Questi ultimi due anni hanno penalizzato l'attività subacquea di diversi tra noi, solo ora a emergenza (si spera) finita si comincia a tirare un respiro di sollievo. Tutto è cominciato con Michele, che prima ancora di partire per il Mar Rosso a pinneggiare con i Longimanus, mi aveva convinto a partecipare al weekend sub all'isola d'Elba organizzato dalla nostra scuola. Sarò sincero, sto diventando un po' pigro, o forse sono solo un po' stanco e l'idea di sbattermi tra auto, traghetti e trasferte con le nostre attrezzature a spalla a piedi nella ressa di uno dei primi weekend caldi non mi sorrideva moltissimo. Per contro la meta era l'isola d'Elba, con un più che probabile tuffo allo Scoglietto di Portofaerraio e le Cannelle, due full day che un subacqueo, qui nel Mediterraneo non può
ignorare. Ed eccoci così, che Michele, Florin, Luca ed io ci troviamo in un affollatissimo terminal traghetti di Piombino per prendere l'aliscafo che ci depositerà a Cavo sull'isola. Il diving scelto è quello di Valeria, la cui barca intravedo per primo dalla banchina di sbarco, distante (con gran sollievo delle nostre schiene) un tiro di schioppo. Il tempo di mollare sul ponte i nostri borsoni e definire gli orari di ritrovo e partenza e siamo liberi di andare a farci una doccia e procacciare la cena. Cavo assomiglia per alcuni versi, ad un luogo della mia infanzia, per chi è stato a S.Antioco probabilmente conoscerà il borgo di pescatori di Cussorgia, subendo probabilmente la medesima evoluzione, divenendo più popolato con gli anni e lasciando il posto a qualche locale caratteristico che farà animare il piccolo centro durante le ore serali. Le atmosfere sono quelle calme e rilassate di quei luoghi dove il tempo pare rallentare, fatto per chi apprezza isolarsi un po' dalle frenesie delle nostre vite, senza tuttavia rinunciare ai confort e ad un minimo di movida serale.
La mattina arriva e ci trova riposati, colazione, salto in panetteria a ritirare un po' di "schiaccia" e via verso la barca. Io vado al molo a prendere Massimiliano e Marco in arrivo con il traghetto, Carlo ci raggiunge direttamente in barca insieme a Giovanni visto che sono qui da un paio di giorni prima. Il nostro vascello è quanto di più lontano possa assomigliare ad un moderno scafo da diving, ma ha il suo fascino che non è fuori luogo in un posto così. Tutto qui sembra dirti di dimenticarti quel che ti aspetta a casa e di goderti il lento scorrere del tempo. Come dicevo la barca è tozza e allegramente rossa, con il suo cefalopode ammiccante, comoda quanto basta e provvista di tutto l'essenziale, non manca nulla, ogni angolo dell'imbarcazione rivela il passaggio di chi prima di noi ha goduto del rilassante borbottio del motore diesel che ci sta portando allo Scoglietto di Porto Ferraio e delle amorevoli manutenzioni del papà di Valeria, si perché c'è anche lui con noi. C'è chi
prende il sole sul ponte, chi ricontrolla lo scuba, chi come Luca e me ascolta gli aneddoti della vita sull'isola dei tempi passati di Valeria e suo padre... e poi eccolo lì, lo scoglietto di Porto Ferraio. Alla discesa dell'ancora siamo ormai tutti vestiti e pronti ad indossare i GAV ormai, il breafing è rapido e conciso, il punto di discesa massimo previsto sarà intorno ai 40 mt, nel rispetto ovviamente dei brevetti in nostro possesso, il che ci porta a separarci in due gruppi. A quella profondità si trova un Cristo sommerso a circa -38 mt, si
tratterà di un altorilievo in buona parte ricoperto di spugne gialle, raffigura un Cristo a braccia alzate ed aperte verso la superficie, come vuole l'iconografia di queste opere che hanno preso le mosse dal primo e più conosciuto di San Fruttuoso. Io ho optato per una muta semistagna da 6.5mm scelta della quale mi pentirò parzialmente nelle immersioni successive, visto il termoclimo dopo i venti metri. La discesa è tranquilla e graduale, la visibilità buona ci regala la vista di alcuni rami di gorgonia e negli anfratti individuiamo qualche piccola aragosta, ci sono anche alcuni dentici, che ...tacci loro! non si avvicineranno mai abbastanza per essere ripresi. Questa per me è un immersione nuova che non ho mai fatto. A poco più di 30 mt la luce è più fioca e laggiù dinanzi alla parete ecco la statua. Qua e là vedo le sfleshate di Marco. È il punto più basso della nostra immersione, da qui cominciamo la risalita verso la franata e la sosta di sicurezza. La riemersione è al solito un misto di eccitazione e desiderio di condividere le impressioni e i numerosi avvistamenti di fauna ittica che qui allo Scoglietto certo non manca. La sosta di superficie, più che necessaria trascorre tra lo sfottò tipico del nostro gruppo di teste matte, mentre sgranocchiamo focaccia in una sorta
di debriefing molto informale. Il secondo tuffo è per La Franata delle Cernie, che tiene pienamente fede al suo nome, ma ci regala anche murene, corvine, banchi di mennole, le onnipresenti castagnole (sia rosse che viola), saraghi di ogni foggia, donzelle pavonine, Sciarrani, Sarpe ecc. Qua e là sul fondale mi tocca rilevare la presenza di diverse nacchere riverse sulla sabbia, mi avvicino speranzoso ad una delle rare ancora ritte, avvicino un dito nella vana speranza di vederla chiudersi, ma non avviene. Ricordo quando nella mia prima esperienza dieci anni fa, proprio qui avevo visto una delle colonie più floride di Pinne nobilis, ora tutto sembra essere andato perduto. Sulle pareti riesco a vedere anche alcuni esemplari di Spondylus, già noti in epoca romana per essere usati come monili.
Il giorno seguente dovrebbe essere la volta delle Cannelle; Luca, Michele ed io ci siamo stati qualche anno fa, ma la corrente e la massiccia presenza della mucillagine funestarono quell'occasione impedendoci di godere appieno di un panettone di roccia riccamente ornato di gorgonie rosse a circa 30-35 mt. Quando si dice "non era destino", Valeria considerato un meteo assai contraddittorio ci informa che difficilmente l'immersione sarà fattibile. Il tempo (atmosferico e non) le daranno largamente ragione, messa ai voti si deciderà di tornare allo Scoglietto, questa volta per due tuffi su Grottoni e di nuovo sulla franata. Come detto precedentemente la mia scelta della semistagna si rivelerà piuttosto infelice e patirò un po' di freddo, ma il tutto sarà largamente compensato dal tripudio di vita marina nel quale ci muoveremo entrambe le volte. Come ulteriore premio ecco fare la loro comparsa anche i barracuda, nella loro sinuosa eleganza tra i banchi di castagnole, che sicuramente speravano nella loro indifferenza. Lo Scoglietto di Portoferraio non delude mai, una certezza, la sua posizione permette un ancoraggio rimessato con quasi qualsiasi tempo e la vita sotto le acque antistanti il faro è prospera, varia ed abbondante. Purtroppo è l'ora di tornare
indietro e manco a farlo apposta il cielo si sgombra dalle nuvole quasi a volerci congedare con un tentativo di perdono. Il ritorno a Cavo è tranquillo e placido come il tempo che questa isola sembra aver congelato e ci dà il tempo di impacchettare le nostre attrezzature rese più pesanti (hai noi!) dall'acqua. Salutiamo Cavo e Valeria dalla banchina del molo, ma sicuramente questo è soltanto un Arrivederci.
Buone bolle!!!
Link utili:
Fabrizio Gandino
"Subacqueodisuperficie"
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