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domenica 21 giugno 2020

Un furtivo maratoneta dall'atlantico


Era il giorno dopo ferragosto dell’estate del 2016, si era deciso insieme alla solita comitiva di amici, di fare un tuffo e un po’ di snorkneling in località Mangiabarche, sull’isola di Sant’Antioco.

 L’idea era quella di fare una nuotata sino al faro del sito omonimo, il nome non era stato scelto a caso. Questo tratto di costa è particolarmente insidioso per alcune secche e per il Maestrale che può spingerti come niente sugli scogli, quando soffia davvero. Il faro è spesso il soggetto di molti fotografi sia con il mare calmo che in tempesta, da qui il nome: “Mangiabarche”.

Sebbene credo che oggi il faro non sia più operativo, la sua presenza è comunque un monito, sul luogo si trovano ancora i resti di una postazione della contraerea della seconda guerra mondiale. Ero piuttosto stanco a dire il vero, mi ero immerso al mattino, quindi armato di rete maschera, pinne e coltello avevo deciso di farmi un giretto tra gli scogli a “Far Patelle”, lasciando agli altri il vezzo di raggiungere la roccia del faro, rischiando di farsi travolgere dai soliti diportisti estivi improvvisati (il cielo li strafulmini!).

Si a me piacciono le patelle e la patella può essere degustata cruda o cotta (intera o sminuzzata) in una salsa con aglio, peperoncino, vino bianco e prezzemolo per condire la pasta, meglio se secca, tipo spaghetti o linguine. Lo so è un po’ duretta, rispetto alle vongole, ma io la trovo più saporita e comunque dovete sapere che malgrado le informazioni nutrizionali sui molluschi gasteropodi come la patella, siano piuttosto limitate a causa della scarsità di consumo su scala nazionale, il suo apporto energetico è moderato, attorno alle 100kcal.

La porzione di carboidrati raggiunge i 6g per 100g di parte edibile, così come per le proteine: 17,5g. I lipidi risultano scarsi, intorno agli 1-2g, ma non è possibile risalire ad informazioni più dettagliate sulla natura degli acidi grassi e sulla quantità di colesterolo.
Dal punto di vista micronutrizionale si evidenziano un ottimo apporto di ferro (oltre il 3%), fosforo, potassio e sodio. Sto scrivendo mentre si avvicina l’ora di cena...credo si noti. Avevo cominciato a scandagliare gli scogli alla mia sinistra risalengoli fin dove una complessa rete di massi creava delle pozze irregolari d’acqua profonda, l’ideale per pesci che si vogliono rintanare e sopratutto inaccessibili da terra a cusa della mancanza di accessi. In un apertura avevo avuto la fortuna di trovare in bellavista una conchiglia disabitata di Erosaria spurca (Linnaeus, 1758) cosa che all’inizio, mi aveva sorpreso non poco, visto che era un assolato pomeriggio, quel tratto non era in ombra e le cipree sono notoriamente fotofobiche.


 La raccolsi assicurandomi che fosse vuota e continua il mio giretto, in cerca di patelle (quel tratto di costa abbondava di Patella caerulea e Patella ulissyponensis) e non faticai a trovarne abbastanza per un piatto di linguine. Fu a quel punto che negli anfratti tra gli scogli vidi un movimento, poi un altro ed un altro ancora. Occhi sporgenti spiavano le mie mosse, per ritrarsi immediatamente furtivi tra gli anfratti come facevo per avvicinarmi o anche semplicemente per guardarli. Rimasi immobile studiando quelli che ormai avevo identificato come granchi, ma di un genere che non avevo mai visto prima. 

Mi colpirono subito i colori inusitati, i granchi che avevo visto qui sino ad ora erano i classici granchi di laguna, con il carpace verde, qualche Granchio favollo, Capre di mare (Granceola), ma questo davvero mi era sconosciuto. Era piuttosto schiacciato nel carpace e i suoi colori erano stupendi, sia sulle gambe che sul carpace aveva dei colori che spaziavano dal marrone al rossiccio con striature giallo vivo. Purtroppo non avevo la fotocamera con me, quindi appena gli altri tornarono gli descrissi l’animale, ma nessuno di loro, lo conosceva. Per diverso tempo mi sono chiesto che cosa avessi visto, la risposta mi arrivò dal libro di Egidio Trainito, “Atlante di Flora & Fauna del Mediterraneo”. Eccolo qui! Il granchio Corridore Atlantico (Percnon gibbesi)!! I miei amici quasi tutti isolani, avevano ragione a saperne poco, si tratta di una recente introduzione nel Mediterraneo, quella che viene definita aliena (come abbiamo già visto per la Donzella pavonina). Si tratta di un artropode del subphilum dei crostacei, della classe dei malacostraci, dell’ ordine dei decapodi, del sottordine dei reptanti brachiurie all’ infraordine dei granchi.


Artropodi significa “possedere zampe articolate” e il philum degli artropodi è il più vasto del regno animale in generale e sottomarino.
Il corpo è segmentato con tre regioni: capo, torace e addome tutte e tre (salvo rari casi: paguri) rivestite da un esoscheletro duro a protezione. Nella crescita, l’animale perde la vecchia corazza e ne acquista una nuova con l’indurimento della cuticola sottostante la vecchia.
L’ordine dei decapodi raccoglie tutti i malacostraci che hanno dieci zampe distribuite in cinque paia.
In quanto appartenente ai decapodi reptanti è un crostaceo capace di movimenti di deambulazione orizzontale prodotta dagli arti preposti con presa sul substrato e non da nuoto.
La sua morfologia lo colloca tra i brachiuri, definizione che designa i crostacei in cui la coda (che assolve peraltro alla funzione di “cestello di raccolta” delle uova fecondate) ha proporzioni minime rispetto al torace, sotto il quale rimane normalmente ripiegata.

Come molti granchi, la muta (il cambio della corazza) avviene spesso durante la crescita dell’animale : i maschi approfittano della muta delle femmine per l’accoppiamento, mentre le femmine approfittano della muta del maschio (sprovveduto) per cibarsene. Non solo le femmine del granchio, se siete tra Febbraio e Marzo in Veneto vi consiglio di provare le Moeche… e mi saprete dire. Originario delle coste orientali americane, dalla Florida al Brasile (ma si ritrova anche su quelle del versante del Pacifico, anche se non tutti sono d’accordo nel considerarla la stessa specie), questo colorato granchio, il suo primo avvistamento risale al 1999 nelle acque di Linosa. Si ritiene possa essere arrivato con le acque di zavorra delle navi, ma non si escludono le correnti oceaniche, visto che, le lave di questo alieno sono piuttosto resistenti. Il segreto del suo successo? Pare essere un “vegano” convinto. Indubbiamente favorito dal riscaldamento del Mediterraneo e dalla mancanza di competitori, il nostro granchio corridore atlantico si è adattato benissimo al suo nuovo mare dove predilige le coste rocciose ricche di anfratti in cui si infila agilmente sfruttando il suo corpo appiattito e scomparendo rapidamente alla vista. Sembra, tuttavia, che con il tempo la specie stia perdendo la sua iniziale diffidenza dato che è sempre più facile vederla davanti alle tane anche grazie alle dimensioni di tutto rispetto che, tra carapace e zampe, possono superare i 10 cm di larghezza.
La rapida espansione e la colonizzazione delle coste del Mediterraneo e dell’Italia insulare è stata agevolata non solo dalle capacità di adattamento della specie alle nuove condizioni ambientali, ma anche dalle sue abitudini alimentari che l’hanno portata ad occupare una nicchia ecologica libera. Tuttavia c’è chi l’ha osservato in cattività predare dei pesci quindi le sue abitudini alimentari sono ancora materia di discussione, di sicuro è fortemente adattabile nella sua dieta.
Buone Bolle!




NOME SCIENTIFICO

Percnon gibbesi
NOME COMUNE

granchio corridore atlantico
NOMI LOCALI


UBICAZIONE PREVALENTE

mediterraneo occidentale
TERRITORIO ABITUALE

substrati rocciosi in genere
PROFONDITA’ PREVALENTE

pochi metri
CARATTERISTICHE

diffidente, furtivo, sfuggente
CURIOSITA’

di recente ingressione atlantica
POSSIBILITA’ DI INCONTRO

Rare (ma non così tanto rare)


Link:





Scubaportal: https://www.scubaportal.it/clandestini-9-un-granchio-viaggiatore/



Fabrizio Gandino
Subacqueodisuperficie”





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