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domenica 12 luglio 2020

Il Mare nel secchiello, uno spunto per i giovani futuri sub

Delle attività che mi ha sempre dato maggiore soddisfazione, che il Casio Divers Group persegue, mi manca particolarmente quella di divulgazione con i bambini, sono delle spugne nel senso più completo del termine, e come molti, coltivo la speranza che potranno essere degli adulti migliori di noi. Ho sempre pensato che si finisce per distruggere per lo più per ignoranza, che se insegni ad apprezzare la bellezza, la complessità delle diverse e tante forme di vita non puoi rimanere indifferente. Lo so  è difficile mantenere quella curiosità tipica dei bambini, ma altresì lo trovo un esercizio stupendo per non rischiare di divenire indifferenti e dare per scontato qualsiasi cosa. L'educazione al rispetto dell'ambiente, nel nostro caso del mare nella fattispecie, è rispetto del mondo che ci circonda ed in prima ed ultima analisi rispetto per noi stessi.
Non vi tedio oltre e vi invito a leggere questo post di Marco Colombo, con curiosità e con quel sorriso che vi comparirà in volto ricordando le nostre prime esperienze con i piedi a bagno, quando la preoccupazione più grande era "cosa fare nelle tre ore dopo mangiato prima di poter fare il bagno".
Per converso però, pubblico anche un altro intervento di Lorenzo Brenna, con una diversissima scuola di pensiero, questo per par condicio e per dare ad ogniuno di voi la possibilità di formarsi una sua opinione.
Buona Lettura.

Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie"















Il Mare nel Secchiello


Come ogni anno, con l’arrivo della bella stagione rispunta la regolare diatriba tra chi lascia i bambini in spiaggia con secchiello e granchi, e chi invece condanna queste pratiche.
Di seguito vi racconterò il mio punto di vista, che spero possa ispirarvi e innescare una discussione costruttiva sull’argomento, ricco di sfaccettature.
Quello a cui mi riferisco non è ovviamente mettere le meduse a cuocere sugli scogli per “bonificare” il mare (un atto stupido).


Un caso tipico di scontro sono le stelle marine: nonostante alcune specie vivano, per esempio in Nuova Zelanda, nelle pozze di marea e sopravvivano regolarmente all’emersione (qui una bellissima foto: https://www.pinterest.it/pin/365706432217077511/), le specie mediterranee più vistose si rinvengono usualmente ad alcuni metri di profondità, e quindi portarle fuori dall’acqua anche temporaneamente potrebbe arrecare danni al loro sistema acquifero. L’invito è di non andare con maschera e pinne a raccattare animaletti in profondità per poi portarli in spiaggia, ma di concentrarsi nell’osservazione di ciò che vive nelle pozze di marea, nei primi centimetri d’acqua.
Gli animali delle pozze di marea, come granchi, gamberi, molluschi e piccoli pesci, sono dei veri eroi: vivono in uno degli ambienti più difficili del mondo.
Portale AMP Portofino
Pozza di marea

Bombardati dalle mareggiate, schiacciati da onde d’urto immani, sempre a contatto con rocce taglienti, cotti dal sole estivo o esasperati dalla salinità delle pozze, questi animali (e pure le alghe) sono stati selezionati dall’evoluzione per resistere a tutto.
In particolare:
- Alcune specie, come i granchi Pachygrapsus marmoratus ed Eriphia verrucosa, riescono a resistere tranquillamente a condizioni di salinità e temperatura molto elevate, legate all’evaporazione nel periodo estivo
- Molte specie, a causa dell’escursione delle maree, sono in grado di sopravvivere a lunghi periodi di emersione, trattenendo l’acqua al loro interno (es. il pomodoro di mare Actinia aequina) o comunque nella conchiglia (vari molluschi); certe alghe hanno apposite strutture di raccolta dell’acqua per mantenersi idratate e vive e sopravvivono anche per giorni all’asciutto
- La forma di conchiglie come quelle delle patelle permette loro di diminuire le turbolenze e resistere all’impatto delle onde senza farsi trascinare via; alcune alghe sono molto elastiche, per smorzare l’attrito e assecondare l’acqua, mentre certe spugne sono piatte, aderenti alla roccia, per non farsi strappare via
- I pesci delle pozze non hanno di solito vescica natatoria, dovendo rimanere vicino al fondo, inoltre il loro corpo è ricoperto di muco per diminuire le abrasioni contro le rocce; addirittura la bavosa Coryphoblennius galerita può uscire volutamente dall’acqua, di notte, per ripararsi dai predatori subacquei, e riposare appena sopra la superficie, su sporgenze di moli e rocce
È davvero quindi un maltrattamento mettere un granchio in un secchiello per guardarlo? Dipende solo dai genitori.

Se questi ultimi infatti sono assenti, non guidano i figli e non li educano, i bambini fanno un po’ a caso e possono, più o meno volontariamente, uccidere o maltrattare gli animaletti.
Genitori sensibili e presenti invece possono trasformare l’esperienza della spiaggia col secchiello in qualcosa di estremamente educativo e bello: quando ero piccolo passavo tutto il giorno sugli scogli alla ricerca di paguri, granchi, succiascogli e trivie.
Montale li avrebbe chiamati “Sugheri, alghe e asterie, le inutili macerie del mio abisso”, ma per me erano un microcosmo affascinante in cui perdermi: li guardavo nelle pozze, e a volte li mettevo nel secchiello (foto a sinistra, avevo 4 anni). Una volta ho addirittura salvato un cavalluccio marino da una mareggiata. Ho così imparato come respira un granchio, ho toccato con mano il piede della patella, ho ammirato i colori del nudibranco. Non ho mai torturato nessuno e tutti sono stati rilasciati illesi dopo pochissimo; se so tante cose oggi, è anche grazie a questa attività, che come unica controindicazione aveva tutte le cadute che mi sono fatto, con tagli colossali sulle gambe (vedi foto nel primo commento).
Come detto sopra, gli animaletti delle pozze di scogliera sono molto resistenti: non sono di certo pochi minuti in un secchiello a far loro del male.

Come praticare al meglio questa attività?
1) Educa i tuoi bambini al rispetto e all’empatia, controlla come si comportano nei confronti degli animaletti e guidali verso un atteggiamento corretto, gli animali non sono giocattoli
2) Portali al mattino e alla sera, quando il sole è meno forte, ad esplorare le pozze di marea, lasciando stare tutto ciò che vive a più di 50 cm di profondità e concentrandoti solo su animaletti mobili (non sessili)
3) Favorisci sempre la sola semplice osservazione nella pozza rispetto alla cattura
4) Se proprio devi mettere un animale nel secchiello, maneggialo con delicatezza, senza stringere, e senza lasciarlo dentro per ore (avranno anche i cazzi loro da fare no?); l’acqua nel secchiello deve essere fresca
5) Insegna ai tuoi figli che una volta osservati vanno immediatamente liberati nello stesso punto in cui li avete trovati
6) Mai provato la pedicure coi gamberi? Mettete i piedi in una pozza, i gamberetti del genere Palaemon vi solleticheranno per staccare piccoli pezzi di pelle con le loro chele. Provare per credere!
Concludendo, l’osservazione degli animali tra gli scogli è estremamente istruttiva e gratificante; qualora si tratti di specie mobili comuni e adattate alla marea, la manipolazione temporanea, senza maltrattamenti o essiccazione, non arreca danno sotto la supervisione di un adulto senziente.

Ma, soprattutto, iniziate i vostri bimbi alla bellezza del mare “oltre” la spiaggia: ho imparato a nuotare seguendo il papà con maschera e pinne (foto a destra), perché nella fretta di andare a vedere i pesci ho dimenticato i braccioli appena comprati per l’occasione. Il mare mi ha accolto nelle sue braccia, e da allora non mi ha mai abbandonato, e io cerco con la divulgazione e la sensibilizzazione di non abbandonare mai lui.
Quella linea dove il cielo incontra il mare da sempre mi chiama.
www.calosoma.it


Marco Colombo

Link dove troverete questo post in originale: https://www.facebook.com/search/top/?q=scubabiology&epa=SEARCH_BOX 


L’iniziativa Secchiello stop

Estate, tempo di vacanze e di giornate al mare, tempo di sole e di relax. Il clima spensierato non è però condiviso da tutti, da decine di secchielli si levano infatti mute grida d’aiuto emesse da una grande varietà di piccole creature marine. In quasi tutte le spiagge della penisola è possibile assistere alle medesima scena, un bambino che, armato di retino e secchiello, cattura qualsiasi cosa si muova, piccoli pesci, granchi, paguri, patelle, ricci di mare, meduse e oloturie. La fine di questi animali è quasi sempre la stessa: vengono lasciati ore e ore nel secchiello, sotto il sole, mentre l’acqua si scalda raggiungendo presto temperature insopportabili, condannando i prigionieri ad una lenta agonia.
Per contrastare questi comportamenti è stata lanciata in diversi comuni liguri l’iniziativa Secchiello stop, campagna di sensibilizzazione nata per educare i bambini, ma soprattutto i loro genitori, a rispettare gli animali marini. L’iniziativa, promossa dal Lions club di Diano Marina, coinvolge le spiagge della Riviera di Ponente, situata nella parte occidentale della Liguria, e mira a vietare la raccolta di animali marini per puro divertimento.


I protagonisti di queste scorribande tra spiagge e scogli sono i bambini, la responsabilità è però, chiaramente, da ascrivere ai genitori. Questi ultimi infatti chiudono un occhio (spesso entrambi) su tali passatempi dei figli, credendo che siano giochi innocenti e senza conseguenze. Le conseguenze ci sono invece, e sono “molto gravi – ha spiegato la biologa Monica Previati. – Il problema sta nei numeri: se tutti i bambini e i ragazzi e gli adulti, che ogni estate trascorrono le vacanze lungo le coste italiane, prendessero anche solo un piccolo animale al giorno, centinaia di migliaia di esemplari verrebbero uccisi per niente, solo per poter far trascorrere mezz’ora di gioco ai nostri figli e di relax a noi. Prendere un granchio o una stella marina e metterli nel secchiello equivale a una loro morte certa”. Oltre all’effettivo danno ambientale viene impartita una lezione discutibile al bambino, che impara che è possibile disporre a proprio piacimento delle creature più deboli e indifese


Oltre che immorale tale condotta è anche illegale, viene infatti violato l’articolo 544 del Codice penale che recita, “Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro”.
È possibile però soddisfare la naturale curiosità dei bambini senza nuocere agli animali, osservare gli animali nel loro habitat, immergendosi con la maschera o semplicemente camminando a ridosso delle scogliere, è estremamente più soddisfacente, osservando il vero comportamento di queste creature, non la loro morte in un secchiello di plastica.

 Lorenzo Brenna


Link dove troverete questo post in originale: https://www.lifegate.it/secchiello-stop-basta-animali-maltrattati-spiaggia
 

mercoledì 8 luglio 2020

Per un pugno di... nudibranchi

Sabato 27 Giugno 2020. Nei giorni interminabili del lockdown passati a forza di webinair, viedeochiamate di gruppo, guardare foto e filmati di immersioni passate, i vari “appena finisce andremo”, “faremo”, “dobbiamo andare a...”, “quanto deve essere bella sta immersione”, si sprecavano, inevitabili anche i “Torneremo a ...”.

Tra questi, anche la Spiaggia del Siluripedio a Porto Santo Stefano (Monte Argentario) dove eravamo già stati a giugno dell'anno scorso, che malgrado un fondale apparentemente spoglio, inframmezzato da “relitti industriali” e quel che resta delle vecchie strutture del siluripedio, andato distrutto sotto i bombardamenti alleati dell'ultima guerra, brulica di vita.

Il fondale si presta molto bene a delle immersioni facili per i neofiti, che accedendo da terra dal diving Costa d'Argento, possono spaziare tenendo la riva sulla destra verso il lato che va verso la sede della Capitaneria di Porto (da non oltrepassare, fate attenzione alle boe ormeggiate), ed invece tenendo la costa sulla sinistra, si può procedere verso le rovine stesse del siluripedio.
Il fondale alterna ghiaia grossa a sedimenti fangosi che rendono evidente il bisogno di avere un buon assetto neutro in acqua.
Ogni anfratto, ogni struttura sommersa può nascondere il vero tesoro di questo posto, che molti fotografi subacquei qui cercano e vengono a immortalare, il nostro Marco Moretti tra questi.
Parlo dei nudibranchi/opistobranchi (come giustamente preciserebbe Fabio Russo di Scubabiology) e del Sacro Graal di molti fotosub: l'Ippocampo.

Levataccia per noi della montagna alla volta di Pistoia, ed equipaggi regolarmente divisi in rispetto dei divieti vigenti per le norme anti-Covid 19, incontro direttamente a Porto Santo Stefano.
Il posto è come lo ricordavo, e devo spendere necessariamente due parole di elogio per Stefano Bausani e Laura Celi, che insieme al loro staff del diving “Costa d'Argento”sono stati bravissimi a minimizzare i pur necessari disagi imposti dal rispetto delle norme di distanziamento attualmente vigenti, rendendo la giornata, per noi subbi e per i nostri accompagnatori, comunque piacevole.

Presenti all'appuntamento Marco, Antonio, Yurica, Michele, Massy, intervenuta anche Elena che però ha deciso di limitarsi ad un po' di snorkneling ed il nostro ultimo acquisto Matteo. Ad essere sinceri per me non è cominciata benissimo, la batteria della macchina fotografica, mi ha dato impiegabilmente buca, sebbene l'avessi religiosamente controllata e ricaricata la sera prima, per cui mi sono dovuto contentare delle riprese della Go Pro e della Garmin.
Oltre alle immancabili Oloturie, posso osservare sin da subito alcuni murici in predazione, il Bolinus brandaris e l'Hexaplex trunculus, poco più in là, perfettamente mimetizzata ed inclinata inusualmente, Antonio mi segnala una grossa Pinna nobilis.

Ovunque le Triglie grufolano nella sabbia, accompagnate da Saraghi fasciati, Castagnole, Perchie e Donzelle, ma è Marco che fa un avvistamento che cerco da un po', mi chiama, sotto una roccia in tana, ecco un bel gronco (Conger conger) di rispettabili dimensioni, da come si rintana e fa il timido, non sembrerebbe il predatore vorace che può essere.
Non mancano ovviamente diversi esemplari di Echinaster, Spirografo (Sabella spallanzani) e Protula che si ricihudono repentine appena ci si avvicina, nei pressi anche diversi Gigli di mare (Antedon mediterranea), sostano sulle rocce.


Nella sabbia faccio un ritrovamento a dir poco insolito, un dattero di mare (Lithopaga litophaga), la conchiglia vuota, in buone condizioni, con entrambe le valve incernierate, la cosa strana è che qui di scogli per un po' non ce ne sono e questo mollusco vive scavandosi una nicchia nella pietra secernendo un acido, si tratta di una specie protetta, messa in serio pericolo da una scriteriata raccolta, particolarmente apprezzato da gourmet facoltosi che non si fanno troppi scrupoli.
Nella fattispecie è assai probabile che provenga da una mareggiata, ma come sia uscito dalla roccia è un incognita. 

Si esce per la sosta di superficie, e l'immancabile cocomerata, vengo preso in giro perchè ho preso un cocomero di 16 kg e siamo solo in nove... mai contenti!
Nella seconda immersione decidiamo di esplorare il lato destro, dirigendoci quasi subito verso il fondo, mentre aspetto gli altri in acqua per non sciogliermi al sole come un bastoncino di liquerizia nel forno, mi do un occhiata intorno, non sono il solo, una spigola continua a girarmi intorno, probabilmente perfettamente conscia che in questo tratto di costa è proibita la pesca.

Ho appena scoperto una Stella serpentina (Ophioderma longicauda), che cerca di scappare sotto un sasso, quando Marco e Matteo individuano sotto ua grossa lamiera, una cernia ed un grosso scorfano.
Mi aggiro lì intorno cercando di vedere segni del passaggio di qualche Galeodea echinophora, dal momento che ne avevo trovato i resti la volta scorsa proprio in quel tratto. Marco e Matteo frattanto stanno facendo il pieno di immagini, vicino ad una specie di trespolo hanno individuato una piccola colonia di nudibranchi e stanno scattando a più non posso.

Marco me li indica, i suoi occhi allenati sanno cosa individuare, probabilmente io li avrei ignorati, anche cercandoli.
C'è una leggera corrente, che spinge verso Porto Santo Stefano, noto da sotto un sasso spuntare la caratteristica testa affusolata di una murena a fauci spalancate, più minacciosa in apparenza di quanto non sia davvero, ormai è un oretta che siamo sotto e comincio a sentirmi un po' stanco, lentamente facciamo ritorno alla scaletta, al diving.


Rimessaggio e risciacquo a turno delle attrezzature e ritorno alle auto, non prima del consueto aperitivo con scambio di esperienze. Marco e Matteo sono soddisfatti, il loro carniere fotografico è pieno: Flabellina affinis, Cratena baibai, Flabellina ischitana, Vacchetta di mare, Dondice. Dei cavallucci marini neppure questa volta l'ombra...ma noi siamo tenaci...torneremo!





Buone Bolle!

In questo periodo assai consigliata la prenotazione per l'espletamento delle formalità burocratiche





Fabrizio Gandino

“Subacqueodisuperficie”


domenica 21 giugno 2020

"Eccomi, sono tornato"




Eccomi sono tornato

Toh, chi si rivede! Ne è passato di tempo…

Sono quasi dieci mesi, ti sono mancato?

Presuntuoso, come tutti quelli della tua razza, come puoi essermi mancato? E si avevo notato la tua mancanza e non solo la tua.

Sono stato costretto, come altri, prima il lavoro, poi il clima e poi c’è stata la pandemia, è stato necessario per preservarci.

Di nuovo la vostra presunzione, certi eventi, fanno parte del ciclo della vita, la morte stessa ne è una componente e consente alla vita di rinascere più forte e rigogliosa.

Forse hai ragione, ma sono solo un piccolo uomo…

Tanti piccoli uomini… fanno a volte un grande problema.

Sembra ti dispiaccia rivedermi qui…

No non è vero che mi dispiaccia, ma neppure il contrario, sei uno dei tanti abitanti di questo “mio” mondo. Tu vieni qui consapevole dei rischi, cosciente delle tue responsabilità e ricompense; hai fatto una scelta, ed in cambio tu hai visione e consapevolezza di quello che la maggioranza dei tuoi simili può solo immaginare.

Io? un abitante? Credevo di essere un ospite al più.

Tutto è nato da qui e qui in qualche modo ritorna e ritornerà ancora, tu, quelli come te e anche quelli che pensano di esserlo e pure coloro che non mi hanno mai visto.

Sì è vero… è una grande verità, posso tornare allora?

Ogni volta che vuoi e puoi, le regole le conosci, io non sono né buono, né cattivo, io esigo il rispetto che mi è dovuto per me e per la vita che preservo… dato che ci sei non mi dispiacerebbe se ogni tanto ti portassi via qualche sgradito ricordo che la tua specie rilascia con troppa noncuranza, non lo fai per me, lo fai per te.

Certo! Come sempre d’altronde…

Ascolto il cadenzato ritmo del mio respiro mentre mi sposto, inframmezzato dal gorgoglio delle bolle, mi guardo intorno, grato di quel blu… Sono tornato in Mare. 


Si ringrazia Marco Moretti per i suoi splendidi scatti



Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie" 

Un furtivo maratoneta dall'atlantico


Era il giorno dopo ferragosto dell’estate del 2016, si era deciso insieme alla solita comitiva di amici, di fare un tuffo e un po’ di snorkneling in località Mangiabarche, sull’isola di Sant’Antioco.

 L’idea era quella di fare una nuotata sino al faro del sito omonimo, il nome non era stato scelto a caso. Questo tratto di costa è particolarmente insidioso per alcune secche e per il Maestrale che può spingerti come niente sugli scogli, quando soffia davvero. Il faro è spesso il soggetto di molti fotografi sia con il mare calmo che in tempesta, da qui il nome: “Mangiabarche”.

Sebbene credo che oggi il faro non sia più operativo, la sua presenza è comunque un monito, sul luogo si trovano ancora i resti di una postazione della contraerea della seconda guerra mondiale. Ero piuttosto stanco a dire il vero, mi ero immerso al mattino, quindi armato di rete maschera, pinne e coltello avevo deciso di farmi un giretto tra gli scogli a “Far Patelle”, lasciando agli altri il vezzo di raggiungere la roccia del faro, rischiando di farsi travolgere dai soliti diportisti estivi improvvisati (il cielo li strafulmini!).

Si a me piacciono le patelle e la patella può essere degustata cruda o cotta (intera o sminuzzata) in una salsa con aglio, peperoncino, vino bianco e prezzemolo per condire la pasta, meglio se secca, tipo spaghetti o linguine. Lo so è un po’ duretta, rispetto alle vongole, ma io la trovo più saporita e comunque dovete sapere che malgrado le informazioni nutrizionali sui molluschi gasteropodi come la patella, siano piuttosto limitate a causa della scarsità di consumo su scala nazionale, il suo apporto energetico è moderato, attorno alle 100kcal.

La porzione di carboidrati raggiunge i 6g per 100g di parte edibile, così come per le proteine: 17,5g. I lipidi risultano scarsi, intorno agli 1-2g, ma non è possibile risalire ad informazioni più dettagliate sulla natura degli acidi grassi e sulla quantità di colesterolo.
Dal punto di vista micronutrizionale si evidenziano un ottimo apporto di ferro (oltre il 3%), fosforo, potassio e sodio. Sto scrivendo mentre si avvicina l’ora di cena...credo si noti. Avevo cominciato a scandagliare gli scogli alla mia sinistra risalengoli fin dove una complessa rete di massi creava delle pozze irregolari d’acqua profonda, l’ideale per pesci che si vogliono rintanare e sopratutto inaccessibili da terra a cusa della mancanza di accessi. In un apertura avevo avuto la fortuna di trovare in bellavista una conchiglia disabitata di Erosaria spurca (Linnaeus, 1758) cosa che all’inizio, mi aveva sorpreso non poco, visto che era un assolato pomeriggio, quel tratto non era in ombra e le cipree sono notoriamente fotofobiche.


 La raccolsi assicurandomi che fosse vuota e continua il mio giretto, in cerca di patelle (quel tratto di costa abbondava di Patella caerulea e Patella ulissyponensis) e non faticai a trovarne abbastanza per un piatto di linguine. Fu a quel punto che negli anfratti tra gli scogli vidi un movimento, poi un altro ed un altro ancora. Occhi sporgenti spiavano le mie mosse, per ritrarsi immediatamente furtivi tra gli anfratti come facevo per avvicinarmi o anche semplicemente per guardarli. Rimasi immobile studiando quelli che ormai avevo identificato come granchi, ma di un genere che non avevo mai visto prima. 

Mi colpirono subito i colori inusitati, i granchi che avevo visto qui sino ad ora erano i classici granchi di laguna, con il carpace verde, qualche Granchio favollo, Capre di mare (Granceola), ma questo davvero mi era sconosciuto. Era piuttosto schiacciato nel carpace e i suoi colori erano stupendi, sia sulle gambe che sul carpace aveva dei colori che spaziavano dal marrone al rossiccio con striature giallo vivo. Purtroppo non avevo la fotocamera con me, quindi appena gli altri tornarono gli descrissi l’animale, ma nessuno di loro, lo conosceva. Per diverso tempo mi sono chiesto che cosa avessi visto, la risposta mi arrivò dal libro di Egidio Trainito, “Atlante di Flora & Fauna del Mediterraneo”. Eccolo qui! Il granchio Corridore Atlantico (Percnon gibbesi)!! I miei amici quasi tutti isolani, avevano ragione a saperne poco, si tratta di una recente introduzione nel Mediterraneo, quella che viene definita aliena (come abbiamo già visto per la Donzella pavonina). Si tratta di un artropode del subphilum dei crostacei, della classe dei malacostraci, dell’ ordine dei decapodi, del sottordine dei reptanti brachiurie all’ infraordine dei granchi.


Artropodi significa “possedere zampe articolate” e il philum degli artropodi è il più vasto del regno animale in generale e sottomarino.
Il corpo è segmentato con tre regioni: capo, torace e addome tutte e tre (salvo rari casi: paguri) rivestite da un esoscheletro duro a protezione. Nella crescita, l’animale perde la vecchia corazza e ne acquista una nuova con l’indurimento della cuticola sottostante la vecchia.
L’ordine dei decapodi raccoglie tutti i malacostraci che hanno dieci zampe distribuite in cinque paia.
In quanto appartenente ai decapodi reptanti è un crostaceo capace di movimenti di deambulazione orizzontale prodotta dagli arti preposti con presa sul substrato e non da nuoto.
La sua morfologia lo colloca tra i brachiuri, definizione che designa i crostacei in cui la coda (che assolve peraltro alla funzione di “cestello di raccolta” delle uova fecondate) ha proporzioni minime rispetto al torace, sotto il quale rimane normalmente ripiegata.

Come molti granchi, la muta (il cambio della corazza) avviene spesso durante la crescita dell’animale : i maschi approfittano della muta delle femmine per l’accoppiamento, mentre le femmine approfittano della muta del maschio (sprovveduto) per cibarsene. Non solo le femmine del granchio, se siete tra Febbraio e Marzo in Veneto vi consiglio di provare le Moeche… e mi saprete dire. Originario delle coste orientali americane, dalla Florida al Brasile (ma si ritrova anche su quelle del versante del Pacifico, anche se non tutti sono d’accordo nel considerarla la stessa specie), questo colorato granchio, il suo primo avvistamento risale al 1999 nelle acque di Linosa. Si ritiene possa essere arrivato con le acque di zavorra delle navi, ma non si escludono le correnti oceaniche, visto che, le lave di questo alieno sono piuttosto resistenti. Il segreto del suo successo? Pare essere un “vegano” convinto. Indubbiamente favorito dal riscaldamento del Mediterraneo e dalla mancanza di competitori, il nostro granchio corridore atlantico si è adattato benissimo al suo nuovo mare dove predilige le coste rocciose ricche di anfratti in cui si infila agilmente sfruttando il suo corpo appiattito e scomparendo rapidamente alla vista. Sembra, tuttavia, che con il tempo la specie stia perdendo la sua iniziale diffidenza dato che è sempre più facile vederla davanti alle tane anche grazie alle dimensioni di tutto rispetto che, tra carapace e zampe, possono superare i 10 cm di larghezza.
La rapida espansione e la colonizzazione delle coste del Mediterraneo e dell’Italia insulare è stata agevolata non solo dalle capacità di adattamento della specie alle nuove condizioni ambientali, ma anche dalle sue abitudini alimentari che l’hanno portata ad occupare una nicchia ecologica libera. Tuttavia c’è chi l’ha osservato in cattività predare dei pesci quindi le sue abitudini alimentari sono ancora materia di discussione, di sicuro è fortemente adattabile nella sua dieta.
Buone Bolle!




NOME SCIENTIFICO

Percnon gibbesi
NOME COMUNE

granchio corridore atlantico
NOMI LOCALI


UBICAZIONE PREVALENTE

mediterraneo occidentale
TERRITORIO ABITUALE

substrati rocciosi in genere
PROFONDITA’ PREVALENTE

pochi metri
CARATTERISTICHE

diffidente, furtivo, sfuggente
CURIOSITA’

di recente ingressione atlantica
POSSIBILITA’ DI INCONTRO

Rare (ma non così tanto rare)


Link:





Scubaportal: https://www.scubaportal.it/clandestini-9-un-granchio-viaggiatore/



Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”





mercoledì 3 giugno 2020

Zena: “Storia di un orca” - intervista all’autore Andrea Izzotti



Oggi parliamo del pluripremiato fotografo Andrea Izzotti, un autentico cacciatore di emozioni. Viaggiare, ricordare, emozionare sono il suo credo, parliamo di lui in merito alla sua ultima pubblicazione: “Zena: Storia di un Orca”. É Domenica 31 Maggio, ho avuto una settimana pesante, e il pomeriggio del sabato è stato stracolmo di impegni. Mi ero proposto di seguire la diretta Facebook della presentazione del libro, ma non ce l’ho fatta. Sempre su FB mi compare la notifica del compleanno di Andrea Izzotti e mentre gli faccio gli auguri, mi viene in testa l’idea di fargli qualche domanda sul suo libro.
Ci provo, Andrea a detta di molti è un tornado di energia positiva, non esagerano affatto, quel che segue è solo una conferma.

Andrea Izzotti
Subacqueodisuperficie Buon Compleanno, Buongiorno e Buona Domenica, causa lavoro ho perso l'evento di Ieri. Volevo scrivere qualcosa sul tuo libro sul mio blog e sapere se esce solo in forma elettronica o anche cartacea, visto che non amo particolarmente il formato elettronico, vorrei acquistarlo per me. Ho un piccolo Blog di Subacquea dove parlo delle mie esperienze, del mio gruppo, delle mie letture a volte. Potresti, se ti fa piacere raccontarmi qualcosa di più sul tuo libro, su come è nata l'idea?

Andrea Izzotti Ciao Fabrizio grazie per avermi scritto
Il libro esce in forma cartacea (consigliata per via delle illustrazioni dell'artista Paco Caamano)
L'idea mi è venuta quando le orche sono state a Genova a dicembre 2019.

S. Andrea Izzotti fa riferimento al caso del branco di orche comparso a Portofino, che riempì le pagine dei quotidiani, rompendo il monopolio dei rapporti di guerra della pandemia del Covid19




A.I. Alcune informazioni le puoi avere dalla diretta di ieri ma ti sintetizzo qui qualcosa
Avevo fatto due spedizioni in Patagonia (una infruttuosa l'altra quasi) nel 2015 -2016 per osservare le orche che si spiaggiano per catturare i cuccioli di otaria
immaginati la mia sorpresa quando mi hanno "restituito" la visita in Italia!

S. Lo ricordiamo tutti credo si fu un grande evento, anche se il piccolo pare non ce l'abbia fatta,
quindi hai fatto quasi un istant book durante la quarantena?

 
Il lungo viaggio delle orche di Genova

A.I. No il libro in realtà l'ho scritto prima. Mi è venuta l'idea e dopo tutte le ricerche per far combaciare date e "personaggi" mi ci è voluto poco per scriverlo. Più tempo la preparazione concreta dell'edizione con le illustrazioni di Francisco Caamano un'artista che ho conosciuto in Baja California Sur, Messico
Il libro racconta di altre orche "famose" come Keiko (Free Willy), Tilikum, ma anche Granny e Old Tom. Ovviamente ci sono licenze poetiche e di narrazione (che spiego poi nella parte finale).

S. Beh credo ci stiano (e qui vi rimando ai link a fondo pagina)

A.I. Quindi anche se tutti sappiamo come è andata a finire io ricreo la storia di Zena della "piccola" Zena sin dalla sua nascita racconto del suo primo figlio e de(i) viaggi, ma non ti voglio dire altro se no ti rovino la lettura.

S. No no assolutamente...non ci provare...me lo leggo

Diretta FB della presentazione del Libro


A.I. Sicuramente l'uomo (il polpo con 4 tentacoli) ha un'impatto decisivo

S. Bella definizione per descrivere l’Uomo, polpo con 4 tentacoli…

A.I. e da Old Tom in poi (cerca la vera storia su google) il rapporto è via via cambiato, Zena lo chiama anche "il mezzo polpo".

S. Bellissima definizione, sono molto affezionato a quei cefalopodi ho tenuto delle lezioni ai bimbi di una scuola elementare e d’infanzia su di lui.

A.I. la figura del polpo c'è in altri passaggi del libro.



e qui Andrea ci cita un passaggio del suo libro

A.I. “Cos’è l’inganno, Granny?”, le chiedo. “L’inganno è quando fingi di non essere quello che sei, come quando il polpo diventa uguale alle rocce e non lo vedi più”, mi risponde.
E poi in altri brani dove Zena si interroga sulla sua vita

S. Basta non anticiparmi altro fammelo scoprire sto’ libro! mi hai messo addosso una curiosità tremenda

L’intervista volge al termine, ho delle reminiscenze di una cosa letta molto tempo fa proprio sulle orche, provo a chiedergli se Andrea lo conosce, e lui mi fa un ultimo regalo, ma questa è un altra storia...
Per la realizzazione del Libro, Andrea Izzotti si è avvalso di collaborazioni di grande spessore: oltre al già citato artista messicano  Francisco Caamaño, Alberto Bof, italiano di Genova ormai  da anni a Los Angeles dove ha collaborato musicalmente con grandi firme dello spettacolo (Lady Gaga, Chiara Ferragni solo per citarne alcuni) che ha realizzato la parte musicale del video di presentazione, il prof Alessandro de Maddalena (Biologo specialista nello studio degli squali in Sudafrica e Australia e di biologia dell'orca in Norvegia) che ha scritto la prefazione.
Tornando a noi, il libro è un'auto produzione come un altro precedente, disponibile in italiano, inglese e spagnolo; è distribuito a Genova dal negozio

Old Tom in una foto dell'epoca

Corderia Nazionale, oppure tranquillamente ordinabile su Amazon. Se siete subbi come noi allora vi consigliamo anche l’altra sua pubblicazione, “Racconti dal blu e altri colori” anche questa disponibile sia in formato elettronico, sia in quello tradizionale. Il Libro promette bene, tant’è che a dicembre 2019 era tra i primi posti nelle vendite di Amazon come regalo. Per quel che mi riguarda l’ho ordinato e spero di riceverlo presto per poterlo leggere. Consiglio vivamente di guardare la diretta di cui troverete il link sotto, che non potrà fare a meno di incuriosirvi ulteriormente e spingervi a leggere questo libro, che si presenta come un opera indirizzata a grandi e piccini, ma che come avrete modo di sentire, riscuote diversi consensi anche da ricercatori accademici.

Old Tom che aiuta i pescatori durante una battuta di caccia alla balena



Link: 







Buone Bolle! (e Buona Lettura)


Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”



domenica 31 maggio 2020

Quando una Donzella si pavoneggia


Il nostro gruppo di subacquei si divide tra l'Appennino bolognese e quello pistoiese, differenze labili per chi vive dalle nostre parti, ma haimè i confini che sino a ieri ci sembravano inesistenti oggi ci pesano non poco; fatto sta che mentre oggi noi da questa parte della montagna, stiamo facendo la fine dello stoccafisso, guardiamo con invidia i nostri amici in Toscana andare a mettere l'attrezzatura e se stessi in ammollo, senza poter far nulla.
Non mi resta che scrivere, ricontrollare l'attrezzatura e sperare in tempi migliori, dove qualche torma di incoscienti, amanti della movida di gruppo e degli spritz a 10 cm di distanza, non ci faccia riaprire una quarantena, cosa per la quale non credo risponderei più delle mie azioni.
Fatto questo preambolo, scorrendo le riprese e rileggendo qualche pubblicazione di subacquea mi è capitato di tornare a parlare con alcuni amici di un incontro, che consideriamo “Oro comune”, ma che nella realtà non è così scontato.
Credo che tutti voi ormai sappiate cos'è una specie aliena, in un pezzo precedente Egidio Trainito ne ha ampiamente discorso, forse in un po' meno sanno cos'è una specie Lessepsiana.
La definizione deriva dal nome dell'ingegnere che progettò (Ferdinad de Lesseps) e seguì la realizzazione del Canale di Suez, che come ben saprete mette di fatto in comunicazione il Mar Mediterraneo con l'Oceano Indiano. Una grande conquista per l'ingegneria e la navigazione, un bel po' di meno per l'equilibrio dell'ecosistema marino del nostro mare.
Il Mar Mediterraneo non è un mare chiuso, il suo sbocco naturale sull'Oceano (Atlantico, nel nostro caso) è dato dallo stretto di Gibilterra, il che rende possibile a specie che lo abitano di uscire e rientrare in esso. E' possibile quindi anche una colonizzazione di specie atlantiche nell'Habitat Mediterraneo e viceversa, sempre che si trovino le condizioni favorevoli allo sviluppo, il che richiede tempo e cambiamenti che si quantificano in secoli spesso. Queste colonizzazioni possono avere un successo dirompente iniziale per poi regredire con la stessa velocità con cui sono iniziate, oppure divenire permanenti creando nuovi equilibri o compromettendone irrimediabilmente altri.
Scatto di Roberto Puzzarini

Nel caso del canale di Suez il discorso cambia quasi del tutto, in realtà oggi come oggi molte specie aliene, sono divenute residenti al punto che siamo talmente abituati a vederle, e si sono adattate così bene, che spesso siamo portati a credere che siano sempre state lì, autoctone insomma.
Come forse ho accennato in precedenza in altri pezzi del blog, la colonizzazione involontaria può avvenire attraverso due veicoli: in primis il Canale stesso con la sua continuità, nel secondo invece le specie aliene rimediano “un passaggio” nelle vasche di zavorra delle navi che si riempiono e si svuotano per aumentare la propria stabilità in mare.
Come ho detto, capita che alcune specie siano ormai così facilmente osservabili da pensare che siano sempre state qui, ma non è così.
Tutti conosciamo la Coris julis (Linnaeus 17589, comunemente nota come Donzella, credo che il nome tragga origine dalle splendide evoluzioni che questo pesce spesso compie dinanzi ai sub che la osservano guizzando repentinamente avanti ed indietro, poi c'è la Thalassoma pavo (Linnaeus, 1758) famiglia delle Labridae.
I suoi caratteristici colori cangianti che vanno dal giallo dorato al verde, i caratteristici reticoli sulla testa di colore blu, che vengono ripresi dalle righe poste sulla schiena, la rendono inconfondibile. La sua livrea in giovane età è quasi totalmente verde fatta eccezione per una chiazza nera che manterrà anche da adulta.
La bocca è piccola e dotata di una sola fila di denti nelle mascelle, con due denti uncinati centrali più grandi.
La pinna dorsale è unica è i suoi raggi sono quasi tutti della stessa altezza, (8 spinosi, 12-13 molli) la pinna anale è allungata e contrapposta a quella molle dorsale.
Le pinne pettorali sono utilizzate dai maschi durante il corteggiamento, le agitano vistosamente per scoraggiare altri pretendendi e rivendicare un territorio, non capita di rado che provi ad attaccare anche i Sub, insomma un pesce con molta fiducia nei suoi mezzi, decisamente inversamente proporzionale alla sua stazza, di solito tra i 20-25 cm al massimo.
Come a volte capita in natura tra i pesci, cambia sesso, nasce femmina ma poi in capo a qualche anno, diviene maschio e perde le bande blu e la macchia nera una volta completato lo sviluppo, questo fenomeno è noto come “Ermafrodito Proterogino”.
Scatto di Roberto Puzzarini

Si tratta di una specie Lessepsiana, proveniente dal Mar Rosso stabilizzatasi con successo da tempo nelle nostre acque, favorita, assai probabilmente, dall'inesorabile, progressivo fenomeno di tropicalizzazione del Mar Mediterraneo.
La sua dieta è costituita da crostacei e molluschi che trova smuovendo il sondo sabbioso o cacciando tra le praterie di Posidonia che è solita frequentare, tuttavia sono stati osservati esemplari giovani nutrirsi di parassiti di pesci molto più grandi.
Il suo nemico naturale è il Barracuda del Mediterraneo (Sphyraena viridensis - Cuvier, 1829), la sua riproduzione avviene tra giugno e luglio ed è un oviparo pelagico.
La sua livrea è una delle più belle e cangianti che si possano osservare nel nostro mare, la sua distribuzione ormai tocca da tempo quasi tutte le nostre coste nel Tirreno, ma viene avvistata ormai frequentemente anche in Adriatico, in fondali che vanno dai 20 ai 100 metri di profondità.
Al solito, si ringrazia, tra gli altri,  Marco Moretti e Roberto Puzzarini per i loro scatti.

Nome Scientifico: Thalassoma pavo (Linnaeus, 1758)
Nome comune : Zingarella, Zita, Pizza di Re, Vecchia, pesce pettine, pappagallo, pisci urrej
Rischio di estinzione: Minima popolazione (Stabile)
Categoria Tassonomica: Specie
Ordine: Labridiformes
Classe: Actinoperygii
Classificazione superiore: Thalasso
Specie : T. pavo



Link:





Bibliografia:

Atlante di flora e fauna del Mediterraneo - Egidio Trainito, Rossella Baldracconi, ed Il Castello 2014
Pinneggiando nei mari italiani – Marco Bertolino, Maria Paola Ferranti, Hoelpi 2019
Guida della FAUNA MARINA COSTIERA DEL MEDITERRANEO” - Luther Fiedler – Franco Muzzio Editore


Buone Bolle!



Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”