CRONACHE DI SUBACQUEI DI SUPERFICIE - Questo blog nasce dal desiderio di condividere le sensazioni, le emozioni, nate da una passione, la subacquea ricreativa. Differenti voci ed esperienze, come diverse sono le nostre formazioni e il nostro vivere il mare. Ci accomuna l’amore per il mare, il rispetto per la natura, il desiderio di diffondere la cultura della sicurezza. https://subacqueodisuperficie.blogspot.com/2018/10/eccoci-quinoi-perche-subacquei-di.html
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mercoledì 10 marzo 2021
La Maledizione della "Rete Fantasma"
Era l’Agosto del 1984, quando insieme ad altri milioni di telespettatori, seguii in diretta internazionale le scene dell’apertura post-recupero di una delle casseforti dell’Andrea Doria ad opera di Peter Gimbel. La settimana fu pregna di repliche dell’avvenimento e dei video dei sommozzatori che effettuarono quest’impresa usando apparecchiature avveniristiche per allora ed un nutrito impiego di miscele Trimix. Una delle cose che colpì la mia fantasia di ragazzino, fu la presenza di enormi pezzi di rete incastrati sul relitto che giace su un fianco, pezzi di rete che continuavano a intrappolare dei pesci, rimaste li probabilmente come incidente di chi non aveva valutato correttamente la posizione del relitto. Quello è il mio primo ricordo di “Reti Fantasma” allora non le chiamavano ancora così, e a ben ripensarci da bambino e anche in tempi più recenti, mi capitava di fare dei giretti a piedi lungo il litorale di S.Antioco in località “Sa barra” di trovarne a riva complete di galleggianti e piombi e di ritrovarle, anno dopo anno sempre dove le avevo intraviste la prima volta.
Le reti Fantasma però sono molto di più di un semplice rifiuto abbandonato, brutto da vedere e non biodegradabile, ma un problema assai serio, con cui ormai, ogni Nazione che si affacci sul mare deve farci i conti. Si calcola che ogni anno vengono disperse in mare almeno 640mila tonnellate di reti e altri attrezzi da pesca che, se non recuperati, continuano a “pescare” per moltissimi anni, ogni giorno , tutti i giorni dall’alba al tramonto. Si Calcola che da Luglio 2019 a Settembre 2020 siano state recuperate dai fondali italiani con meno di sei tonnellate di reti fantasma (L’equivalente di 200.000 bottiglie di plastica), avviate poi successivamente alla distruzione. C’é pure chi ritiene che questa sia la punta dell’Iceberg e che in realtà ci sia ancora moltissimo da fare dal momento che le stime ci dicono che le attrezzature da pesca disperse nei mari del pianeta, di cui le reti costituiscono la massa critica siano di 640 Tonnellate all’anno nel solo Mediterraneo, che si vanno a cumulare a quelle delle annate precedenti. L’Unione Europea stima che il 20% delle attrezzature da pesca usate in Europa vengano disperse in mare: oltre 11mila tonnellate ogni anno. Nel solo golfo di Venezia la stima è di 60 mila reti finite sui fondali.
Parliamo di numeri, alcuni li abbiamo già visti prima:
Più di 800 le specie minacciate, compresi gli organismi bentonici (coralligeno)
136.000 foche, leoni marini e grandi balene vengono uccise ogni anno dalle reti fantasma
870 reti sono state recuperate solo nello stato di Washington con oltre 32.000 animali marini intrappolati all’interno
11 grandi balene impigliate in reti fantasma ogni anno solo lungo la costa occidentale degli Stati Uniti
600 anni, il tempo che serve ad una rete di nylon per decomporsi (e trasformarsi haimè in microplastiche)
95 organizzazioni in sei continenti tra aziende, compagnie, associazioni e 14 governi anche europei come Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi e Svezia (non ancora l’Italia!) sotto l’egida della “World Animal Protection”
20% di tutti i rifiuti marini, secondo quanto stimato prudentemente, tuttavia, studi recenti hanno suggerito che potrebbero rappresentare dal 46% al 70% di tutta la macro plastica nei nostri oceani in base al peso
27% dei rifiuti che deturpano le spiagge siano riconducibili ad attrezzatura da pesca dispersi, questo nella sola Unione Europea
8 milioni di tonnellate la plastica abbandonata nei mari di tutto il mondo di cui le attrezzature da pesca ne sono parte rilevante
Gli stessi pescatori ormai sono parte in causa e non solo perché responsabili, ma perché i loro stessi guadagni e la pescosità dei mari è in drastica diminuzione, non di rado infatti sono proprio loro a fornire indicazioni alla Guardia costiera circa questo triste fenomeno. Sono loro stessi a riconoscere il bisogno di un cambio di rotta, Antonio, pescatore di Castro, piccolo villaggio di pescatori in provincia di Lecce lo sostiene, "Perché - dice - è materiale plastico o sintetico, ed è causa di inquinamento sui fondali marini. E questo è un danno anche per noi pescatori. Per noi pescatori e per tutti, perché andiamo a mangiare il pesce inquinato che ha mangiato plastica, una parte di rete”. Eppure qualcosa di muove, in tutto il litorale italiano gruppi di volontari e piccoli progetti hanno preso piede al fine di limitare i danni. E’ il caso di un iniziativa che sta avendo luogo in Puglia e che vede coinvolte anche le istituzioni di Albania e Montenegro, in un progetto chiamato “Adrinet”. L’iniziativa è finanziata dalla Comunità Europea all’85% il restante 15% è in carico ai tre Paesi facenti parte del progetto, per un importo di poco superiore al milione di Euro. In questo caso specifico una delle soluzioni che si è scelto di percorrere passa per l’applicazione di tecnologie GPS per favorire il recupero; obbligo di segnalazione e recupero in caso di perdita (in Europa è già obbligatorio); nella fattispecie un microchip che fissato alle reti ne consente rapidamente il ritrovamento e l’identificazione del proprietario. Si agisce su vari fronti, il riciclo delle reti recuperate ad esempio, l’azienda italiana Aquafil utilizza reti abbandonate e altri rifiuti in plastica per produrre costumi da bagno e abbigliamento sportivo. Un’altra azienda spagnola, la Ecoalf, ha realizzato una linea di maglioni realizzati con attrezzatura da pesca recuperata.
Il fenomeno ormai sta riscuotendo un certo clamore, in parte per una rinnovata coscienza ecologica, alla quale le nuove generazioni cominciano ad essere più interessate, questo non poteva passare inosservato dai Network televisivi, faccio ampio riferimento al canale tematico DMAX, che ha inserito nel suo palinsesto un reality che parla delle gesta di un gruppo di subacquei volontari che operano nel mare di Sicilia alla bonifica delle reti fantasma. Nel mio piccolo durante le immersioni a Calafuria mi è capitato di verderne alcune e direi che sono lì da diverso tempo, sebbene in tempi recenti ne sono state avvistate di nuove (Vi rimando al link di un altro post che ne parlava (https://subacqueodisuperficie.blogspot.com/2019/04/cosa-sta-succedendo-calafuria.html)
Quindi che si fa ci si infila la muta e si scende sotto a tirare via delle reti ...ma proprio no! Tanto per cominciare si tratta di un tipo di operazione che comporta diversi rischi, che richiede esperienza, sangue freddo ed una serie di competenze. Bisogna avere assetto e acquaticità perfetti, avere le giuste attrezzature (Palloni di sollevamento e quant’altro), saper valutare correttamente le diverse situazioni (quando conviene staccare una rete dalla roccia e quando invece è più opportuno lasciarla lì, magari dopo averla messa in sicurezza. A volte infatti la rete è talmente vecchia che, staccandola, rischiamo di peggiorare la situazione e danneggiare gli organismi bentonici ), saper lavorare in squadra e dulcis in fundo, non guasta affatto avere pratica ed essere abilitati all’utilizzo di un reatheber e/o miscele decompressive. NON CI SI IMPROVVISA CHIARO!
“Ma allora, io semplice sub ricreativo, che posso fare?”, la risposta è “Molto”, il mare è grande e tanto per cominciare rilevando la posizione e dando alla Guardia Costiera e/o Capitaneria di Porto, tutte le informazioni necessarie al ritrovamento ed ad una successiva bonifica, per la quale “Loro” sono perfettamente attrezzati e addestrati.
Reti, tramagli lenze fisse e lenze a traina: un altro fattore estremamente rischioso e sottovalutato è il potenziale pericolo indotto da reti e lenze dei pescatori. Prima di tutto si consiglia di immergersi lontano dalle tratte segnalate; in secondo luogo è opportuno fare attenzione a quelle abusive e di munirsi ALMENO di un coltello ben affilato (meglio due) da tenere alla caviglia, al braccio o alla cintura. Impigliarsi in una di quelle durante l'immersione potrebbe determinare l'impossibilità di riemergere.
Buone bolle!!
Link:
“Ghost Fishing” https://www.ghostfishing.org/
“Life-ghost” http://www.life-ghost.eu/index.php/it/
“Global Ghost Gear Initiative” https://www.ghostgear.org/
“FAO” http://www.fao.org/news/story/en/item/19353/icode/
Fabrizio Gandino
“Subacqueodisuperficie”
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