
chiama, tutto è andato a meraviglia, ci aiuta ad uscire, la parte
più difficile sarà svestirsi dalla muta, si è alzato un certo
venticello e noi siamo umidi, ma ne è valsa la pena.
La serata Continua a Livorno in casa di amici, anchessi sub, si sarebbero uniti a noi ma
gli impegni di lavoro glielo hanno impedito, appena arrivato in casa tuffo il polso sotto il rubinetto dell'acqua calda, a vedere se riesco a neutralizzare in parte il veleno della medusa.
Terminiamo questa notte
con una piacevole chiaccherata davanti ad un monumentale piatto
modello “Monte Fuji”, di carbonara fumante, che ci hanno
preparato mentre Salva sfotteva amichevolmente la padrona di casa chiamandola
“Sirena di sughero” (per il suo assetto in acqua), humor subacqueo e tante risate.
P.s. Le foto sono di un altra notturna, sto ancora aspettando che Salva mi faccia vedere il girato di quella notte
Attrezzature:
Computer: PUK Mares
Gav: OK 3000 Freeshark
Octopus: Primo stadio MR2 Mares, M5 Oceanic, Secondi stadi Mares Rebel – Seacsub
Muta : Monopezzo umida 5mm Iceman
Pinne : Mares Avanti 4
Maschera: Italica Seac Sub
Immersione da terra - Calafuria (LI)
Temp. Acqua: 24 C°
Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie"
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