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lunedì 18 novembre 2019

Un sommergibile per L'appennino

Foto di Fabrizio Gandino
Particolare del Murales che raffigura il sommergibile


 "Ciò che appare incredibile di questo “sommergibile porrettano” è l’abilità artigiana del suo inventore considerati i mezzi di cui poteva disporre all'epoca, mi è stato detto che chi è riuscito a vederlo ha parlato delle saldature realizzate in modo pressochè perfetto."

Foto di Fabrizio Gandino
Altro particolare del Murales che illustra la destinazione finale del Sommergibile



Credo di avervi già parlato in passato, della storia del Gruppo Subacqueo nato a Porretta Terme (BO) e di quanto lontani dal mare, tra gli appennini, pervicacemente non solo prosperi ma diffonda la passione e la conoscenza del mare ad opera dell'infaticabile Roberto Puzzarini, referente locale del “Casio Divers Group”.
 Enzo Chiarullo – (Ottobre 2012)
Il sommergibile dell'Appennino
Quello che non sapete, e che pure io fino a qualche tempo fa ignoravo, era che le le velleità subacquee degli abitanti di questa parte dell'Appennino sono assai più longeve.
Tempo fa aggirandomi per Porretta Terme, vidi un murales comparire sul fianco di un negozio che sono solito frequentare di tanto in tanto; dovete sapere che io sono un appassionato di mercatini e di cose vecchie e in Via Lungoreno, ad Alto reno Terme (Ex Porretta Terme) si trova un antro caotico, un richiamo irresistibile, un qualcosa di altri tempi: il negozio di un rigattiere.
Vi si trova di tutto, io vi ho persino trovato pezzi di attrezzature subacquee, il proprietario è un signore eclettico, forse un po' eccentrico, con il quale passo del tempo a conversare quando posso e quando non gli riompo troppo le scatole, agitato da grandi passioni e come me appassionato del passato.
 Enzo Chiarullo – (Ottobre 2012)
Francesco Guccini e il sommergibile
Il murales...si dicevo...Ah sì! Scusate, mi perdo esattamente come quando giro tra gli scaffali del suo magazzino, il murales è particolare, raffigura alcune delle cose più conosciute del nostro Appennino Tosco-Emiliano ed altre molto meno note.
Tempo fa, allo scopo di reperire qualche testo che approfondisse la mia ricerca, di cui parlerò in un altro pezzo del Blog, ebbi a parlare con lui di mezzi subacquei e di come l'Italia fu pioniera in questo senso.
Lui senza dire una parola mi prese per un braccio, portandomi all'esterno del negozio, dinanzi al murales e mi indicò una parte di esso, sul lato destro.
Raffigurava stilizzata la nostra ferrovia storica, la Ferrovia Porrettana, una delle prime realizzate nel Regno d'italia, di cui cui abbiamo commemorato da poco i 150 anni e sui binari uno strano...”Veicolo” sui binari...che assomigliava ad una barca.
Naufragio del Bourgogne
E così...seraficamente mi fa la fatal domanda: “Conosci la storia del sommergibile dell'Appennino”?
Ok, cado dalle nuvole, con sorriso sornione si gusta la mia sorpresa, ed inizia a raccontare.
Correva l'anno 1901 e Agostino Lenzi, un fabbro di Silla (oggi frazione del comune di Gaggio Montano, confinante con Alto Reno Terme (BO) decide di partecipare ad un prestigioso premio dedicato alla realizzazione di mezzi per il salvataggio in mare.
Il premio è organizzato a Le Havre in Francia ed è intitolato ad Anthony Pollok, facoltoso avvocato americano (di origine ungherese) scomparso insieme alla moglie durante il naufragio del transatlantico La Bourgogne il 4 luglio 1898 al largo delle coste francesi, la nave francese affonda al largo della Nuova Scozia con il tragico bilancio di 549 morti, per lo più emigranti italiani. All'epoca la tragedia fu un fatto mediatico di grande rilievo, che tenne le pagine dei giornali occupate per diverso tempo. 
Una riproduzione
 
Una curiosità, Pollock era un avvocato piuttosto famoso, titolare dello studio legale “Pollock & Bailey”, fu il principale responsabile dell'accreditamento dell'invenzione del telefono a Bell a scapito dell'Italiano Meucci, ma aveva anche cospicui interessi in una società di telecomunicazioni via cavo (telegrafo), la Western Union.
All'epoca Guglielmo Marconi stava muovendo i suoi primi passi verso quell'invenzione che avrebbe cambiato per sempre le telecomunicazioni: La radio.
Le tragedie del Titanic erano ancora da venire, ma il naufragio della Bourgogne aveva scosso gli animi della gente dell'epoca.
il concorso di Le Havre
Fu così che la famiglia Pollock decise di istituire un concorso con premio in denaro, ignoriamo come il nostro fabbro di Silla ne venne a conoscenza, sicuramente ingolosito dal premio messo in palio dalla famiglia Pollok e altrettanto sicuramente pervaso da quella follia che contraddistingue il genio, si cimentò nella costruzione di un veicolo sottomarino. Ne studia e realizza il progetto, ne produce il prototipo, in qualche modo lo collauda e lo invia a Le Havre usando la Ferrovia Porrettana per il primo tratto a concorrere. Paradossalmente, malagrado il ritrovamento di alcuni documenti, molto è andato perduto e non sappiamo che esito ebbe il concorso e se tanta genialità fu mai premiata.
Quel che è certo è che il Sig. Francesco Guccini, omonimo del cantautore di Pavana, lo aveva da decenni nel suo cortile...in un angolo.
Il Signor Guccini ha infatti raccolto molto materiale documentale per ricostruirne la storia, spingendosi nella sua indagine a verificarne funzionalità ed aspetti tecnici del funzionamento e realizzazione. Fondamentale la sua visita a Le Havre dove ha istituito rapporti di collaborazione con i musei del settore portuale e della navigazione, con storici ed esperti .
Elenco partecipanti al concorso
Il mezzo si presenta come una sorta di battello di salvataggio, per un singolo membro dell'equipaggio utile ad ispezionare i relitti sommersi. Della fattura stupisce l'accuratezza ad iniziare delle particolari borchie utilizzate per realizzare la camera stagna dentro cui una persona potesse alloggiare sul fondo del mare, respirando grazie ad un sistema di pompa a doppio effetto molto simile a quella dei primi palombari. La visibilità era data da una lastra di vetro a tenuta stagna. Ciò che appare incredibile di questo “sommergibile porrettano” è l’abilità artigiana del suo inventore considerati i mezzi di cui poteva disporre all'epoca, mi è stato detto che chi è riuscito a vederlo ha parlato delle saldature realizzate in modo pressochè perfetto.
A quanto pare l'Area dell'Alto Reno aveva una vocazione per il mare, molto prima che noi subacquei di superficie ne sentissimo il richiamo, Agostino Lenzi, un geniale fabbro dell'Alta Valle del Reno, aveva risposto.

 
Il sommergibile e la pompa per l'aria




Buone Bolle!



Le foto del sommergibile e del sig Guccini sono di Enzo Chiarullo (Ottobre 2012 ) e provengono da un suo articolo ( si veda link)



Link:

Il sommergibile dell' appennino: https://www.barchedepocaeclassiche.it/marineria/beni-storici-e-culturali/156-il-sommergibile-dell-appennino.html






Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie"



giovedì 22 agosto 2019

La Benna, l'altro relitto di Calafuria


 
E’ innegabile che per i sub i relitti hanno un fascino particolare, poterli rimirare nel silenzio degli abissi ha sempre un che di suggestivo, che spesso instilla una sorta di timoroso rispetto per le storie che hanno dietro il loro affondamento.
La costa di Livorno e il mare ad esso prospiciente non fa eccezione, sappiamo di un relitto del 700’ completo di ancora e cannoni alle Secche di Vada, una cannoniera americana di 40 metri sita a circa 22 metri di profondità dinanzi alla diga foranea di Livorno, la nave da Carico Gino Scardigli a 300 metri dal corridoio dei traghetti dinanzi al porto di Livorno a circa 65 metri di profondità, la nave tedesca Ss Kreta, pattugliatore della Kriegsmarine 167 metri di profondità nelle acque di Capraia e Geierfels e la Freienfels, due enormi piroscafi di costruzione tedesca, lunghi circa 160 metri ciascuno, a circa tre miglia e mezzo a est dell’isola di Gorgona e a 15 da Livorno, a 140 metri di profondità.
Per molti di noi, questi sono relitti che non vedremo mai, vuoi per i limiti dettati dalle areee in cui si trovano, vuoi per i parametri d’immersione che non sono certo alla portata di sub ricreativi.

Calafuria primi del secolo

Tuttavia sott’acqua ormai si trova di tutto, non solo natanti di ogni tipo, epoca e genere ma anche aerei, auto e altro…
Calafuria non fa eccezione… si lo so c’è il relitto della nave etrusca che il Gruppo Archeosub Labronico ha documentato così bene, ma non è di questo che parlerò oggi.
Chiunque si sia immerso a Calafuria ha sicuramente sentito parlare almeno una volta, dagli astanti della “Benna”.
Per me la benna è sempre stato la parte anteriore di un escavatore o di uno spartineve, per cui le prime volte che ne sentii parlare, non capì a cosa si riferissero, si aggiunga a questo che all’epoca delle mie prime immersioni il mio limite erano i 18 mt del mio brevetto Open Water e ci volle un po’ prima di capire.

Facciamo un passo indietro: sino dall’antichità, Calafuria, era un punto di passaggio obbligato per tutte le rotte di cabotaggio (navigazione paralleli alla costa per dirla alla buona) che, dalla Grecia e Magna Grecia, dai centri fenicio/punici e dalla stessa Etruria, conducevano al Mediterraneo occidentale; purtroppo era anche un tratto particolarmente infido per le navi antiche perché scosceso, ripido, privo di approdi e ripari e frequentemente soggetto a improvvise e violente libecciate e altre turbolenze meteomarine che ne giustificano tuttora ampiamente il toponimo.

Questo deve averla resa come tratto di costa, nel corso dei secoli, teatro di ben più di un naufragio, a questo aggiungete che fin dall’antichità sino a tempi collocabili alla metà del secolo scorso, la scogliera di Calafuria e i massicci rocciosi nell’immediato entroterra furono teatro di uno sfruttamento con le cave di Arenaria.
Dall’arenaria Macigno di Calafuria ne veniva estratta una pietra molto apprezzata per stipiti e architravi, pavimentazioni, loggiati ecc., ed impiegata frequentemente nella costruzione di palazzi a Livorno fin dal '500. C’è chi afferma che cave
trasporto via mare
come quella di Calignaia hanno permesso la costruzione di mezza Livorno. Se ne trovano testimonianza nella Fortezza Vecchia con stipiti e architravi, cordoli e pavimentazioni dei cortili, la Camera di Commercio con il suo loggiato frontale e molti elementi architettonici, il Palazzo Rosciano con le grandi colonne situate all'ingresso e molti altri anche di costruzione relativamente recente.
Si pensi che a Calafuria e soprattutto di Calignaia, cessarono del tutto i lavori solo intorno alla meta del '900 concludendo un'esperienza durata due millenni.
Lasciando aperto a tutt'oggi il problema del loro eventuale ripristino ambientale, problema assai complesso soprattutto per le cave più grandi ma divenuto ormai urgente.
Tuttavia C’è chi pensa che il commercio di questo materiale da costruzione non fosse limitato al solo immediato utilizzo nella vicina Livorno, il che ci porta fatalmente a ragionare sul tema di questo articolo.
All’epoca la strada litoranea non era come la conosciamo noi oggi e comunque la roccia pesa, quindi il trasporto via mare poteva essere una soluzione tutt’altro che da scartare.
Da alcune cartoline dell’epoca si possono vedere alcuni particolari che gettano luce sulla storia della nostra “Benna”, che altro non è che un classico carrello da miniera.
i carrelli da miniera
Assai probabilmente quello che possiamo vedere sul fondale non è altro che ciò che resta di un naufragio o di una parziale perdita di carico.
Dovete sapere che ai primi del 900’ il golfetto di Calafuria non era esattamente come lo vediamo oggi, la scogliera sotto il bunker (all’epoca ancora non esisteva) era stata in parte spianata per far posto sembrerebbe ad una sede rotabile che terminava nel muretto che esiste ancora oggi, mentre invece il ponte della strada non esisteva e da sotto il ponte della ferrovia un pontile si spingeva per un bel pezzetto dentro il golfo (si vedano le immagini).
Ma intanto, come di si arriva?
Si può entrare in acqua dal golfetto, oppure scendere a vostro rischio e pericolo bombole in spalla dalla scogliera che digrada davanti al Diving. Entrati in acqua avendo l’accortezza di rimanere davanti alla torre e al solco della sua catena negli scogli, pinneggiare finché dal promontorio alla vostra sinistra non emerge il castello del Boccale e riuscite a vedere la terza finestra. Si scende qui e dovreste trovare sotto di voi la cosiddetta cigliata nord su 15 mt di fondo. La si tiene sulla destra sino ai 30 mt circa, direzione 240°. Qua sulla nostra destra si apre una sorta di Canyon chiuso su tre lati, composto da pareti ricoperte da corallo rosso e spugne gialle sul lato destro. Sul fondale troverete uno pneumatico di camion e poco prima qualcosa di una struttura che mareggiata dopo mareggiata sta emergendo (non ho idea di cosa sia) ed un carrello da miniera con una fiancata distrutta dalla corrosione (La benna) a circa 33 metri di profondità.
Bisogna prestare molta attenzione al fondale fanghiglioso, da cui è fin troppo facile tirare su del sedimento.
Negli anni ci sono tornato diverse volte, fin da quando i miei limiti di brevetto me lo hanno consentito, il carrello sembra emergere maggiormente dopo ogni mareggiata, poco lontano si vede ora una specie di tubo e proprio dove il Canyon si stringe, il posto da cui farete ingresso dall’alto sembra emergere qualcosa da sotto la sabbia.
Tempo fa a causa di un errore di navigazione mi capitò di riemergere vicino al golfetto del Boccale e in quel caso vidi tra le rocce un “secchio” di ferro da miniera pieno di concrezioni, probabilmente parte dello stesso carico a cui apparteneva la nostra benna.
Forse non sarà un granchè come relitto, ma come ogni relitto racconta una storia, e come ogni storia chiede solo di essere ascoltata.
Un ultimo appunto.... guardate l'immagine immediatamente sotto... sembra una chiatta da recupero che sta tirando su un relitto, sarà una coincidenza forse, ma quella, occhio e croce  è la posizione dove oggi dovrebbe trovarsi la benna, inoltre buona visione del video.

L'immagine dovrebbe essere del secondo dopoguerra







Buone Bolle!


Link:







 Gallery:
















Fabrizio Gandino 



"Subacqueodisuperficie"




lunedì 15 luglio 2019

6 Luglio 2019 "Lo Scoglietto di Portoferraio" e "Scoglio della Nave"

Video di Salvatore Fabiano


Era passato poco più di un mese dal nostro weekend  a Naregno sull'isola d'Elba, quando si ripresenta la possibilità di tornarci.
In quell'occasione seppure i punti d'immersione fossero di per sè una garanzia, con l'esclusione dei Picchi di Pablo il tutto era stato funestato e reso meno godibile dalla presenza della mucillaggine in grande quantità.
Ci sarebbe da aprire una discussione su come questa infestazione ormai sia qualcosa a cui ci dovremmo abituare a causa di una progressiva tropicalizzazione dei mari e dei malcostumi umani.
Si sperava che dopo un mese qualche mareggiata avrebbe spazzato via quella fastidiosa moquette gialla che ricopriva tutto.
L'occasione si è presentata grazie alla collaborazione tra Centro Servizi Diving di Quarrata e il Club Subacqueo "Artiglio" di Viareggio.
Solita levataccia, il gruppo si è riunito a Larciano per fare gli equipaggi e poi muoverci alla volta di Salivoli, dove la barca "Artiglio" ci aspettava.
Presenti Salvatore, Marco, Enrico, Elena, Sandro, Yurika, Antonio e Massimiliano.
si parte!!!
Per strada traffico inaspettatamente sostenuto, scaricato il tutto al porticciolo turistico di Salivoli, siamo saliti a bordo dividendoci in due gruppi.
Il secondo gruppo è stato prelevato dal tender di servizio, al solo scopo che non si dimenticassero di noi, avevamo trattenuto le provviste,in caso di bisogno le lasagne sarebbero state il nostro lasciapassare per salire a bordo! Ci accolgono a bordo i due membri dell'equipaggio del Club Subacqueo Artiglio: Il comandante, Massimiliano e David che ci ha prelevato con il tender.
Ora permettetemi di spendere due parole sulla barca.
L'Artiglio non  è la classica barca da diving che ci si aspetterebbe, le linee sono tutt'altro che moderne ed impreziosite da quell'albero maestro che ha visto diverse vele nel passato gonfiarsi, ha un che di romanticamente retrò ed una sua storia. I Viareggini del Club "Artiglio" ne sono a buon ragione orgogliosi, è una bella barca, comoda che si presta a piccole crociere, noi la useremo oggi per un full day oggi; varata nel 1956 originariamente era un natante da trasporto che serviva al commercio del vino da taglio tra la Sicilia e i porti del nord. Un successivo riallestimento la dotarono di un motore diesel e le stive vennero trasformate in spazio abitabile.

L'Artiglio

La timoneria chiusa da vetrate è ampia e ospita uno spazio comodo, vi consiglio vivamente di farvi un giretto sul sito della loro associazione, capirete quanta passione queste persone ci mettono e quanto amore li lega al mare.

Foto di gruppo
Il nome del Club e della Barca, "Artiglio" non sono scelti a caso, rendono omaggio alla celebre imbarcazione e al suo equipaggio di palombari per maggior parte viareggini, della SORIMA che fu protagonista di uno dei recuperi sottomarini più epocali, quello dell'Egypt e alla tragedia che ne vide la distruzione in acque francesi.
Il clima a bordo è quello di una festa, il ritrovarsi per noi lo è sempre, come sono solito dire spesso, la subacquea non mi ha dato delle persone con cui condividere la mia passione, ma dei veri e propri amici, e vedo che il sentimento e la visione è ampiamente condivisa.
Ovviamente il tempo necessario a raggiungere il luogo del nostro primo tuffo è un ribollire di attività preparatoria, montare le attrezzature, sia di immersione che fotografiche e video, visto che della partita faranno parte Salvatore Fabiano (Videomaker) e Marco Moretti (Fotografo).

Marco Moretti e Massimiliano Benedetti
Dopo circa un ora abbondante di navigazione siamo finalmente giunti allo Scoglietto; David, del Club Artiglio, ha tenuto un piccolo briefing sulle possibilità di immersione sul sito.
Scesi in acqua ci siamo subito accorti che c'era una leggera corrente, purtroppo sgonfiato il gav ci simao resi conto che la visibilità, buona, ci restituiva lo sconsolato panorama giallastro della mucillaggine onnipresente sino a 30 metri.
La tempreatura dell'acqua spiega in parte la cosa, 28 C° in superficie, ma con un termoclimo che iniziava a 5-6 metri portandola a 24-20 C°.
La cosa ha come dire un po' sminuito la potenziale bellezza del posto in sè da cui mancavo ormai da diversi anni. Viste alcune grosse cernie, saraghi, dentici, occhiate  e corvine, nonostante la coltre gialla lo scoglietto continua a ribollire di vita.

Elena e Enrico
 Rilevo però un dato inquietante: delle quattro pinne nobilis che ho incontrato, nessuna era viva, tutti gusci privi di ospite, il che significa che l'allarme circa un protozoo che ne sta attaccando le colonie di Nacchere in tutto il Mediterraneo, è davvero un fatto reale e preoccupante.
Guardo un sub rizzarne una orizzontale vuota sulla sabbia, poco lontano Enrico sta scuotendo la testa sconsolato.Finita l'immersione, l'Artiglio si è mossa alla volta dello "Scoglio della Nave", dove si è dato fondo all'ancora e dato, parimenti fondo alla cambusa, un paio d'ore di riposo, qualcuno indulge in una sana pennichella al sole di una giornata strepitosa, altri fanno un tuffo oltre la murata in un acqua splendida (28C°).
Il secondo tuffo, mi ha dato più soddisfazioni ad essere sincero, sebbene anche qui la presenza della mucillaggine fosse assai rilevante, inoltre uscendo verso l'esterno dello scoglio c'era una certa corrente che ci ha costretto a pedalare un po' sul fondo.
Marco Moretti
Ma il bello arrivava alla fine, Elena mi indica un punto in basso tra le rocce, siamo in prossimità dell'ancora, stiamo per uscire, ed ecco una murena in tana.
Scendo giù a filmarla, ed questa non si muove, poco dopo vedo zampettare sulla sua testa un minuscolo gambretto, ed eccola aprire la bocca per la pulizia dei denti.
Ditemi quel che volete ma dono scene che avevo visto solo attraverso le foto di altri, assistervi di persona da comunque una certa soddisfazione.
Risaliti sulla barca, è sempre il solito cicaleggio di scambio di impressioni, di quel che si è visto, di quel che si è indicato, di quel che si è perso.

Marco rimira un suo scatto
Salvatore scorre febbrilmente le sue riprese mostrando cosa è riuscito a catturare con l'occhio della telecamera.
Il rientro a Salivoli è tranquillo, c'è chi mangia ancora, chi sonnecchia, chi finisce di mettere via l'attrezzatura nelle ceste, per poi imbarcare rapidamente il tutto nelle auto e rientrare a casa.
E' stata una giornata fantastica tutto sommato, e l'Elba non ha perso la sua magia.
Un ringraziamento particolare a Tina Gori del "C.S.D. di Quarrata" e a Massimiliano e David del "Club Subacqueo Artiglio di Viareggio, per averci regalato un altra giornata indimenticabile.





Buone bolle!!!


il "subacqueodisuperficie" immortalato da Marco Moretti


Attrezzature:
Computer: PUK Mares
Gav: OK 747 Freeshark
Octopus: Primo stadio M5 Oceanic, MK 25 Scubapro,  Secondi stadi Scubapro s360 – Seac Sub
Muta : muta semistagna Seac Sub
Sottomuta : 2,5 mm Tribord
Pinne : Mares Avanti 4
Maschera: Italica Seac Sub
Immersione da barca – "Artiglio" del "Club Subacqueo Artiglio" di Viareggio
Temp. Acqua: 28-20 C°







 
Il mio video della giornata 


Link: 


Mucillaggine: Wikipedia

Moria delle pinne Nobilis: National Geographic



Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie"



martedì 11 giugno 2019

1° Giugno 2019 - "Pianosa delle Meraviglie"


Ponte del 2 Giugno che poi ponte non è visto che si tratta di un normalissimo weekend, sono stato convinto dal mio buddy storico, Gianni Mattarozzi, a seguire il gruppo sull'Isola d'Elba con quelle sante donne delle nostre mogli al seguito. La discussione telefonica su venire o meno era iniziata così: Gianni “Roberto dai vienei anche tu all'Elba con l'Anna? C'è anche l'Antonella”
Io: “non so Jeandesub (al secolo Gianni), in fondo mi piacerebbe immergermi con i ragazzi”
Gianni: “Bene ho prenotato per tutti e due per l'immersione a Pianosa”


Stavo per ribattere che gli altri non andavano a pianosa, ma sai che c'è? Che Pianosa è una di quelle immersioni che se non le fai quando ne hai occasione finirai per pentirtene negli anni venire e così sia, dunque! Per chi non lo sa, l'isola di Pianosa ricade sotto la municipalità di Campo nell'Elba, la sua conformazione è fatta di rocce di origine sedimentaria che si alterna, nel litorale dell'isola in tratti rocciosi e sabbiosi. Molti di voi la ricorderanno per l'esistenza fino al 1997 del carcere di massima sicurezza, ciò rendeva l'isola praticamente inaccessibile e, come effetto secondario ha ha permesso di mantenere inalterato la massima parte parte del patrimonio naturale dell'isola. La colonia penale a Pianosa venne istituita nel 1856 e divenne carcere di massima sicurezza nel 1968. Dal 1931 al 1935 fu detenuto sull'isola anche il futuro Presidente della Repubblica Sandro Pertini, incarcerato per motivi politici. Al solo scopo di preservare il più possibile questo tesoro, viene richiesto un brevetto subacqueo minimo di Advanced Open Water o equivalente.

I fondali marini intorno all'isola, sono certo tra i più ricchi e incontaminati d'Italia, da una parte per merito del divieto alla pesca, transito, ormeggio, per la presenza del carcere, ma anche grazie alla particolare morfologia di Pianosa che rende le acque poche profonde, habitat ideale per le praterie di Posidonia e per le numerose specie che qui trovano riparo: salpe, dentici, triglie, saraghi, aragoste, ricciole e cernie o che scelgono il basso fondale per la riproduzione, come la granseola.
La partenza avviene sabato mattina 1° di Giugno, Gianni ed io siamo sulla spiaggia di Naregno dinanzi all'Hotel Villa Martinez, che ospita tutta la nostra comitiva e sede del Diving Stefano Sub al quale ci siamo appoggiati e che gentilmente ci ha anticipato la somministrazione della colazione, visti i nostri impegni subacquei.



Ci fa compagnia solo una "mattinierissima Elena" e presto veniamo raggiunti anche da Fabrizio che fa una passeggiata prima di colazione, visti i nostri impegi subacquei mattinieri,  partiamo con un leggero ritardo con il gommone già abitato da altri 8 subacquei (provenienti da altri Hotel della zona). La traversata è piacevole anche se non brevissima (1 ora e 40 minuti di "navigazione a tutta birra"), ne approfittiamo per fare conoscenza con i nostri compagni di immersione, tra cui Valerio de Marco (romano di provenienza), che sarà autore/testimone di alcune splendide riprese.

Ci prepariamo e balziamo in acqua, e subito lo spettacolo che si propone mozza il fiato, non sono bravissimo a descrivere, ma credo che le immagini che sono postate qui parlino da sole. Ad un certo punto individuo la prima di alcune granceole (note anche come capre di mare) che avvicino con la macchina fotografica, provo a provocarla avvicinandomi con l'obiettivo, pertanto lei tenta un attacco e riesce a pinzarmi un guanto e la macchina stessa. Poco dopo è la volta di una splendida cernia che si avvicina incuriosita a noi, una eventualità piuttosto rara normalmente. La fotografo in primo piano.... la sua bovca non ci stava dentro all'obbiettivo. Come avevo anticipato è Valerio de Marco a cogliere l'attimo e riprendere una scena a dir poco curiosa: la granseola attacca il subacqueo, che volutamente si era avvicinato oltre la distanza di sicurezza, con la sua videocamera, una cernia piuttosto grossa, si interpone fra il subacqueo e la granseola stessa, sembra quasi a difesa del subacqueo attaccato, tant'è che anche lei stessa viene attaccata dalla granseola. Filmato unico. Bellissimo!


Sul gommone l'umore dei partecipanti è alle stelle, è stata un esperienza strepitosa
Che invidia quando lo racconteremo! dopo 2 immersioni a Pianosa ... si rientra a Naregno....non ci era mai capitato che in immersione i pesci ci inseguissero....
Si ringrazia Tina Gori del C.S.D. "Associazione Uomo Ambiente" di Quarrata (PT) per l'organizzazione o lo staff di Stefano Sub.








Nota: di Fabrizio Gandino "Subacqueodisuperficie"
Per chi non conosce Roberto Puzzarini (detto Master)e Gianni Mattarozzi (Alias Jeandesub) e non li ha mai visti in uscita insieme, vi potrà capitare di vederli esibirsi nel “bacio del crapone”, anche detto "Bacio sulla crogna"questo rito che ha avuto a ripetersi sotto lo sguardo esterrefatto dei loro compagni d'immersione da un lato, e quello divertito delle loro mogli dall'altro, questa pratica, dicevamo, massimizza le loro prestazioni subacquee sfornando un Sub-Supersayan di 38° livello. O almeno è quello che loro raccontano.... Mah.... chi sono io per contraddirli?





 Roberto Puzzarini





sabato 8 giugno 2019

Weekend subacqueo Isola d'Elba 2 Giugno 2019 - parte seconda

2 giugno 2019
Capo Calvo, le Cannelle Int.


Sveglia presto...ci tocca, tra la partenza intorno alle 8,45 e il fatto che tutto il bagaglio deve essere pronto al nostro rientro per partire e riprendere il traghetto del rientro. Abbondante colazione, sfottò d'obbligo a Salvatore, che per fortuna ha un gran senso dell'umorismo e risponde a tono :D.

L'imbarco avviene senza incidenti, una cosa appare subito chiara, il mare non si è calmato particolarmente da ieri, qui la scelta ricade su Capo Calvo.
La Cala di Capo Calvo si trova a sud est del golfo di Porto Azzurro, il fondale alterna sabbia a posidonia con qualche sperone di roccia che vi emerge. La squadra questa volta è composta, oltre che dal sottoscritto, da Elena, Luca e Michele.
Viene calata una sagola con un gavittello, la corrente di superficie non è fortissima, ma è piuttosto fastidiosa.
Attraversiamo un pianoro sabbioso, per raggiungere un area densamente popolata di Gorgonie rosse intorno ai 30 metri di profondità.
Che dire il posto sarebbe davvero uno spettacolo, ma questo infame tappeto giallo di mucillaggine che ricopre qualsiasi cosa.
Le gorgonie sono tante, belle e non a profondità elevate, ma aimè con questa disgustosa parrucca in cima.
La visibilità è a tratti, ed è un vero peccato perchè c'è una luce solare ottima e verrebbero delle riprese decenti se l'oeratore fosse un po' meno scarso (io) e si vedesse qualche metro in più, insomma visibilità “Calafuriana”.
Anche qui vediamo alcune flabelline, tenacemente attaccate ai rami rosso porpora, stagliarsi in mezzo ai filamenti e di nuovo vedo una vacchetta solitaria, qua e là qualche spirografo e su alcune pareti, cespi di Parazoantus e rami di falso corallo nero (Gerardia savaglia).
Tutt'intorno la solita fauna pelagica fatta per lo più di castagnole, donzelle e qualche triglia.
Luca ogni tanto si ferma e libera qualche gorgonia dalla sua parrucca bionda, speriamo presto che una mareggiata risolva un po' questa situazione.
Risalendo incontriamo un po' di posidonia, alle onnipresenti donzelle, si uniscono saraghi e Perchie (Serranus cabrilla); ad un certo punto un pescetto blu mi saetta dinanzi, ne parlerò dopo con Luca ma non riuscirò nell'identificazione finchè non arrivo a casa, si tratta di un Tordo codanera (Symphodus melanocercus), il fatto che sia in livrea riproduttiva, mi dice che ho avvistato un maschio ed è compatibile con il fondale roccioso che ha eletto a suo habitat.
Risalendo di profondità la situazione migliora notevolmente, non tanto per la mucillaggine, ma per la vita pelagica che si libra sopra di essa.
Al rientro sulla catena, incontriamo il gruppo che si è spinto un po' più in fondo di noi, Salvatore riprende tutti, solito documenta le nostre immersioni, il suo girato ci permette spesso di renderci conto di cose appena intraviste o sfuggite del tutto.
Fortunatamente la corrente è per lo più di superficie, con qualche accorgimento il rientro non è particolarmente difficoltoso, altra cosa il moto ondoso che ci fa ballare un po' e rende poco simpatico issarsi su per la scaletta.
La sosta di superficie è d'obbligo e si cerca una posizione appena un po' più riparata, per poi muovere alla volta della meta successiva: punta delle Cannelle.

Il sito si trova sulla punta nord del golfo di Porto Azzurro, anche qui la corrente non scherza, si decide in sede di breafing, di scendere sulla parte interna, la barca viene ormeggiata a ridosso della scogliera sottraendola così al vendo e dandoci così una relativa calma.
La discesa è facile, puntando verso il largo si attraversa un pianoro che difrada verso il basso, arrivando passando uno sperone di roccia, ad un panettone che dal fondale (saranno circa 40 metri) si erge per 10 metri interamente coperto di gorgonie rosse.
Ragazzi spettacolo! Qui forse a causa della sua esposizione al mare aperto e alla corrente, la mucillaggine è sempre presente, ma in misura nettamente minore.
Anche qui (mi ripeto) è un ribollire di vita: castagnole, donzelle, saraghi, perchie, ho visto un bel dentice, corvine, qualche zerro(Spicara maris) con la caratteristica macchiolina nera, e delle piccole lampughe (Coryphaena hippurus).
Si nuota sino al “Panettone di gorgonie”, ma qui la corrente si fa davvero sentire e tende a strapparti alla parete, per cui si rientra verso il pianoro.
Sulle pareti è un fiorire continuo di parazoantus, che finalmente ci mostra un giallo diverso e decisamente più piacevole.
Sono quasi sull'ancora che sto girellando cercando qualcosa da riprendere, quando salvatore mi chiama, a pochi metri dall'ancora mi indica qualcosa: uno scocciatissimo polpo in tana, ammassa sassi dinanzi a sé e soffia acqua con i suoi sifoni in direzione di Salva.
Risaliamo soddisfatti e senza aver caricato deco per la stragarande maggioranza di noi, è stata una splendida immersione anche questa.
Concludendo:
E' stato un bel weekend di immersioni, passato tra amici e uno splendido mare, una buona organizzazione, purtroppo per la mucillaggine non c'è nulla da fare, questo discorso meriterebbe un respiro più ampio, visto che il fenomeno una volta sporadico, ora invece è ciclico, è dovuto agli sconvolgimenti climatici.
Ragazzi che vi devo dire?....tocca ritornarci! :D




Attrezzature:
Computer: PUK Mares
Gav: OK 747 Freeshark
Octopus: Primo stadio Mr12 Mares, MK 25 Scubapro,  Secondi stadi Scubapro s360 – Mares Rebel
Muta : muta semistagna Seac Sub
Sottomuta : 2,5 mm Tribord
Pinne : Mares Avanti 4
Maschera: Italica Seac Sub
Immersione da barca – Diving Capo Horn – Isola d'Elba (LI)
Temp. Acqua: 17-18 C°







Buone bolle



Fabrizio Gandino
“Subacqueodisuperficie”