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giovedì 14 novembre 2024

Un argomento Delicato




Prima di cominciare ad affrontare questo nuovo argomento, vi avverto che quanto segue è una sorta di tabù per il mondo della subacquea, per molteplici ragioni che andremo via via a discutere, oggi parleremo di uno dei pericoli più insidiosi a cui un subacqueo si può trovare a dover fare fronte e ne parleremo sulla base dell'esperienza personale e senza pretesa alcuna di voler fornire delle soluzioni, ma tutt'alpiù di fornire uno spunto di riflessione e discussione.

Alcuni tra voi ricorderanno l'appuntamento dell'anno scorso portato avanti dal GEAS di Empoli dell'evento con Andrea Bada e le sue imprese subacquee, vi allego il link 


dell'articolo di seguito (http://subacqueodisuperficie.blogspot.com/2023/02/emozioni-profonde-caccia-di-relitti-con.html), in quell'occasione la Dottoressa Pamela Ciuffo che segue il gruppo Techdive in qualità di Psicologa, fece un affermazione piuttosto precisa: il nemico peggiore di un sub, specie in queste imprese, è l'ansia, e di come sia vitale riuscire ad elaborare e allenare non solo il fisico, ma anche mente e stato emotivo, ha affermato che mentre per un immersione ricreativa un attacco di ansia può essere gestito, a 130 metri di profondità non c'è nulla da gestire se non si è fatto un certo lavoro prima, semplicemente “sei morto”.  Non metto in dubbio la veridicità di queste affermazioni, anche perchè fatte da un terapeuta che ha esperienza sul campo, ma sulla questione della gestione anche a livello ricreativo (che per convenzione viene stabilito alla quota batimetrica massima di -40 m), ritengo non sia affatto così scontata.

 


 

Da quel che s , e qui vi invito se siete in grado ad integrare le mie conoscenze usando i commenti, non mi risulta che vi sia una didattica al momento che insegni a gestire un attacco d'ansia, o peggio, di panico in immersione. Anzi per essere più precisi non esiste neppure un segnale concordato per segnalarla, se fossi malizioso, potrei insinuare che persino parlarne sia un tabù.

Ela questione, che pure è riconosciuta come possibilità, viene affrontata solo nel rescue, come se nel percorso precedente a questa tappa non possa avvenire, un po' come se fosse una narcosi d'azoto che non si verifica prima dei 18 metri...niente di più falso.

Perchè ne parlo? Perchè mi è successo di dover affrontare questo tipo di problematica e non una volta sola, su di me e su altri. Ogni tanto qualcuno prova a parlarne, ma c'è una sorta di vergogna/ostracismo/superstizione come se potesse essere un fenomeno contagioso, ma di questo aspetto parleremo dopo.

Quello che posso raccontarvi è la mia personale esperienza, che ora andrò a raccontare. Avvenne durante un immersione invernale, un immersione che avevo già fatto almeno una cinquantina di volte, eravamo in tre, i miei due buddy sono subacquei piuttosto esperti (sebbene questo termine in subacquea può significare molto poco), acqua sui 15 gradi, visibilità a 5 m circa, condizioni piuttosto note a chi si immerge in quel di Livorno.

 

 


Tutto era iniziato bene, avevamo superato uno sperone di roccia, dove avevo segnalato ai miei compagni un aragosta in tana a circa trenta metri, avevamo proseguito entrando nel cono d'ombra creato dalla parete che diminuiva sensibilmente visibilità e luce, le torce avevano una scarsa penetrazione in profondità con i loro fasci, cosa per la quale stavamo ridossati alla parete stessa.

Fu a quel punto che accadde: improvvisamente prima una sgradevole, indefinita sensazione, poi via via i battiti nel petto cominciarono ad accellerare, ed il respiro con essi, nessuna ragione apparente. Mi guardai intorno, cercai con lo sguardo i miei compagni e individuai il più vicino a circa 3 metri sotto di me, controllai manometro e computer. Scesi su di lui cercando di controllarmi, ma arrivato vicino, diedi una bella “Bussata” sulla sua bombola.

 


 

Lui si girò a guardarmi, gli feci il classico segno con la mano di “Qualcosa non va” seguito da niente altro, come potevo spiegare quel peso sul petto che stava facendo galoppare il mio cuore e il respiro come un cavallo in corsa?, A lui bastò guardarmi. Semplicemente mi fece segno di alzarmi su di un po' e diede un occhiata al mio manometro, constatò che avevo aria in abbondanza.

Feci come mi aveva detto, e con entrambe le mani mi afferrai ad una sporgenza sulla parete, fissando lo sguardo su di essa, ricordo che dinanzi a me vi era un piccolo ciuffo di Parazoantus, le fissai arrivando a scomporre mentalmente ogni particolare a livello subatomico, nel contempo mi imposi di respirare con una cadenza ben precisa. Pensandoci a mente fredda la cosa che più mi stupisce oggi è che in quel momento l'erogatore in bocca lo vedevo irrazionalmente come un impedimento a respirare, l'istinto era di strapparmelo di bocca.

Passò qualche minuto, ma a me sembrò eterno, come era arrivata quella sensazione insinuante e sgradevole allo stesso modo scemò via ed io terminai l'immersione con gli altri senza ulteriori conseguenze.

Mi sono spesso chiesto che cosa abbia scatenato quell'attacco di ansia, e posso affermare con certezza che in quel momento percepii quell'oscurità e quell'acqua fredda come una situazione pericolosa, ostile, ma mi ero immerso almeno un centinaio di volte in quelle condizioni e forse anche peggio.

Attraversavo un forte periodo di stress sul lavoro e nella mia vita privata e la subacquea era la mia valvola di sfogo alla quale non ero disposto a rinunciare.

Purtroppo un piccolo problema fuori da''acqua portato sott'acqua può prendere dimensioni inaspettate e forse era proprio quello che avevo fatto io, non lasciando in superficie i miei problemi , me li ero portati con me e mi ero reso vulnerabile. 

 

 


Ho parlato con alcuni di questa mie esperienza oltre che con i presenti di quel giorno, avendo peraltro le reazioni più diverse.

Mentre alcuni (molto pochi) pensavano come me che fosse un argomento da affrontare, vi stupirà (o forse no) sapere che le reazioni della maggioranza furono ben altre.

Un istruttore mi disse che non era un argomento di cui parlare, che avrei fatto meglio a stare zitto e vendere tutto, perchè “se no con cavolo che un genitore sapendo di una cosa così gli avrebbe mai affidato un figlio per il corso Open Water”. Qualcun altro mi disse invece che non era opportuno parlarne, ma che il fatto di aver affrontato e superato questa situazione era come un rito di passaggio che avrebbe fatto di me un sub consapevole. Ora mi sia permessa una piccola osservazione, una crisi di ansia o panico sott'acqua può avere esiti non proprio transitori, e smettere l'attività di immersione potrebbe essere solo il più risibile dei problemi, non devo certo spiegare cosa può comportare una risalita senza controllo da 30 m in preda al panico, ma anche una di soli 5m senza rilasciare correttamente l'aria. Certo non è pensabile affrontare certi problemi se non con un supporto specializzato, ma insegnare come sopravvivere per affrontarli non mi sembra una così cattiva idea.

Tutto qui? No, il problema si ripresentò circa sei mesi dopo e li proprio abortii l'immersione, mi accorsi che qualcosa non andava, non me la sentii e non volli rovinare la festa a tutti. Perchè ne parlo oggi? Perchè nel frattempo ne ho parlato con altri amici sub ed ho scoperto di non essere il solo, ho assistito io stesso ad almeno un paio di episodi successi ad altri e ho letto il post di una giovane sub su Facebook, che parlava di un esperienza simile alla mia.

Capisco che ci possa essere una certa vergogna o superstizione nel parlare di questi episodi, ma è importante condividere le esperienze per aiutare gli altri a sentirsi meno soli e più preparati. Forse, creando uno spazio aperto e sicuro per discutere di questi temi, si può ridurre lo stigma associato.

 

 

Buone Bolle E buona discussione

 

Fabrizio Gandino

Subacqueodisuperficie

 


 

lunedì 4 novembre 2024

Rieccoci qui...dove eravamo rimasti?

 

Rieccoci qui


Son passati mesi dall'ultimo post fatto qui nel blog, tante cose sono successe, situazioni cambiate, la vita è un fiume che a volte scorre tra i sassi ed altre invece tutto copre e travolge, il tempo da dedicare si era rarefatto e detto anche onestamente vi era poco da raccontare che già non ribadisse quanto già scritto. L'ultima edizione dell'EUDI SHOW a Bologna, non ha riscosso assai probabilmente il successo che era nelle intenzioni degli organizzatori, diciamoci la verità, se di sabato giri tra gli stand senza spintonare o perderti in un ingorgo a piedi vuol dire che di gente ve n'è venuta poca. La prova del nove e stata lo spostamento della data ad Ottobre dell'anno successivo (2024, che avrebbe coinciso con il salone della Nautica, accumunando i più volti della passione per il mare) cancellando la data con un preavviso piuttosto discutibile e spostandola a Febbraio 2025. Anche la giustificazione di riavvicinare la data a quella usuale mi sembra più una foglia di fico.



La subacquea italiana è in crisi, Ma va! Davvero? Non se ne era accorto nessuno! Ci guardiamo tra noi nei Diving e le facce sono quasi sempre le stesse, certo non sono più i gloriosi anni 90-80', ma il ricambio generazionale langue...diamo la colpa ai tassi di de-natalità? Nel Frattempo Acqualung  chiude gli storici impianti di produzione in Liguria e lascia tutti a casa per trasferire la produzione altrove.



L'epidemia e le restrizioni date dall'Emergenza Covid-19 ha dato sicuramente una bella mazzata ma anche quello che è successo dopo non ha scherzato.

Faccio ampio riferimento ad un aumento smodato dei prezzi di prestazioni e materiali riguardanti non solo la subacquea, che ha fatto sì che raddoppiassero in alcuni casi quasi a voler recuperare i mesi precedenti di mancati introiti, subito dopo la crisi Ucraina e il caro energia, li ha fatti continuare a salire ulteriormente.


La spia della situazione, personalmente l'ho osservata sulle piattaforme di vendita seconda mano on-line dove un sacco di gente vuoi per fine entusiasmo, vuoi per altre priorità, vuoi per aumento di costi ha cominciato a disfarsi delle proprie attrezzature, parallelamente però anche i prezzi dell'usato, non sono scesi rispetto alla mole di quanto immesso sul mercato del riuso.

Altra cosa che ho notato è l'aumento dei sub tecnici nei siti di immersione da terra, che non prevedano ulteriori pagamenti a Diving o Barcaioli, sinceramente non ricordavo di averne visti così tanti in passato. 


Parate di Rover, Stage decompressivi, Bibo e Rebreather impensabili sino a qualche anno fa e si che ossigeno ed elio non li regalano di sicuro oggi

E la subacquea ricreativa? Quella fatta di mute umide, bombola e gav senza sacco posteriore e piombi in cintura? Che fine a fatto?. Anche qui qualche sparuta faccia nuova, ma molti di più di “Noi” con le nostre attrezzature consunte e l'aria stanca ma soddisfatta di quella strana eccitazione che non aspetta altro che la superficie per ridare voce alla parola, alla condivisione dell'esperienza.


In ferie, in Sardegna, ho potuto osservare in alcuni siti che la gente certo non mancava, ma, eh si c'è un “ma”, erano per lo più stranieri.


Buone bolle a tutti

 

Subacqueodisuperficie

Fabrizio Gandino

 


 







Link:

https://apneaworld.com/eudi-show-slitta-da-dicembre-2024-a-febbraio-2025/

 https://www.genovatoday.it/economia/technisub-chiude.html

domenica 26 febbraio 2023

Emozioni Profonde : A caccia di relitti con Andrea Bada

 


La mia prima immersione come neobrevettato Open Water fu una sorpresa, ne ho già parlato qui sul blog qualche tempo fa, fu sul relitto della Eurobulker IV, un cargo carbonifero affondato al largo dell'isola di S.Pietro sopra una secca di 18 metri.

Chiunque si sia immerso su un relitto lo sa, si prova una sorta di suggestiva emozione, spesso perchè quei relitti sono anche l'ultima testimonianza di chi in mare vi ha perduto la vita.

C'è poi chi dell'esplorazione e della ricerca di questi relitti ne ha fatto la sua ragione di vita, non per denaro, o tesori, ma per vivere delle emozioni.

 


Sabato 25 Febbraio 2023, ad Empoli in Loc. Avane, presso LA VELA Area Margherita Hack, l'associazione G.E.A.S. ha organizzato un incontro con Andrea Bada , un sommozzatore professionista, che ha presentato alcuni filmati di relitti siti in immersioni profonde da lui e il suo Team, “Techdive Explorer Team” nel nostro Mediterraneo.

Sala piena, tante facce conosciute, e direttamente da quel di Calafuria, tra questi i nosti Salvatore, Yuri, Enrico (ancora bagnati dall'immersione del mattino)  e  Matteo , Michele e Pippo .

Ha aperto il pomeriggio Sandro Matteucci, presidente di G.E.A.S. Ricordando che prossimi al 35° anniversario della fondazione dell'associazione si è voluto dare lustro alla ricorrenza organizzando appuntamenti come questo.

Dopo è stata la volta Di Marco Lemme, Presidente F.I.A.S che ha ricordato come realtà associative come questa empolese, servono non solo a portare avanti i valori del nostro sport, ma anche a favorire una certa socialità e senso di appartenenza.


 

Dopo di lui è intervenuto Maurizio Bertini che si è adoperato per mettere in contatto Andrea Bada con l'associazione al fine di rendere possibile questo incontro con il pubblico.

Interessante tra gli altri l'intervento della Dottoressa Pamela Ciuffo in qualità di Psicologa del gruppo Techdive, che ha spiegato come il nemico peggiore di un sub, specie in queste imprese, sia l'ansia, come sia vitale riuscire ad elaborare e allenare non solo il fisico ma anche mente e stato emotivo, senza mezzi termini ha affermato che mentre per u immersione ricreativa un attacco di ansia può essere gestito, a 130 metri di profondità non c'è nulla da gestire se non si è fatto un certo lavoro prima, semplicemente “sei morto”. 


Prima dell'intervento dell'ospite della manifestazione, Umberto Giorgini del DAN, ha illustrato brevemente un caso in cui la tempestività nel soccorso ha fatto la differenza e come opera il Dan in questi casi, a cui ha seguito un intervento di elogio dell' Assessore allo Sport Fabrizio Biuzzi.

A questo punto rotto ogni indugio, ha preso la parola Andrea Bada, chiarendo subito alcuni punti.

Lasciate che vi dica alcune cose, forse anche a voi sarà capitato di andare a qualche conferenza e vedere qualcuno che si gigioneggia e a cui manca solo che apra la ruota come un pavone, ecco non aspettatevelo da questo ragazzo.


Per prima cosa ha tenuto a spiegare che per quello che fa non è assolutamente un superuomo, ma che anzi confrontarsi con il mare gli ha restituito un senso di grande umiltà, che malgrado le sue ricerche per forza di cose lo spingono a profondità elevate, non è per questo che lo fa e che la profondità è richiesta e definita dall'obiettivo che si intende raggiungere, sebbene un limite se lo sia autoimposto comunque, “solo...- 180 metri”, spiegando che questo limite operativo è dettato dall'impossibilità con un attrezzatura che non sia da palombaro di gestire un immersione con le sue finalità.

La preparazione atletica e mentale sono basilari come uno stile di vita sano e corretto.

Quali sono queste finalità? La ricerca, la riscoperta (ritrovamento) e l'identificazione dei relitti, cosa tutt'altro che semplice.


Prima ancora che entrare in acqua, il lavoro di ricerca è fatto di una minuziosa raccolta di documenti, testimonianze, fotografie, filmati, insomma tutto quello che può essere utile ad individuare le peculiarità del relitto che si ricerca, solo allora e solo dopo si inizia la ricerca vera e propria, che è fatta di tentativi mirati, ma pur sempre tentativi e di un lavoro di squadra in cui ogni ruolo ha un importanza cruciale, da chi fa assistenza in superficie a chi fa riprese e chi segue con un filo di Arianna chi sta documentando sul fondo con foto e video.

Questo Andrea lo ha ribadito più e più volte, come uno dei punti più importanti. 

TA-23 (ex R.N. IMPAVIDO)


Una volta trovato e documentato il relitto, si passa all'identificazione, ed è qui che entra in campo Claudio Grazioli, appassionato di Storia nel senso più genuino del termine, sulla base di schizzi, fotogrammi, posizione geografica tenta un identificazione del relitto, dando un nome a scafi che sono da decenni nell'oblio dato dalle profondità del mare.

Emblematico è stato il doppio racconto di Claudio e Andrea sul ritrovamento ed identificazione dell'aereo fantasma di Punta Manara, un P47 Thunderbolt alleato, abbattuto dalla contraerea tedesca e mai ritrovato sino alluglio del 2021 ( Vi invito a clickare sui link a fondo pagina).


Questo fanno Andrea Bada e il suo Team, restituiscono a noi in superficie, quello che il tempo e il mare hanno nascosto, documentando, e lasciando tutto così come lo hanno trovato con profondo rispetto.

Da anni il Team collabora con l'Istituto Idrografico Militare, joinventure che ha portato mutui benefici ad entrambe le parti, colmando spesso i buchi nella narrazione storica di molti eventi bellici.


Come l'affondamento del TA-23 (ex R.N. IMPAVIDO), unità italiana requisita il 16 settembre del 1943 e incorporata nella Kriegsmarine (Marina Militare tedesca) il 9 ottobre 1943, assunse il nome di TA 23. Nel gennaio 1944 la torpediniera fu dislocata a La Spezia, in seno alla X Flottiglia Torpediniere. Un destino molto comune a tanto naviglio catturato, riconvertito e impiegato dai tedeschi che avevano poco naviglio di superficie nel Mediterraneo. Il relitto della TA 23 giace su fondali di 70 metri, spezzato in tre tronconi, ad una decina di miglia da Cecina e ad una distanza circa doppia dalla Capraia. Il troncone poppiero, il più lungo (oltre metà della nave) giace in posizione capovolta, quello che include la plancia è adagiato su un fianco ed angolato di 90° rispetto al precedente, mentre il terzo troncone è costituito dall'estrema prua. Nello specifico Andrea e Claudio hanno spiegato come furono fondamentali l'identificazione delle bombe di profondità di chiara fattura tedesca e dell'armamento di bordo, per dare un nome a ciò che avevano ritrovato.


Durante la seconda guerra mondiale, prima e dopo l' 8 settembre 1943, i tedeschi requisirono e riconvertirono molto naviglio di superficie dai paesi occupati, Francia, Grecia ed Italia, il caso del UJ2206 (ex peschereccio francese Saint Martin Legasse, 14/02/43-03/11/43) è uno di questi, anche qui documentato, ritrovato e identificato dal team di Andrea Bada a nord delle Formiche di Grosseto.

Ultimo, ma non ultimo, il ritrovamento del sommergibile Velella che detiene il triste primato di essere stato l'ultimo sommergibile italiano perduto nella guerra contro gli Alleati: nell'ambito del «Piano Zeta», di contrasto al previsto sbarco anglo-americano in Calabria o Campania, lasciò Napoli il 7 settembre 1943, e da quel giorno non diede più notizie di sé. Il 13 maggio il 2003 il relitto del Velella è stato individuato a 8,9 miglia da Punta Licosa a circa 138 metri di profondità, ma dovremo aspettare sino all'agosto del 2022 perchè una spedizione di Andrea Bada ed il suo Team, riesca a raccogliere dati sufficienti per un identificazione certa del relitto. Sebbene intuibile dai rapporti sull'affondamento, oggi i familiari dei 55 marinai sanno dove riposano i loro cari, Il relitto del sommergibile Velella, con tutto il suo equipaggio, è adagiato sul fondo del mare a 140 metri di profondità .


Lo spazio per le domande è stato scarno, non tanto per il tempo a disposizione e men che mai per la disponibilità di Andrea e del suo Team a rispondere al pubblico, ma semplicemente, credo, che alcune immagini, ti lascino con un senso di assoluto stupore e ti fanno sentire infinitamente piccolo e annichichilito da quel “tanto, troppo” che si nasconde sotto la superficie e che il “Techdive Explorer Team” appena può scalfire...eppure tanto basta.

Io come molti altri di voi che leggete, non scenderò mai a queste profondità, accetto con umiltà i miei limiti, questo però non mi impedisce di ammirare, chi con preparazione adeguata scende e permette anche a me di vedere cosa cela il sesto continente.


Tuttavia l'Ospite ha chiarito che non è cosa per tutti, ci vuole molta dedizione, allenamento e spirito di sacrificio, ma sopratutto, tanta, tanta, tanta, tanta umiltà, ribadendo l'ovvio, il mare non è il nostro ambiente, ogni volta che scendiamo sotto, non importa quanto, commettiamo nei confronti del nostro corpo, una piccola violenza, essere consapevoli che siamo degli ospiti sta alla base del rispetto che dobbiamo avere per il mare.

Granzie ad Andrea Bada, G.E.A.S. e  il “Techdive Explorer Team” tutto per le emozioni che ci avete regalato in questo sabato pomeriggio. 



Chiudo con una News: Dopo aver vinto inaspettatamente il Paladino d'Oro nella 41esima edizione dello Sport Film Festival Internazionale di Palermo, a breve uscirà un lungometraggio di Andrea Bada sulla rete a pagamento Sky  e una serie sui cacciatori di relitti  in chiaro su Realtime, che vi invito a non perdervi.


Buone Bolle e buona visione!





Link :

https://it.wikipedia.org/wiki/Impavido_(torpediniera)

https://www.rainews.it/tgr/liguria/video/2021/12/lig-andrea-bada-63bf8bac-340d-4ae5-a890-5b0a73cfa82c.html

https://www.youtube.com/watch?v=0EZaIkDuOHU

https://www.anmicastellabate.it/wp/il-sommergibile-velella/

 https://www.underwatertales.net/2018/03/27/aereo-in-giardino-la-storia-del-caccia-p-47-thunderbolt-di-punta-manara/

Facebook: 

Andrea Bada : https://www.facebook.com/andrea.bada.7

Claudio Grazioli : https://www.facebook.com/claudio.grazioli.94

Techdive : https://www.facebook.com/profile.php?id=100057680430630


Fabrizio Gandino

“Subacqueodisuperficie”


 


venerdì 21 ottobre 2022

Capo d'Acqua: un momento congelato nel tempo

 Questo pezzo apre l'esordio di Matteo Stanzani che da questo inserto comincerà a collaborare con il Blog, non perdo altro tempo e lascio la parola a lui.

 


 

Salve a tutti oggi parliamo di una Location davvero unica nel suo genere in tutta la nostra penisola si trova nell'invaso idrico di Capo D'Acqua (Comune di Capestrano) in provincia dell'Aquila. Incastonato nel Parco nazionale del Gran Sasso, a circa un centinaio di chilometri da Roma, è possibile immergersi per ammirare i resti di due mulini medioevali. La ragione dell'opera idraulica trova necessità nel bisogno irriguo dei terreni circostanti. Nato tra le antiche linee di confine del regno Borbonico, Stato pontificio e Capestrano (per diverso tempo sotto la signoria di Firenze), la zona consta di 12 chiese edificate lungo la linea di transumanza degli allevatori, che si muovevano con il bestiame da e verso la Puglia. Tali opere furono realizzate dall'Ordine dei Cavalieri Templari, su disposizione del Papa Celestino V al fine di favorire lo scambio delle merci, offrire un riparo e mitigare gli scontri tra le popolazioni locali, piuttosto frequenti all'epoca.


 

L'immersione che ci si accinge a compiere sotto questo specchio d'acqua di un colore turchese, sarà nella fredda acqua sorgiva, che consente una trasparenza inimmaginabile. Pinneggiando si arriva al primo mulino (stando ben attenti a stare alla giusta distanza dal fondo). L'impatto visivo riesce ad impressionare anche i subacquei più girovaghi del mondo. La sensazione è quella di vagare nella Storia e nel Tempo! Il primo mulino è quello che si è conservato peggio, tuttavia si può agevolmente individuare tutto il perimetro della struttura e i muretti a secco. Passando al secondo si può notare gli archi di pietra e le pareti con un masso incastonato avente un foro passante, dove venivano legate le cavalcature. 


 Un percorso sicuramente suggestivo, un piede nella storia (o una pinna, fate voi), tanto che alla fine dell'immersione si continua a guardare e girellare nel sito nonostante il freddo, sospesi nell'atmosfera liquida di un posto magico.



Matteo “Masdepaz” Stanzani




 

 

 

 

 

                                                     


 

Per anni ero stato vittima della “Maledizione di Capo d'Acqua”, ogni volta che si programmava quel tuffo capitava qualcosa che mi impediva di andarci, il che era diventato un bel po' frustrante, al punto da metterci quasi, con una sorta di fatalistica rassegnazione, una pietra sopra.

Potete quindi capire quindi, quando a margine della stagione estiva, Matteo mi chiama al telefono e mi dice che si vorrebbe organizzare un uscita a Capo d'Acqua (AQ) e se la cosa poteva interessare qualcuno del nostro gruppo, non riuscì a terminare la frase che avevo etusiasticamente già accettato.


Ma cos'è Capo d'Acqua? Dovete sapere che nel parco nazionale del Gran Sasso, a 180 chilometri da Roma, e una quarantina dall'Aquila, c’è un piccolo lago artificiale che è entrato nella classifica dei migliori posti al mondo dove fare immersioni. Alle pendici occidentali del Monte Scarafano, le acque delle sorgenti di Capo d'Acqua sono invasate in un bacino artificiale collegato ad un sistema di irrigazione che alimenta una centrale idroelettrica che alimenta una stazione di pompaggio che convoglia le acque dell'invaso verso i Comuni siti a quote più alte per fini agricoli/irrigui. Le sue acque fredde e cristalline arrivano dalle fonti da cui prende il nome: sorgenti di Capo d’Acqua. Il bacino artificiale nasce nel 1965 dopo la realizzazione di una diga costruita per sbarrare il corso del Tirino e per convogliare l’acqua nei campi dove si coltivava il grano. La suddetta diga nata per sbarrare il corso superiore del Tirino, poco più a valle delle sue sorgenti, in prossimità della omonima frazione di Capestrano (Caput Aquae). Il bacino è alimentato da numerose sorgenti naturali immettono nel bacino continui flussi di acqua fresca e limpidissima che confluiscono a valle nel Tirino. Tuttavia questo da solo non spiega perchè questo piccolo lago di altura è stato definito nel panorama turistico internazionale, la “piccola Atlantide d’Abruzzo”.


L'area era intorno al 1100' sotto l'influenza dei Medici, già signori di Firenze, nel sito dove oggi troviamo il Lago artificiale esisteva anticamente un mulino appartenuto alla famiglia Verlengia di Capestrano, e un colorificio costruiti in prossimità della sorgente di Capo d'Acqua. Il colorificio è oggi ancora visibile in superficie, mentre il mulino di circa 400 mq, in buono stato di conservazione, (salvo i danni riportati nel terremoto dell'Aquila che ha fatto crollare un arco) è completamente immerso nell’acqua cristallina del lago ed è caratterizzato dalle antiche tecniche murarie costruttive tradizionali. Di grande impatto sono i resti di due arcate murarie e le piattabande in legno di porte e finestre. Il complesso è costituito da due mulini distinti, realizzati in epoche differenti anche se relativamente vicine nel tempo. Più vicino alla sorgente è presente un altro mulino più piccolo, probabilmente un ampliamento dell’altro. Intatto è il selciato dei viottoli antichi che un tempo veniva percorso dai contadini con il loro carico di grano. Il sito sommerso, ha un che di affascinante e misterioso, la bassa temperatura delle acque, restando costante intorno ai dieci gradi tutto l’anno, impedisce il proliferare di alghe e piante lacustri e garantisce un'ottima visibilità, eccezione fatta per la strafificazione dei semi di salice che anno dopo anno affondando nell'acqua hanno creato una coltre sul fondo che è meglio non smuovere. Va detto però che anche quando questo malauguratamente accade si sedimenta piuttosto rapidamente.


La profondità massima è di circa 9 metri, la visibilità arriva anche a 70, il che aggiunge un senso di irrealtà a questo luogo che sembra congelato nel tempo. L'acqua cristallina e la realativa vicinanza delle rovine alla superficie, riflettendole in una sorta di cielo al contrario, mi ricordano alcuni lugometraggi di animazione di Hayao Miyazaki . L'immersione in sé dura poco più di 35/40 minuti, ma le emozioni che trasmette non vi abbandoneranno più. L'immersione è piuttosto semplice, ed è aperta a subacquei di qualsiasi livello purchè muniti di brevetto, ovviamente si deve avere l'accortezza di seguire le disposizioni dell guide rimanendo a debita distanza dalle rovine e dal fondo del lago. Per quel che riguarda l'attrezzatura io consiglio la muta stagna o una buona semistagna con sottomuta, sebbene Francesco e Francesca, del nostro gruppo abbiano coraggiosamente sfidato il lago in umida (era il 9 ottobre del corrente anno) senza riportare danni. Per quanto riguarda gli erogatori è sufficiente un 


Octopus, ma avere anche delle degli adattatori da Din a Int per l'attacco bombole non guasta.  Il mio consiglio è quello di organizzarvi un bel weekend che comprenda non solo l'immersione nel lago, ma anche nella spendida natura incontaminata che circonda questa piccola perla, fidatevi non rimarrete delusi dall'accoglienza e dalla cucina locale che è già da sola un esperienza positiva che non dimenticheremo facilmente (neppure le nostre mute). Questi luoghi erano l'ambientazione originale della storia di “Ladyhawke” e in parte da queste parti furono girate alcune scene del film del 1985 diretto da Richard Donner con Matthew Broderick, Rutger Hauer e Michelle Pfeiffer; vi segnalo inoltre che nel Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga, immerso in una natura incontaminata vi è anche un grande patrimonio di vasto interesse archeologico (ricordiamo il GUERRIERO di Capestrano). 


 

Alla fine si riparte per tornare a casa con un esperienza in più e devo dire a malincuore vista l'accoglienza ed i luoghi che meriterebbero decisamente più tempo, ma è soltanto un arrivederci mi sa.





Buone Bolle!!!



Link:

https://www.atlantidesub.com/33-Immersione-tra-i-mulini-sommersi.html


 
 
I mulini sommersi di "Capo d'Acqua"




Fabrizio Gandino

Subacqueodisuperficie”


 

domenica 25 settembre 2022

Un compleanno da ricordare : Secca di Chia

 


La fine di Agosto-inizio Settembre può essere ancora un ottimo periodo per fare qualche bella immersione nel Sud Sardegna, è il mio periodo preferito a dire il vero, finiti i grandi esodi turistici si respira un po' di quell'aria familiare che vivevo da bambino quando riuscivo a passare ben tre mesi di ferie dai nonni a Sant'Antioco.


 

Ho conosciuto il Diving Center di Chia qualche anno fa, quando in pieno periodo Covid, con poco tempo a disposizione, cercavo un Diving per fare qualche tuffo a fine stagione.

Sant'Antioco ormai non ha più Diving da qualche anno sull'isola, il che mi ha spinto a dovermi spostare sull'isola di San Pietro diverse volte, belle immersioni che ho anche documentato qui sul blog, ma per niente agevoli per me come trasferta, malgrado la distanza non certo grandissima, a causa dei collegamenti tra Calasetta e Carloforte, orari e disponibilità.

Sebbene Chia sia ad un ora di strada da Sant'Antioco, muovendomi in auto, mi rende decisamente più libero di gestirmi non dovendo sottostare ad orari e disponibilità dei traghetti che collegano le due isole.

Davide Morelli

Conobbi Davide Morelli, il titolare del "Diving Center Chia", circa tre anni fa e mi fece subito una buona impressione, nei due anni a succedere, sempre di corsa (nonostante le ferie) e il poco tempo, sono tornato a Chia per immergermi. (vi rimando al video editato su Youtube delle immersioni dell'anno scorso https://youtu.be/08hq-s_U00A).

Quest'anno ho deciso di festeggiare il mio compleanno e quale modo migliore di farlo se non con un immersione?

La giornata si presentava con un cielo tendente al coperto, ma con il vento quasi in bonaccia, cosa piuttosto rara da queste parti, quello che ancora non sapevo era che proprio questa condizione così perfetta mi avrebbe permesso un esperienza inaspettata.


 

Il sito dell'immersione era la Secca di Chia, prospiciente la spiaggia di Cala Cipolla, si tratta di un “cappello” sui 20 metri circa di profondità che digrada di poco intorno ai 25 metri.

Le immagini che vedete allegate sono estrapolate dai video della GoPro, visto che la custodia della macchina fotografica si è allagata.

Mi ero già immerso nelle acque di Chia altre volte come già detto in precedenza, ma nulla mi aveva preparato al volume di quello che avrei visto.


Neppure eravamo scesi sull'ancora, che la prima scena che si mostrò ai miei occhi fu un inseguimento, tra uno Scaro maschio (Parisoma Cretense) di grossa taglia e una Donzella pavonina (Thalassoma pavo) anch'essa adulta e maschio, ma come lo sguardo si distoglieva era un tripudio di vita. Non facevo in tempo a provare a riprendere qualcosa che Luca, la nostra guida, indicava qualcos'altro: Polpi (Octopus Vulgaris), banchi di sparidi di ogni tipo ( Sarago maggiore, Sarago fasciato, Occhiate, Orate, Dentici, solo per citarne alcuni), una murena (Murena helena), le onnipresenti Castagnole (Chromis chromis) sia nella loro forma adulta che si avanotti blue elettrico, Donzelle (Coris julis) e ancora perchie (Serranus cabrilla), Sciarrani (Scriarranus scriba), Tordo pavone (Symphodus tinca), Scorfano rosso (Scorpaena scrofa) .


 

Non potevano mancare ovviamente qualche Cernia bruna (Epynephelus marginatus).

Non credo di esagerare dicendo che un simile tripudio di vita l'ho trovato solo nell' AMP di Portofino; sebbene il mare fosse relativamente calmo si avvertiva comunque una debole risacca la sotto, mentre mi stavo spostando la mia attenzione da una grossa Vacchetta (Peltrodoris atromaculata) ad una piccola aragosta di cui avevo intravisto le antenne e smadonnando tra me e mè per il gesto istintivo di puntare la fotocamera, subito riportato dolorosamente alla realtà dall'acquario che c'era dentro lo scafandro, ho sentito uno strano rumore, come una specie di musichetta. Istintivamente ho portato lo sguardo al mio computer, ma lì era tutto tranquillo, ho cercato con lo sguardo intorno a me, ma non ero relativamente vicino a nessuno dei miei compagni.


 

L'immersione continua, un orata con la coda smangiata da un morso mi passa poco lontano, Luca segnala nuovamente un avvistamento nel blu, mi avvicino per cercare di capire meglio ed allora li vedo, un grosso banco di Barracuda (Spyraena viridensis), si staglia nuotando placido; non credo cesserò mai di meravigliarmi dinanzi a simili spettacoli, ancora tiro giù qualche accidente per la macchina fotografica inservibile, provo a riprendere con la GoPro pur con i suoi limiti. Ed ancora torna quel suono mi guardo intorno, riguardo il computer, non mi sembra la classica musichetta di allarme di un computer da immersione.


 

L'immersione continua ancora e sulla strada del ritorno alla catena vedo una Musdea (Phycis phycis) in un anfratto e subito dopo alcune Corvine (Sciaena umbra), di nuovo quel rumore, quel suono con una sua armonia... guardo ancora il computer e mi guardo intorno, che sia in narcosi da azoto?

Siamo giunti sotto la barca ormai, ho terminato la sosta di sicurezza e mi dirigo verso la catena quando vedo una scena, che definire curiosa è poco.

Davide ha guidato un altro gruppo, quindi l'ho visto poco in immersione, è lontano da me circa una decina di metri, si sta agitando con intorno qualcosa di grosso e nero.

Mi avvicino per capire, non sono il solo, mi chiedo quale creatura abissale lo stia attaccando, ok prima i suoni e poi questa scena, comincio ad avere qualche dubbio sulle mie percezioni e sanità mentale.


Oh ragazzi! Davide ha trovato un giaccone di lana nero e sta provando ad indossarlo effettuando nel contempo una svestizione in acqua, da provetto sub quale egli è, vi riesce con qualche benevolo aiuto e le le risate che riecheggiano dentro gli erogatori degli astanti.

Ritornati in superficie e saliti sul gommone, sta piovigginando, il moto ondoso è in crescita e partiamo poco dopo. A bordo la soddisfazione è palpabile, è stata sicuramente una bella immersione, Luca, la nostra guida mostra un pezzo di lenza con grossi ami, il resto di un palamito, forse illegale che ha rinvenuto tra le rocce.


 

Davide al timone, dice di aver sentito come una specie di canto sott'acqua e che probabilmente si trattava di qualche mammifero marino, ma nessuno dei nostri sguardi nel blu ci hanno dato una risposta, beh almeno non sono ammattito. Il fatto di non aver visto chi li ha emessi non è poi così strano, visto che in acqua i canti dei mammiferi marini possono viaggiare anche per diversi chilometri.

E' stata sicuramente una bella immersione da ricordare, resa possibile dalle condizioni meteo estremamente favorevoli e non frequenti, per quel particolare sito, il modo migliore di festeggiare il 53esimo compleanno.


 

Qualche dato utile circa il sito di immersione:


Livello di Esperienza: Neofita/Intermedio
Profondità massima: 25 mt. circa
Profondità media: 15 mt.


Link:

https://www.chia.it/diving.htm

https://www.divemania.it/divesite/secca-di-chia


Buone Bolle!!!!




Fabrizio Gandino

"Subacqueodisuperficie"