E’
innegabile che per i sub i relitti hanno un fascino particolare,
poterli rimirare nel silenzio degli abissi ha sempre un che di
suggestivo, che spesso instilla una sorta di timoroso rispetto per le
storie che hanno dietro il loro affondamento.
La
costa di Livorno e il mare ad esso prospiciente non fa eccezione,
sappiamo di un relitto del 700’ completo di ancora e cannoni alle
Secche di Vada, una cannoniera americana di 40 metri sita a circa 22
metri di profondità dinanzi alla diga foranea di Livorno, la nave da
Carico Gino Scardigli a 300 metri dal corridoio dei traghetti dinanzi
al porto di Livorno a circa 65 metri di profondità, la nave tedesca
Ss Kreta, pattugliatore della Kriegsmarine 167 metri di profondità
nelle acque di Capraia e Geierfels
e la
Freienfels, due
enormi piroscafi di costruzione tedesca, lunghi circa 160 metri
ciascuno, a circa tre miglia e mezzo a est dell’isola di Gorgona e
a 15 da Livorno, a 140
metri di profondità.
Per
molti di noi, questi sono relitti che non vedremo mai, vuoi per i
limiti dettati dalle areee in cui si trovano, vuoi per i parametri
d’immersione che non sono certo alla portata di sub ricreativi.
Calafuria primi del secolo |
Tuttavia
sott’acqua ormai si trova di tutto, non solo natanti di ogni tipo,
epoca e genere ma anche aerei, auto e altro…
Calafuria
non fa eccezione… si lo so c’è il relitto della nave etrusca che
il Gruppo Archeosub Labronico ha documentato così bene, ma non è di
questo che parlerò oggi.
Chiunque
si sia immerso a Calafuria ha sicuramente sentito parlare almeno una
volta, dagli astanti della “Benna”.
Per
me la benna è sempre stato la parte anteriore di un escavatore o di
uno spartineve, per cui le prime volte che ne sentii parlare, non
capì a cosa si riferissero, si aggiunga a questo che all’epoca
delle mie prime immersioni il mio limite erano i 18 mt del mio
brevetto Open Water e ci volle un po’ prima di capire.
Facciamo
un passo indietro: sino dall’antichità, Calafuria,
era un punto di passaggio obbligato per tutte le rotte di cabotaggio
(navigazione
paralleli alla costa per dirla alla buona) che,
dalla Grecia e Magna Grecia, dai centri fenicio/punici e dalla stessa
Etruria, conducevano al Mediterraneo occidentale; purtroppo
era anche un tratto particolarmente infido per le navi antiche perché
scosceso, ripido, privo di approdi e ripari e frequentemente soggetto
a improvvise e violente libecciate e altre turbolenze meteomarine che
ne giustificano tuttora ampiamente il toponimo.
Questo
deve averla resa come tratto di costa, nel corso dei secoli, teatro
di ben più di un naufragio, a
questo aggiungete che fin dall’antichità sino a tempi collocabili
alla metà del secolo scorso, la scogliera di Calafuria e i massicci
rocciosi nell’immediato entroterra furono teatro di uno
sfruttamento con le cave di Arenaria.
Dall’arenaria
Macigno di Calafuria ne veniva estratta una pietra molto apprezzata
per stipiti e architravi, pavimentazioni, loggiati ecc., ed impiegata
frequentemente nella costruzione di palazzi a Livorno fin dal '500.
C’è chi afferma che cave
come quella di Calignaia hanno permesso
la costruzione di mezza Livorno. Se ne trovano testimonianza nella
Fortezza Vecchia con stipiti e architravi, cordoli e pavimentazioni
dei cortili, la Camera di Commercio con il suo loggiato frontale e
molti elementi architettonici, il Palazzo Rosciano con le grandi
colonne situate all'ingresso e molti altri anche di costruzione
relativamente recente.
trasporto via mare |
Si
pensi che a Calafuria e soprattutto di Calignaia, cessarono del
tutto i lavori solo intorno alla meta del '900 concludendo
un'esperienza durata due millenni.
Lasciando aperto a tutt'oggi
il problema del loro eventuale ripristino ambientale, problema assai
complesso soprattutto per le cave più grandi ma divenuto ormai
urgente.
Tuttavia
C’è chi pensa che il commercio di questo materiale da costruzione
non fosse limitato al solo immediato utilizzo nella vicina Livorno,
il che ci porta fatalmente a ragionare sul tema di questo articolo.
All’epoca
la strada litoranea non era come la conosciamo noi oggi e comunque la
roccia pesa, quindi il trasporto via mare poteva essere una soluzione
tutt’altro che da scartare.
Da
alcune cartoline dell’epoca si possono vedere alcuni particolari
che gettano luce sulla
storia della nostra “Benna”, che altro non è che un classico
carrello da miniera.
i carrelli da miniera |
Assai
probabilmente quello che possiamo vedere sul fondale non è altro che
ciò che resta di un naufragio o di una parziale perdita di carico.
Dovete
sapere che ai primi del 900’ il golfetto di Calafuria non era
esattamente come lo vediamo oggi, la scogliera sotto il bunker
(all’epoca ancora non esisteva) era stata in parte spianata per far
posto sembrerebbe ad una sede rotabile che terminava nel muretto che
esiste ancora oggi, mentre invece il ponte della strada non esisteva
e da sotto il ponte della ferrovia un pontile si spingeva per un bel
pezzetto dentro il golfo (si vedano le immagini).
Ma
intanto, come di si arriva?
Si
può entrare
in acqua dal golfetto, oppure
scendere a vostro rischio e pericolo bombole in spalla dalla
scogliera che digrada davanti al Diving. Entrati in acqua avendo
l’accortezza di rimanere davanti alla torre e al solco della sua
catena negli scogli, pinneggiare finché dal promontorio alla vostra sinistra non emerge
il castello del Boccale e riuscite a vedere la terza finestra. Si
scende qui e dovreste trovare sotto di voi la cosiddetta
cigliata nord su 15
mt di fondo. La si tiene sulla destra sino ai 30 mt circa, direzione
240°.
Qua sulla nostra
destra si apre una sorta
di Canyon chiuso su tre lati,
composto da pareti ricoperte da corallo rosso e spugne gialle sul
lato destro.
Sul fondale troverete
uno
pneumatico
di camion e
poco prima qualcosa di una struttura che mareggiata dopo mareggiata
sta emergendo (non ho idea di cosa sia) ed
un carrello
da miniera con una fiancata distrutta dalla corrosione (La benna) a
circa 33 metri di profondità.
Bisogna
prestare molta attenzione al fondale fanghiglioso, da cui è fin
troppo facile tirare su del sedimento.
Negli
anni ci sono tornato diverse volte, fin da quando i miei limiti di
brevetto me lo hanno consentito, il carrello sembra emergere
maggiormente dopo ogni mareggiata, poco lontano si vede ora una
specie di tubo e proprio dove il Canyon si stringe, il posto da cui
farete ingresso dall’alto sembra emergere qualcosa da sotto la
sabbia.
Tempo
fa a causa di un errore di navigazione mi capitò di riemergere
vicino al golfetto del Boccale e in quel caso vidi tra le rocce un
“secchio” di ferro da miniera pieno di concrezioni, probabilmente
parte dello stesso carico a cui apparteneva la nostra benna.
Forse
non sarà un granchè come relitto, ma come ogni relitto racconta una
storia, e come ogni storia chiede solo di essere ascoltata.
Un ultimo appunto.... guardate l'immagine immediatamente sotto... sembra una chiatta da recupero che sta tirando su un relitto, sarà una coincidenza forse, ma quella, occhio e croce è la posizione dove oggi dovrebbe trovarsi la benna, inoltre buona visione del video.
L'immagine dovrebbe essere del secondo dopoguerra |
Buone
Bolle!
Link:
Gallery:
Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie"