"Lento mi adagio sul fondo bilanciando
l'aria che mi serve per equalizzare il mio peso a quello dell'acqua,
una sistemata alle cinghie.
Solo con il rumore del mio respiro, mi
guardo intorno, il momento perfetto, il mondo non esiste,
meccanicamente giro la testa verso l'alto dove il chiarore è
maggiore."
È stato un inverno lungo, l’acqua
ancora fredda, temerario mi sono affidato alla semistagna e sto
“pedalando di pinne insieme agli altri in mezzo al golfetto di
Calafuria, cullato dall'acqua, nelle orecchie il chiacchericcio
affannato dei miei compagni, le gambe che spingono e quella
sensazione di vuoto sotto di me.
Ogni tanto mi giro sulla pancia per
guardare di sotto com’è la visibilità, l’acqua fredda si fa
sentire in quel perimetro compreso tra la maschera ed il cappuccio.
Finalmente l'arrivo, un ultimo ennesimo
controllo, le cinghie che mi costringono,
sembriamo tutti dei grassi batraci,
mentre ci guardiamo tra noi, ognuno memorizza la configurazione dell'attrezzatura dei compagni e del compagno con cui farà coppia, ognuno mentalmente aspetta il segnale
del nostro apripista per la discesa, quello che porta il pallone.
Metto su la maschera e infilo in bocca
il boccaglio, mi giro di nuovo, lo faccio sempre, guardo la discesa
del mio compagno tra le bolle prodotte dal suo erogatore, aspetto che
raggiunga il fondo prima di girarmi nuovamente.
Il segnale di ok viene dato per
l'inizio discesa, aspetto il mio turno, l'erogatore in bocca, il
suono potente del rilascio dell'aria, quello del gav che si sgonfia,
quella sensazione come di due mani invisibili che lentamente ti
tirano sotto.
Il battito del cuore accelera
percettibilmente, i suoni cambiano e divengono leggermente ovattati,
il rumore delle bolle e quello intervallato ad esse del mio respiro,
sono i miei compagni in quella fase.
Meccanicamente compenso anticipando una
fastidiosa sensazione sugli orecchi e continuo a scendere, guardo in
basso.
Uno, due colpetti al vis e immetto aria
nel giubbotto, non voglio sembrare Ironman che arriva a terra facendo
una ragnatela di crepe, qui alzerei solo del sedimento dal fondo,
rallento la discesa e mi appoggio delicatamente in punta di pinne.
Lento mi adagio sul fondo bilanciando
l'aria che mi serve per equalizzare il mio peso a quello dell'acqua,
una sistemata alle cinghie.
Solo con il rumore del mio respiro, mi
guardo intorno, il momento perfetto, il mondo non esiste,
meccanicamente giro la testa verso l'alto dove il chiarore è
maggiore.
Il Sole occhieggia in Superficie |
La luce del sole mi occhieggia da lontano nel baluginio dei riflessi della superficie una decina di metri più su, accendo la torcia illuminando qualche pesce curioso, il fascio lo fa esplodere di colore, semplice fisica che si trasforma in magia.
Io creatura di terra ed aria, sono di
nuovo solo con il mio respiro in questo paesaggio alieno, diverso
ogni volta, prestato per la breve durata dell’immersione a quel
mondo dal quale tutti siamo provenuti.
Io il mio respiro e basta, il cuore
batte di nuovo più lento, pace assoluta, il momento perfetto che
vorrei si dilatasse all'infinito.
Sono secondi che a me paiono minuti, ma
presto questo incanto si spezzerà, l'aria qui è preziosa e ci si
muoverà... però lasciatemi congelare nel tempo questo momento che
è, e resterà solo mio.
Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie"
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